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Autore: hirondelle_    24/11/2015    2 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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DESTINY XV

È appena un’ombra: si muove con lentezza esasperante, innocua e terribile, come se fosse troppo pesante per quel mondo avverso. È appena china, ingobbita, e quindi i capelli le scivolano sul volto in ciocche scomposte, spettinate, sporche. Un occhio solo brilla nella penombra, rigido, di vetro, e lo scruta con passività, inerte. La donna si sposta piano, dal letto alla finestra, dalla finestra al letto, un percorso definito e risoluto, continuo, meccanico. I suoi passi sono appena udibili, come se non avesse quasi contatto fisico con il pavimento.
Ryuuji la guarda, immobile, tranquillo. L’ombra non lo assalirà, non finché non si muoverà: allora con passo spedito si avventerà su di lui, predatrice, pronta a lacerare la sua mente instabile e informe. Un rumore diverso distrae la sua attenzione, lo scricchiolio proveniente dalla finestra: un’altra ombra, accovacciata in controluce, lo sta fissando con occhi ardenti e spalancati. È più scura, più tetra, ma meno tormentata. Un sibilo miete l’aria, costringendolo a rabbrividire sotto il peso dell’inquietudine.
Atsuya apre la porta della stanza in quel momento- e le ombre non si muovono di un passo. Ma il domestico non le vede. Non sa. E non dice niente, nel momento in cui lo scopre a fissare il vuoto inconsistente dello stanzino. Midorikawa piega appena il collo verso di lui, gli occhi ancora sbarrati e resi lucidi dall’allucinazione. 
È una notte eterea, incorporea e senza tempo come tante altre, sempre più frequenti e voraci. E lui si è abituato a quel richiamo sottile, inconsistente, sempre più chiaro. 

L’immagine di sua madre torna a tormentarlo di frequente, nel sonno, come se si fosse infiltrata nei suoi pensieri e avesse deciso di presentarsi solo nel buio: dove la sua coscienza non può arrivare, dove i pensieri intorpiditi si fanno fumosi e incoerenti. 
C-117 la vede prima di addormentarsi, seduta rigida al suo capezzale, e al mattino, appoggiata alla finestra. È sempre a un passo dal vederla davvero, scorgere i lineamenti del suo viso, respirare il suo odore. È un attimo di distrazione, ed è già la semplice ombra immobile ed eterea della tenda. È un attimo di paura, e sempre di più gli capita di pensare che quella donna in realtà non abbia viso, né consistenza.
-    È il richiamo dei morti. – lo mette sull’attenti il domestico, intento a lavare i piatti sul lavabo. – Non farci caso, capita anche a me.
-    Anche tu hai visioni simili? – gli chiede lo schiavo, seguendo  con lo sguardo i suoi movimenti veloci. 
-    Non esattamente. È solo una leggenda, ma pare che chi abbia visto qualcuno morire avrà accesso al regno dei morti. – gli risponde, ma non aggiunge nient’altro, evidentemente indeciso a continuare. Ryuuji studia l’ombra che passa davanti al suo viso, eterea, e ne scruta i lineamenti: è diverso da Shirou. Più vecchio, forse, curvo, le prime rughe a solcargli il volto pallido, le occhiaie sempre più profonde e perenni. I suoi occhi, impazziti, vagano di qua e di là. Le mani gli tremano.
-    Ho visto i miei genitori morire. Molto tempo fa.
Atsuya si volta e per un tempo che appare infinito si guardano negli occhi. – Quando? Non dovresti nemmeno ricordare di avere una vita. – mormora il domestico. – Non dovresti neppure saper parlare. 
-    Eppure è così. – risponde flebile Reize, l’espressione assente e sciupata. – Mi sono reso conto da tempo di essere umano. Perché ricordo, Atsuya. Io ricordo la morte dei miei genitori. 
L’altro sembra trattenere il fiato, immobile: prende una sedia e si siede davanti a lui, esterrefatto. Ryuuji abbassa lo sguardo sulle venature del tavolo.
-    Non ricordo il calore di mia madre o la sua voce, non rammento le braccia di mio padre: l’unica memoria che ho del mio passato è la morte. – continua. – Non penso di essere mai stato schiavo per questo motivo.
Atsuya continua a fissarlo e Ryuuji coglie il movimento impercettibile delle sue spalle che si scuotono in un brivido. – No, non sei mai stato uno schiavo. Fin dall’inizio. – mormora. – Quando mio fratello giunse qui, era una persona completamente diversa. Non aveva niente che potesse definirlo un essere umano, nemmeno la facoltà di parola. Non era come te.
Reize rimane in silenzio, invitandolo a continuare con uno sguardo. – Non potevo intavolare una conversazione con lui. Non potevo dargli aiuto in alcun modo. Non potevo avvicinarmi senza che si ritraesse. Non dormiva con noi. 
Reize prova ad immaginarselo: tutto quello che ha visto di quel fantasma sono ombre sparpagliate, ricordi fumosi costruiti su una foto ingiallita. Gli occhi grigi vuoti, due pozze nere di disperazione e rabbia, a fissarlo in un angolo dei suoi incubi peggiori. 
-    Ho visto un sacco di ragazzi e bambini come voi: so cosa vi fanno. Non mi stupì il fatto che Shirou non fosse più umano: di certo ero scioccato, ma ero consapevole di cosa fosse successo. Tu invece... Sei arrivato qui e non eri come ci saremmo aspettati.
Atsuya fa una pausa e distoglie lo sguardo, sospirando come se il ricordo lo turbasse. Riprende piano. – In te era rimasto qualcosa che nessuno era riuscito a toglierti. Un difetto. Forse la tua salvezza. Forse... la mia. 
Lo sguardo di Reize si fa attento ad un tratto, non appena gli occhi del domestico si spostano su di lui. – Sono sollevato che tu non me lo ricordi costantemente. – conclude, un egoistico pensiero che sfuma nella certezza di quelle parole serie. 
Reize ricambia l’occhiata che il domestico gli rivolge: assente, poco lucida. Ha smesso di pensare da un sacco di tempo, e questo il domestico lo sa, ne è testimone. 
-    Vorrei solo morire. – sussurra, d’un tratto.
-    È quello che vogliono anche loro. – risponde l’altro.

Una figura di stracci si trascina nella prima nebbia autunnale, accartocciata su se stessa e ciondolante, come se potesse cadere da un momento all’altro. Atsuya ha il tempo di scorgerla dalla finestra prima di aprire la porta e scrutarla ancora, attento. - Quello è il marito di Natsumi -  dice poi, serio e pacato, attirando anche l’attenzione dello schiavo. Si sporge alle sue spalle, impassibile, osservando l’andatura ondeggiante di quell’uomo magro e spento. 
Il domestico si spinge oltre la soglia, senza però andargli incontro: quando l’uomo alza gli occhi su di lui, Midorikawa sente un brivido attraversagli la spina dorsale: quando lo sente parlare, si rifiuta di riconoscerlo. 
-    Sono venuto qui per incontrare il rispettabile Lord Kira: tuttavia non entrerò nella sua modesta dimora e non mi avvicinerò, perché sono malato. - esordisce, con voce rauca e spiritata. La faccia è pallida e segnata da piaghe, tremante, un orrore a vedersi. Una voce nella sua testa gli suggerisce che un essere così indegno potrebbe portare solo la morte, non dovrebbe essere ascoltato. 
-    Parla, ti ascolto - gli risponde invece Atsuya, tranquillamente.
-    Parlerò solo in presenza del Lord – Mamorou mormora, un fil di voce spezzato in gola. - Si tratta della sua governante.
Il silenzio riempie l’aria, nell’esatto momento in cui lo schiavo scivola verso la porta e si fa notare. L’uomo appena lo riconosce si irrigidisce, fissandolo tra lo smarrito e il preoccupato. È Atsuya a parlare, distogliendolo dai suoi pensieri sbigottiti. - Non è possibile incontrarlo in questo momento. Di qualsiasi cosa si tratti, può riferirla a me.
Ancora silenzio. Endou sbatte le palpebre appesantite, gli occhi gonfi di pianto e stanchezza, e abbassa il capo sulle sue scarpe lacere. Sembra deluso, vagamente intristito, come se non avesse minimamente pensato a una simile eventualità... Come se la presenza del nobile fosse di rilevante importanza. Ma quando alza di nuovo lo sguardo su di loro e si stringe nei vestiti sudici, i suoi occhi sono fermi. – Allora ditegli... Ditegli che Natsumi dopo anni di servigi gli porge i suoi saluti dal Regno dei Morti.
Un refolo di vento blocca quelle parole: le smorza, le sospende in aria, rarefatte, e poi le posa su di loro come se avessero il peso di un macigno. Ryuuji sbarra appena gli occhi, mentre la presenza oscura della governante si forma davanti ai suoi occhi, proprio dietro il marito: sembra fissare proprio lui, irrigidita e severa, gli occhi infossati e lucidi. Istintivamente fa un passo indietro, tremando, nascondendosi allo sguardo interlocutore e fermo di Mamorou. Distingue appena la voce di Atsuya, roca, che porge le sue condoglianze. Indietreggia fino alla porta delle cucine, ansimando pesantemente, e solo all’interno del calore famigliare della stanza ha la possibilità di riprendersi; ma la sensazione di sollievo dura poco nel momento in cui sente un vociare allegro alle sue spalle.
Si volta e le vede. Due dame bianche in abiti raffinati, mollemente sedute sulle indegne e scomode sedie di legno, prendono il tè in raffinate tazze di porcellana. Si accorgono di lui immediatamente: Fuyuka gli fa un cenno con la mano guantata, Natsumi si limita a sorridergli. Non c’è traccia di vecchiaia o stanchezza nei loro volti eterei, come se fossero rimaste eternamente giovani nella culla della vita e ora si fossero risvegliate nel mondo in un involucro di pace e purezza. “Quante zollette devo mettere nella tua tazzina, Ryuuji?”
Ammutolito, lo schiavo non si muove dalla sua posizione. Si limita a fissarle per un tempo infinito, immobilizzato sulla soglia. Si sente quasi attirato da quegli sguardi benevoli, come se delle forze antiche e nemiche lo stessero risucchiando verso un mondo di buio e di terrore. Chiude gli occhi e quando li riapre le due donne sono scomparse alla sua vista, in un evanescente sospiro freddo. Al suo posto, l’espressione scioccata di Atsuya che lo fissa ad occhi sbarrati, terribili. – Cosa stai facendo?
Non si è nemmeno accorto di essere a terra. Istintivamente si porta una mano al volto, scoprendolo bagnato di lacrime, e fissa il domestico: anche lui ha gli occhi lucidi, come se stesse per piangere. Prova ad alzarsi, ma la testa gli gira, ed è costretto a stendersi di nuovo. Solo dopo una decina di minuti riesce a riprendere il contatto con la realtà, ma non smette di lacrimare, nemmeno nel momento in cui realizza di essere di nuovo solo. 

Lord Kira non esce dalla sua stanza. In un tempo illimitato e confuso come quello, a Ryuuji non importa: è come se nella sua testa non fosse mai esistito. 
Le ombre dei morti non l’hanno abbandonato per tutta la notte e si sono moltiplicate, viscide e silenti, occupando tutto lo spazio della stanza grigia, allungandosi sopra la sua testa, contorcendosi in cupi filamenti di terrore attorno alle sue braccia e alle sue gambe. Atsuya gli offre il suo letto, ma lui non può più sopportare la costrizione delle lenzuola attorno alle caviglie, lo spazio chiuso della stanza vuota. Rimane sveglio, seduto in cucina, fissando disperato quelle visioni sempre più consistenti e frequenti, come se la mancanza di sonno avesse un peso sempre minore. La porta che dà sull’esterno è aperta ogni notte, anche quando il freddo settembrino inizia a ghiacciare di brina le finestre consumate e il pavimento di legno. Nudo, immobile, attende che la morte lo colga nel momento in cui i suoi occhi si chiuderanno e non rimarrà di lui che un’immagine.
Il risveglio è assurdo, gelido, malato. Non riesce neanche ad avvertire la presenza di Atsuya di fronte a lui e il peso del vassoio tra le sue mani. Incespica sulle scale, in silenzio, solo il rumore delle catene a rompere la monotonia del suo passo: ogni volta hanno un rumore diverso. 
Midorikawa Ryuuji.
Cosa ci fa lì, se ha nome? Dove lo ha portato il suo destino crudele, infausto? La risposta sta forse in quei muri pallidi, squarciati ancora dalla follia? In quei quadri sereni, spenti, contraddittori? Si ferma davanti alla porta ma non muove un muscolo. Ha nel cuore una rabbia fremente e pulsante, che non sa dove indirizzare. 
Si costringe a battere due colpi con le nocche ruvide. Il silenzio dall’altra parte della stanza è inequivocabile: per un momento lo schiavo non si muove, attendendo un suono o un rumore che possa distoglierlo dai suoi pensieri cupi per un istante. Si decide ad entrare solo dopo aver atteso a lungo, nel momento in cui il vassoio con la colazione inizia a farsi sempre più pesante sulle sue mani coperte di piaghe.
La stanza è completamente vuota. Non c’è traccia dell’uomo né nella stanza da letto, né nello studio, né nella stanza degli svaghi. Non sembra aver dormito nei suoi appartamenti e un vago senso di inquietudine lo assale nel momento in cui realizza di essere solo, al buio.
Appoggia il vassoio sulla cassapanca nell’angolo e si guarda attorno, smarrito. Poi esce e scende le scale, prima con calma, poi trafelato. Incontra Atsuya a metà strada e gli lancia uno sguardo disperato d’intesa. - Il Lord non c’è più - dice, pallido, immobile.
Il domestico lo vede appena. Sale le scale con lui e non pronuncia una sola parola, non finché non entra lui stesso nella stanza per verificare con i propri occhi. 
Ryuuji si sente fremere. Un vago senso di irrequietezza gli attanaglia la gola, come se non riuscisse a respirare:  la routine quotidiana è l’unica cosa che lo ha mantenuto in vita fino a quel momento delicato. Bussare, entrare, appoggiare il vassoio sul comodino, stendersi, lasciarsi prendere. L’unica cosa ad avergli dato identità è stato il suo ruolo: ora che quell’unica certezza è svanita, il terrore lo assale come mai prima.
-    Potrebbe essere andato a lavoro presto. – mormora Fubuki, ma non ci crede. È stanco, lo si vede dal suo sguardo impassibile e lento, dai suoi movimenti goffi e troppo calmi. Aggira il letto intoccato, muovendo le dita sulle coperte immacolate, ma non lo guarda negli occhi.
È proprio lo schiavo ad avanzare verso la finestra, affacciandosi appena per scrutare il prato immerso in una quiete pesante, strana. In lontananza, oltre gli alberi, lì dove la proprietà del Lord perde i contorni e si confonde, gli sembra si scorgere una piccola luce- L’alba non ha ancora preso possesso della notte rigida e fredda, quasi tentennasse di fronte a quel luogo di tensioni e paure. 
-    Credo di sapere dov’è. 
Atsuya si volta appena, avanza verso di lui e infine segue il suo sguardo, oltre la finestra. 
-    Allora vallo a prendere. 
Insieme capiscono che la fine di quell’incubo è più vicina e dolorosa di quanto si aspettino.

Angolino di Fay
Ci avviciniamo verso la fine~
Approfitto di questo angolo per ringraziarvi delle bellissime recensioni e dei pareri che mi inviate, sono molto preziosi per me! La fanfiction sta volgendo al termine (mancano due capitoli) e conto di finirla entro l’anno... È stato molto difficile scrivere questo capitolo in particolare perché mi sono accorta di aver lasciato molti buchi all’interno della “trama” e li ho rattoppati meglio che ho potuto. Tuttavia essendo questo un capitolo di passaggio conto di scrivere gli ultimi due capitoli senza problemi- dannazione, è da due anni che aspetto questo momento!
Purtroppo ho combinato un bel casino con le caratterizzazioni, l’ambiente e tutto il resto ma spero che il messaggio arrivi lo stesso. Ci sono un sacco di cose ancora da spiegare! Il passato di Hiroto sarà esplicato tutto in questi due capitoli. Ho solo una richiesta per voi: so che sarà difficile, ma cercate di non “giustificare” le sue azioni non appena leggerete su di lui. In parte il suo passato ha condizionato davvero tanto il suo modo di stare al mondo, ma ciò non toglie che si è comportato in maniera abominevole verso Ryuuji. 
Seconda cosa: ho preso una decisione per quanto riguarda la fanfiction. Non la eliminerò, almeno non subito; al suo termine pubblicherò la stessa identica storia nella sezione delle “Originali”, magari variando poche cose (come i nomi ad esempio). Conto di riuscire a pubblicare nuovamente tutti i capitoli almeno in un anno- o magari potrei farlo tutto insieme. In ogni caso sento che questa fic non appartiene affatto al fandom di Inazuma Eleven! Se mai deciderò di eliminarla da qui, sappiate che salverò ogni vostra recensione, perché siete stati davvero molto importanti per me. 
Per ultimo: buon proseguimento di lettura! Mi auguro che riesca a concludere questa fanfiction nel migliore dei modi.
Vi prego di perdonarmi per gli errori, ma sono davvero stanca! Ovviamente siete tenuti a segnalarmeli tranquillamente qualora ne riscontraste qualcuno. 
Un bacio a tutti~

Fay

   
 
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