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Autore: Supreme Yameta    28/11/2015    5 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Salve, carissima gente. Nuovo capitolo ricco di sorprese. Ho pensato e ripensato a come far svolgere il tanto atteso momento dell’incontro fra Naruto e i suoi cari amici che lo credevano morto. Se volete scoprirlo, non vi resta che leggere. Buona lettura.


Assurdo. Semplicemente assurdo. La situazione che i protagonisti di questo evento stavano vivendo era essenzialmente definibile con la terminologia dell’assurdo.

L’amico che tanto a lungo avevano cercato e che per tanto tempo avevano creduto perso per sempre, era proprio lì, davanti ai loro occhi, come il più falso dei miraggi, più che altro un pugno allo stomaco da parte della cruda verità, la quale, da un lato poteva apparire gioiosa per la gaia scoperta, dall’altro appariva nella sua più totale e intera interpretazione: ancora bugie, ancora inganni.

«Non c’è dubbio. - sentenziò Shino. Quello è proprio Naruto.»

L’evidenza più chiara possibile, nemmeno una parola era forse necessaria da esprimere al riguardo; il marasma nell’animo.

Ormai ognuno di loro aveva accettato quello che la realtà obbligava loro di guardare, quando in realtà il loro cuore tentava di allontanare loro stessi dall’associazione razionale alla mente, con cui si potevano dare risposte ben plausibili alle ragioni per cui Naruto aveva inscenato la propria dipartita, diffondendone notizia in lungo e in largo.

La commozione nel vedere il caro amico sano e salvo spingeva a lacrime vere e sincere, rendendo lecita la voglia di sfogare un primo spasmo di gioia, dopo un lungo periodo di struggente lutto e drammi di famiglia e fra amici. Un raggio di sole era finalmente giunto a loro, dopo tanti momenti di tenebra.

Sakura non riusciva ad arrestare le sue lacrime, tanto che dovette addirittura soffiarsi il naso ripetute volte, le era venuto persino il singhiozzo.

«Dannata testa quadra. Mi hai fatto stare in pena.»

Nemmeno il comportamento degli altri compagni fu lontano dall’interpretazione data da Sakura a quel miracolo, ovviamente ognuno la prese a modo proprio, ma tutti esprimevano la loro gioia nel ritrovare un vecchio caro amico dapprima perduto.

Nonostante ciò, ben presto quei sentimenti sarebbero stati brutalmente assopiti da una furia per quello che era successo, la quale ancora tardava la sua manifestazione a causa della presenza del pericoloso mostro di Akatsuki.

«Questa volta non hai scampo, Uzumaki Naruto! - dichiarò Zetsu. Questa volta mi prenderò l’Ennacoda con la forza e tu non potrai farci nulla!»

Naruto lo ignorò, aveva la mente altrove, forse era meglio specificare che voleva portare la mente altrove, pur non pensare a quello che stava vivendo, ovvero la manifestazione reale di tutte le sue paure: presentarsi ai suoi amici, dopo tutto quello che era successo, chiedendo loro di perdonarlo per quello che aveva fatto loro passare.

Naruto provò con titubanza a calare il suo sguardo su Hinata, sorretta ancora fra le sue braccia per l’immediato salvataggio dalle grinfie di Zetsu.

Si trattava della prova del nove, il non plus ultra che avrebbe radicato le sue convinzioni o le avrebbe scardinate del tutto; la reazione di Hinata, la più pacata e amorevoli fra le creature, sarebbe stato l’esempio massimale di come gli altri avrebbero reagito nei suoi confronti.

Naruto sentì che qualcosa tirava i suoi vestiti verso il petto; si trattava di Hinata che aveva afferrato la sua maglia e vi aveva immerso il viso, iniziando a tremare e a stringergli il petto con l’altra mano che le restava scoperta.

Naruto la udì perfettamente: Hinata stava piangendo a dirotto.

Il ragazzo ignorava i retroscena di quella reazione, poiché essi potevano sono essere sentiti per bene dalla ragazza che, convinta ormai di avere perso l’amore della sua vita, era stata catapultata nella realtà, ovvero che quella persona così importante era ancora viva; quella volta non si trattava di uno zombie che ne incarnava le fattezze: era quello vero, il suo vero grande, coraggioso e forte Naruto.

Hinata non riusciva a parlare, nemmeno una parola per Naruto che era tornato da loro, vivo e vegeto. Il suo corpo non riusciva a seguire alcun ordine dettato dal buon senso, poiché tutti e cinque i suoi sensi avevano il morboso desiderio di percepire ogni aspetto di qualcosa che era stata così tanto a lungo decantata dalla tristezza della perdita.

Il suo inconfondibile odore; la sua forte presa dalla quale lei non riusciva a staccarsi, tanto che lo aveva stretto a sé; la sua visione, così turbata nel vederla in uno stato del genere; il gusto delle sue lacrime amare a un misto di terra e polvere prelevato dalla sua maglia arancione; la sua voce, quello che le era mancato di più, soprattutto se recitava il suo nome.

Mentre il corpo di Hinata andava in tilt a causa delle sensazioni da lei vissute, la sua mente non se la passava certo meglio. Hinata provava una gioia tale che avrebbe voluto urlarlo in capo al mondo, prendere il suo Naruto e baciarlo, lì in seduta stante, eppure non lo fece, perché parte di sé era furiosa con lui, per avere fatto passare quella grossa bugia per vere e avere fatto soffrire tutti: per averla fatta soffrire così. La rabbia si accavallò al rancore per quello che aveva passato in tutto quel periodo, Hinata provò addirittura il desiderio di colpire Naruto in qualche modo, ma non lo fece: la sua anima glielo aveva impedito.

Qualcosa che andava al di là della semplice deduzione, ovvero che non si poteva spiegare razionalmente. Il suo spirito era ciò che aveva la precedenza su tutto e lei non ne sapeva dare motivo, ma era anche colui che guidava il suo intero essere.

Il suo sguardo si posò su Naruto: c’era afflizione sul suo volto. Rimorso. Vergogna. Tanto risentimento nei suoi stessi confronti. Era chiaro che stesse invocando il suo perdono. Era evidente il suo pentimento. Ancora più chiaro il fatto che lui, invece, sebbene cercasse perdono, non era ancora in grado di perdonare se stesso.

Hinata a quel punto rallentò il suo pianto, sollevò la sua mano e la posò sul viso del suo caro amato Naruto: nulla era cambiato, lei lo amava con tutta se stessa, lei lo perdonava.

Uno sguardo ed entrambi si capirono.

Naruto rimase indetto. Non si aspettava una scelta del genere così repentina, non da Hinata, che riteneva aver fatto soffrire più di tutti; eppure lei lo stava perdonando: perché?

Naruto non seppe dare una spiegazione a tale quesito, ma non gli importò più di tanto, non era il momento più che altro. Aveva bisogno del suo perdono, ne aveva fin troppo necessità per riuscire ad affrontare gli altri.

«Hinata… - bonfocchiò Naruto. Io...»

Che cosa avrebbe dovuto dirle? Mentre atterravano al suolo e venivano raggiunti dagli altri cloni d’ombra che portavano in salvo i tre genin della Pioggia e Chouji, Naruto cercava con la sua tipica ostinazione le parole per contraccambiare così tanta fiducia, sebbene avesse paura di rovinare tutto quanto. E alla fine fu solamente capace di dire qualcosa che con il senno di poi ritenne che non fosse abbastanza.

«Grazie....»

Naruto ammiccò un sorriso, sincero e talmente pregno di tutti i suoi sentimenti che Hinata non poté fare a meno di contraccambiare.

Il ritorno alla realtà fu drammatico. Naruto venne circondato da tutti i suoi amici, o presunti tale, che lo osservavano con stupore e un misto di altre emozioni che il biondo non riuscì a captare nella sua interezza. Non aveva più importanza, adesso Naruto poteva affrontarli.

«Lurido Bastardo!!» fu l’entrata furibonda di Neji.

Lo Hyuga non esitò ad afferrare per la vita la cugina e ad allontanarla da Naruto per farla rifugiare dietro di lui. Neji non avrebbe più permesso che la facesse soffrire, mai più.

Hinata provò a sfuggire alla presa del cugino con tutte le sue forze; ne voleva ancora un po’, ancora un altro poco di tempo accanto a Naruto. Soprattutto, voleva impedire che gli altri, in particolar modo suo cugino, aggredissero il suo amato, senza sapere nulla di quello che lui stesso stava provando in quel momento.

«Aspetta, Neji!» tuonò Hinata.

Tale reazione non fu per nulla apprezzata da Neji, il quale non esitò a sfogare la sua rabbia anche con la sua amata cugina, utilizzando un tono al dir poco che furioso.

«Non si azzardi, madamigella! Non questa volta! Lei non si avvicinerà mai più a un pezzo di merda come questo qui! Non permetterò mai più che le possa arrecare danno! SE LO SCORDI! MAI! MAI!»

Hinata fece qualche passo indietro; aveva scordato quanto profondamente glaciali potessero essere gli occhi di suo cugino.

A quel punto, inaspettatamente, Naruto prese le sue difese.

«Hey, Neji. - tuonò Naruto. Come ti permetti di parlare a Hinata in questo modo, bastardo?! Chiedile immediatamente scusa o ti prendo a calci nel culo!»

Neji stava per dare in escandescenza.

«Hai anche il coraggio di rivolgermi la parola, tu brutto...»

Neji si stava voltando verso Naruto con l’intenzione di colpirlo con un Juken, ma quando lo fece, esso si trovò di fronte il biondo che gli puntava il suo palmo, facendo segno di discuterne dopo.

Zetsu era ancora lì a incombere sulle loro vite, pur di ottenere il suo ambito trofeo.

«Una bella riunione fra amici, caro Naruto? - sghignazzò il mostro. Scommetto che sono tutti arrabbiati con te per avere fatto credere loro di essere morto. Sei proprio un cattivo ragazzo, proprio così. Sono curioso di sentire ancora un altro poco delle vostre liti, prima di uccidervi tutti.»

Naruto avanzò verso Zetsu con aria minacciosa; lo avrebbe fermato, lì, ora!

«Quello che accade fra me e i miei amici non è affar tuo! - iniziò Naruto. Ora togliti dai piedi, Zetsu, altrimenti giuro che questi saranno i tuoi ultimi attimi di vita!»

La modalità eremita era tornata in azione. Naruto era pronto a combattere e questa volta lo avrebbe fatto per loro, per i suoi amici.

«Veniamo ad aiutarla, maestro!» intervennero a quel punto i tre ragazzini della Pioggia.

Il loro maestro stava fronteggiando un mostro alto tre piani e con poteri inimagginabili, era loro dovere fare da supporto.

«Statene fuori! Lui è mio!» ordinò secco l’Uzumaki.

I ragazzi della Foglia decisero allora di rimanere dietro a guardare; avevano fin troppi cuori spezzati che i dubbi che i stavano ponendo non riuscivano ad avere una degna e chiara spiegazione.

«Pensi che dovremmo lasciarlo fare, Shikamaru? Non dovremmo aiutarlo?» domandò Chouji al suo migliore amico.

L’analitico Shikamaru era nelle medesime condizioni del resto della ciurma, ma nonostante questo, aveva compreso che una mente lucida era quello che serviva loro per restare ancorati a qualche cosa; in un modo o nell’altro, Shikamaru si sentiva addosso tanta responsabilità.

«Lascialo fare. - replicò laconico. Dopotutto è stato lui a sconfiggere Pain, sempre che anche questa non sia una bugia.»

La domanda del Nara sarebbe anche potuta cadere nel dimenticatoio, restando come una pura e semplice frecciata nei confronti di Naruto e delle sue bugie, ma Zetsu volle comunque mettersi in mezzo e parlare.

«Oh, sì che ha sconfitto Pain, ve lo posso assicurare. Il vostro amico è forte ed è riuscito addirittura a convincere Pain a schierarsi contro di noi.»

Era andata proprio così. Naruto, con le sue parole, era riuscito là dove tanti altri avevano fallito, e aveva curato il cuore ferito di Nagato, riportandolo sul sentiero giusto, indirizzandolo nuovamente sui passi del maestro Jiraiya. Un’impresa degna di nota. Un compito necessario, al fine da permettere a Nagato di prendere la sua ultima decisione da persona libera e non come burattino di Madara: dare la propria vita in cambio delle vite che aveva spezzato al villaggio della Foglia.

Naruto non voleva encomi per ciò che aveva svolto. Quel giorno era in lutto per la morte di Nagato e lo era allo stesso tempo per la morte del vecchio sé, quello che militava in Akatsuki. Un giorno di morte e rinascita, non per encomi.

«A proposito, Naruto. - sbottò Zetsu. Perché non mi dici dove hai nascosto il corpo di Pain? Dai, dimmelo!»

Di tutta risposta, Naruto porse un dito medio verso il suo nemico; un gesto che aveva indirizzato antecedentemente anche su Madara.

«Scordatelo, Zetsu! Quel corpo è il tesoro del villaggio della Pioggia. Non permetterò che voi farabutti ci mettiate mano!»

Zetsu scoppiò a ridere.

«Che spavalderia! Mi sembra ieri di vedere la tua espressione di terrore quando vedevi Pain passare al tuo fianco, e ora sei completamente diverso. Attento, però, caro Naruto. Non hai idea di chi ti stai inimicando. Non ne hai la minima idea.»

Naruto fece ancora qualche ulteriore passo, facendo qualche piccolo esercizio di stretching, prima di assestare il suo colpo sull’avversario.

«Basta. Mi hai stufato. Prima parlavi troppo poco, ora non ti si riesce a farti stare zitto!» grugnì l’Uzumaki.

Il gigantesco Zetsu fece di conseguenza un passo verso la sua preda; basta parlare e rivelare segreti, tanto tutto si stava per finire.

«Dammi l’Ennacoda, allora! Dammela!» urlò minaccioso il mostro.

Zetsu si agguantò su Naruto con una delle sue enormi braccia. Naruto spiccò un balzo per evitare il colpo, dopodiché percorse tutto l’arto del suo avversario, per arrivare al suo viso, colpendolo con un forte calcio che fece destabilizzare il mostro. Tale azione durò per il tempo necessario che servì al giovane eremita per creare un clone che piombasse alle spalle del nemico e lo aiutasse a perdere l’equilibrio ormai precario, così il Naruto originale poté senza difficoltà afferrare il polso del mostro e scaraventarlo a terra con una grande potenza.

Tutti rimasero allibiti. Non immaginavano che Naruto potesse disporre di una forza erculea tanto sviluppata; era come osservare il Quinto Hokage in azione.

«Wow! E’ veramente forte. Allora ha veramente sconfitto Pain.» fu il secco commento di Ino.

Nonostante Naruto avesse inferto quel colpo al nemico, quest’ultimo si rimise in piedi dopo qualche istante, dopodiché usò la sua immensa furia bestiale per scagliarsi addosso all’Uzumaki, provocando una grossa nube di polvere e grandi fragori generati dall’impatto fra i suoi pugni e il sottosuolo.

«Non è possibile! - tuonò Zetsu. Ho assorbito così tanto chakra che dovrei essere al tuo stesso livello! Come fai?! DIMMELO!»

Zetsu tentò di colpire l’avversario con un pugno e questa volta sembro riuscirci, dato che quest’altri non si era mosso dalla sua posizione originaria: quella volta aveva fatto proprio centro.

«Naruto!» urlò Hinata preoccupata.

La ragazza provò a soccorrere il suo amato, ma il cugino la bloccò.

«Non si deve avvicinare, capito?!» ordinò Neji.

«Naruto è in pericolo! Lasciami andare, Neji! Devo aiutarlo!» lo implorò la cugina.

Neji non obbedì. Tutt’altro, tentò a modo suo di calmare se stesso e sua cugina; non era ancora giunto il momento di prendere a calci Naruto.

«Guardi meglio, madamigella. Se usasse il suo byakugan, noterebbe che quel bastardo ha la pellaccia dura.»

Allora Hinata seguì il consiglio del cugino e vide che effettivamente Naruto era riuscito a bloccare il colpo del nemico addirittura con una mano sola, senza mostrare la minima fatica. Per la prima volta in vita sua, Hinata non apprezzò solo la grande determinazione del suo amato a fronteggiare le avversità, senza mai arrendersi; quella volta Hinata si rese conto che Naruto era cambiato dai tempi in cui era in Akatsuki e sì, si era accorta che era veramente figo.

Deglutì tutta ad un fiato e inaspettatamente si sentì tutta accaldata e iniziò ad arruffarsi una ciocca di capelli con le dita.

«Wow...» sibilò con ammirazione; era l’unica cosa che fu in grado di dire.

Naruto intanto continuò la sua lotta impari contro Zetsu. Ormai l’Uzumaki aveva la vittoria in pugno.

«Che ti succede, Zetsu? Non dirmi che il chakra che hai fregato non è abbastanza. Ne vuoi ancora un altro po’?» disse Naruto con tono di sfida.

Zetsu era alle strette, aveva capito di non avere alcuna chance contro Naruto.

«Ma-maledetto! Che cosa ti ha spinto a tradirci?!»

All’improvviso il volto di Naruto divenne serio, segno che la conclusione allo scontro era ormai prossima.

«Io… - iniziò il ragazzo. Non voglio più vivere quella sensazione di perdere una persona cara sotto i miei occhi per colpa di un farabutto come te, per questo riuscirò a diventare ancora più forte e supererò tutti quanti, persino Madara. Vi prenderò tutti a calci per il culo!»

Naruto spinse il braccio di Zetsu lontano da sé, dopodiché si mosse a grande velocità verso l’addome del suo avversario; quello sarebbe stato il punto in cui avrebbe assestato il colpo di grazia, utilizzando una delle tecniche di combattimento ad arte marziale dei rospi di Myoboku.

Naruto strinse entrambi i suoi pugni, li tirò indietro per caricare tutta l’energia naturale che aveva nel suo corpo e la concentrò sul punto in cui voleva colpire. Non fu abbastanza preciso e ciò causò la grossa fuoriuscita di chakra, ma l’effetto sperato ebbe successo contro Zetsu.

Un colpo poderoso, assolutamente degno per un individuo che aveva finalmente appreso alla perfezione l’uso dell’energia naturale, tramutando quest’ultima al fine di creare potenti tecniche di arte marziale, ninja e illusoria.

Zetsu perse conoscenza, se la parte nera non si fosse distaccata, prima di ricevere quel poderoso attacco, a quest’ora Madara avrebbe perso uno dei suoi più fidati collaboratori. L’immenso corpo del mostro vegetale, invece, si frantumò in mille pezzi che, nel depositarsi al suolo, alzarono un grande polverone.

Il combattimento era finito.

Naruto aveva sconfitto il nemico; la vittoria era sua.

Zetsu nero a questo punto era costretto a darsi alla fuga, prima che il nemico captasse la sua presenza.

«E’ troppo forte per me. Sarà meglio avvertire Madara.» disse il mostro.

Dopodiché, Zetsu scomparve nel terreno per andare ad avvertire il proprio padrone del serio pericolo che Naruto avrebbe potuto rappresentare, se non fosse stato fermato subito.

Dal canto suo, Naruto, avendo sconfitto l’incombente minaccia, poteva finalmente affrontare le spinose questioni che lo legavano indissolubilmente ai suoi amici e soprattutto a Sasuke. Il ragazzo aveva dato prova ai compagni di essere mostruosamente potente e che era effettivamente stato in grado di battere un individuo potente come Pain; ciò, solo per ribadire il netto divario di potenza che c’era con ognuno di loro, ma anche per fare capire che con quella forza, lui avrebbe protetto tutti quanti.

«S-sei veramente forte...» disse Rock Lee, rivolgendosi a Naruto.

Non vi fu tempo per tenere tale considerazione sul piedistallo, che subito venne messa di lato, poiché soppiantata dal vero argomento di cui si doveva parlare.

Kiba si avvicinò verso Naruto e lo afferrò per il bavero della giacca, lo guardò dritto negli occhi, in modo da fargli capire tutto il suo disprezzo per avere inscenato la sua morte e averli fatti soffrire in quell’assurda maniera.

Naruto non riuscì a sostenere lo sguardo accusatorio dell’amico per molto tempo e subito si sforzò a guardare altrove. Tale azione non fece altri che scatenare una diretta conseguenza da parte di Kiba, il quale non esitò a colpire al viso il biondo, scagliandolo al suolo.

Quel pugno se lo meritava proprio.

«Sei veramente patetico, Naruto! - sbottò rabbioso Kiba. Prima fai una cazzata e adesso non hai nemmeno il coraggio di guardare in faccia i tuoi amici! Avanti! Tira fuori e palle e dicci perché!!!»

Naruto guardò nuovamente l’amico d’infanzia, senza dare ancora alcuna risposta, poi si voltò verso i suoi allievi, facendo loro cenno di non intervenire e infine si asciugò il sangue che gli colava dal labbro che Kiba gli aveva spaccato con quel colpo.

«Io... » esordì Naruto.

«Tu lo hai fatto perché sei un’idiota bastardo. Non è così, Naruto?»

Shikamaru era intervenuto e con il solito spiccato acume aveva lanciato l’esca giusta per arrivare alla piena conclusione della questione; oramai gli era tutto chiaro come la luce del sole.

A seguito di quanto udito, Naruto non riuscì a evitare di ammiccare.

«Diciamo che mi merito molto peggio di “idiota”, ma se vuoi metterla così, diciamo che stavolta ho fatto proprio una gran bella cazzata da idiota qual sono.»

«Fai ancora lo sbruffone, eh?! - ruggì Kiba. Non lo capisci che non c’è niente che tu possa dire in tua difesa, grandissimo figlio di puttana?!»

«Non lo sto facendo infatti.» replicò secco Naruto.

Un nuovo pugno da parte di Kiba. Ancora nessuna reazione da parte di Naruto.

«Razza di bastardo! Quando ci hanno detto che eri morto, ho pianto per te, noi tutti lo abbiamo fatto! Adesso torni qui, come niente e ci dici che tutto quello che abbiamo saputo era una bugia?! Ci prendi per il culo?! Che siamo pupazzi?!»

Kiba stava per assestare un altro pugno su Naruto. Dietro di loro, Hinata urlava al vecchio amico di smetterla e cercava in tutti i modi di raggiungere l’amato, senza alcun risultato, perché Neji la tratteneva alla sua posizione, senza farle compiere passo alcuno.

Fu Rock Lee quella volta a bloccare la mano di Kiba.

«Basta, Kiba! Non servirà a nulla picchiarlo.» disse Lee.

«Questo fallo dire a me! Picchiarlo mi servirà a scaricare tutto quello che sto provando per lui in questo momento!» replicò furioso Kiba.

«Mi va più che bene. - s’intromise Naruto. Fin tanto che non vi muovete da qui. Dopotutto mi merito questo trattamento.»

Grazie a quelle parole, tutti si ricordarono improvvisamente del motivo per cui erano lì. Il fatto di avere rivisto il vecchio amico vivo e vegeto, aveva fatto loro dimenticare che Sasuke era nei paraggi e che andava fermato a ogni costo.

«Così era questo il tuo piano, eh?! - sbottò Kiba. Voi della squadra 7 siete tutti degli egocentrici bastardi, lo siete stati fin dai tempi dell’accademia. Persino Sakura è come te e Sasuke!»

Naruto si sorprese, non si aspettava proprio di sentire una cosa del genere in merito a Sakura, lei, che di quella squadra, era l’unica salvabile.

«Che cos’è successo?» domandò curioso il biondo.

Mentre Kiba raccontava del tentativo di Sakura di drogarli pur di andare da Sasuke tutta da sola, Naruto ebbe il privilegio di essere allontanato da Kiba e di potersi rialzare da terra. Una volta concluso il racconto, Naruto guardò Sakura con espressione allibita.

«Sei veramente pronta a tutto per lui? Sakura non pensi di essere andata oltre?»

A quel punto Sakura Haruno alzò lo sguardo verso il vecchio amico e proferì parola; era giunto il suo turno di dirgliene quattro sull’accaduto.

«E tu che cos’hai fatto fino a tutto questo tempo?! Tu hai fatto addirittura peggio e ora stai qui a giudicarmi?! Fai schifo, Naruto!»

La rabbia di Sakura non costituiva nulla di fisico, perché ella stessa sapeva che i pugni o i calci avrebbero avuto qualche effetto su di loro per fare sbollentare gli spiriti. Lei se n’era fatta una ragione, proprio come Kiba, come Neji e come tutto il resto della combriccola.

Lacrime. Tante lacrime. Lei come tanti altri.

Quello sì che feriva Naruto più di un pugno o di una lama affilata dentro la propria carne. Quelle lacrime arrivavano a scottare il suo cuore, urtandone sensibilmente il suo equilibro.

Naruto non sapeva che cosa rispondere a quanto detto dalla vecchia compagna di squadra. Lui sapeva benissimo che quest’ultima aveva pienamente ragione, per tanto, starsene in silenzio gli sembrò la scelta giusta. Doveva subire e castigare sé stesso per essere stato così insensibile con tutti.

Alche, il turno di parlare di Shikamaru era giunto a compimento.

Per prima cosa, il genio dal codino si rivolse ai suoi compagni.

«Ascoltatemi tutti quanti. Voglio dire anche io delle cose e ci tengo che tutti voi stiate ad ascoltare.»

Nessuno disubbidì alla richiesta dell’amico e subito fu silenzio.

Subito dopo, Shikamaru si rivolse all’Uzumaki.

«Abbiamo saputo tutto dalle ultime volontà del sommo Jiraiya. Abbiamo saputo che in realtà hai protetto il villaggio della Foglia dall’esterno sia dalla stessa Akatsuki che da te stesso. Ora, non ho dubbi sulla veridicità di quanto abbiamo udito quella volta, però adesso, dato quello che è successo, voglio che sia tu a raccontarci tutto, Naruto. Questa volta, però, senza nessuna bugia, senza niente lasciato da parte. Dimostra che sei veramente il nostro amico di un tempo. Questo, almeno ce lo devi.»

Naruto tirò un profondo respiro, dopodiché si sedette al suolo, in direzione di tutti i suoi amici e si preparò a raccontare tutto. Dopotutto Shikamaru aveva ragione: doveva loro la verità; era il minimo che potesse fare.

«Penso che ormai lo sappiate tutti. - cominciò Naruto. Dentro di me è sigillata la volpe a nove code che attaccò il villaggio diciotto anni fa. E’ stato il Quarto Hokage a sigillare questo mostro dentro di me, quando ero ancora un neonato, da allora in poi, sono cresciuto da solo, senza un padre e una madre. La mia, è stata un’infanzia priva di ogni calore umano, dove andavo non c’era altro che rifiuto. Nessuno mi amava, nessuno voleva giocare con me, nessuno mi aspettava a casa al mio ritorno. Io ero odiato da tutti.»

Questo lo sapevano già tutti loro, ma sentirlo dire dallo stesso Naruto, provocò in loro un grande senso di amarezza. Naruto non stava dicendo loro che la sua vita, la sua orrenda infanzia, lo poneva a un gradino superiore a loro, stava invece ribadendo un’altra cosa, qualcosa di completamente diverso.

Molti fra di loro avevano avuto una mamma e un papà che c’erano sempre per loro oppure, bene o male, come nel caso di Sai o di Neji, avevano sempre avuto un posto dove c’erano persone che li amavano. Naruto no.

Shikamaru volle vederci ancora più chiaramente.

«Temari una volta mi raccontò che anche suo fratello Gaara ha vissuto un’esperienza simile alla tua. E’ questo il trattamento riservato alle forze portanti anche negli altri villaggi?»

«Penso di sì. - rispose Naruto. Sia io che Gaara ci siamo passati.»

Naruto non poteva dimenticare a tutte le angherie che aveva subito da grandi e piccini. Quante volte aveva desiderato un pasto caldo e tante coccole nelle giornate d’inverno rigido; quante volte aveva desiderato che un genitore lo venisse a prendere al parco giochi, dove giocava con i suoi amici; quante volte non avrebbe voluto essere buttato fuori da un locale, solo perché stava guardando dalla vetrina esterna un giocattolo che avrebbe tanto voluto avere, ma che il negoziante non gli avrebbe mai venduto.

«Con una vita del genere, chiunque sarebbe potuto farsi sopraffare dall’odio, proprio come Gaara. - continuò Naruto. A me è andata bene, perché c’erano delle persone che da lontano vegliavano su di me: il vecchio Terzo Hokage, la nonna Tsunade, l’Eremita porcello e il maestro Iruka. Loro sono state le prime persone che non mi hanno mai abbandonato. Poi ci siete stati voi.

Devo tutto a queste persone, se sono riuscito a trovare la forza di non arrendermi e ad andare avanti.»

«Oh, Naruto.» sibilò Hinata.

Anche lei ricordava molto bene come se la passava Naruto in quel periodo. Seviziato da tutti, evitato come la peste, privo di amore; proprio come lei. Tuttavia, Naruto aveva dentro di sé una forza capace di non farlo desistere dalle avversità ed era una forza così travolgente che anche lei ne era rimasta investita, facendole condividere tutta la grinta che serviva per affrontare le avversità; persino adesso.

Anche gli allievi di Naruto ascoltavano per la prima volta quella storia e ne erano veramente affascinati. Volevano sapere di più sul loro maestro.

«E poi che cos’è successo, maestro?» domandò ansiosa Rina.

Naruto allora continuò con una storia già sentita, ma poco conosciuta.

«Poi sono entrato nella squadra 7 con il maestro Kakashi, Sasuke e Sakura. E’ stato il periodo più bello della mia vita. Era come se per me, quella squadra fosse la famiglia che non ho mai avuto. Non è vero, Sakura?»

La diretta interessata non rispose. Non vi era alcuna necessità per farlo, dato che si conosceva già la risposta. Quelli erano tempi d’oro per tutti loro.

I guai vennero dopo.

«Più passava il tempo, più mi rendevo conto che non volevo perdere nessuno dei miei legami con voi, ma mi rendevo conto che la mia forza non era a sufficienza, così mi sono approfittato del chakra della volpe per ottenere molta più potenza, ma non ero in grado di controllare quel potere e alla fine mi sono lasciato sopraffare. - sospirò amareggiato Naruto. Se solo non ci fosse stato l’Eremita porcello, non so che cosa sarebbe potuto accadere...»

«E’ in quel momento che entra in gioco Akatsuki. Non è così?» s’intromise Shikamaru.

«Già. - asserì Naruto. Itachi e Kisame vennero da me e mi offrirono di seguirli per imparare a controllare la volpe, in cambio avrei dovuto lavorare per l’organizzazione. Quella volta rifiutai e l’Eremita porcello mi ha protetto da loro. Però… quando io e Sasuke iniziammo a litigare, ho capito che era solo questione di tempo, prima di perdere il controllo della volpe e di ferire qualcuno. Fu allora che decisi...»

Quelle furono le ore più travagliate della sua vita. Naruto dovette prendere quella decisione tutto da solo e solo quando ne fu chiaramente convito, si era recato alla magione dell’Hokage per darne la notizia ai suoi tutori. Naruto ricordava ancora molto bene quello che si dissero lui, Jiraiya e Tsunade.

 

«Naruto? Che ci fai qui a quest’ora?» domandò Tsunade.

Erano le dieci di sera. Orario insolito per una visita, anche da un tipo come lui e ciò incuriosiva molto Tsunade che di lavorare, a suo solito, non ne aveva affatto voglia.

Jiraiya la prese sullo scherzo e iniziò a stuzzicare l’allievo con il suo solito giocondo modo di fare.

«Ho capito! Vuoi venire a ubriacarti con noi non è vero ragazzo? Mi ricordi me, quando avevo la tua età! Che età dell’innocenza!»

«Tu innocente, Jiraiya? Ma quando mai!» sbottò Tsunade ad alta voce.

Jiraiya scoppiò a ridere, tutto energico. Era evidente che si era già scolato qualche cicchetto di alcool, facendo uso della scorta segreta di Tsunade, nascosta in un comparto segreto sotto una piastrella dell’ufficio.

Naruto si allontanò dal suo maestro, tappandosi il naso.

«Puzzi di alcool, vecchio maniaco!» si lamentò il ragazzino.

Jiraiya replicò all’allievo con una delle sue smorfie.

«E io che speravo che fossi diventato più maturo. Si vede che sei ancora un moccioso che non capisce niente.»

«Ho altre cose a cui pensare! Non ho tempo per queste idiozie!» ribatté Naruto.

Jiraiya allora scoppiò a ridere come un bambino, dopodiché poggiò la mano sulla testa del ragazzino e ne scompigliò i capelli.

«E sentiamo. Di quali cose importanti devi pensare, grand’uomo?»

«Già. Sono curiosa anche io.» si aggiunse Tsunade.

Solo allora i due ninja leggendari si accorsero dell’espressione tremendamente seria del giovane ninja e di conseguenza, si preoccuparono a loro volta. Doveva trattarsi di qualcosa di veramente importante.

D’un tratto Jiraiya perse tutta la sua giocosità e divenne serio, pronto a udire e a cercare di risolvere i problemi del suo protetto.

«Che succede, Naruto?»

Naruto impiegò qualche secondo per rispondere, perché aveva bisogno di organizzare le idee e spiegare il suo piano, senza lasciare spazio ai fraintendimenti; per lui era molto difficile.

«Io… - sibilò con titubanza. Mi unirò ad Akatsuki!» dichiarò infine.

Silenzio gelido nella stanza. Per un attimo, Naruto ipotizzò che Tsunade lo avrebbe colpito per la folle idea che aveva avuto, ma invece non successe. Jiraiya lo superò, afferrando una delle sedie presenti nel corridoio dell’ufficio, mettendo poi questa di fronte alla scrivania dell’Hokage.

«Siediti.» ordinò l’uomo al ragazzino.

Naruto ubbidì senza fiatare e solo quando si sedette poté vedere i volti dei due adulti, truci e duri come una pietra levigata che in realtà nascondeva fin troppe crepe che con qualche scossone bello forte, come quello da lui dato, sarebbero uscite allo scoperto.

«Perché vuoi unirti ad Akatsuki? Hai la minima idea di che razza di persone sono?»

Il secco intervento dell’Hokage che voleva una chiara risposta a quell’incalzante dubbio.

Naruto tirò un profondo respiro. Tutta la sua paura era ben visibile agli occhi dei due adulti dal modo in cui stringeva i pantaloni a livello delle ginocchia.

«La volpe. - spiegò il ragazzino. Più il tempo passa, più mi rendo conto che non posso fare a meno del suo potere e lei se ne approfitta. Prima o poi perderò il controllo come al tempio di Zengestu. Persino quando il fratello di Sasuke e il suo amico sono venuti a cercarmi, mi sono lasciato sopraffare dal suo potere e ho distrutto tutto.»

«Va bene così, Naruto. - rispose secca Tsunade. Sei ancora giovane e inesperto, è normale che tu non ci riesca. Quello di cui hai bisogno è di crescere e di allenarti molto per riuscire a fare a meno di quel potere.»

«No che va bene! -  tuonò Naruto. Che cosa accadrebbe se una di queste volte in cui perdo il controllo ferissi uno dei miei compagni? Crede che riuscirei a perdonarmi?!»

Un punto ben fermo a cui rispondere serviva una gran cura delle parole.

«Di questo non devi preoccuparti. Ci siamo sempre noi o Kakashi a tenerti sott’occhio e a impedirtelo.» disse Jiraiya.

Naruto non era assolutamente d’accordo.

«Può darsi, ma voi non ci sarete sempre e potrebbe succedere in qualunque momento! Tipo, ora Sasuke si comporta in modo strano, ha addirittura cercato di uccidermi, però il maestro Kakashi ci ha fermato prima che potessimo ferire noi stessi e Sakura. Quella volta ho sentito chiaramente che la volpe era intervenuta nello scontro. Mi sussurrava di uccidere Sasuke!»

Jiraiya e Tsunade si lanciarono uno sguardo reciproco. Di certo, non avrebbero mai immaginato che la volpe a nove code riuscisse a far breccia nella mente della sua forza portante in quella maniera tanto subdola. Non era mai successo con le precedenti forze portanti del demone; era come se, in qualche modo, la volpe fosse molto interessata ad appropriarsi del corpo di Naruto, notando di quante debolezze quest’ultimo fosse provvisto.

L’espressione di Naruto cambiò nuovamente, dilatando al massimo le crepe nel cuore dei due adulti. La sua era un’espressione di denso terrore.

«Non posso perdere nessuno di loro! Tutti i miei amici sono così importanti e non voglio restare più da solo! Non voglio!»

Jiraiya e Tsunade si chiesero che cosa potessero fare per il quel povero ragazzo e scoprirono che non sarebbero riusciti a fare nulla, se non rinchiuderlo in qualche gattabuia per impedire che desse di matto; tuttavia non potevano farlo, questo glielo dovevano assolutamente a Minato, che aveva sacrificato se stesso e suo figlio per il bene del villaggio.

D’un tratto, Naruto smise di tremare come una foglia e riacquistò tutta la sua determinazione. L’avere messo a nudo tutte le sue emozioni, gli era servito appunto per raggiungere quella risolutezza necessaria per andare fino in fondo con il suo piano.

«Quei tizi vogliono la volpe che c’è dentro di me e sono certo che arriverebbero pure ad assaltare il villaggio pur di avermi. Non lo permetterò! Andrò con loro e sfrutterò questi momenti per lasciare che la volpe li uccida tutti! Proteggerò il villaggio e tutte le persone a cui tengo da lontano.»

Jiraiya e Tsunade erano allibiti. Davvero Naruto aveva escogitato tutto da solo un piano del genere? Era un’autentica follia.

«Frena un momento, ragazzo!» lo bloccò Jiraiya.

«Quello che stai proponendo di fare è troppo pericoloso! - si aggiunse Tsunade. Non abbiamo la più pallida idea della forza dei membri di questa organizzazione, ma solo per il fatto che Itachi Uchiha è fra questi individui, dovrebbe essere un ottimo deterrente per farti desistere! Non permetterò che tu ci vada! Assolutamente no!»

«Sono d’accordo con Tsunade. - disse Jiraiya. E’ troppo pericoloso.»

Naruto si alzò di scatto, sbattendo le mani sulla scrivania del capo villaggio; quei due proprio non capivano, perché gli era venuto in mente di andarglielo a dire? Avrebbe fatto meglio ad agire e basta a quel punto.

«Sono l’unico che può farlo, senza destare sospetti! - replicò Naruto. Avete tutti e due una testaccia così dura che non lo volete proprio capire!»

Nonostante tale determinazione, anche Jiraiya non fu da meno nell’esternare con forza i suoi punti.

«E io ti ripeto che la tua è un’idea folle! Ho promesso a tuo padre che ti avrei protetto e non permetterò che tu ti vada a gettare nella tana del lupo! Questa discussione finisce qui!»

«Tu non sei mio padre, non puoi dirmi che cosa devo fare! Io ho deciso che andrò via dal villaggio e lo proteggerò dall’esterno da dentro Akatsuki. Devi rispettare questa mia decisione!» fu la secca risposta di Naruto.

Per un attimo le parole che aveva ricevuto avevano fatto sbilanciare la confidenza di Jiraiya, tanto che anche Tsunade ebbe l’istinto di lanciargli uno sguardo per vedere se stesse bene.

No, Jiraiya non stava bene. Non poteva permettere che Naruto realizzasse il suo scopo o non sarebbe mai stato più in grado di presentarsi alle lapidi dei suoi genitori. Per lui, Minato era stato come il figlio che non aveva mai avuto, quindi Naruto non era solo un figlioccio o un allievo, era come se fosse suo nipote: era la sua famiglia.

«So benissimo che non sono tuo padre, ma io sono il tuo maestro e se questo vecchio sciocco conterà ancora qualcosa per te, ti chiedo di ascoltarlo.» disse laconico Jiraiya.

L’uomo poi si voltò verso Tsunade, facendole cenno che aveva bisogno del suo aiuto nella questione.

«Naruto. - intervenne per l’appunto Tsunade. Non andare oltre o ti faccio rinchiudere nelle segrete, finché non ti sarai calmato. Modera i toni o sarai in guai seri.»

Naruto non si arrese, non lo faceva mai.

«Picchiami, se lo ritieni opportuno, nonna, ma sai benissimo che ho ragione. Perché non riuscite ad avere fiducia in me?! Posso farcela!»

«Non è una questione di fiducia, dannata testa quadra. - replicò Tsunade. Qui stiamo parlando di un pericolo sconosciuto. Che razza di persone saremmo, se ti mandassimo da solo ad affrontare quei mostri?! Non potrei mai perdonarmi, se ti succedesse qualcosa.»

«Credete in me, vi prego! Posso farcela! Posso farcela!» insistette Naruto aumentando il timbro della voce.

Fu per la prima volta che Jiraiya notò il particolare fuoco negli occhi del giovane ninja, era la medesima espressione che un tempo aveva lui, quando ancora credeva nell’impossibile; magari con il tempo, anche il grande Jiraiya stava iniziando a prendere qualche sbandata. Davvero voleva permettere che i suoi sentimenti intralciassero un giudizio? Magari Minato aveva ragione a credere in suo figlio, per questo gli aveva affidato la volpe a nove code e il futuro del villaggio. Probabilmente, era quella la cosa giusta da fare; che idiota era stato a non averlo capito prima.

«Va bene! Potrai agire come vorrai, ma a una condizione: fra un mese ti voglio rivedere!» dichiarò l’uomo a bruciapelo.

Era chiaro che l’espressione stravolta di Tsunade era del tutto pertinente a quello che stava succedendo. La donna era così sconvolta che lasciò perdere la sua compostezza e afferrò Jiraiya per il colletto del suo abito.

«Che diavolo ti dice il cervello, Jiraiya?! A furia di bere come un pazzo ti si è fritto tutto!» sbottò la donna furibonda.

«Quello che hai detto prima non vuol dire niente allora? Perché diavolo lo hai detto? Per farmi sentire in colpa per essere la cattiva di turno?!» continuò ancora la donna.

«Non è per questo! - disse Jiraiya a sua discolpa. Ma penso che dovremmo dargli ascolto. Dovremmo dargli fiducia.»

Tsunade non riusciva proprio a capire. Come poteva Jiraiya cambiare così rapidamente idea? Che cosa aveva visto in Naruto da fargli muovere così tanto le idee? Lo doveva assolutamente scoprire.

La donna mollò l’uomo e si diresse verso il ragazzino per fissarlo per bene.

«Sei sicuro di quello che fai? Non potrai tornare indietro, prima della distruzione totale dell’organizzazione. Sarai marchiato come traditore e non sarai più un ninja della Foglia.»

Tsunade era in pena per lui. Sebbene sapesse che Naruto fosse un ragazzo molto determinato, ma era così pieno di debolezze che aveva paura che le sue intenzioni venissero scoperte fin da subito dai membri dell’Akatsuki.

«Lo devo fare! - dichiarò Naruto. Devo imparare a controllare il potere della volpe e solo loro potranno aiutarmi a farlo a loro rischio e pericolo. Se mi vogliono, non mi uccideranno.»

Tsunade sospirò. La sua espressione era così simile a quella del suo fratellino Nawaki, la stessa ambizione nel diventare il protettore dei più deboli, lo stesso sguardo pregno di sicurezza del suo amato Dan che si era sacrificato per il bene di tutti. Tsunade non voleva perdere anche Naruto, eppure sentiva che era giusto lasciarlo andare, perché era ciò che aveva fatto con le due persone che più amava nella sua vita; nonostante queste ultime fossero morte, non erano mai state private della cosa più importante: la propria libertà.

L’istinto materno di Tsunade si risvegliò, muovendo la donna ad abbracciare con calore Naruto, lasciando nello stupore entrambi gli altri due presenti nella stanza.

«Ti prego. Stai attento.» piagnucolò la donna, tremando come una foglia.

Naruto era rimasto senza parole.  Era la prima volta che qualcuno lo abbracciava in questo modo, con così tanto affetto. Che fosse quello il tanto famoso amore materno che aveva sempre desiderato? Una sensazione magnifica.

Naruto allora decise di rispondere all’abbraccio nella medesima maniera e scoprì che le poche incertezze che erano rimaste nel suo animo erano scomparse; in fin dei conti, aveva fatto bene ad andare a parlare con quei due.

«Non vi deluderò, ve lo prometto. Farò questa missione e quando tornerò lavorerò sodo per farmi accettare da tutti. Riuscirò a diventare Hokage!»

Tsunade lo strinse ancora di più. Naruto aveva un sogno bellissimo, proprio come quello del suo amato fratellino e dell’uomo della sua vita; era giunto il momento di credere anche in lui.

«Nonna Tsunade, non riesco più a respirare. Sei troppo forte!» sbottò a un certo punto il ragazzino.

La donna doveva avere esagerato con il suo affetto, per fortuna che Jiraiya e aveva messo una mano sulla spalla per farle segno di smetterla, altrimenti l’unica richiesta di salvezza del giovane Uzumaki sarebbe andata in fumo con tutto il resto.

«Ops, scusami!» sbottò la donna, arrossendo vistosamente.

Una volta dopo avere ripreso il suo solito tono composto, il Quinto Hokage si rivolse nuovamente al giovane shinobi di fronte a lei.

«Hai un mese di tempo. Se per quel lasso di tempo non riuscirai a infiltrarti per bene nel nemico, allora tornerai al villaggio assieme a Jiraiya, intesi?»

Naruto scattò sull’attenti, con la sua tipica grinta e un coraggio da vendere che riuscivano a nascondere per bene tutte le paure che il giovane ninja stava provando.

 

«Beh, tutto questo è interessante, ma poi che cosa è successo?» domandò insistente Rina.

La storia di Naruto aveva tenuto sul fiato sospeso tutti i presenti, i quali non volevano assolutamente il racconto, perché significava raggiungere finalmente la consapevolezza che tutto quello che avevano fatto in quegli anni era servito a qualcosa.

«Mi unii ad Akatsuki. - continuò Naruto. Non fu facile però diventare un membro effettivo dell’organizzazione, così Pain mi affidò una missione, ovvero di recuperare l’anello che un tempo era in possesso Orochimaru. Per quella missione non partì da solo, Pain mi mise sotto lo sguardo vigile di Itachi e insieme riuscimmo a portare a termine il lavoro, anche se la parte più dura, devo ammetterlo toccò tutta al caro vecchio Itachi.»

Al solo pensare a quegli avvenimenti passati, Naruto non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso amaro; in fin dei conti, era rimasto molto triste, quando aveva appreso della notizia della morte di Itachi.

Proprio in merito su questo rapporto con Itachi, gli venne fatta una domanda mirata da parte dell’inaspettato Sai.

«Tu e Itachi Uchiha eravate amici?»

Una gran bella domanda. Naruto impiegò qualche secondo, prima di dare la risposta.

«Forse. Non ho mai capito del tutto Itachi, era la persona più criptica del mondo. Però, io l’ho rispettavo molto. Era un grande shinobi.»

«Un grande shinobi?! - sbottò Kiba. Ma se ha ucciso il suo intero clan, inclusi i suoi genitori!! Ma fammi il piacere!»

«Io non l’ho mai giudicato per quello che ha fatto! - fu la secca risposta di Naruto. Itachi è sempre stato molto riservato su questo e io gliel’ho chiesto solo una volta. Lui mi disse che nonostante tutto quello che aveva fatto, si sentiva ancora uno shinobi del villaggio della Foglia e questo, secondo me, gli fa onore.»

«Dici così anche sapendo che è lui la causa per cui Sasuke sta combinando tutti questi casini?» sbottò Ino.

«Sì. Non mi rimangio mai quello che dico.» ribatté Naruto con pugno fermo.

I ragazzi della Foglia furono molto perplessi, perché era veramente strano parlare di Itachi Uchiha con quei termini, dopotutto quest’ultimo non era altri che un pluri-omicida della sua stessa famiglia, militante nell’organizzazione più pericolosa del mondo e pericoloso avversario che si era frapposto fra loro e il loro obiettivo una svariata serie di volte.

Shikamaru stava pensando molto su questa cosa, ma convenne che il tempo per parlare di Itachi ci sarebbe stato successivamente; c’era altro a cui pensare.

«E’ vero che Akatsuki ti ricattava usando noi come espediente?»

Anche quella volta, Naruto venne colto di sorpresa dalla spiccata arguzia di Shikamaru; a quanto sembrava, loro sapevano veramente tutto quello che era successo e forse era anche per quella ragione che era così arrabbiati con lui.

Naruto convenne allora che, considerando come stavano le cose, essere assolutamente sincero era la massima priorità per far sì che almeno i suoi amici potessero capire le sue ragioni.

«Sì.» rispose Naruto.

Una risposta secca che si abbatté su tutti i presenti, i quali non avevano mai dubitato di quanto Kakashi aveva raccontato loro su Naruto, ma sentire tali parole da parte del diretto interessato aveva sicuramente un effetto maggiore.

«Quindi… - esordì Sakura, tremando. Le volte in cui hai provato a ucciderci era solo una messa in scena per quelli di Akatsuki, non è così? E che cosa ti hanno obbligato a fare, minacciandoti in questo modo?»

Naruto strinse i pugni con tutta la forza che possedeva, si sentiva ancora male al solo pensare a tutte le orrende cose che aveva fatto per l’organizzazione, lasciandosi andare alla cieca furia omicida della volpe a nove code.

«A combattere usando il potere della volpe. - spiegò Naruto. Durante tutti questi anni che non ci siamo incontrati, ho partecipato a molte campagne militari per conto di Akatsuki. Quando combattevo, non ero padrone di me, perché non ero capace di controllare il potere della volpe.»

Non cambiava nulla. Quello che stava dicendo non era un modo per discolparsi delle orribili nefandezze che aveva compito; quel senso di sporcizia non lo avrebbe mai abbandonato, mai.

«So bene che questa è solo una scusa per giustificare le innumerevoli vite che ho spezzato, ma non riuscivo a sconfiggere la volpe, era troppo forte per me.»

«Ed eri posseduto anche quando abbiamo combattuto la prima volte contro di te?» domandò Sai.

Naruto impiegò qualche istante per rispondere. Quella volta era stata molto importante per lui, perché grazie ai suoi amici, e in special modo a Hinata, era riuscito a riprendere per intero il controllo della sua mente e del suo corpo.

«In parte, direi. - rispose Naruto. In qualche modo, grazie alle vostre parole sono riuscito a riprendere il controllo di me stesso, evitando il disastro.»

In quel momento, Hinata comprese che quelle parole si riferivano nello specifico proprio a lei e non poté fare a meno di arrossire, sentendosi orgogliosa di quello che era riuscita a fare; allora tutte quelle volte in cui pensavano di avere fallito, in realtà erano riusciti tutti loro a salvare Naruto.

«Questa cosa della possessione è una tale rottura.» intervenne Shikamaru.

«E adesso? Sei ancora vittima della volpe?» chiese Shino.

Naruto sorrise. Era da un bel po’ che la volpe era tranquilla per via del patto che avevano fatto e lui poteva usare parte del suo chakra a suo piacimento; di quel patto, però, doveva assolutamente evitare di parlarne.

«No. - dichiarò Naruto con soddisfazione. Quando combattei contro Pain, rischiai quasi di rompere il sigillo, ma per mia fortuna, intervenne nuovamente mio padre, rafforzandolo nuovamente. Da allora la volpe è rimasta tranquilla.»

I ragazzi lì presenti rimasero perplessi su quanto appena udito. Tutti loro erano presenti all’assalto al villaggio della Pioggia e ricordavano benissimo il cataclisma che Naruto aveva generato, nel momento in cui Pain aveva quasi ucciso Hinata davanti ai suoi occhi. Durante quello scontro, era stata addirittura liberata l’ottava coda, tanta era la furia provata da Naruto per essere stato privato dell’affetto della sua cara amica.

«Quindi quella volta è stato tuo padre a salvare la situazione.» commentò Shikamaru.

Chi era questo famoso individuo che era riuscito a fermare la volpe. Il genio della Foglia ritenne che anche quello fosse il caso di investigare.

«Com’è che questa è la prima volta che sento di parlare di tuo padre? Come mai non ne sappiamo nulla?»

«Il papà di Naruto… - sibilò Hinata. Chissà che tipo è.»

Naruto sorrise ancora una volta; non avrebbe mai dimenticato le parole che quella volta gli disse suo padre. Che grand’uomo che aveva come padre.

«Mio padre ha sigillato parte della sua anima dentro quel sigillo, in caso succedesse una cosa del genere. Era veramente un tipo tosto, non c’è che dire, altrimenti non sarebbe diventato Hokage.» disse a bruciapelo il ragazzo biondo.

Qualcuno finalmente comprese quello che Naruto voleva dire. Non c’erano altri dubbi di chi fosse il padre di Naruto.

«Aspetta un momento, Naruto. - disse Neji. Non vorrai dire che tuo padre è il Quarto Hokage, non è così?»

Una notizia strabiliante, assolutamente incredibile.

«Ehh?! Ma dici davvero?!» sbottò Ino.

Quella volta fu il turno di Naruto di guardare sorpreso tutti i suoi amici, non immaginava di certo che una notizia del genere potesse sconvolgerli fino a tal punto.

«Credevo che lo sapevate, insomma, non è che mio padre fosse così sconosciuto al villaggio.»

«Non è questo! - precisò Ten Ten. Ti rendi conto che sei il figlio di un uomo semplicemente straordinario? Tuo padre è un grande eroe!»

Certo che Naruto lo sapeva, ma il solo fatto di sentirselo dire, non faceva altro che aumentare il suo orgoglio di essere figlio di un grande eroe che aveva dato la vita per salvare il villaggio.

In tutta quella meraviglia, tuttavia, ci fu spazio anche per le frecciatine malvagie di Neji, il quale non si era per nulla ammorbidito dal racconto dell’Uzumaki e gli portava ancora rancore vivo.

«Chissà come la prenderebbe tuo padre, se sapesse ciò che hai combinato per tutto questo tempo. Secondo me non sarebbe così contento di avere una disgrazia di figlio come te.»

Un commento cattivo che attirò su di sé gli sguardi di tutti.

Persino Hinata cedette con un grosso rimprovero nei confronti del cugino.

«Come puoi dire queste cose, Neji? Tu non sai quello che Naruto ha passato.»

Neji ormai era a briglie sciolte.

«Oh, ma certo, pensiamo tutti a quello che è successo al povero Naruto.» sbottò il cugino arcigno.

Dopodiché Neji si rivolse a Naruto.

«Naruto. Sarà anche vero che ti sei sacrificato per il bene del villaggio e ti ammiro per questo, ma non posso assolutamente perdonarti per tutto quello che hai fatto passare ai tuoi compagni. La verità è che tu sei stato del tutto insensibile nei nostri confronti. Te ne sei fregato e non penso che riuscirai mai a guadagnarti la nostra fiducia.»

Naruto abbassò il capo. Le parole di Neji pesavano come enormi macigni che lentamente lo ricoprivano, fino a privarlo dell’ultimo alito di ossigeno disponibile. Nonostante tutto, Naruto si era stupidamente illuso che bastasse aprire il suo cuore agli altri per sperare in una comprensione per tutto quello che aveva fatto, ma evidentemente non era stato a sufficienza.

«Hai assolutamente ragione, Neji. - rispose Naruto. Anche adesso, penso che sperare in un vostro perdono sia stato egoista da parte mia. Vi chiedo scusa a tutti voi.»

Neji iniziò a ritenersi soddisfatto, soprattutto perché nessuno, a parte la cugina, lo stava interrompendo da quello che stava dicendo, segno evidente che il suo era un pensiero condiviso dal gruppo. In questo modo, Neji decise di continuare a dire tutto ciò che pensava.

«Sia tu che Sasuke vi siete buttati tutto alle spalle e avete deciso di abbandonare tutti per seguire il vostro tornaconto. Non approvo assolutamente quello che avete fatto, facendo soffrire tutte le persone che vi volevano bene. In realtà, voi avete semplicemente scelto la strada più facile.»

«Aspetta un attimo, Neji! - si intromise Chouji. Non hai sentito la storia di prima? Naruto sicuramente non ha fatto le scelte giuste, ma non ha fatto la strada più facile. Io lo conosco bene e ti posso assicurare che lui ha sempre scelto la strada più difficile, come quella volta che rubammo un pezzo di torta che aveva fatto la mamma di Shikamaru.»

L’esempio fatto da Chouji riportò un aura di allegria fra il gruppo, ma ciò non impedì allo stoico Neji di restare fermo sui suoi passi.

«Che branco di baggianate...»

A quel punto, fu nuovamente il turno di Shikamaru, il quale aveva dapprima dato una pacca amichevole Neji con lo scopo di farlo calmare, poi prese la parola.

«Sicuramente è chiaro che perdonarti, caro Naruto, non sarà facile, ma c’è da dire che come shinobi mi hai sorpreso. Ai tempi dell’accademia non avrei scommesso un solo ryo su di te e ora non solo ti sei dimostrato un degno ninja della Foglia, ma sei anche riuscito a battere Pain. Di certo questo varrà qualcosa, non credi anche tu?»

Naruto sorrise con gratitudine a Shikamaru, fra quei due c’era sempre stata un’ottima comprensione reciproca, forse perché Shikamaru era così geniale da capire come ragionava un sempliciotto come lui che risolveva tutti i problemi con i pugni.

«Sarà come dici tu, ma finora non sono riuscito a cavare un ragno dal buco e ho Madara che mi da la caccia dalla mattina alla sera. Menomale che ci sono questi tre ragazzi, Konan e il maestro Kakashi che hanno saputo tenermi a bada.» disse Naruto.

«Vedrai, con il tempo ci riuscirai. - continuò Shikamaru. Dopotutto alcuni di noi ti hanno già perdonato, agli altri ci vorrà del tempo.»

Già, tempo che fino ad ora tutti si erano ricordati che stesse scorrendo rapidamente, mentre facevano quella lunga chiacchierata. Per tutto quel tempo, Sasuke avrebbe potuto combinarne di cotte e di crude e loro erano ancora lì a giocherellare; solo allora tutti capirono che le intenzioni di Naruto erano anche quelle di tenerli bloccati lì e di non interagire con Sasuke.

Di fatti, quando Naruto aveva usato la modalità eremita, era riuscito a percepire il chakra del suo migliore amico a poche miglia dalla loro posizione e non era da solo; assieme a lui c’erano anche Madara, Danzo e un chakra che non aveva mai percepito prima: probabilmente Sasuke e Madara avrebbero tentato di assassinare Danzo, ma per il momento, Naruto non sapeva dire che cosa stesse esattamente succedendo laggiù.

All’improvviso, Sakura fece un passo avanti, determinata ad andare fino in fondo con la sua decisione.

«Che succede, Sakura? Per tutto questo tempo sei rimasta in silenzio.» disse Hinata, preoccupata per l’amica.

«Non lo avete capito?! - tuonò la ragazza. Naruto sta cercando di guadagnare tempo per non farci andare da Sasuke!»

Era proprio così. D’un tratto, tutti quanti si fecero dannatamente seri a fissare l’amico che da tanto non vedevano, provando tanto disagio per come si erano fatti usare.

«Sakura ha ragione! Dobbiamo pensare a Sasuke!» sbottò Ino.

Sai andò rapidamente accanto all’Uzumaki. L’assetto da combattimento stava per tornare nella sua posizione originaria con Sai che si sarebbe avvalso dell’aiuto di Naruto e dei suoi allievi per fermare i suoi amici; i ragazzi della Foglia che volevano continuare nella loro impresa, ben sapendo dell’enorme rischio che correvano; Sakura che aveva provato ad avvelenare tutti quanti per sbrigarsela da sola; Naruto che in tutto questo si dispiaceva nel fare nuovamente la parte del cattivo, benché sapesse che fosse necessario per il bene dei suoi amici.

Naruto provò per l’ultima volta a persuadere i suoi amici dal proseguire quella folle idea.

«Sentite, ragazzi. - incominciò. Lasciate che sia io a occuparmi di Sasuke, fidatevi di me. E’ troppo rischioso avvicinarlo.»

Le parole di Naruto pesarono moltissimo sugli animi dei presenti. Macigni pesantissimi che ribadivano quanto inutili fossero i loro propositi, senza la forza necessaria per riuscire a portarli a termine.

Nessuno aveva intenzione di rimanere in panchina, mentre i più forti si davano battaglia. Nessuno si sarebbe più limitato a guardare, lasciando le responsabilità più importanti a poche persone.

Sakura fece un passo in avanti.

«Togliti dai piedi, Naruto!» ordinò la ragazza.

Naruto sospirò, amareggiato. A quanto sembrava, le parole non sarebbero state sufficienti per fermare i suoi amici, di conseguenza, il ragazzo si alzò dal suo giaciglio e tornò in modalità eremita: avrebbe fatto di tutto, pur di fermarli dal compiere sciocchezze.

«Non vi fermerete, non è così? Avete capito o no che Sasuke è molto forte e pericoloso? Al summit dei Kage, ha ucciso molta gente e ha provato anche a uccidere i capi di stato.»

«Che cos’ha fatto Sasuke?!» sbottò Kiba.

«Quello che vi avevo già detto. - ribadì Sai. Non so che cosa lo motivi, ma sembra che abbia dichiarato guerra all’intero mondo ninja.»

Shikamaru allora si rivolse nuovamente a Naruto.

«E perché tu non hai provato a fermarlo?»

«Ero impegnato a combattere contro Danzo. Era più importante fermare quel vecchio, prima che prendesse il controllo del villaggio.» rispose Naruto.

«Porre delle priorità? Non è da te!» sbottò Neji.

Una frecciatina importante per innescare un’altra notizia che Naruto ritenne necessaria per tutti.

«Scherza pure quanto vuoi, simpaticone, ma ora come ora, serve che il maestro Kakashi diventi Hokage per ripristinare l’ordine nel villaggio. Il maestro ha già ottenuto il pieno appoggio dagli altri Kage.»

Ancora altro stupore. Le notizie stavano arrivando a una velocità tale, che da quel momento in poi, nessuno dei presenti sarebbe mai stato più spaesato, quando delle novità si sarebbero accavallate in quella malsana maniera.

«Quindi il maestro Kakashi diventerà Hokage? - commentò Shikamaru. Forse è la migliore scelta che si potesse fare. So che mio padre aveva proposto proprio il maestro come successore della signorina Tsunade. Se solo il signore feudale non si fosse fatto influenzare da Danzo, a quest’ora non ci ritroveremmo in questa situazione.»

«Sarà anche vero, ma non dimentichiamoci che dobbiamo andare a fermare Sasuke. Questo perché non può continuare ad agire indisturbato, causando tutti questi problemi.» intervenne Shino.

«Proprio così. Dobbiamo essere noi a fermare Sasuke, dato che il maestro Kakashi ha altri impegni.» continuò Ino con decisione.

Naruto fece un altro passo avanti, fermo nella sua decisione.

«Non ve lo permetterò!» ribadì Naruto.

Nonostante la velata minaccia esposta da Naruto, i ragazzi della Foglia rimanevano risoluti nella loro decisione, anche se questo avrebbe comportato il loro impegno a combattere con l’amico, pur di raggiungere il loro risultato.

«Allora abbiamo proprio un bel problema.» commentò Shikamaru con cinismo.

La coscienza che un combattimento inevitabile contro Naruto sarebbe nettamente slittato a favore di quest’ultimo, aveva condotto i presenti a reputare necessaria la collaborazione di tutti loro per riuscire quanto meno a immobilizzare il potente avversario e i suoi alleati. Sarebbe stato necessario molto impegno per giungere a tale risultato, pertanto tutti si affidavano alla geniale mente di Shikamaru per un piano che sarebbe riuscito con certezza.

Naruto era forte, era innegabile, per questo motivo necessitavano misure efficienti per sfruttare le sue debolezze a loro favore. Tuttavia, Shikamaru non era sicuro che le debolezze dell’amico di cui era a conoscenza, fossero ancora reputate tali, dopotutto era passato molto tempo, dall’ultima volta in cui aveva lavorato con lui.

Shikamaru aveva già progettato il suo piano. La sua tecnica del controllo dell’ombra era l’unico modo per tenere bloccato l’avversario, per il tempo necessario da permettere a tutti di raggiungere Sasuke. Non sarebbe stato facile bloccarlo, quindi si sarebbe servito dell’ausilio dei suoi amici.

«Neji, Rock Lee, Chouji e Ino. Voi mi aiuterete per bloccare Naruto. - comunicò il Nara. Userò la mia tecnica del controllo dell’ombra per fermarlo.»

Poi c’era Sai. Sebbene non fosse allo stesso livello di Naruto e non fosse imbattibile, il ragazzo aveva una mente tattico militare che nessuno di loro poteva immaginare; non era assolutamente da sottovalutare sia per gli scontri da lunga distanza che da distanza ravvicinata.

«Kiba, Akamaru, Hinata, Shino e Ten Ten. Voi pensate agli altri.» ordinò il Nara.

Nessuno replicò. I piani di Shikamaru non erano mai falliti.

Qualcuno però si sentì tirato fuori dal piano e non sprecò la sua occasione per farlo notare al macchinista. Sakura non perse tempo.

«E io?» domandò Sakura.

Shikamaru non aveva dimenticato il tentativo di Sakura di drogare tutti quanti per raggiungere Sasuke. Il piano attuale di Shikamaru consisteva appunto di controllare Sakura dal commettere follie insensate.

«Tu non dovrai staccarti da qui. Con Sasuke di mezzo, non riesci a ragionare.» replicò il Nara.

Sakura sbuffò. Ancora una volta le veniva impedito di vedere Sasuke e porre fine alle sue decisioni finali. Lei aveva preso la sua decisione, era risoluta nel portarla a termine e quelle interferenze riuscivano solo a destabilizzarla; non lo avrebbe permesso a nessun costo.

«Vaffanculo! Non mi fermerete!» sbottò Sakura.

La ragazza spinse via Kiba e Chouji che aveva davanti, usando la sua poderosa forza fisica. Non si sarebbe lasciata mettere da parte da tutti loro, non lo avrebbe permesso assolutamente.

«Calmati, Sakura!» la supplicò Hinata, correndole contro.

«Non obbligarci a usare la forza per fermarti, Sakura!» minacciò Shikamaru.

Sakura non prestò loro attenzione e quando Hinata le apparse di fronte, nel tentativo di fermarla, ella la guardò con aria supplicante, facendo leva sulla complicità che fra di loro c’era sempre stata dai tempi quando si promisero di aiutarsi a vicenda per riportare i loro amati sulla retta via.

«Aiutami, Hinata.» la implorò Sakura.

Davanti allo sguardo supplicante della sua amica più cara, Hinata non riuscì a tirarsi indietro, anche se sapeva benissimo che quello che stavano giocando era molto pericoloso e significava mettersi contro tutti quanti, incluso Naruto.

«V-va bene!» assentì la corvina.

Quindi Sakura non ebbe più freni. Aveva a disposizione l’aiuto della sua amica più fidata, il casino che il resto del gruppo avrebbe generato nel combattere Naruto e un grosso ammasso di determinazione che non l’avrebbe fermata mai nessuno.

Sakura ci sarebbe riuscita, avrebbe oltrepassato tutti gli ostacoli che le impedivano di porre a termine il suo piano e avrebbe affrontato Sasuke, lei solamente. La ragazza strinse i pugni con tutte le sue forze, dopodiché, fra lo stupore generale, colpì il suolo, generando l’autentica distruzione di tutto il campo di battaglia.

«Ma che diavolo..:!!» sbraitò Shikamaru.

Il genio della Foglia si era lasciato scappare anche un’imprecazione per essere stato colto così alla sprovvista. Non erano già troppi i problemi da affrontare? Adesso c’era pure Sakura in mezzo.

Il suolo si sgretolò a pezzi, molti pilastri rocciosi sbucarono dal suolo per effetto dei movimenti tettonici provocati da quel pugno, simile a un violento terremoto.

Tutti erano stati colti alla sprovvista e per qualche secondo non poterono far nulla per impedire a Sakura di continuare nei suoi propositi, a causa dei movimenti improvvisi del terreno sopra cui poggiavano i piedi, facendo loro perdere l’equilibrio.

Sakura compì un rapido balzo verso la direzione indicatale da Hinata, nella quale avrebbe trovato Sasuke; era fatta.

Purtroppo per lei, Naruto fu abbastanza abile a usare il suo Rasengan per eliminare gli ostacoli di fronte a sé, per tale ragione, egli ebbe l’opportunità di apparire di fronte a Sakura, sbarrandole la strada con tutta la sua determinazione.

«Ho detto che non passerà nessuno!» dichiarò laconico l’Uzumaki.

A quel punto, Sakura dovette prendere una decisione che avrebbe decretato l’apertura del conflitto fra di sé e il vecchio amico, ma lei voleva incontrare Sasuke, doveva incontrarlo ed era disposta a tutto pur di raggiungere il suo scopo. Sakura caricò nuovamente il suo pugno di chakra e si gettò a capofitto contro Naruto.

«Togliti dai piedi!» minacciò lei.

Un pugno del genere, capace di radere al suolo un interno campo, un colpo del tutto simile a quello del Quinto Hokage, avrebbe potuto uccidere una persona comune o, quanto meno, provocare ferite così gravi che il soggetto non si sarebbe mai potuto riprendere. Pur di rivedere Sasuke, a Sakura non importò nulla che Naruto potesse ridursi a tale maniera, ma per qualche attimo la ragazza esitò, timorosa di fare qualcosa di cui si sarebbe potuta pentire.

Naruto precedette la sua titubanza e bloccò i movimenti di Sakura, assorbendo l’intero colpo con le mani infuse di chakra da eremita.

«Stupida cretina! Non ti permetterò di andare!» dichiarò Naruto minaccioso.

Naruto non riusciva a credere che potesse risentire del pugno di Sakura. Il ragazzo dovette ammettere che parte del radio doveva essersi incrinato, durante l’impatto; questo significava che Naruto avrebbe dovuto prendere Sakura sul serio o si sarebbe fatto veramente male.

Sakura la considerò una sfida. Avrebbe combattuto per raggiungere il suo obiettivo e, nel mentre, avrebbe pestato per bene Naruto per tutto quello che aveva fatto loro passare.

«Lo hai voluto tu!» tuonò la ragazza.

Da quel momento in poi, Sakura non avrebbe avuto più alcune riserve con Naruto.

   
 
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