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Autore: Beatrix Bonnie    29/11/2015    1 recensioni
-Seguito de L'orologio d'oro-
I tempi spensierati sono finiti: con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, Mairead, Edmund e Laughlin, insieme ai loro amici del FIE, dovranno affrontare il crescente clima di razzismo dell'Irlanda magica, tra ansie per gli esami finali, nuovi caos a scuola e un Presidente della Magia che conquista sempre più potere. Per Edmund non sarà un'impresa facile, soprattutto visto che il ragazzo sarà anche impegnato nella ricerca di un leggendario manufatto magico di grande potenza, che potrà salvarlo dalla maledizione impostagli da Sigmund McFarren. Ma dove lo porterà la sua ricerca? E questo oggetto esiste davvero o sono solo farneticazioni di un vecchio?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 22
Insospettabili eroi






Moira odiava il turno dopo cena, prima di tutto perché verso le undici tutti gli studenti si rintanavano nelle rispettive sale comuni e il castello restava vuoto, silenzioso e buio; in secondo luogo perché, da quando aveva scoperto i Mangiamorte in atrio, aveva sempre la brutta impressione che qualcosa d'altro di terribile sarebbe capitato mentre lei era in servizio. È il karma, il karma che mi perseguita da quel giorno in cui ho accusato un innocente. Aspettava sempre con ansia la mezzanotte, ora in cui sarebbe finito il suo turno e avrebbe potuto tornare tranquilla al suo dormitorio e buttarsi sul letto.
Quella sera di inizio maggio tutto procedeva serenamente: il forte acquazzone aveva scoraggiato anche gli studenti più temerari dall'avventurarsi nel parco dopo cena, mentre, con l'avvicinarsi degli esami, quelli degli ultimi due anni si rintanavano in biblioteca o nelle aule studio. Ormai, a pochi minuti dalla mezzanotte, non c'era già più nessuno in giro. Moira scese dai piani più alti del corpo centrale del castello e si avviò stancamente verso l'atrio per l'ultimo controllo. Poi, ad aspettarla ci sarebbe stato solo il suo letto. Dal momento che non c'era più nessuno che si aggirava per i corridoi, fece per tornare sui propri passi e raggiungere così la tanto desiderata sala comune dei Llapac. Ma qualcosa la interruppe.
Delle voci, delle voci sommesse provenienti dalla Sala Mor. No, non è possibile, si disse. Per una terribile manciata di secondi, durante i quali tese l'orecchio ma non udì nulla, fu tentata di lasciar perdere e ignorare il problema. Ma poi si disse che quello era l'ultimo turno di guardia e che dopo di lei nessun altro sarebbe venuto a controllare, quindi se c'era qualche studente idiota fuori dal dormitorio, avrebbe potuto combinare qualche guaio. Sbuffò e si avvicinò alla Sala con aria rassegnata.
Il portone era socchiuso. Un campanello d'allarme consigliò a Moira di muoversi con prudenza: si accostò silenziosa allo spiraglio e osservò la scena che si stava svolgendo all'interno. C'erano quattro figure in Sala Mor, una delle quali sembrava proprio la Preside Cumhacht; due invece indossavano la veste bianca e nera dell'EIF. La Cumhacht stava litigando con il quarto uomo, quello di spalle vestito di nero. «Perché sei venuto?» lo aggredì con un tono che voleva essere un sussurro ma conteneva a stento un grido. «Per farmi la morale?»
«Per impedirti di fare un'idiozia, sorella Daireen» rispose l'uomo, calcando con insistenza sull'appellativo sorella. Aveva una voce giovanile, squillante e limpida che Moira ricordava di aver già sentito, come se appartenesse ad un sogno passato.
La Cumhacht scrollò le spalle. «Non mi interessano i tuoi consigli, fratello Liutpridus.»
Il giovane uomo fece qualche passo verso di lei. «Non sono gli ordini di mio padre.»
La Preside sembrò quasi ringhiare. «Me ne infischio degli ordini di tuo padre» sibilò piena di rabbia. «Si è rammollito se pensa davvero di potermi impedire di uccidere quella lurida sasanachfuil.»
A quelle parole, il giovane scoppiò a ridere, una risata grassa e divertita, quasi allegra.
E Moira ricordò immediatamente dove aveva già sentito quella voce: dei tre Mangiamorte che si erano infiltrati nel castello, uno aveva quella stessa identica risata.
«Non sai contro chi ti stai mettendo, Daireen» la minacciò severo, senza tuttavia perdere quella sua strana nota di ilarità nel tono di voce.
Moira si avvicinò ancora di più per cercare di scorgere meglio chi fosse il giovane uomo di spalle. Si appoggiò al portone cauta, per tentare di aprire uno spiraglio più ampio, ma inavvertitamente toccò il chiavistello di metallo che era rimasto sollevato: bastò averlo sfiorato perché la forza di gravità facesse il resto. Il rintocco sordo del ferro sul legno, che durante il giorno sarebbe stato poco più che udibile, nel silenzio della notte divenne un rombo assordante.
Moria trattenne il fiato e indietreggiò di un passo, cercando di essere il più silenziosa possibile, ma il cuore cominciò a batterle talmente forte che era certa sarebbe bastato quello per farla scoprire. All'interno della Sala Mor, i due fuochi che gettavano la loro luce sulla scena si spensero d'improvviso e tutto divenne buio.
Moira fu investita da un'ondata di puro panico. Frugò in tasca alla ricerca della bacchetta, ma aveva le mani sudate e le scivolava via. Sembrava di essere piombata dentro un incubo; le gambe, paralizzate come fossero di marmo, le impedivano di fuggire. Riuscì a fare qualche passo indietro e poi... un raggio di luce uscito da una bacchetta la investì.
«Ancora tu?» fu il commento stupefatto. Era stato il giovane uomo a parlare, quello dalla risata ilare.
Moira recuperò un briciolo di coraggio. Esclamò: «Lumos» e a sua volta illuminò il volto dell'avversario, che ebbe la strana sensazione di aver già visto: era un giovanotto che poteva avere poco meno di trent'anni, con i capelli scuri che arrivavano fin sotto le orecchie e un paio di luminosi occhi verdi. Così simili a... improvvisamente Moira capì: tutti i tasselli andarono al loro posto e l'identità del giovane che aveva incastrato Captatio gli fu subito chiara. «Deamundi» sussurrò.
Quello rimase dapprima un po' spiazzato, perché evidentemente non si aspettava di essere riconosciuto; ma poi sfoderò un sorriso denso di fascino. «Adieu, madamoiselle» disse, la voce sottile come un sussurro di foglie al vento. Poi spense la luce sulla bacchetta e scomparve nel buio.
Moira rimase immobile in mezzo all'ingresso, spiazzata. La sua mente lavorava febbrile, forse anche a causa dell'adrenalina che la scuoteva: il giovanotto doveva per forza essere uno dei figli del conte Deamundi, un membro dell'EIF, che aveva incastrato Captatio insieme ai compagni per permettere alla Cumhacht di prendere il suo posto. Ma ora che piani aveva la Preside che il Conte non approvava? Perché il giovane Deamundi era intervenuto per fermarla?
Uccidere... voleva uccidere... Mairead!
Nel momento esatto in cui Moira lo realizzò, la luce di tre bacchette la investì in pieno. «O'Callaghan!» sbraitò la Preside, stupita e furente.
«Prendetela!»
Moira non seppe nemmeno da dove le venne la prontezza di riflessi. «Nox!» sussurrò, con voce tremante, scomparendo nel buio. E poi prese a correre.

Dedalus mise da parte il libro che stava leggendo e diede un occhio alla sveglia che teneva sul comodino: le lancette segnavano mezzanotte e un quarto. I suoi compagni di stanza stavano già tutti dormendo, ma il letto alla sua sinistra era vuoto. Dove poteva essersi cacciato Henry? Cercando di far meno rumore possibile, uscì dal dormitorio e attraversò il corridoio fino a raggiungere la sala comune. Lì, accoccolato su una delle poltroncine blu, russava beatamente Henry. Dedalus lo svegliò delicatamente, poggiandogli una mano sulla spalla e scuotendolo piano.
«Chi... cosa?» biascicò Henry, sbattendo le palpebre con aria assonnata.
«Non vieni a letto?» sussurro Dedalus, con uno sbadiglio.
Henry si strofinò gli occhi, realizzando di essersi appisolato sulla poltrona della sala comune. «Stavo aspettando Moira» spiegò. «Che ore sono?»
«È passata da un po' la mezzanotte» rispose Dedalus, con un'alzata di spalle.
Henry scattò improvvisamente in piedi, come se qualcosa l'avesse punto. Ora era sveglio e vigile. «Il suo turno è già finito da un pezzo» esclamò agitato. «Dove sarà finita?»
Dedalus sapeva di aver tanti difetti, ma era certo di avere un sesto senso per cogliere i guai: se Moira non era ancora rientrata, doveva essere successo qualcosa. «Arrivo!» esclamò, correndo veloce verso il dormitorio. Afferrò la bacchetta al volo, si infilò le pantofole a forma di coniglietto e tornò in sala comune. «Andiamo a cercarla.»
Henry aveva già tirato fuori la sua bacchetta; il suo volto era una maschera di preoccupazione. Annuì piano, lanciò solo un'occhiata di sfuggita al pigiama dell'amico, ma poi si avviò con decisione verso la porta della sala comune. Se Moira era davvero in pericolo, non c'era tempo di far mettere su a Dedalus qualcosa di decoroso.
I corridoi del castello erano bui e tranquilli. Le nuvole temporalesche se n'erano andate, lasciando spazio ad un cielo stellato che gettava la sua luce biancastra e tiepida su ogni cosa avvolta dall'oscurità. I due ragazzi si mossero rapidi e silenziosi, dirigendosi verso l'atrio: Henry infatti sapeva che quello sarebbe stato l'ultimo posto che Moira avrebbe controllato.
«O'Callaghan!» gridò la voce di una donna. Sembrava la Preside. Per un attimo Henry e Dedalus si fermarono, chiedendosi se la presenza della Cumhacht fosse un bene o un male, ma l'ordine che seguì fu il chiarimento di ogni dubbio. «Prendetela!» sbraitò la donna e Henry si buttò a capofitto giù dalle scale. Si schiantò in pieno contro qualcuno che stava correndo nella sua direzioe.
«Moira?» esclamò sorpreso, ritrovandosi fra le braccia la ragazza.
Degli incantesimi volarono sopra le loro teste, facendo rizzare loro i capelli.
«Protego!» gridò Dedalus alle loro spalle. Qualche maledizione si infranse contro il suo scudo.
«Giù!» ordinò allora Moira, prendendo Henry per mano e conducendo gli amici lungo la scalinata che portava ai sotterranei. I tre ragazzi corsero giù dalle scale, due gradini alla volta, con gli incantesimi che li inseguivano e li mancavano di poco. Si avventurarono nel dedalo di corridoi dei sotterranei, cercando di raggiungere l'altra scalinata che portava al cortile interno, nel cuore del castello. Ma ad un certo punto Dedalus esclamò: «Fermi!»
Henry abbracciò Moira per impedirle di fuggire ancora; sentiva il cuore batterle nel petto e il fiato corto per la corsa.
«Non possiamo continuare a scappare» disse loro Dedalus, piegato in due con le mani sulle ginocchia. «Ci raggiungeranno presto. Io dico: affrontiamoli.»
Lentamente, i tre amici si voltarono in mezzo al corridoio. «Lumos» sussurrò Dedalus, subito imitato dagli altri due.
Attesero, le mani sudate e i nervi a fior di pelle. E infine comparvero, due uomini ammantati di nero simili a corvi spaventosi e al centro la Cumhacht. Ghignava. «Cosa pensate di fare?» li apostrofò divertita.
Dedalus strinse la presa sulla bacchetta. «Non vi lasceremo distruggere la nostra scuola» replicò serio. Da qualche parte nella sua mente sapeva che tre ragazzini, per quanto all'ultimo anno, non sarebbero stati in grado di tener testa a tre adulti ben addestrati, ma non poteva permettere che dei folli mandassero in rovina il suo amato Trinity e l'Irlanda intera. Ora basta, era arrivato il momento di reagire. Costasse quel che costasse.
«Non vi lasceremo uccidere Mairead» aggiunse Moira, la voce tremante ma lo sguardo deciso. Anche la mano che reggeva la bacchetta tremava, ma la ragazza la puntò ugualmente contro gli avversari. Avrebbe voluto essere coraggiosa e forte come Edmund, Mairead e gli altri, invece sentiva le gambe come gelatina e ogni singola cellula del suo corpo le gridava con terrore di scappare. Eppure era certa che Dedalus avesse ragione: non potevano più fuggire, dovevano ribellarsi e fermare tutta quella malvagità. E, soprattutto, proteggere i loro amici.
La Cumhacht riservò loro uno sguardo sprezzante. «Vedremo» fu il suo unico mormorio. Poi sferrò l'attacco.
Moira reagì d'istinto e non seppe nemmeno lei come fosse riuscita ad avere i senti tanto pronti da parare l'incantesimo con un sortilegio scudo. Certo la Cumhacht non si aspettava che la maledizione si infrangesse sulla protezione lanciata dalla ragazza, ma non si lasciò affatto scoraggiare: era una donna abituata al duello. Attaccò e attaccò, ancora e ancora, rapida, precisa e letale. Moira cominciò ad indietreggiare, riuscendo a mala pena a parare o schivare. La testa era vuota, anzi invasa da puro terrore; probabilmente non sarebbe riuscita a contrattaccare nemmeno se ne avesse avuto l'occasione, perché non riusciva a farsi venire in mente neanche un incantesimo.
In fianco a lei, nemmeno i ragazzi stavano avendo grande fortuna. Dedalus era riuscito a scagliare qualche Schiantesimo contro l'avversario, ma anche lui si trovava in difficoltà: indietreggiava sotto i colpi micidiali dell'uomo incappucciato.
D'improvviso Henry fu colpito da un lampo rosso scagliato dal suo avversario e ruzzolò all'indietro privo di sensi.
«HENRY!» strillò Moira.
La Cumhacht rise.
«Pietrificus totalus!» le scagliò contro Moira, presa da una smania furibonda. La maledizione colpì la donna in pieno petto, che ebbe solo il tempo di sgranare gli occhi per la sorpresa, prima di ricadere sul pavimento rigida come un pezzo di legno.
Ma l'altro uomo reagì veloce. «Impedimenta!» gridò e Moira venne scaraventata all'indietro. Atterrò di schiena sul pavimento freddo e duro. Avrebbe voluto restare lì a terra con gli occhi serrati e la schiena dolente, nella speranza che quell'incubo svanisse, ma i sortilegi scudo gridati da Dedalus la costrinsero ad alzarsi.
L'uomo che l'aveva aggredita aveva liberato la Cumhacht dalla maledizione e ora tre bacchette erano puntate contro Dedalus. Lui era in posizione di attacco, pronto, ma non sarebbe riuscito a reggere più di qualche secondo. Moira racimolò le sue ultime forze e si alzò in piedi, tremante. Pronta all'ultimo scontro. Ma proprio in quel momento due figure vestite di nero, le bacchette levate, apparvero in fondo al corridoio. «Che diavolo state combinando qui?» esclamò la voce del professor Saiminiu. Era stupito e preoccupato, ma non sembrava aver colto la gravità della situazione.
La Cumhacht ne approfittò per coglierlo di sorpresa: rapidissima e silenziosa gli scagliò contro uno Schiantesimo, che lo buttò a terra privo di sensi. «Via!» gridò ai suoi compagni e tutti e tre corsero verso l'imboccatura del corridoio per darsi alla fuga.
«Cosa...?» borbottò padre Rafael, incredulo e spaesato. I suoi occhi guizzarono dalle tre figure che fuggivano a Saiminiu riverso a terra e in una frazione di secondo scelse il da farsi: si accucciò al fianco dell'amico e sussurrò: «Innerva
Saiminiu riprese i sensi, restando per un attimo frastornato. «Che cavolo...» provò a chiedere.
«La Cumhacht e due uomini dell'EIF» si limitò a dire Dedalus, serio.
Saiminiu fu subito vigile. Afferrò la bacchetta che nella caduta gli era scivolata di mano e balzò in piedi per l'inseguimento. Dedalus, arma in pugno e sguardo deciso, si unì a lui.
Anche padre Rafael stava per andare con loro, quando Moira lo fermò. «La prego, Henry...» fu l'unica cosa che riuscì a mormorare. Il suo ragazzo era ancora privo di sensi e aveva una brutta ferita sulla nuca, dove aveva battuto contro il pavimento nel cadere. Moira sentiva il suo sangue viscido inondarle le mani e sporcarle la veste su cui aveva poggiato delicatamente il capo di Henry. «La prego...» singhiozzò.
Padre Rafael si accucciò al suo fianco e sussurrò qualche incantesimo. Il sangue si fermò, apparvero delle bende con cui venne fasciata la ferita e infine Henry riprese i senti. Sbatté le palpebre un paio di volte e si guardò intorno. «Dove sono finiti?» domandò infine.
«Chi?» sussurrò Moira, mentre lacrime di sollievo le bagnavano le guance.
«La Cumhacht e gli altri» rispose Henry, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Padre Rafael gli controllò il polso, per assicurarsi che fosse tutto a posto. «Si sono dati alla fuga.»
Henry guardò prima il prete poi la sua ragazza: aveva un volto serio e determinato. «Inseguiamo quei bastardi» decretò.
Moira scoppiò a ridere per la felicità. Era l'ultima cosa che avrebbe voluto sentirsi dire, l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma se Henry lo proponeva con tale decisione, voleva dire che stava bene. O forse che era ammattito del tutto. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò. «Inseguiamo quei bastardi!» Si alzarono tutti e tre da terra, come in preda all'euforia, e corsero verso le scale dove erano scomparsi gli altri. Li raggiunsero in atrio, dove si stava svolgendo una vera e propria battaglia. Saiminiu, ai limiti dell'indemoniato, duellava con la Cumhacht e con uno dei due membri dell'EIF, rapido e micidiale come mai ci si sarebbe aspettati dal pacato professore di Latino e Irlandese. Anche Dedalus sembrava aver trovato dentro di sé chissà quale forza e riusciva a tener testa al suo avversario. Moira e Henry accorsero in aiuto dell'amico, mentre padre Rafael prese a duellare con l'altro uomo dell'EIF. Incantesimi che volavano da ogni parte, che si infrangevano contro gli scudi o colpivano i grossi blocchi di pietra con cui era costruito il castello, ma nulla poteva fermarli. In poco tempo gli avversari furono sopraffatti. Henry e Moira scagliarono nel medesimo momento uno Schiantesimo contro il mago dell'EIF che, impegnato a parare l'incantesimo d'ostacolo di Dedalus, non riuscì a scansarsi in tempo: fu colpito in pieno da due raggi rossi e venne sbalzato indietro fin contro il grande portone d'ingresso.
«Bel colpo!» esclamò Dedalus, esaltato.
Moira sorrise ma non perse tempo. «Pietrificus totalus!» gridò verso l'avversario di padre Rafael. La maledizione lo mancò per un soffio, ma riuscì a distrarlo giusto quella manciata di secondi che padre Rafael poté sfruttare a suo vantaggio. E il secondo uomo già giaceva a terra privo di sensi.
La Cumhacht venne accerchiata.
Moira, Dedalus e Henry si scambiarono un'occhiata veloce. «Expelliarmus!» gridarono in contemporanea, con tale foga che non solo la bacchetta della Cumhacht volò in aria, ma lei stessa fece un volo all'indietro di qualche metro. Atterrò carponi ai piedi del professor Saiminiu.
Lui le puntava contro la bacchetta, con uno sguardo di disprezzo tanto profondo da incutere terrore. «Mai vendetta è stata più dolce» mormorò compiaciuto.
«Il tuo regno di terrore è finito» aggiunse Dedalus, infinitamente soddisfatto.
La Cumhacht alzò lentamente il capo e riservò loro uno sguardo di puro odio. «Ciò che vi aspetta là fuori sarà mille volte peggio» sputò loro addosso, con crudeltà.
«Per intanto abbiamo salvato il Trinity» replicò Dedalus, sorridendo ai suoi amici.
Padre Rafael accennò un inchino col capo. «Per questa sera, siete voi i nostri eroi.»
Henry prese per le spalle la sua ragazza e si lasciò sfuggire un'espressione dubbiosa. «Insospettabili eroi.»
Dedalus sorrise allegro, come se avessero appena vinto una partita di scacchi. «Sì, ma eroi.»










Cari lettori,
era un secolo che volevo arrivare a questo punto della storia. Il punto in cui finalmente anche i LLAPAC hanno il loro momento di gloria! Il nostro silver trio, se mi permettete l'espressione, si è trasformato in un trio di eroi! =D

Qualche precisazione sulla prima parte: Liutpridus Deamundi (QUI un'immagine dei quattro fratelli maschi Deamundi, dove Liutpridus è rappresentato per secondo) ha scoperto i piani della Cumhacht ed è intervenuto per tentare di fermarla e impedirle di fare una stupidata; ma ovviamente non vuole essere coinvolto nella cosa, quindi se la dà a gambe appena viene riconosciuto. Moira lo riconosce perché i quattro fratelli sono molto simili e lei ha avuto sott'occhio il più piccolo, Eibhean, per 4 anni; poi è stato facile fare i conti, visto che erano stati nominati "gli ordini di mio padre", ovvero quelli del caro Conte Deamundi (l'unico che può dare ordini nell'EIF!).
Quanto a Saiminiu e padre Rafael, qui due stavano facendo le ore piccole nello studio di quest'ultimo (ricordo che cripta, aula e studio di p. Rafael sono nei sotteranei), tra chiacchiere e un buon bicchierino di whisky, quando hanno sentito un po' di casino e hanno pensato a degli studenti indisciplinati... invece!

Comunque, QUI l'immagine del capitolo, ovvero i fantastici Henry, Dedalus e Moira nei panni degli eroi! E, a proposito di panni, ammirate il pigiama e le pantofole di Dedalus! ;)

Ci vediamo domenica 27 dicembre, con il prossimo e, ahimè!, ultimo capitolo. Per cui, anche se è appena cominciato l'Avvento, vi faccio già gli auguri di Buon Natale! ^-^
Alla prossima!
Beatrix B.

   
 
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