Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Loop    02/03/2009    0 recensioni
Come a volte un viaggio porta a fare scoperte singolari, attraverso il passato e l'anima stessa, come dentro di noi può esserci molto di più di quel che sembra. Come per caso, un giorno, qualcuno potrebbe scoprire che anche nel suo giardino fioriscono rose malsane
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
XIII
Capitolo XIV

Abissi di Perdizione



Florent aveva sempre avuto una forte tendenza all'egoismo.
Più o meno coscientemente, aveva sempre intuito che il suo posto, ovunque, era al centro.
E, per quanto questo risultasse sbagliato, non poteva correggere la sua natura, così come non si può far scorrere al contrario un fiume, e fermamente convinto di questo, non aveva mai fatto il minimo sforzo per migliorare questa tendenza.
Sforzo che, in ogni caso, sarebbe stato perfettamente inutile.
Ma aveva sempre disprezzato l'egoismo che l'atto di piangere assumeva in lui.
Perché ogni lacrima che aveva versato era stata per rabbia, risentimento, tristezza, dolore, mai per qualcosa che non concernesse lui stesso.
Le sue lacrime potevano scorrere soltanto all'interno del perimetro della sua persona.
Era un pensiero che lo coglieva sempre, quando Cecil batteva le lunghe ciglia per scacciare le lacrime, ascoltando una sinfonia, o davanti ad un tramonto, o ad un quadro.
O ad una poesia, come ora.
“Sai, a volte.. oh, mi riesce difficile credere che tutto questo sia stato scritto da un essere umano. Da un uomo. E' troppo profondo, troppo vero. E' opera di un Dio.”
“Sei tu che lo senti così, Cecil. E' un peccato davvero, che tu sia nato nobile. Hai un'anima troppo artistica. Montmartre reclama il suo principe..”
Cecil non rispondeva mai a questo genere di provocazione; ma sorrideva impercettibilmente, sollevando con parsimonia gli angoletti della piccola bocca.
Florent cercò nel suo profilo quel dettaglio minuscolo, un'ombra appena alterata: ed eccola lì, dove si trovava sempre, in basso, sulla sua guancia.
Era rassicurante trovare quegli indizi sul suo volto, quelle piccole conferme di intimità che ricompensavano i lunghi silenzi del ragazzo.
Cecil era dolorosamente effimero, nella sua essenza.
La sua consistenza reale, la materia di cui era fatto, era impossibile da accertare; la sua stessa presenza veniva percepita quasi come una impressione, un sogno, o comunque un'alterazione della realtà.
Spesso Florent, guardando l'alba con il rumore della porta che si chiude nelle orecchie, si era chiesto se quella notte Cecil fosse davvero venuto, e loro due fossero veramente stati insieme.
A volte, nelle più nere agonie, se fosse realmente riuscito a toccarlo.
E doveva sempre aspettare che Cecil tornasse, per scacciare questi incubi, che lo prendesse fra le braccia e gli poggiasse la testa sul cuore, per chetare i suoi demoni.
Sei mesi di matrimonio, e ogni sera era tornato.
A Florent, in quei mesi, parve di vivere sempre a metà: per tutto il giorno era contemplazione del vuoto; poi, quando le luci si spegnevano, allora cominciava a scorrere il sangue, e Cecil varcava la porta dell'appartamento, sempre fasciato da lunghi pastrani, avvolto nelle sue pallide sciarpe di seta.
Qualche volta portava una camelia rossa per abbellire quello strano modo di vivere, altre volte semplicemente abbandonava sul pavimento gli abiti, e si lasciava cadere fra le lenzuola ancora calde della notte precedente.
E la vita scorreva incerta, nebulosa, e una strana incoscienza affogava l'esistenza in un torpore velenoso, da cui ci si poteva svegliare soltanto all'alba.
“Vorrei sposarmi.”
Cecil si voltò, guardandolo stupito.
“Tua sorella non ha ancora pretendenti, non è così?”
Il ragazzo sbarrò gli occhi, incredulo: “Come?”
“Rosalie. E' ancora nubile no? Dalla a me.”
“Sei impazzito Florent? Ti rendi conto di quel che dici?”
Allarmato, Cecil balzò all'indietro.
E Florent si sentì ferito, da quella reazione violenta.
“Mi rendo perfettamente conto. Chiederò la mano di tua sorella. E tu intercederai per me.”
“No. Non te lo permetterò. E' una sciocchezza. E poi..”
“E poi cosa?”
Cecil trattenne il fiato, con gli occhi enormi appena appannati da un velo umido.
“E poi cosa, Cecil?”
“Tu. Sei mio. E io non ti do il permesso di sposarti.”
Florent gli afferrò il polso; non ci mise poco a assoggettare quella carne tenera, e bloccandolo sotto di se, strinse le gambe attorno ai suoi fianchi, guardandolo dall'alto col busto eretto.
Rise, di una risata amara, crudele.
“Sei tu che mi appartieni. E fino ad ora ti ho lasciato anche troppa corda. Tu non hai capito che su ogni centimetro della tua delicata pelle c'è marchiato a fuoco il mio nome. E non puoi sottrarti a questo. Farai come ti dico.”
“Tu non oserai.”
Da sotto di lui, Cecil fremeva di rabbia e impotenza.
Florent si chinò per sfiorargli le labbra, con ancora i pugni serrati sui suoi polsi.
E Cecil non sottrasse la bocca, aprendola mitemente alla richiesta di sensualità dell'amante.
“Tu.” Sussurrò Florent, in uno spasimo roco, violento, quasi un rantolo d'agonia, “Tu mi appartieni. E io sono stanco di poterti avere soltanto da lontano. Verrò a vivere con te. E ti bacerò ogni volta che ne avrò voglia. Mi hai trattato anche troppo come una puttana, quantunque tra noi la sgualdrina sia tu. Sei mio, Cecil, non di quella bambina.”
Cecil respirava a fatica, dentro la pelle incandescente.
Florent gli sfiorò il contorno della mascella con la punta della lingua, disegnandone la perfetta geometria; lo carezzava piano, con crudeltà mirata, mischiando sofferenza a piacere che veniva strappato dai meandri stessi dell'anima, e Cecil sentiva il dolore diffondersi nei muscoli contratti, nella pelle stessa, partire dal centro esatto di ogni nervo, come una sinfonia perfetta.
Era così che si sprofondava, lentamente.
Mentre le luci, intorno, si spegnevano.
E un rumore cantilenante, come un ronzio, inquinava l'aria.
E piano si perdevano le speranze, di emergere da quegli abissi di perdizione.







Sistemare Florent non era stata un'impresa facile.

Occorrevano documenti, proprietà, un mestiere.
E soprattutto, molto denaro.
Eleonor fu straordinariamente solerte in questo: lasciò che Cecil disponesse a piacimento dei suoi risparmi, e il giovane si premurò di investirli laddove avrebbero fruttato maggiormente.
Poi si necessitò di una casa più grande, al centro della città.
E di inviti alle feste, che non tardarono ad arrivare con generosità.
L'ingresso in società di Florent fu a dir poco trionfale; si muoveva con una eleganza naturale lontanissima dai costruiti e pretenziosi modi della nobiltà parigina; i suoi colori, la sua esoticità, contrastavano spietatamente con le pallide e stereotipe bellezze dei giovani benestanti, i suoi occhi dorati esercitavano un magnetismo inquietante, nella loro luce trionfale.
Rosalie non ci mise molto ad innamorarsene, e come lei nemmeno le altre signorine nubili e qualche attempata ardita signora madre, e Florent non assecondava né disdegnava le attenzioni delle dolci creature dagli occhi languidi.
E se c'era una cosa che sopra tutte lo divertiva, era provocare Cecil.
Spesso, tirando in causa quella sfortunata donna che era sua moglie.
Mia cara Sophie, la luna impallidisce al vostro passaggio.” Sussurrava piano, calcolando ogni movimento delle labbra, ogni lenta inflessione della lingua, con lo stesso tono con cui rantolava nell'estasi dell'orgasmo sulla bocca di Cecil, e il giovane rimaneva apparentemente impassibile, tentando di dissimulare i brevi fremiti che lo scuotevano.
Che folle sono stato, a non raggiungere prima Parigi. A quest'ora potevo essere sugli Champs Elisée, con le vostre manine fra le mie, padrone assoluto del vostro sorriso...”
E Sophie rideva imbarazzata, con lo sguardo preoccupato, cercando con gli occhi Cecil.
Che, immancabilmente, si dileguava in qualche angolo, ad aspettare che le mani gli smettessero di tremare.
Attendendo, inconsciamente, che Florent lo raggiungesse.
E immancabilmente lui arrivava, soffocandolo quasi con la lingua nella gola, a cercare quei sentimenti oscuri e brucianti nel fondo della sua anima, per poterglieli strappare e mostrare come trofeo.
Col rischio, sempre spaventoso, sempre eccitante, di essere scoperti.
Che Cecil se ne rendesse conto o no, Florent aveva dato inizio ad un inesorabile gioco di autolesionismo, senza regole ne moralità.
Ogni occasione era buona per provocarlo, ogni momento di distrazione era ideale per colpirlo.
E lasciarlo agonizzante, disteso a terra, col sangue ad abbeverare le camelie.
Poi arrivava la notte, e si ritrovavano con più urgenza di prima, con una violenza nuova però, che li lasciava esausti e deliranti, in preda ad una felicità feroce, quasi assassina.
Florent impiegò poco a lasciare che Rosalie si innamorasse di lui, e a Cecil bastò fare il suo nome due o tre volte alla tavola del padre, perché questi prendesse provvedimenti, affinché la figliola prediletta guarisse da quella angoscia che l'amore le portava.
Volle conoscere Florent.
Lo studiò, lo esaminò, e lo valutò un buon partito.
Nonché un interessante alleato.
Nel suo lavoro, Florent aveva più volte mostrato una aggressività che lo aveva distinto, facendolo vincente su tutti i fronti.
Gran parte della sua fortuna, riuscì a guadagnarla da solo, e Cecil ne fu sempre segretamente orgoglioso.
Rosalie osservava dall'uscio della porta suo padre e Florent, fremendo all'idea dei loro discorsi, morendo di febbre d'amore per quella strana creatura uscita dalle Mille e una Notte, immaginandone i contorni netti dei muscoli alla luce delle candele, la forza delle braccia, la consistenza della pelle, il sapore delle labbra.
Piangendo di frustrazione, nel sentirsi così schiava di quest'uomo che non la conosceva neppure.
Il matrimonio ormai è cosa fatta.”
Rosalie è innamorata di me, lo sai? Hai visto come mi guarda, come mi brama?”
Non credo che questo ti debba interessare.”
E' lei che devo sposare no? Suppongo che la cosa dovrebbe interessarmi in qualche modo.”
La ami?”
E tu?”
Che razza di domanda è?”
Ti ho chiesto se la ami. E ora ti chiedo: mi ami?”
Cecil aprì un poco la bocca, ma non riuscì a trovare l'aria.
Florent gliela chiuse con le sue labbra, tumide e livide dall'ultimo incontro.
Che male c'è se gioco un po' con la bambina?”
Non voglio che Rosalie soffra...”
Allora lasciami giocare con tua moglie.”
Maledetto traviato..” riuscì appena a sibilare prima di accasciarsi sui cuscini, con il peso di Florent a premere sulle spalle, e la pelle lacerata da quel dolore lancinante che provocava l'orgasmo.
Dimmi che mi ami. E io la smetterò di provocarti.”
Pensi che stia facendo tutto questo per un capriccio, maledetto demonio?”
Per quanto ne so, potrebbe anche essere.”
E la spirale di amore e odio diventava eterna, continua, spaventosa.
Fra due persone incapaci di amarsi, fra due stelle avverse e contrarie.
L'odore permeava l'aria, mentre bruciavano insieme, consumandosi l'anima.
Cecil, ad amare le loro carni, e Florent ad odiarle perché li dividevano.
Oh, se solo potessimo essere una cosa sola.
Non avremmo bisogno di bugie, non avremmo bisogno di ferirci.
Ci basterebbe esistere, per essere felici.
Forse, è per questo che respirare sta diventando così difficile.













  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Loop