Capitolo
Dodicesimo
Il
giorno tanto atteso da tutti era arrivato. Nelle case di mezza Verona
non si
parlava d'altro che del ritorno del giovane Romeo Montecchi a Verona e
dello
scandalo che si era venuto a creare per il folle comportamento del
giovane Tebaldo
Capuleti. Tutti si chiedevano, indipendentemente dal colore della loro
casacca,
come aveva potuto mutare il Principe la sua condanna, che era
sicuramente frutto
di un gioco perverso. Nessuno però più di Gloria
Montecchi era in fibrillazione
per il ritorno del suo angelo, e da quando aveva saputo la notizia, tre
giorni
prima non aveva più dormito tanto era forte la smania di
stringere il suo
bambino tra le braccia.
Aveva fatto riaprire la sua camera e gli aveva cambiato
personalmente le lenzuola aggiungendo qua e là i fiori
preferiti di Romeo ed
ora era davanti alla toletta a guardarsi e sembrava davvero
ringiovanita di
vent'anni.
Anche un'altra persona non era riuscita a chiudere occhio quella
notte di attesa, ed era la giovane Esmeralda che nel grande letto che
le
avevano messo a disposizione nella villa dei Capuleti non riusciva a
sentirsi a
suo agio, continuava a toccarsi il ventre leggermente più
gonfio ora che si
avviava al terzo mese di gravidanza e a pregare un Dio del quale
dubitava, data
la sua sorte, di salvare il padre del suo bambino, perché
nonostante tutto lui era
pur sempre il padre di quella creatura che
cresceva dentro di lei. Romeo invece si era svegliato prestissimo e con
la
mente piena di pensieri. Si era girato e rigirato nel letto e aveva
guardato la
luce del sole che nasceva lentamente e riempiva l’interno
della stanza che
aveva preso in affitto per quella notte. Il russare del fedele servo
Abramo che
dormiva nel letto accanto faceva da sottofondo ai mille pensieri che
attanagliavano la mente del giovane Montecchi. Poi, quando anche lui si
fu
svegliato, i due si erano preparati in fretta e dopo
un’abbondante colazione,
avevano lasciato l’osteria e si erano diretti verso Verona.
Romeo cavalcava seguito
dal suo servitore ma non era concentrato sulla strada di fronte a loro,
bensì
sulla figura dai capelli scuri e abito talare che tanto aveva
contemplato tanto
durante il suo esilio. Il suo unico pensiero era Rosalina,
l’aveva lasciata nel
convento di Mantova due giorni prima promettendole che sarebbe tornato
e lei
gli aveva lasciato una speranza di non prendere i voti. “Se
tornerai qui saprai
la decisione che ho preso… Altrimenti non lo saprai
mai” gli aveva detto lei
con un sorriso apparentemente innocente ma che nascondeva un mare di
malizia.
Giunsero alle porte del castello Scaligero che il sole era
già alto nel cielo e
l’anziano maggiordomo, seguito da frate Lorenzo, gli
andò incontro prontamente
per riceverlo “Signorino Montecchi siete in
ritardo”. Romeo lo ignorò e scese
da cavallo per abbracciare il frate che quasi si commosse,
“Figliuolo,
finalmente sei tornato a casa, sapevo che sarebbe arrivato questo
momento”. Il
ragazzo non rispose ma divenne serio, al solo pensiero che avrebbe
rivisto
Giulietta si sentì invadere da una rabbia cosi cieca, che
avrebbe potuto
spaccare qualsiasi cosa. “Venite, faccio strada”
disse cortesemente il
maggiordomo e condusse il frate e Romeo nella sala del Trono.
Abramo fu
obbligato dalle guardie a restare fuori fino alla fine del processo. Le
porte
si spalancarono di fronte al giovane Montecchi che dopo un attimo di
esitazione
entrò nella sala accompagnato dal frate. La sua famiglia,
disposta al lato
sinistro, subito lo acclamò e lo salutò
vivacemente. “Figlio mio! Figlio mio!”
ripeteva Gloria mentre il marito la tratteneva.”Romeo, amore
della mia vita la
mamma è qui e ti ama tanto”, Benvolio
notò che c’era qualcosa di strano
nell’espressione del cugino, qualcosa che non andava e lo
disse allo zio.
Gloria continuò a ripetere parole sdolcinate nei confronti
del figlio e il
marito dovette intimarle di calmarsi più volte.
“Silenzio!” intimò Escalus
dalla cima dei gradini, in piedi davanti al suo trono, e i Montecchi si
zittirono.
Romeo, cercando di mantenere la calma, guardò alla sua
destra dove
c’erano i Capuleti e si ritrovò addosso gli occhi
puntati di Giulietta e
Mercuzio che lo guardavano con espressione pacata ma accusatoria al
tempo
stesso. Dopo un po’ il biondo nipote del principe cedette e
smise di sostenere
il suo sguardo, tutt’altro fece la giovane Capuleti.
“Ah, maledetti voi due!”
sibilò lui distogliendo bruscamente gli occhi da loro.
“Stai calmo figliolo”,
gli disse il frate prendendogli il braccio, “Non è
il caso di agitarsi per
loro, devi accettarlo”. Romeo con gli occhi lucidi per la
rabbia si strinse i
pugni e guardò avanti. “Silenzio!”
ripeté Escalus ai Capuleti che si
bisbigliarono qualcosa tra di loro. “Montecchi, sei in
ritardo…”, il principe
si sedette tra suo nipote Valentino e sua sorella Caterina.
“Cerchiamo di
arrivare al dunque, questa storia mi ha già seccato
abbastanza…” furono le sue
rigide parole prima che Mercuzio ignorando con un sorrisetto Giulietta
che gli
ripeteva “No dai! Non andare…”,
baciò la sua mano intrecciata alla propria e
prese posto vicino al fratello maggiore. La guardò a lungo
poi dovette
sorridere ad Escalus che gli aveva lanciato un’occhiataccia
per non aver preso
posto prima.
Romeo, quasi nauseato da ciò che aveva visto si
concentrò su
Tebaldo che non aveva ancora degnato di uno sguardo. Era tenuto in
catene e sorretto
da due guardie, una grossa cicatrice in volto che lui non aveva mai
visto
prima, vestiti per lo più lacerati ed era molto dimagrito.
Ad un cenno di
Escalus le guardie lo scortarono al banco che era stato sistemato
appositamente
per lui e anche Romeo prese posto al suo. “Voi due”
disse il principe facendo
scrocchiare le ossa delle dita con estrema severità
“Conoscete il motivo della
vostra convocazione qui oggi?”. Allungò le mani
lungo braccioli del Trono e li
strinse guardando con disprezzo i due giovani che tacquero entrambi.
“Forse
qualcuno vi ha tagliato la lingua?” domandò
pensando che se lo sarebbero
meritato sul serio. Valentino e Mercuzio si guardarono. “Non
credo di avere
commesso alcun crimine durante il mio esilio” disse Romeo
deciso. Il principe
lo guardò con sdegno. “Non vedi chi
c’è affianco a te Montecchi? L’uomo per
cui
sei finito in esilio, che ha inscenato la sua morte facendo ricadere su
di te
la colpa per un crimine che non hai commesso”. Il giovane si
rivolse a Tebaldo
“Perché non hai…”. Escalus
alzò la voce “Tuttavia Montecchi, hai ferito
gravemente mio nipote e questo è un grave
crimine”. I due condannati abbassarono
lo sguardo. Tebaldo sembrava non avesse neppure la forza per replicare.
“Come
tu, Capuleti hai fatto del male a tua cugina!” disse il
principe.
Romeo alzò
gli occhi di scatto “Cosa? Che cosa le ha fatto? Quando
è successo?”. Mercuzio
gli rispose freddamente “Questo non ti riguarda, pensa agli
affari tuoi”. Il
principe li ignorò e guardò Tebaldo
“Capuleti io ti condanno in esilio a
Brescia dove ti raggiungerà Esmeralda una volta che
avrà dato alla luce vostro
figlio, per aver fatto ricadere la colpa su un Montecchi di un crimine
che non
aveva commesso, aver cercato di violare tua cugina ed averla ferita
alla gamba.
La mia sentenza è definitiva, non voglio ascoltare le vostre
suppliche."
Il giovane Capuleti ormai allo stremo delle forze alzò una
mano per parlare
prima che gliene fosse tolta per sempre ogni possibilità,
Escalus lo guardò per
un attimo riflettendo e poi con un gesto imperioso della mano gli fece
capire
che poteva parlare. ”Vi prego di perdonarmi, non sono qui per
chiedervi di
togliermi la pena ma solo il vostro perdono! I miei gesti sono stati
brutali ed
osceni, cosi orribili da portarmi sul baratro di un nero abisso, ma
erano
dettati dal sentimento più puro che ci sia, quello
dell'amore nei confronti di
Giulietta." Si fermò in silenzio non trovando altre parole
con cui
continuare il suo monologo e continuò a mormorare
semplicemente"Perdonatemi."
Gli occhi di Mercuzio erano freddi come due smeraldi e la sua testa si
mosse
facendo oscillare i biondi capelli, il suo diniego era chiaro lui non
poteva
perdonare un individuo che aveva cercato di far del male alla sua
Giulia. Alzò
lo sguardo e lo posò sulla ragazza che stava lì
in silenzio e sembrava più
grande dei suoi quattordici anni, Romeo si girò a guardare
Giulietta e
intercettò lo sguardo di Mercuzio il suo furore esplose in
un urlo, “Tu me
l’hai portata via!” urlò con sdegno, era
invaso da un furore tanto ceco quanto
potente, non riusciva a capire cosa gli fosse preso voleva solo che il
sangue
di Mercuzio che una volta era stato il suo migliore amico gli bagnasse
le mani.
Il principe guardando Romeo con disprezzo scese di un gradino
mostrandosi in
tutta la sua possente altezza di quasi due metri, "Basta
così Montecchi,
altrimenti mi costringerai a non ritirare la mia condanna, il sangue
dei miei
congiunti ha già macchiato abbastanza le tue mani, e se non
vuoi essere portato
in prigione ti consiglio di tacere." La sua voce era bassa ma
perfettamente udibile da tutti, dopo un attimo di silenzio riprese a
parlare
con il suo solito tono. "Ora, che il Giovane Capuleti verrà
scortato dalle
mie guardie fino a Brescia e tu Montecchi puoi definitivamente tornare
a
Verona, ma ciò non toglie che sarai sottoposto ad una rigida
sorveglianza visto
l'astio nei confronti di mio nipote. E ora andate ho già
perso troppo tempo con
voi!" E con un gesto impaziente della mano sciolse la seduta. I
Montecchi
insieme a Romeo furono scortati per primi fuori dal palazzo mentre i
Capuleti
restarono lì ancora per qualche minuto, appena l'ultimo dei
Montecchi fu andato
via Tebaldo venne scortato nella sua cella e i Capuleti poterono per un
attimo
respirare. Non sembrava vero al Conte che tutto quello fosse successo
alla sua
famiglia, ma doveva pur accettare che era anche colpa sua, se solo
fosse stato
un padre migliore per i suoi figli tutto quello non avrebbe toccato la
sua
famiglia, se avesse smesso che Tebaldo era suo figlio sin dal primo
giorno che
lo aveva portato a casa sua la vita di tutti sarebbe stata
più semplice. Fu
richiamato al presente da una guardia che annunciava loro che potevano
tornare
alle loro case perché la strada era finalmente libera, il
conte allora alzò lo
sguardo sul trono del principe e vide che la famiglia Della Scala si
era tutta
ritirata e cosi presa per la vita sua moglie muta e intontita dal
dolore uscì
dalla sala del Trono.
"Sei un maledetto sconsiderato lo sai? Come dico io
ti è venuto in mente di fare quella sceneggiata nel bel
mezzo di un
processo?" Lo sguardo del principe era rosso d'ira e le sue mani erano
strette a formare dei pugni, "Di la verità ti piace il
pericolo della
morte vero? Hai visto lo sguardo di quel Montecchi? Giuro che se
morirò sarai
tu la causa!" Scosse la testa e si sedette in una poltrona, aveva preso
Mercuzio in disparte per dargli una lezione sul suo comportamento ma il
ragazzo
sembrava stranamente placido tanto da causare un'altra cascata d'ira.
"Di
qualcosa maledizione!" Il ragazzo alzò lo sguardo sullo zio
e sorrise.
"Ho intenzione di organizzare una festa per chiedere la mano di Giulia
Capuleti." Escalus strabuzzò gli occhi e si passò
una mano sul viso.
"Ti sembra il momento più adatto per farlo? Hai proprio
deciso di farmi
morire!" Detto ciò lasciò la stanza dove si
trovava suo nipote.
La
mattinata passò velocemente trasformandosi in tardo
pomeriggio e nella casa dei
Montecchi era tutto un cicaleccio di felicità, una sola
persona sembrava
stranamente triste nonostante ormai fosse nella casa che tanto aveva
desiderato, i suoi occhi erano lucidi e si muovevano febbrilmente per
la
stanza. "Figlio mio, ma che ti succede? Non sei forse felice di essere
tornato a casa?" Il giovane scosse la testa e sorrise alla madre "Non
potrei essere più felice madre ma ho il cuore pesante e la
testa troppo leggera
desidererei andare nella mia stanza a riposare" la madre sorrise
accarezzandogli i capelli "E’ ovvio, è l'emozione
a fare questo effetto
vai pure più tardi salirò a vedere come stai! "
Romeo uscì dal salone e
invece di salire in camera sua si diresse con passo sostenuto alle
scuderie per
prendere il suo cavallo e dirigersi verso la villa dei Capuleti. Voleva
parlare
con Giulietta e chiedere spiegazioni su quello che era successo, sul
perché il
loro amore era svanito come la luna allo spuntare dell'alba…
Eppure mentre la
distanza tra lui e la dimora di Giulietta si affievoliva era il viso di
Rosalina che vedeva e sapeva che quello che voleva realmente era solo
una
spiegazione. Solo una spiegazione? La vocina nella sua testa
mormorò il
contrario ma lui non le diede ascolto. Arrivato sotto la finestra di
Giulietta lasciò
il cavallo li vicino e vi salì, quando
fu arrivato sul balcone bussò sul vetro, il suo cuore
batteva furioso nel petto
e aveva la bocca secca come sabbia prese un profondo respiro e attese.
La
finestra si aprì un attimo dopo, il viso sorridente di
Giulietta che era
apparso dinnanzi a lui cambiò espressione quando vide che il
giovane era Romeo
e non Mercuzio. "Che ci fai tu qui? Come osi irrompere in casa mia!
Vattene subito!". Nella sua voce si era insinuata una sfumatura di
collera
e la piccola lupa avvertì il cambiamento e iniziò
ad uggiolare piano. Il
ragazzo non si smosse alle sue richieste di andarsene, "Sono qui
perché mi
devi una spiegazione! Cosa è successo? Cosa ci è
successo? Cos’è che ti ha
allontanata da me? Dimmelo, ti prego dimmelo…" Il suo gesto
fu
velocissimo, prese il viso della ragazza tra le mani e la
baciò. Giulietta
rimase per un attimo interdetta senza ricambiare il bacio, senza
muoversi e poi
la sua mano partì colpendo forte il viso di Romeo che si
staccò da lei
indietreggiando e portandosi una mano sulla guancia. La ragazza lo
schiaffeggiò
ancora bruscamente e si avvicinò alla lupa che ora ringhiava
apertamente e mostrava
i denti pronta ad attaccare. "Non ci provare mai più!
Perché non eravamo
fatti per stare insieme e… ecco perché, e
tu…" Non riuscì a finire la
frase e Romeo fece un passo avanti. “E tu lo sai meglio di
me!” esclamò lei
indietreggiando ancora, poi l’espressione di rabbia del
giovane Montecchi in
qualche modo la spaventò ed uscì dalla camera
cosi rapidamente che quasi
inciampò ma lui l’afferrò per le spalle
costringendola a guardarlo in faccia.
“Giulietta! Dove credi di andare? Eh? Vieni
qui! Ti ho fatto una domanda!” strillò
istericamente Romeo che sembrava sull’orlo di una crisi di
nervi, la strattonò
più volte con l’intenzione di farle male ripetendo
quella frase. Giulietta gli
ripeteva di smetterla e più se lo scrollava di dosso e
più lui continuava a
spingerla e a strattonarla con forza. Nel trambusto delle urla che
avevano
allertato anche i servi, Luce si alzò sulle stampe
posteriori e azzannò il
ragazzo al collo che cadde pesantemente su di un fianco. La ragazza non
se ne
accorse subito, approfittò di quell’istante per
recuperare il pugnale che
teneva come d’abitudine nello stivale e glielo
puntò contro “Stai lontano!”
gridò tremando. “Che cosa ci fa un Montecchi in
casa mia!” la voce del conte
Enrico risuonò per tutta la casa e sua figlia ancora
sconvolta perché per un
attimo aveva creduto che Romeo fosse morto dovette aggrapparsi alla
balia che
era corsa da lei “Che sta succedendo? Che ti ha
fatto?” vide il pugnale e
glielo tolse di mano poi la
ricondusse
nella sua stanza, Luce smise di ringhiare e le seguì.
“E’ meglio se ci pensa
tuo padre adesso” disse frettolosamente la balia
“Non temere lo tratterrà
finché non arriveranno le guardie del Principe a scortarlo a
casa sua”.
Giulietta si chinò a controllare che i denti della sua lupa
non fossero sporchi
di sangue, non aveva nemmeno ascoltato una sola parole di quello che la
donna
che più la amava al mondo le stava dicendo. Una serva
entrò nella stanza e le
si avvicinò “Contessina questa è per
voi” le porse una lettera che lei
distrattamente aprì e lesse mentalmente tutta d’un
fiato. “Come avete fatto a
capire che…”, in un primo momento fu tentata di
dire “Che ero in pericolo” ma
poi disse “Che lui era qui?”. La balia prese la
lettera che Giulietta le porse,
“Uno dei servi ha riconosciuto il suo cavallo… Oh
bambina mia” la abbracciò
forte “Vorrei che tu non dovessi subire mai più
tutta la sofferenza che
quest’odio ti porta”. Giulietta sentì i
battiti del cuore tornare regolari e si
staccò da lei per fare un bel respiro e allontanare
definitivamente tutta la
tensione che aveva accumulato. “Eppure non ho versato neanche
una lacrima” si
disse, “Questo vuol dire che non sono più una
bambina”. La donna le sorrise e
disse che per lei lo sarebbe sempre stata. “Hai
già deciso cosa indosserai
domani per l’occasione? Qui dice che è una festa
in tuo onore… Non so proprio
cosa spera di ottenere da te quel bell’imbusto”. Giulietta la
guardò sorridendo “Mercuzio mi
ama, come io amo lui, è solo questo che conta” si
sedette sul letto e abbracciò
la sua Luce “Grazie per avermi salvata”.
Giunse
al castello Scaligero nel suo splendido vestito amaranto la sera dopo
scortata
in carrozza e accompagnata da Cordelia, la balia ed i suoi genitori.
Quando
scostò la tendina e vide due paggi venire incontro alla
carrozza la sua amica
le prese la mano e le sorrise, Giulietta sapeva in cuor suo che la
fanciulla di
fronte a se provava qualcosa per il ragazzo che lei amava e da quando
era
tornata le cose fra loro erano cambiate.“Non capisco
perché abbiamo dovuto
metterci tutti in ghingheri e piattini…” si
lamentò la balia una volta scesa
dalla carrozza seguita da Lady Capuleti. “Cerca di essere
meno scontrosa per
una volta e pensa a divertirti!”, le disse la sua padrona.
Giulietta scese per
ultima con l’aiuto del cocchiere. Si soffermò a
guardare verso l’ingresso, quel
viale che una volta aveva percorso a cavallo di Ares sotto la pioggia,
il
giorno del suo primo bacio… “Buonasera famiglia
Capuleti” il maggiordomo si
inchinò e fece un sorriso alla ragazza che ormai cominciava
ad essere di casa
“Prego, vi faccio strada, da questa
parte…”. Mentre lo seguirono la madre della
ragazza non fece altro che commentare quel posto ed esprimere tutto il
suo
desiderio di voler vivere li. D’un tratto dovette smetterla
di fantasticare
perché suo marito si era alterato e sentiva la mancanza
dell’alcool. La balia
prese sottobraccio la ragazza bionda “Tesoro, ma non era il
caso che restavi a
casa insieme ad Esme? L’abbiamo lasciata da
sola…”. Cordelia si irrigidì
“Ma se
non si sentiva bene? E’ lei che ha insistito per non
venire”. Giulietta restò
in disparte fino a quando non giunsero nella sala del banchetto,
c’era
tantissima gente molta della quale occupata a danzare, alcuni di loro
erano
parenti del principe perciò a lei sconosciuti ma non
degnò nessuno nemmeno di
uno sguardo. Si addentrò tra la folla di invitati alla sua
destra e passò
dietro a coloro che erano presi dalle danze, percorse metà
della sala quando
dall’altra parte i suoi occhi si incontrarono con quelli che
tanto cercava.
Mercuzio indossava un completo blu e argento. Lei notò che
quei colori gli
stavano particolarmente perché si intonavano con i capelli
biondi, eppure si
aspettava di vederlo in nero e oro come i colori del suo casato.
Entrambi si
mossero in avanti per avvicinarsi quando qualcuno trattenne lei, che si
fermò
ma non smise di guardare il ragazzo che amava. “Perdonate
signorina” disse il
giovane che aveva qualche anno più di lei, “Vi
andrebbe di concedermi un
ballo?”. Le prese la mano e nel momento in cui stava per
portarsela alla bocca
lei la ritirò “Mi dispiace non voglio”
disse lasciandolo senza parole, si
allontanò da lui e raggiunse Mercuzio. Si abbracciarono
sotto gli occhi di
tutti, compresi i familiari di lui e quelli di lei. Il ragazzo che poco
fa
aveva chiesto a Giulietta di ballare continuò a cercare una
dama che si unisse
con lui per le danze. Cordelia che da lontano aveva visto tutto, si
sentì
mancare l’aria e un senso di invidia si impossessò
di lei. “Dannazione!”
imprecò, “Perché non riesco a
dimenticarlo? Perché mi fa questo effetto? Forse
dovrei andare da Romeo e aiutarlo a prendersi la sua
vendetta”, si tappò la
bocca con le mani perché aveva pensato tutto ciò
ad alta voce e la balia
l’aveva sentita. Gli occhi della bionda si posarono su quelli
di un ragazzo che
la guardò e poi le passò accanto
“Scusate signore vi va di ballare?” lo
trattenne per un braccio ma stava ancora guardando con odio Giulietta.
“Voi la
conoscete?” gli chiese lui dopo aver visto dove guardava,
“Mi ha appena
rifiutato, perciò accetto il vostro invito”. La
prese per mano e la condusse al
centro della sala.
“Perché
piangi?” domandò Mercuzio stringendola. Giulietta
non si mosse e continuò a
tenersi a lui “Non sto piangendo”
mormorò. Quel contatto la faceva sentire viva
e di nuovo libera, era impressionata da se stessa per quanto la sola
presenza
di lui riusciva a farla stare bene. “Credi di potermi
nascondere i tuoi
pensieri o il tuo stato d’animo?”, le prese il viso
e lo girò verso il suo. Gli
occhi lucidi di lei la tradirono subito ma invece si asciugarseli lo
baciò. “Ti
amo” disse quando si staccarono. Mercuzio trasalì
“Cosa?”, la portò via da li e
la condusse vicino al tavolo dove erano seduti tutti gli Scaligeri. Lei
li
salutò frettolosamente poi il ragazzo la invitò a
prendere posto vicino a lui.
“Sicura di star bene? E’ successo
qualcosa?” le chiese ancora. Giulietta
avrebbe voluto urlare al mondo intero che ormai non aveva
più paura di
ammetterlo ma gli sorrise semplicemente “Non qui”
gli sussurrò all’orecchio.
Isabella le chiese come stava e di raccontarle qualcosa. Lei la
guardò senza
rispondere poi si trovò addosso gli occhi di Escalus che la
guardavano come per
dirle di parlare. “Romeo?” chiese Mercuzio a denti
stretti, lo zio sentì e
lanciò uno sguardo a Valentino. “Io ho voglia di
ballare vieni amore?” disse
dolcemente Isabella al marito che accettò subito.
“Parleremo dopo visto che ora
sei impegnata” disse la donna a Giulietta e le fece
l’occhiolino. Lei la
ringraziò mentalmente per la comprensione e
guardò distrattamente le molte
facce che non conosceva. “Lo sapevo… Che ti ha
fatto? Giuro che lo ammazzo”
imprecò Mercuzio agitandosi. “Ti ho appena detto
che ti amo” le ricordò lei, “E
tu pensi a lui?”. Escalus blaterò qualcosa
riguardo alle feste e in quel
momento vide Melania passare con i vassoi del vino, aveva i capelli
lunghissimi
sciolti e indossava un semplice abito verde con le maniche corte.
Nonostante
fosse già ottobre il freddo non era ancora arrivato del
tutto. Il principe la
guardò a lungo finché lei non se ne accorse.
“Hai ragione ma se solo ha provato
a toccarti io”, Mercuzio prese fiato “Dimmi la
verità è stato da te?”.
Giulietta annuì “Non lo sai? Gli uomini di tuo zio
lo hanno riportato qui e ora
è nelle segrete”. Lui le prese le mani
“Ero troppo impegnato ad organizzarti
questa festa per pensare alla legge, scusami”. Escalus si
alzò “State
tranquilli è sotto la mia supervisione non vi
darà più fastidio” e si
allontanò
da loro. Il nipote fece per fermalo “Perché non me
l’hai detto?”, ma ormai era
troppo tardi e il principe non lo sentì. “Dai
lascia stare” disse lei, “E’
acqua passata ha solamente provato a baciarmi”. Mercuzio si
alzò dalla sedia
cosi bruscamente che sua zia Caterina, intenta a mangiare, lo
rimproverò “Hey
signorino non ti ricordi più le buone maniere?”. Giulietta gli prese la mano
“Ti prego, se
tieni veramente a me resta”, vide la sua espressione iraconda
e strinse la
presa. Lui cercò di calmarsi e si passò una mano
tra i capelli come faceva
sempre quando era nervoso. “Ed io che volevo chiederti di
sposarmi” pensò. “Dai
balliamo ti va?” gli chiese lei alzandosi, “Sempre
che la principessa
acconsenta” disse rivolgendosi a Caterina la quale sorrise.
“Prego fate pure,
la principessa resterà qui ad ingozzarsi sola
soletta” rispose ridacchiando,
Giulietta notò che era già alla terza portata e
non poté fare a meno di pensare
se soffrisse di attacchi di fame nervosa o qualcosa del genere. Si
sentì
accarezzare il collo e la lunga treccia dietro la schiena.
“Sono geloso” le
disse a bassa voce, “In una maniera che neanche
immagini”. Lei rispose
prontamente “Guarda che per me è lo
stesso” e gli sfiorò la punta del naso
affettuosamente. “No Giulia, dico sul serio, io sono geloso
in un modo cosi
morboso che non riesco a capacitarmene”, sospirò
“Nessuna donna con cui sono
stato mi provoca questo e adesso vorrei solo vederlo morto”.
Lei ebbe un tuffo
al cuore quando accennò alle altre con cui era stato e si
chiese mentalmente se
il numero fosse stato abbastanza alto da superare la sua immaginazione,
“Non
dire cosi, non lasciare che l’odio si impadronisca di te, io
so che il tuo
cuore è puro”. Lui rise palesemente contrariato.
“Mi ami?” le chiese tornando
serio, “Allora dimostramelo, lascia la finestra aperta
stanotte… e fammi
entrare nel tuo letto”. Giulietta arrossì
violentemente e desiderò nascondersi
sotto il tavolo. “Mi sembra di averti già ospitato
tempo fa” disse al limite
della vergogna e guardandosi intorno. “Hai capito cosa
intendo” sibilò prima di
allontanarsi, raggiunse uno dei corridoi e una volta rimasto solo
scaraventò per
terra uno dei candelabri; le candele caddero e si spensero. Si
fermò un attimo
a riflettere poi decise di scendere nelle segrete per far visita a
Romeo.
“Giulia!”. Si girò in direzione di
quella voce e Valentino le fu vicinissimo
“Perdonate se non vi ho salutata come si deve, va tutto
bene?”. Lei incrociò le
braccia “No” e lo guardò negli occhi.
“Ehm… mio fratello dov’è? Non
lo vedo da
nessuna parte” continuò lui. Lei fece spallucce
“Abbiamo litigato per colpa dei
Montecchi, forse voi potete fare qualcosa… Si è
arrabbiato”. Il sorriso del
ragazzo che sembrava esattamente la versione di Mercuzio con i capelli
neri un
po’ la rassicurò “Niente paura, ora ci
penso io” andò a cercarlo e lei una
volta sola guardò nel punto in cui i due fratelli si erano
dileguati, fu
tentata di seguirli ma la voce di sua madre e quella di Isabella che
conversavano e le si avvicinavano la costrinsero a cambiare idea.
I
gradini di pietra erano cosi stretti e ripidi che scenderli velocemente
non era
certo un’impresa facile. Mercuzio dovete rallentare il passo
e sbuffò più
volte. Tenne la torcia tesa davanti a se quando si sentì
afferrare per il
farsetto. “Dove diavolo credi di andare?”, la voce
di Valentino inconfondibile
per suo fratello minore rimbombò tra le mura. “La
festa è dall’altra parte”. Il
biondo si girò a guardarlo “Si infatti…
allora va e divertiti anche per me”.
Valentino si lamentò “Lo sai che se zio se ne
accorge ti mette alla gogna?” e
lo seguì. Quando raggiunsero la cella di Romeo Mercuzio
affidò la torcia al
fratello maggiore. “Cuzio devi proprio?”
sbottò lui, “Cosa dirai alle guardie?
E dai lascialo in pace è solo un povero
disgraziato”. Il biondo ridacchiò “Ho
le mie buone motivazioni e poi di cosa hai paura? Devo solo scambiarci
due
parole… Siamo principi noi possiamo tutto”,
ordinò ad una delle guardie di
spalancare la grata dicendo che si trovava li per una visita al
prigioniero.
Romeo che era disteso sulla branda con i polsi legati si
destò dal dormiveglia
e prima che potesse rendersi conto di chi era entrato nella sua cella
si
ritrovò in ginocchio col naso sanguinante e un dolore
insopportabile. Il pugno
del suo migliore amico lo aveva colpito cosi forte da fargli girare la
testa,
si accasciò al suolo e perse i sensi. “Se la
tocchi un’altra volta giuro che ti
uccido! Guardia!” ringhiò Mercuzio ed usci dalla
cella. Escalus che si aggirava
per la grande sala con le mani dietro la schiena e
l’espressione minacciosa per
chiunque gli si avvicinasse troppo si ritrovò accanto alla
giovane Capuleti,
prima ancora di poterle domandare dove si fossero cacciati i suoi
nipoti che un
momento prima stavano parlando con lei uno dei paggi gli corse incontro
“Vostra
grazia, il prigioniero è ferito”. Giulietta si
mise ad ascoltarlo. “Al naso, si
richiede subito la vostra presenza” continuò il
giovane paggio. Il principe lo
afferrò per il colletto della camicia e lo tirò a
se. “Manda a chiamare Giosuè
e fallo visitare, immediatamente”. Quando l’ebbe
congedato Giulietta si rivolse
ad Escalus “Siete sempre cosi gentile con la vostra
servitù?”. L’uomo le lanciò
un’occhiata inespressiva “Cosa ne può
sapere una ragazzina come te di come
trattare i servi? Non è affar tuo, dovresti pensare a tenere
buono mio nipote
invece che istigarlo all’odio per i suoi amici”.
Lei vide il paggio inciampare
un paio di volte prima di dileguarsi tra la folla. “Mio
principe” disse ad
Escalus toccandogli un braccio “Lo so che sotto la vostra
corazza si nasconde
un buon cuore”. Mercuzio risali le scale seguito dal
fratello. “Aspetta” gli
disse Valentino, “Fammi vedere la mano!”. Il biondo
si strofinò via dalle
nocche il sangue di Romeo ed estrasse dalla tasca il fazzoletto con le
sue
iniziali ricamate, ci sputò sopra e se lo passò
sulla mano. Valentino lo tratte
“Perché non ti calmi adesso? Torniamo di la e
godiamoci la festa ti prego,
questa doveva essere la tua serata non lasciare che te la
rovinino”. Il
fratello minore gli sorrise e annuì “Infatti! Ho
finito” disse riferendosi alle
nocche rosse “Andiamo”.
Romeo
fu condotto poco dopo nella cella che il medico Giosuè aveva
allestito tanti
anni prima come infermeria, il ragazzo fu deposto sul letto e
l’anziano lo
esaminò attentamente. Gli ripulì il viso e vi
applicò sopra un unguento
speciale sotto gli occhi e sul naso. Romeo saltava ad ogni suo tocco e
non riusciva
a tenere gli occhi aperti dal dolore, piangeva come un bambino e tra le
lacrime
e le rassicurazioni del medico ripeteva un solo nome
“Rosalina”. Valentino
tornò nella grande sala quando si accorse di non avere
più il fratello accanto
“E adesso cos’altro sarà andato a
combinare?”, si diresse sbuffando da suo zio
che stava parlando con Giulietta e non appena vide il nipote gli chiese
a denti
stretti “Dove diavolo si è cacciato?”,
l’espressione innocente del ragazzo lo
fece alterare ancora di più.“Giuro che
più tardi faremo i conti! Non lo capisce
che sta passando dalla parte del torto? Sento che a breve non
tollererò più il
suo comportamenti!”. Il principe tornò a sedersi
vicino a sua sorella senza
dire altro. Valentino guardò Giulietta e le fece cenno di
avvicinarsi. “Stavo
pensando…” disse per sdrammatizzare,
“Perché non balliamo? Se vi va
naturalmente” sorrise poi guardò sua moglie che
era a breve distanza. Giulietta
prese la mano che lui gli tendeva con una certa soggezione.
“Spostati
fratello!”. La
voce di Mercuzio
riapparve dal nulla “Semmai mettiti in fila, sempre che dopo
io ti dia il
permesso” rise maliziosamente come faceva sempre. Valentino
sospirò e lasciò la
mano della giovane “Sarà per un’altra
volta allora” si congedò con un inchino e
li lasciò soli. “Dove sei stato?” gli
chiese subito lei ansiosa di conoscere la
risposta, “Perché mi hai lasciata cosi senza dirmi
nulla?”. Presero parte ad un
ballo che era già cominciato. Mercuzio ridacchiò
e unì le loro mani “Non è
importante”. Ignorò le sue proteste e la
sollevò da terra. “Ti odio quando fai
cosi lo sai?” continuò lei, girò una
mezza volta su se stessa poi le loro mani
si toccarono ancora. “Hai detto che hai avuto tante donne
prima di me… quante?”
gli domandò perché lui si ostinava a rimanere in
silenzio. “Hai detto di amarmi
prima” disse finalmente lui, “Quanto mi
ami?”. Giulietta si fermò al centro
della pista e gli lasciò la mano, i suoi occhi erano cosi
delusi che non
riusciva a spiegarsi perché si comportasse cosi.
“Nessuna che era alla tua
altezza” fu la risposta di lui mentre la riafferrava per i
fianchi e la faceva
girare, “Non ho mai amato nessuna come amo te…
Nessuna prima o dopo di te”. Lo
disse guardando altrove un po’ imbarazzato. Già,
lui odiava sentirsi
imbarazzato perché non faceva parte del suo carattere. Lui
che le donne le
prendeva dove e quando voleva, anche più vecchie della sua
età. Lui, Mercuzio
che spensierato non aveva mai dato il suo cuore a nessuna e che era
troppo
occupato alla regina Mab e ai suoi sogni, a bere e divertirsi. Un
viziato in
poche parole. Sapeva di esserlo e la cosa gli andava bene cosi. Ma con
lei era
tutto diverso, con Giulia, la sua Giulia era tutta un’altra
storia e lui non
era più lo stesso. “Non
ho mai amato” ripeté,
“E’ la prima volta che mi succede e
non avrei mai pensato che fosse cosi maledettamente bello, folle
e…
meraviglioso, come te”. La guardò e si
avvicinò per baciarla. “Sei andato da
lui non è vero?” gli chiese dopo averlo ascoltato
con gli occhi sgranati e aver
risposto al suo casto bacio. Mercuzio fece spallucce sorridendo
divertito. Ci
fu un breve scambio di dame e cavalieri poi tornarono in coppia
insieme.“Tantissimo”
disse Giulietta improvvisamente stanca di ballare, lui la
guardò serio perché
aveva già capito a cosa si stava riferendo. “Non
puoi immaginare quanto”, lo
accarezzò sulla guancia e lo baciò
finché la musica non finì. Escalus si
alzò
di nuovo dal tavolo e si posizionò al centro della sala
“Mie care signore, miei
cari signori… Vorrei un attimo di attenzione”
batté le mani per farsi sentire.
“Questa sera siamo qui come molti di voi sapranno per fare un
annuncio
riguardante mio nipote” fece segno a Mercuzio di parlare.
Giulietta che ancora
non aveva inteso quello che stava succedendo fu colta alla sprovvista
quando
lui le strinse la mano e gliela baciò poi si
inginocchiò a terra ed estrasse
una scatola dall’interno della giacca.
“Perché non ti alzi?” mormorò
lei
imbarazzatissima, vide i genitori guardarla sorridenti e poi
abbracciarsi per
la contentezza. “Giulietta… Vuoi diventare la
mia…”, il ragazzo non finì la
frase perché anche se non lo dava più a vedere
dentro di se provava una rabbia
assassina, chiuse un attimo gli occhi e sospirò. Il cuore
gli suggeriva la
parola Moglie ma la testa la parola Fidanzata.
“Giulia” pronunciò il nome di
lei e tolse il coperchio alla scatolina nera. La ragazza si
sentì mancare i
sensi “Oh mio Dio fa che non me lo chieda” si disse
mentalmente, “Sto per
svenire”. Lo guardò ansiosa ma colma di
felicità allo stesso tempo. “Vuoi
diventare la mia fidanzata?”, fu la domanda definitiva.
Escalus che era pronto
ad un meccanico applauso credette di aver sentito male. “Te
lo chiedo davanti a
tutti perché voglio che il mondo sappia quanto sei
importante per me, io ti amo
e non credo di poter più stare senza te”,
tirò fuori l’anello d’oro giallo con
incastonato un rubino a forma di cuore e in quel momento Giulietta
sorrise e
pianse allo stesso tempo. “Si che lo voglio! Ma adesso
alzati!”, tutti
scoppiarono a ridere e applaudirono con gioia, tutti tranne
Cordelia… Il biondo
si alzò e le infilò lentamente l’anello
all’anulare sinistro “Questo è il mio
cuore” sorrise, “Ed è tuo
adesso”. Lei gli buttò le braccia al collo
commossa
poi posò le sue labbra su quelle di lui e gli
stampò un bacio che durò a lungo.
“Ma non la voleva sposare?” ironizzò
Valentino con suo zio, “Non lo capisco più,
ormai è fuori di testa” rispose il principe. Nel
bel mezzo degli applausi, la
commozione da parte di Lady Capuleti e la stretta forte di Giulietta
Mercuzio
cambiò espressione quando vide in lontananza il fratello di
Paride ed i suoi
genitori. Qualcosa in lui si spense e provò un senso di
timore, solo in quel
momento si rese conto che quello era il ragazzo che aveva invitato a
ballare la
sua amata e anche se non si ricordava il suo nome sapeva che quello
sguardo non
prometteva niente di buono. Lui per dispetto gli sorrise e fece un
teatrale
inchino, sua madre invece quasi in preda ad un attacco d’ira
si scagliò verso i
due abbracciati ma prima che potesse raggiungerli fu bloccata dal
figlio e dal
marito che guardarono Mercuzio con altrettanto disprezzo.
“Che ci fanno loro
qui? Non mi risulta che erano nella lista degli invitati”
disse Valentino,
Escalus che gli era accanto con le braccia incrociate guardò
nella direzione
indicata dal nipote “Infatti” mormorò
con tono di amara sorpresa. “Ci penso io”
disse prima di farli scortare “gentilmente” fuori.
Mercuzio non riuscì a
sentire le loro voci ma fu certo di aver letto il labiale di parole
simili a
“La vendetta è vicina”.
Giulietta
una volta a casa diede la
buonanotte alla balia e si ritirò nella sua stanza, dopo
aver fatto il bagno
aveva indossato una delle sue camicie da notte più candide.
Anche se era nel
periodo premestruale e si sentiva particolarmente strana, in qualche
modo aveva
dato delle speranze al suo fidanzato. Ma speranze di cosa? Che si
sarebbe
concessa a lui? Si pettinò i capelli e lasciò
solo poche candele accese. “I
problemi si affrontano al momento” si disse. Ma per
l’emozione si era adagiata
sul letto intatto con tutta la vestaglia e Luce ai suoi piedi. Dopo
circa
mezz’ora la prese in braccio e la mise nella sua cuccia che
le aveva preparato
apposta per quella notte. “Mi raccomando stavolta te ne
starai qui buona buona
e non salirai sul letto, chiaro?”, la baciò fra le
orecchie “Lo sai che ti
voglio tanto bene vero?” la accarezzò ancora e le
augurò la buonanotte poi
tornò a letto. “Perché non
arriva?” pensò dopo che si era rialzata un paio di
volte e faceva avanti e indietro per la camera. Luce era accucciata e
nascondeva il muso dietro alle zampe ma aveva gli occhi vispi e seguiva
ogni
suo movimento. Le candele che illuminavano la stanza si stavano
consumando
velocemente e da ciò la ragazza dedusse che si era fatto
davvero tardi cosi si
risedette sul letto e poi di scatto vi si sdraiò sopra.
“Lui non verrà” mormorò
con gli occhi lucidi dalla rabbia.
A
casa Della Scala era esploso
l’ennesimo battibecco per via del naso rotto di Romeo e del
ritorno della
famiglia di Paride che in qualche modo erano riusciti ad imbucarsi ad
una festa
che non aveva nulla a che vedere con loro. Escalus aveva rimproverato
più volte
il nipote per ciò che aveva fatto al giovane Montecchi e
anche per aver ucciso
Paride. “Tu sei fuori di testa!” lo aveva accusato
lui di risposta, “E’ stato
un regolare duello e tu eri d’accordo!”. Il
principe pensieroso era arrivato
alla conclusione che la famiglia di Paride, suoi lontani parenti,
sarebbero
stati esiliati alla prima mossa falsa nei confronti di qualsiasi membro
dei
Della Scala o dei Capuleti. “Pensaci bene prima di
imparentarti con quel
casato! Hai perso l’amicizia dei Montecchi per causa loro e
hai anche ucciso!”,
le parole di Escalus non lo sfioravano minimamente e neanche quelle del
fratello che prendeva le sue parti e invece di essere cosi brusco come
lo zio
gli diceva di fare attenzione perché Verona non era
più sicura per nessuno. Mercuzio
quando si liberò da quella patetica riunione di famiglia
sgattaiolò a prendere
Ares e corse via. Giunto al luogo che più di tutti
apprezzava scese da cavallo
e nel silenzio della notte al riparo dagli occhi delle guardie, si
arrampicò al
balcone di Giulietta e una volta scavalcata la ringhiera
bussò al vetro della
finestra. La fanciulla che lo attendeva ancora sveglia
scattò in piedi e andò
ad aprire. Il ragazzo subito la baciò senza darle il tempo
di parlare, le sue
mani le sciolsero la treccia che si era fatta da un lato mentre lo
attendeva infilandosi
avidamente in quei fili morbidi che erano i suoi capelli e le tolsero
lentamente la vestaglia. Lei si mise a ridere per via delle pelle
d’oca
"Mi fai il solletico!", poi lo guardò con desiderio e gli
tolse la
camicia, che cadde a terra silenziosamente. Lui
divertito dal suo comportamento la lasciò
fare molto volentieri "Oh Giulia" disse facendola
indietreggiare. La ragazza avvertì
un dolore al basso ventre ma lo ignorò e si
sdraiò sul letto, Mercuzio le fu
subito sopra e ripresero a baciarsi. Il tocco inesperto di lei non
stava dando
a lui la sicurezza che fosse davvero pronta e curioso voleva vedere
fino a che
punto si sarebbe spinta. "Non te l'ho mai detto che ti voglio vero?",
il biondo col suo sorriso da sciupa femmine le rispose con un lungo
bacio sul
collo seguito da un morso. La ragazza rabbrividì mentre
bisbigliava il suo
nome, poi si tirò su e gli si avvinghiò addosso.
"Finalmente posso
averti" sussurrò lui per provocazione spostandole indietro i
capelli, la
spinse di nuovo con la schiena contro il materasso e la
baciò con passione. Giulietta,
per niente spaventata da quella frase invece incrociò le
gambe dietro il suo
fondoschiena ma quando lui stette per abbassarsi pantaloni quasi
gridò per l'imbarazzo
"Oddio amore! Non posso! Ho il periodo rosso". Mercuzio la
guardò
incerto fermandosi “Che cosa?”. Lei si
tirò su “E’ cosi… non posso,
non posso
farlo”. Si senti accarezzare il mento e baciare ancora
“Intendevo… come mi hai
chiamato?”. Adesso si trovavano seduti uno di fronte
all’altra, lui con le
gambe piegate e lei con le proprie che lo circondavano. “Sei
il mio amore”
disse Giulietta dolcemente e gli prese una mano per incrociarvi le
dita. “Ma
che hai fatto qui?” chiese allarmata dopo che lo sguardo le
era caduto sulle
nocche rossastre. Il biondo che era intento ad osservarla e aveva fatto
si che
le loro fronti e nasi si toccassero continuò a rimirarla.
“Un nonnulla” rispose
indifferente. “A
me non sembra” disse
lei, “Lasciami indovinare, hai fatto a botte con
qualcuno?”. Invece di risponderle,
Mercuzio la baciò a lungo fino a portarla sotto le coperte.
“Aspetta” si alzò
per chiudere bene la finestra e spegnere le candele poi
tornò da lei. “Che
bello, è la seconda volta che dormiamo insieme”
disse Giulietta felice e lo
abbracciò. Parlarono a lungo sottovoce e ogni tanto lui le
dava un bacio.
Quando si furono addormentati Luce, che era rimasta in un angolo senza
fiatare
uscì dalla sua cuccia e salì con un balzo sul
letto della padrona, cercò a
lungo una posizione comoda e alla fine decise di appollaiarsi contro la
schiena
di Giulietta.