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Autore: FatSalad    05/12/2015    4 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Capitolo 3 – Innocenti Bugie

 

Giulia si passò una mano tra i capelli, sbuffando, mentre si guardava distrattamente allo specchio. Di stare lisci non ne volevano sentir parlare, i suoi capelli, eppure non erano nemmeno ricci e per quanto si sforzasse di prestare loro attenzioni e cure, con balsami, lacche, fermagli e marchingegni di ogni tipo, quelli persistevano prepotentemente nel voler ricadere a onde indisciplinate in una massa informe.

Giusto per concludere l'analisi impietosa della propria persona abbassò lo sguardo.

«Ok, questa non può essere colpa di Spartaco, sicuramente non si è preso lui le taglie che mi spettavano di diritto.» pensò rassegnata osservandosi il petto. Più che piallata sembrava scartavetrata con cura, più che la prima indossava una taglia retromarcia.

Si stava concludendo una di quelle definibili “gionate no” e il ciclo che l'aveva colta di sorpresa non aveva migliorato le cose, anzi, Giulia voleva incolpare solo lui per i discorsi “autocelebrativi” che le inondavano la mente.

Giulia si diresse strascicando le pantofole fino al letto e si intrufolò tra le coperte, avida di sonno e di calore. Allungando una mano sul comodino prese il cellulare con l'intenzione di impostare la sveglia e si bloccò nel notare un nuovo messaggio. Mittente: Nathan.

- Ehi, tutto bene?

Possibile che dopo l'ennesima volta che aveva tentato un approccio per i corridoi della scuola senza successo, lui tornasse a inviarle messaggi del genere come se nulla fosse? Perchè ormai Giulia si era decisa a continuare con i suoi tentativi di ricevere un saluto un po' per principio un po' per ostinazione, continuando a ripetersi che era buona educazione salutare i conoscenti che si incontravano per caso, ma il ragazzo non aveva mai dato cenno di rispondere al saluto. A parte una volta in cui le era andato incontro, per poi unirsi a un paio di ragazzi che aspettavano poco dietro di lei.

Cosa avrebbe dovuto rispondere, in quel momento, a uno spensierato “tutto bene?”? Fu lì lì per riversargli tutta la sua frustrazione addosso, urlargli contro (ovvero scrivere l'intero messaggio in lettere maiuscole senza faccine di sorta), chiedergli spiegazioni, e invece riuscì solo a sorridere tristemente per il calore che nonostante tutto quel messaggio le risvegliava nello stomaco e rispose con una mezza verità:

- Insomma... sono un po' giù.

Corredata da faccina affranta.

Si era pentita appena aveva premuto per inviare: in tutto il tempo in cui avevano messaggiato non si era mai esposta tanto e soprattutto aveva sempre tenuto il più lontano possibile i discorsi riguardanti emozioni negative e questo perché pensando al suo sguardo mesto Giulia si era tacitamente proposta di essere per Nathan solo una presenza allegra e positiva.

«Ma che ho fatto? È risaputo che gli uomini si spaventano davanti a discorsi tristi, scappano!» si rimproverò quando non vide arrivare la risposta di Nathan, solitamente repentina.

La vibrazione interruppe il mugolio lamentoso che ne era seguito e Giulia si precipitò a leggere il nuovo messaggio.

- Hanno confermato!!!! I One Direction...

Prima di finire di leggere Giulia controllò attonita il mittente: Lilla.

Sospiro di sollievo.

Grugnito di rabbia.

Lilla e la sua fissazione per quel gruppo! Perché continuava a tenerla aggiornata sulle vicende amorose e le vite private dei singoli membri, pur sapendo che non ne era interessata? Poi in quel momento non aveva proprio voglia di scoprire le ultime notizie di gossip, stava aspettando un messaggio importate, lei!

E il messaggiò arrivò. Giulia lesse bene il mittente prima di aprirlo ed ebbe un tuffo al cuore.

- È successo qualcosa, piccolina?

Non si era spaventato, non era caduto nel mutismo e non aveva tentato di farla ridere con una battuta idiota, come a volte faceva Spartaco in simili occasioni. Era stato delicato e premuroso e... cos'era quel “piccolina”?! Nessuno l'aveva mai chiamata in quel modo ed era un nomignolo davvero inadeguato per le labbra (beh, in questo caso le dita) di un ragazzo che la ignorava da più di una settimana.

Piccolina. Se lo rigirò sulla lingua e tentò di immaginarlo pronunciato dalla voce bassa e dolce di Nathan, rileggendo così tante volte quelle quattro parole come aveva fatto per il primo messaggio che le aveva inviato. Infine decise di rispondere:

- Sì... no...? (Dimmelo tu! Avrebbe voluto aggiungere) Mi sa che sono una femmina con un cervello da femmina che si costruisce impalcature e set impeccabili per film fantasiosi e colossal di basso livello...

Ma che avrebbe capito lui di tutto quel discorso delirante?

- Posso fare qualcosa? Se hai bisogno di aiuto io sono qui.

Eccolo, di nuovo gentile e perfetto, come prima. Come sempre.

Decise che doveva rompere l'atmosfera lugubre per paura che Nathan si facesse idee sbagliate sulla portata delle ipotetiche catastrofi che l'avevano assalita.

- O Genio del Telefonino, io ti ordino di darmi un paio di tette e dei capelli morbidi e setosi! Ma se questo desiderio costasse troppo un abbraccio virtuale sarà più che sufficiente.

Una serie di faccine divertite apriva il messaggio di risposta:

- Ti mando un abbraccio virtuale solo perchè del resto non hai bisogno. Ti voglio bene... non essere triste

E come avrebbe potuto essere triste dopo un “ti voglio bene” del genere, così a proposito? Si addormentò con il sorriso sulle labbra, mentre cercava di immaginere l'abbraccio ricevuto e dava mentalmente voce (la voce calda di Nathan) alle parole lette, infagottata tra le coperte calde.

Purtroppo l'indomani non avrebbe più pensato le stesse cose e quando, la sera dopo, Giulia ripose una forchetta sporca in frigorifero e stava per mettere una carota avanzata in lavastoviglie, sua madre la bloccò, capendo che qualcosa non andava.

«Tutto bene, pesciolina?» fece, prendendole di mano la carota «è tutta la sera che sei strana.»

Giulia si accorse di ciò che stava facendo e si riscosse. Passò in rassegna la mattinata, cercando le parole per spiegarsi, per esprimere qualcosa di ciò che stava provando. Ripensò a come, con la solita fiducia, aveva attraversato il corridoio della sezione D e a come il suo cuore aveva sobbalzato di aspettativa quando aveva visto spuntare Luigi, uno dei compagni più stretti di Nathan. Luigi era estremamente alto e smilzo, era cresciuto troppo in fretta e sembrava che la cosa gli creasse problemi nei movimenti, così quando camminava era sgraziato come se tutti quei centimetri di arti gli fossero d'impaccio. Riconoscendo da lontano la camminata goffa di Luigi, Giulia non aveva sbagliato ad aspettarsi che fosse seguito a ruota da Nathan e dall'inseparabile terzo compagno di classe: Marco, un ragazzo castano con la barba ben curata. Ripensò a come con un sorriso timido fosse andata incontro a Nathan per un semplice “ciao” e a come il ragazzo avesse risposto al saluto, riscuotendosi come se avesse notato la sua presenza solo in quel momento, ma soprattutto ripensò a quando, superando il gruppetto di un passo avesse udito chiaramente Luigi domandare «Chi era?» e Nathan rispondere con un noncurante «La sorella del capitano».

«Niente, mamma, sono un po' stanca perché ho il ciclo...» minimizzò Giulia scappando letteralmente dalla cucina per non essere costretta a rispondere più a fondo alle domande di mamma Sara. Si rifugiò in camera e si buttò sul letto, cercando di fare chiarezza tra i suoi pensieri.

Cosa le dava noia? Lo sguardo interrogativo di Nathan quando lo aveva salutato, che sembrava voler dire “E tu chi sei? Perché mi saluti?”? Oppure la risposta che aveva dato ai suoi amici?

Le dava noia che per gli amici di Nathan lei dovesse essere solo la sorella del capitano, che non fosse neanche degna di essere presentata con un nome, anzi, non fosse degna neppure di essere presentata e fosse degna di essere a malapena salutata. Tutto la infastidiva, era frustrante e non aveva senso che un ragazzo così gentile e spiritoso al telefono fosso per contro tanto freddo e distaccato dal vivo. La spiegazione, però, a quel punto era ovvia: Nathan si vergognava di lei.

 

Capitava ogni tanto che Spartaco fingesse di stare male, di solito si lamentava per un principio di sinusite tirando su col naso o accusava un tremendo raffreddore dopo uno starnuto che il più delle volte era causato dalla sua lieve allergia all'acaro della polvere. Essendo ormai grande e vaccinato, però, ed essendo un ragazzo prodigioso, i suoi genitori chiudevano un occhio (o anche due) e non osavano mettere bocca nelle sue decisioni di prendersi delle “ferie” che duravano solo un giorno, dopo il quale ogni dolore scompariva miracolosamente come era arrivato. A Giulia non era mai importato granchè delle “forche in casa” di suo fratello, almeno fino a quando Spartaco non aveva avuto la macchina. Ora che si era abituata a dormire 20 minuti in più e a fare il viaggio fino a scuola comodamente seduta nella sua calda Mini Cooper, le scocciava non poco dover tornare alle vecchie abitudini: i mezzi pubblici.

«Spartaco! Lo so che stai benissimo, vecchio buzzurro!!» urlò picchiando alla porta di suo fratello, ricevendo in risposta un mugolio di dissenso seguito da un teatrale colpo di tosse.

Insistette per qualche minuto, ma capito che non sarebbe riuscita a far cambiare idea al fratello, decise che sarebbe stato più producente prepararsi e correre alla fermata dell'autobus, sperando di riuscire a prenderlo. Battendo ogni record si vestì e si lavò la faccia, tralasciando di fare colazione, scese per strada facendosi la coda, perché non aveva avuto tempo di pettinarsi, ma fu interrotta a metà opera accorgendosi che stava cominciando a piovere forte. Aprì l'ombrellino brontolando quando notò che una stecca rotta si dondolava placidamente tra le altre, accelerò il passo per raggiungere il tabaccaio più vicino e comprare il biglietto dell'autobus, trovò coda perchè una signora stava parlando amabilmente e senza alcuna fretta con il commesso, uscì dal negozio e si rifiondò sulla strada con l'ombrello mezzo aperto e mezzo chiuso, arrivò alla fermata correndo, perchè l'autobus stava frenando in quel momento, entrò per ultima ansimando e infradiciandosi nel chiudere l'ombrello. «Questa me la paghi, fratellino» grugnì a mezza voce, schiacciata contro la porta dell'autobus.

Arrivò in classe tutta trafelata, il compito di filosofia era già lì che l'aspettava sul banco, perché la Cinquetti non aveva un secondo da perdere e nemmeno gli alunni, a dirla tutta, data la difficoltà proverbiale degli scritti della professoressa. Spesso Giulia si era chiesta se per caso non ci godesse nel veder soffrire i suoi studenti.

Non c'era che dire: era stato un ottimo modo per iniziare la giornata.

«Cosa hai scritto alla domanda 2?»

Poi ci si mettevano i soliti compagni di classe ansiogeni a sottolineare quanto e come e dove avesse sbagliato e quelli che, soffrendo di casi gravi di onicofagia, si mettevano a calcolare l'improbabile media che avrebbero raggiunto nel remoto caso in cui avessero preso voti al di sotto di 2 e mezzo al compito appena consegnato. Gli uni scarabocchiavano furiosamente sul banco, gli altri si consultavano a vicenda finchè qualcuno non si metteva a sbattere la testa contro superfici contundenti.

Giulia era al limite della sopportazione, la vista delle sclerosi altrui era sopportabile fino ad un certo punto. Per questo quasi abbaiò quando Lilla le toccò la spalla per attirarne l'attenzione.

«Ehi, tutto bene?»

«Ehm... sì, scusa. Cioè, insomma... oggi non è giornata, questa mattina me ne sono successe di tutti i colori.»

«Sono appena le 11!» provò a tirarla su l'amica.

«Hai ragione, peggio di così...»

«No, non dirlo!»

Troppo tardi.

«...non può andare.» Concluse Giulia.

«Ecco, ora te la sei cercata! Non sai che non bisogna mai dire che “peggio di così non può andare”? È proprio il momento in cui la sorte decide di andarti contro! Comunque... sabato io e le ragazze andiamo a ballare, vieni con noi?»

Giulia non era superstiziosa, perciò non badò alla prima parte della frase di Lilla, non amava nemmeno ballare, per cui cercò di liquidare la questione, cercanodo di far capire che non era interessata.

«Non so, sai che non vado matta per le discoteche...»

Si fece pregare in tutte le lingue del mondo, ma quella di Lilla era una battaglia persa; oltre al disinteresse dell'amica, infatti, incontrava anche uno stato d'animo poco propenso a darle ascolto ed incline alla malinconia.

Gli ultimi giorni erano stati penosi per lei, capire che Nathan, che reputava un ragazzo speciale, si vergognava di lei era stato come la spintarella per far cadere tutte le tessere del domino. La mattinata appena trascorsa era stata solo la ciliegina sulla torta. Quel giorno non volle nemmeno uscire all'intervallo, tanto era il suo malumore.

Uscendo da scuola, fu costretta a correre (di nuovo) verso l'autobus, ma una volta salita fu lieta e sorpresa di trovarlo ancora mezzo vuoto.

Andò a sedersi su un sedile vuoto e, tanto per fargliela pesare, si attaccò al cellullare per tempestare Spartaco di messaggi minatori.

- Per colpa di uno schifoso pigrone oggi ho fatto tardi per l'inizio del compito di filosofia! Mi sono infradiciata perché per colpa di un imbranato cosmico non ci sono più ombrelli decenti in casa e sto rischiando la morte per asfissia anche in questo momento per la calca che c'è nell'autobus!!!

Non era del tutto vero, dato che molti sedili, compreso quello accanto al suo, erano ancora vuoti, ma voleva calcare la mano il più possibile per far sentire in colpa il fratello. Mentire però le era sempre risultato difficile, perciò, quasi speranzosa, alzò lo sguardo verso la porta dell'autobus per vedere quanti altri studenti sarebbero saliti a bordo. Riabbassò subito lo sguardo.

C'era qualcosa che non le tornava.

Non poteva aver visto un ragazzo con un berretto grigio salire sull'autobus, un ragazzo che solitamente veniva a scuola su una vespina turchese, quel ragazzo con cui era arrabbiata, o meglio, da cui era stata delusa il giorno prima, quel ragazzo che le piaceva da morire per i suoi modi affabili e la voce...

«Posso?»

Quella voce.

Giulia sentì un'ondata di calore investirle il volto. Dalla sorpresa schiacciò qualche tasto del telefono a caso, mentre si voltava verso il moretto che aveva espresso la domanda.

«M-mh» mugolò in risposta, non fidandosi della propria voce, prima di tornare, tempestivamente, con il naso incollato al cellullare.

Perfetto! Aveva appena inviato il messaggio per suo fratello concludendolo con la parola “assassina”. Maledetto T9!

«Spartaco è malato?»

Giulia ebbe un tuffo al cuore: aveva parlato ancora, quel ragazzo splendido che le sedeva accanto e che non l'aveva mai salutata per i corridoi della scuola le aveva rivolto una domanda. Aspetta. Possibile? Sembrava... sembrava... un tentativo di conversazione, sì!

Giulia avrebbe voluto darsi uno schiaffo. Quale conversazione e conversazione?! Bastava guardare meglio per vedere che si trattava di un dono del cielo, un'occasione più unica che rara, altro che prendi 2 pacchi di biscotti e ne paghi 1! Doveva cogliere l'occasione, poteva farcela. Più tardi avrebbe avuto il tempo di autocommiserarsi per il fatto che l'opportunità le fosse capitata proprio quando aveva il ciclio, i capelli raccolti in una coda improvvisata e l'umore di un pesce sulla griglia, adesso era tempo di farsi coraggio.

«Ah!» le uscì solo un suono stridulo e ebete, ma non demorse e si schiarì la gola «Macchè malato, è malato di pigrizia quello là!».

Ok, aveva detto una cosa stupida e per niente simpatica, aveva fatto la figura dell'idiota. Quanto poteva essere utile adesso sbattere la testa contro il finestrino fino a spaccare cranio e vetro?

Inaspettatamente, Nathan rise.

«Speriamo gli passi per sabato, s'era detto di andare al Big Bang. Verrai anche tu?»

«Ehm...» Big Bang... quel nome non le era nuovo. Stava cercando di pensare il più in fretta possibile per dare una risposta di senso compiuto al suo interlocutore, ma fu interrotta da una vibrazione che le annunciava l'arrivo di un nuovo messaggio.

- Primo: non puoi chiamarmi schifoso pigrone, sono uno sportivo, io! Secondo: non è colpa mia se non hanno ancora inventato ombrellini che squillano per farsi ritrovare dal padrone (lo farò io, prima o poi). Terzo: esagerata, non è mai morto nessuno per folla. Quarto: adesso ti firmi “assissina”? Non so quanto sia saggio per portare a termine i tuoi crimini senza essere scoperta.

Giulia non riuscì a trattenere una risatina.

«È quell'idiota di mio fratello, sta facendo il santarellino perchè gli ho rinfacciato che è pigro da fare schifo!» odiava ammetterlo, ma grazie a Spartaco era riuscita a rilassarsi, così da cominciare una conversazione normale, per quanto superficiale e avente per oggetto i pregi e i difetti di suo fratello. Nathan cercava di difendere il capitano al quale era evidentemente affezionato, ma ogni tanto cedeva all'ironia sotto le insistenti lamentele di Giulia riguardo all'appetito mostruoso del fratello accompagnato da un'invidiabile metabolismo veloce, sulla sua narcisistica e snervante abitudine di piegare la testa da un alto per allontanare un ricciolo ribelle dagli occhi e cose del genere. Era strano, ma per messaggio non avevano mai parlato di Spartaco.

Giulia si stupì rendendosi conto di quanto si sentisse a suo agio parlando con il ragazzo per cui aveva una cotta, doveva essere lo strano effetto che le faceva Nathan, che riusciva a metterla a proprio agio non solo per messaggio, a parte quando («Oddio!») si ricordava di averlo a pochi centimetri di distanza. Non riusciva a capacitarsi del fatto che, sì, fosse proprio Nathan il ragazzo accanto a lei e diventava improvvissamente più colorita. Stavolta Giulia si risparmiò gridolini e squittii strani, si vergonava ripensando a quel verso acuto che le era uscito di bocca poco prima, come uno “stupido pennuto”, avrebbe detto Lilla.

«Ah!»

«Che c'è?» chiese Nathan allarmato.

«Niente, è che...» si era appena ricordata dove aveva sentito parlare del Big Bang.

“Sabato io e le ragazze andiamo a ballare, vieni con noi? ...dai, vieni! Andiamo in quella discoteca che hanno aperto ora. Cioè, ha cambiato gestione, prima si chiamava Beat, ma era orribile, poi con quel nome..! Ora si chiama Big Bang.”

«Non ti avevo risposto riguardo a sabato...»

«Allora vieni?»

«S-sì, vengo anche io. È... è carino il Big Bang? Non ci sono ancora stata.» disse Giulia per l'ispirazione del momento, calcando su “ancora” nel tentativo di fare bella figura. Non voleva che Nathan la considerasse una zittona, sociopatica, nerd che non esce mai di casa, quale forse, in fondo era.

«Neanche io, a dire il vero. Non vado spesso a ballare.»

Ottimo. La verità è sempre meglio di una bugia, doveva ricordarselo.

“La verità, la verità...” si stava ripetendo mentre guardava ancora Nathan fisso negli occhi, nonostante questi avesse finito di parlare. L'unica verità a cui stava pensando sfuggì così dalle sue labbra, in un filo di voce, senza che nemmeno se ne rendesse conto:

«Non hai gli occhi verdi».

Maledicendosi immediatamente per l'insensatezza di ciò che aveva detto, stava pensando a qualcosa di intelligente da dire per salvarsi in calcio d'angolo. Nathan però non rise, sbattè le palpebre due volte come a dire “lo so” e disse a sua volta:

«Neanche tu» come fosse stata la cosa più naturale del mondo.
 

 

Il mio angolino:
______________

Nell'ultimo ringraziamento mi sono dimenticata di dedicare il capitolo a tutte le ragazze con una bassa autostima. Lo faccio ora... perché so che ci sono tante “Giulia” che leggono.
Finalmente Nathan... parla!!!! Eh eh... che ne pensate?
Grazie mille per essere arrivati fin qui e grazie alle pie anime che lasciano recensioni: mi state dando tanta carica per continuare a scivere!

A presto,
FatSalad

   
 
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