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Mi piacevano le giornate uggiose. Le preferivo di gran lunga al bel tempo, al sole, al caldo.
Lo so che probabilmente sembrerà strano, ma questo aspetto della vita umana non mi mancava affatto. Essere costretta a vivere in luoghi del mondo sempre pieni di nuvole mi piaceva, ero forse l’unica creatura esistente sulla faccia della terra a cui il brutto tempo metteva allegria. Correre sotto la pioggia, stendersi in un prato mentre nevicava, godermi una bella tempesta di fulmini seduta su una roccia, erano tutte cose che mi regalavano un piacere grandissimo.
Il cielo, quella mattina, era di un intenso grigio antracite, il colore perfetto per un temporale con i fiocchi. Guardai distrattamente lo specchietto retrovisore della mia Audi, ridacchiando della lunga fila di macchine che arrancavano sulla mia scia. Niente male, questa macchinina.
Alcune grosse gocce d’acqua iniziarono a cadere sul parabrezza, mentre il cielo si era fatto ancora più scuro. Mi scappò un sorrisetto; se non fosse stato per la macchina (mi dispiaceva abbandonarla così, in mezzo alla strada), sarei scesa e avrei continuato il viaggio a piedi.
Mah, ero sempre stata strana, anche quando ero umana. Non che ricordassi poi molto sui dettagli della mia vita mortale, era passato troppo tempo perché i deboli ricordi umani potessero resistere all’usura del tempo, come un paio si scarpe che si consumano dopo averci camminato troppo. Elianor Rosemberg, l’umana che ero stata tanto tempo addietro, era diventata quasi una sconosciuta per me. Da quasi trecento anni, ero semplicemente Elian, la vampira.
Ma anche da vampira le stranezze non mancavano: avevo scelto di vivere la mia nuova vita da “vegetariana”, bevendo solo sangue animale. I miei simili prendevano questa mia decisione con lo stesso spirito con cui avrebbero ascoltato una pazza che proclamava di essere la prozia incarnata del sacro Buddha, ma a me non importava di quello che pensavano gli altri. Era una scelta mia, forse la più sensata che avessi mai fatto in tutta la mia esistenza.
Un fulmine attraversò il cielo, illuminando la strada buia davanti a me; la pioggia si fece ancora più fitta. Lanciai un’occhiata distratta al cartello stradale alla mia destra, sbatacchiato dal vento:
“ FORKS - 40 miglia - “.
Solo 40 miglia. Ero quasi arrivata, finalmente. Affondai il piede sull’accelleratore, e con un miagolio il motore spinse la mia auto a 180 all’ora. Mancava davvero poco.