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Autore: Nata_dalla_Tempesta_    10/12/2015    4 recensioni
Stonemill-on-the-green è un piccolo paese dell'Inghilterra del Sud: come in tutte le piccole città, tutti si conoscono, le voci girano e i segreti difficilmente rimangono celati.
Abbie e Cain, cercando di superare le divergenze di pensiero, si prendono cura dei tre fratellastri minori: Gabs è un edonista più preoccupato dell'apparenza che della sostanza, Raph ha un cuore d'oro ma una condotta pessima e Mike... È semplicemente Mike.
Questa è la storia di una famiglia allargata atipica in una tipica cittadina minuscola.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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one.

Quello dove Abbie si confida




 

A cena finita, quando i tre giovani si alzarono, Abbie sparecchiò e si mise ad aiutare Cain con il lavaggio delle stoviglie. Raph e Gabs insistettero per mezz’ora con Mike per convincerlo a uscire con loro, ma come al solito, preferiva chiudersi in camera a rileggere ossessivamente romanzi che aveva già terminato più volte. Gabriel sembrava essere nato un paio di secoli in ritardo e quando non era impegnato a giocare ai videogiochi faceva strage di cuori in giro per il paese come un vero dandy. Dato che con Mike era impossibile avere un dialogo e Gabs era troppo impegnato a pavoneggiarsi, Raphael era il più piacevole dei tre: forse troppo chiacchierone, ma essendo il fratello di mezzo della triade era diventato il più responsabile. Era una specie di Cain in miniatura, e infatti a Gabriel era permesso andare in giro per locali solo sotto la supervisione di Raphael nonostante avesse due anni in meno.
 
Quando riuscivano a trovarsi da soli, la ragazza provava a gettare l’amo nelle vicinanze del fratello nella speranza che abboccasse: lo vedeva sempre più stanco e sempre meno motivato a farsi una vita sua. Abbie prendeva sempre in giro i tre fratelli per essere una versione bigotta delle Tartarughe Ninja: non erano abbastanza ganzi da avere i nomi degli artisti del Rinascimento Fiorentino e si dovevano accontentare di chiamarsi come gli arcangeli. Losers.
 
“Sono un po’ stanca, Cee-Jay. Sono stufa di tutto questo: siamo troppo grandi per fare da fratelli maggiori e siamo troppo giovani per essere genitori. Capisco che tu voglia fare di tutto per tenere unita la famiglia, però dovremmo anche pensare a noi stessi, al nostro futuro.  Ne avessero realmente bisogno, sarei la prima a offrirmi per dare una mano ai ragazzi. Ma sono grandi, ormai. Perfino Mike ha diciotto anni, ma sembra che  tu non te ne voglia rendere conto.”
 
“Mi chiedo come tu possa essere così stanca dato che non fai assolutamente nulla.”
 
“Vedi come sei? Lo vedi? Vuoi prenderti tutte le responsabilità e poi ti lamenti pure. Da quando quella zoccola ti ha mollato sei diventato ancora più stronzo.”
 
“Parliamo di te, che ti lagni della situazione eppure continui a rimanere qui. Ti fa comodo, questo è il motivo.”
 
“Mi fa davvero comodo avere tre persone in casa nostra che non ne hanno realmente bisogno e  non sono nemmeno del tutto miei fratelli? Questa non è carità, è egoismo: vuoi tenerti tutti intorno per far finta di essere papà, ma non lo sei e non lo sarai mai.”
 
“Abelia, ne abbiamo già parlato milioni di volte e ti ripeto ancora la mia risposta a tutto: se non ti sta bene, quella è la porta. A me piace così, ai ragazzi piace così, alla zia piace così. Per te è un problema stare tutti insieme? Bene, grazie e arrivederci.”
 
Zia Molly – che non era realmente loro zia bensì la seconda moglie del padre, nonché madre biologica dei tre ragazzi, nonché matrigna dei due gemelli – era una brava donna: talmente buona da non aver mai provocato il minimo astio nei suoi confronti da parte di Abbie e Cain, ma anche così svampita da non essere in grado di gestire tre figli maschi da sola. Era sempre stata più un’amica che una matrigna, forse l’unica vera amica di Abbie nonostante la differenza d’età (e il fatto che andasse a letto con suo padre). Quando Abbie era nata, Molly aveva quindici anni e non aveva ancora idea di quello che avrebbe fatto della sua vita; quando si era sposata con il padre dei gemelli a vent’anni, Abbie ne aveva cinque. Facevano tranquillamente serata insieme, e più di una volta Abbie le aveva tenuto i capelli in occasione di bevute esagerate. Non aveva esattamente la vocazione da genitore, nonostante avesse sfornato tre bambini nel giro di sei anni: forse ci sono persone che proprio non ci sono portate.
 
“Se me ne andassi, con chi litigheresti?”, disse Abbie attorcigliando il canovaccio che aveva in mano e frustando suo fratello sulla gamba. Odiava la situazione, ma si divertiva più di quanto riuscisse ad ammettere con i ragazzi e non avrebbe mai abbandonato il fratello, nonostante non approvasse le sue decisioni. Conosceva Molly e sapeva quanto fosse una figura genitoriale discutibile, paradossalmente più di quanto fosse Cain: tra i due mali, meglio optare per il minore.
 
Loro padre li aveva educati con un ben chiaro rigore cattolico: erano belle storielle, ma lui per primo era stato il peggior cristiano sulla faccia della terra e il messaggio non era mai stato poi così efficace. Inutile negare che era stato anche decisamente sfortunato: la prima moglie era scappata di casa per unirsi a una misteriosa setta wicca o druidica, la seconda era stata l’unica donna della zona ad avere accettato sulla carta di accollarsi due gemelli di un’altra moglie. Nella pratica non l’aveva mai fatto, ma questo è un altro discorso. In sostanza, i propositi del padre erano ottimi: una famiglia numerosa, benestante e felice. La realtà dei fatti consisteva in un matrimonio annullato con tutte le problematiche che ne derivavano, una seconda moglie che non era mai diventata mentalmente una madre, una muta di figli e, ciliegina sulla torta, il nome di uno dei diavoli dell’Inferno dantesco: Calcabrina. Un fallimento già dal principio.
 
Cain le rispose tappando il rubinetto con il pollice e dirigendo lo schizzo verso la faccia della sorella. Abbie si mise a ridere, ed era un avvenimento più unico che raro: sempre pronta ad attaccare briga e imbronciata com’era, a Cain metteva di malumore.  Abbie era sia la sua spina nel fianco che il suo unico appiglio: l’avrebbe spesso e volentieri presa a calci, anche un po’ per vendetta dato che per tutta l’infanzia era lei ad essere quella forzuta dei due. Nonostante tutti i problemi che potessero avere tra di loro e benché dovesse prendersi cura di lei e seguirla tanto quanto gli altri ragazzi, non avrebbe mai voluto se ne andasse davvero. Aveva un caratterino insopportabile, ma per quanto si lamentasse in continuazione non aveva mai smesso un istante a modo suo  di supportarlo. Cain sapeva benissimo che Abbie lo provocava per spronarlo, perché era consapevole di aver sprecato gli anni migliori della sua vita per il benessere altrui. Se c’era ancora qualche possibilità di recupero, avrebbe dovuto farlo in quel momento. Cain aveva più bisogno degli altri fratelli di quanto loro ne avessero di lui.
 
Abbie prese due bottiglie di birra e trascinò il fratello sul divano in modo che non si mettesse a pulire la cucina da cima a fondo come ogni sera.
 
“Domani devo andare a casa della signora Marsh, credo che sia l’ultima volta. Stanotte non riuscirò a chiudere occhio, non mi ci abituerò mai. Odio questa parte del mio lavoro”, disse Abbie. Cain le mise una mano attorno alle spalle e la strinse a sé.
   
 
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