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Autore: Billie Edith Sebster    11/12/2015    2 recensioni
Breve raccolta di cose che non tutti sanno su Sherlock Holmes, più una confessione alla fine.
Inconsapevolmente commissionata da Mycroft Holmes e con la collaborazione speciale di John Watson.
Sherlock ci tiene a farvi sapere che è solo una trovata psicanalitica freudiana della zona del suo cervello che non è ancora in grado di controllare.
Buono a sapersi.
{Naturalmente Johnlock}
1 - A Sherlock piace sentire John che legge.
2 - Sherlock ha un fetish per gli ascensori (panoramici)
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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LE CINQUE COSE CHE NON SAI DI SHERLOCK HOLMES + 1 --- A Sherlock piace ascoltare John che legge

 

Ti stai annoiando. Non che sia una novità e non che sia peggio del solito, ma Mycroft ha la peculiare capacità di tediarti in modo del tutto esclusivo. Ovverosia, con le cose importanti.

Sa che stai cominciando ad irritarti. Lo vede dal modo in cui le tue mani si sono lentamente spostate da giunte sotto al mento come di norma sarebbero e si sono abbandonate stancamente sulle cosce. Lo vede anche dal modo in cui picchietti il tacco sul pavimento. Detesti trapelare questi indizi, e anche di più che tuo fratello sia abbastanza intelligente da notarli, ma mica puoi defenestrarlo e filartela come se nulla fosse.

(Beh, tecnicamente potresti, con un po' d'impegno e la consapevolezza di dover smuovere le montagne per scrollarti i suoi amici del governo di dosso, ma non è questo il punto).

Detesti annoiarti con le cose importanti perché dovrebbero avere peso anche per te . Specialmente se si tratta di un dinamitardo che ha quasi svuotato il Tamigi con qualche chilo di tritolo, ma d'altra parte non ami prendere il traghetto per passare da una parte all'altra di Londra, quindi non lo consideri nemmeno l'aspetto peggiore dell'intera situazione.

Insomma, Mycroft va avanti con la tiritera da ormai due ore, John è a casa da solo e, visto che lo spaventapasseri qui davanti ti ha sistematicamente sequestrato ogni mezzo di comunicazione, non puoi nemmeno far sapere al tuo coinquilino che non hai fatto la spesa come lui ti aveva cortesemente chiesto di fare.

“… Più immischiare nei casi di mia competenza, a meno che non sia io a permettertelo esplicitamente. Sono stato chiaro?”

Sollevi lo sguardo. Ti rendi conto solo ora di aver tenuto la mandibola dolorosamente serrata e sei stato troppo impegnato a pensare quanto ti stessi annoiando per prestare effettivamente attenzione al suo interminabile sproloquio . Non puoi farci granché se il livello di rilevanza del discorso si è abbassato vergognosamente, è un fattore che non dipende da te.

“Non mi stavi ascoltando, vero?”

“Temo di no.”

“Intendi farlo?”

Ci rifletti. “Sei troppo noioso perché riesca a seguirti. Non mi è di alcuna utilità perdere del tempo adesso, penso che me ne andrò. Ho faccende private da svolgere”.

Tuo fratello si abbandona contro lo schienale della sedia girevole, che geme malinconica – oggi non gli hai ancora ricordato della sua compulsiva procrastinazione della dieta, quando intendi darti questa piacevole soddisfazione? - ti fissa con sguardo mezzo sconsolato, anche se sai che non lo è poi così tanto. Ti vuole fuori dal suo ufficio tanto quanto ti ci vuoi tu.

“Non si tratta di privarti di un semplice hobby, Sherlock. Tu e il tuo amico Watson dovete stare alla larga dai fascicoli del Governo, hai capito?” consideri di toglierti una scarpa e lanciargliela sul naso, ma poi dovresti andare a riprenderla e tuo fratello rimarrebbe ferito nell'orgoglio (in realtà, del suo orgoglio non te ne frega proprio nulla, vuoi solo evitare accuratamente che se ne vada a piangere dalla mamma, la quale ti telefonerebbe subito dopo e vi costringerebbe a fare pace preparando una torta di carote corretta con troppo vino bianco. E proprio, no).

“Faccende private?” domanda poi, inarcando un sopracciglio con rinnovato interesse. “Che genere di faccende?”

Vuoi rispondergli con sufficienza, solo accennando al fatto che devi davvero andare da Tesco e che non è poi sempre bello avere a che fare con un John affamato, ma gli darebbe un motivo valido per canzonarti un po' prima che tu te ne vada.

“Niente che tu debba sapere” gli propini, sperando che ingoi tutto il bicchiere senza fare storie. Naturalmente, Mycroft deve capire di cosa è fatta la pillola prima di buttarla giù, indorata o meno che sia.

“Come se ci fossero cose che io non so di te. Potrei tirare ad indovinare.”

“Risparmia il fiato.” ti alzi ed esci senza troppe cerimonie, non lo vedi ma ha un sorrisetto malevolo stampato sulla faccia. Lo percepisci, lo conosci abbastanza bene da saperlo, non hai bisogno di guardare.

“Io so tutto di te, Sherlock. Sono pur sempre tuo fratello.”

Hai la decenza di non sbattere la porta, ma decidi lo stesso di chiuderlo dentro. Appena in strada butti la chiave nel primo tombino che trovi. Perlomeno, la nazione inglese non risentirà della sua presenza per almeno un paio d'ore.

 

 

***

 

 

Accoccolato nella tua poltrona, immobile come una sfinge, ti senti immediatamente meglio. John è completamente immerso in un libro con la copertina variopinta, di tanto in tanto aggrotta la fronte o scuote leggermente la testa o sorride. Vorresti chiedergli di leggere qualcosa ad alta voce, ma un orgoglio da difendere ce l'hai anche tu – non andresti dalla mamma come Mycroft, ma oggi sei già stato oltraggiato abbastanza. Ciò ti fa ripensare alla sue parole, e senza nemmeno obbiettare all'idea, la tua mente stila una lista di cose che Mycroft non sa di te.

 

Numero uno:

Da qualche settimana, hai scoperto che è rilassante ascoltare John che legge. Ha questa voce tranquilla, la meravigliosa capacità di allontanare il mondo esterno e fondersi con le parole ed il senso della lunghezza dei suoni. Tutte le singolarità di una semplice lettura non ti avevano mai colpito così tanto prima, forse perché il tono di voce con cui era solito leggere Mycroft era meno entusiasta di quello di un dugongo stitico.

Il suo portamento rigido, militare, ancora attento ed involontariamente vigile nonostante cerchi disperatamente di insediarsi nella quotidianità (che vivendo con te farebbe prima a smettere di cercare) diventa pian piano più morbido, la sua voce si addolcisce, il timbro più basso assume quasi una consistenza soffice.

 

Non resisti più. Al diavolo l'orgoglio e la dignità.

“Cosa stai leggendo?”

John sembra valutare se ignorarti e fare il sordo oppure comportarsi da Coinquilino Modello e darti un minimo di credito. Dannazione, è ancora in grado di resisterti.

“John?”

“Un libro?” fa capolino dalle pagine per un paio di secondi, ti guarda e tu lo guardi.

“Non mi dire. Che libro è?” domandi, appallottolandoti nella poltrona per godere del calore della vestaglia. Il medico si rintana di nuovo nelle pagine, lo senti sghignazzare. Stabilisci di averne abbastanza della gente che ride di te ma non glielo fai sapere perché dovresti anche spiegargli del predicozzo di Mycroft, e potresti non averne abbastanza voglia (ad essere onesto non hai molta voglia di parlare in generale, aspetti solo che John capisca l'antifona).

“Non lo vedi da te?” potrebbe suonare irritato, ma sta ancora sogghignando.

“Dovrei girarmi. Ho raggiunto la posizione che mi garantisce calore costante in ogni zona del corpo e...”

“Non mi starai chiedendo di leggere di nuovo ad alta voce?” ora ha posato il libro sulle gambe, non sembra nemmeno importargli il fatto che ti abbia interrotto nel bel mezzo di un discorso di importante spessore scientifico.

Stringi le gambe al petto, fai spallucce. Fingi che per te non faccia differenza, pregando che il tuouo corpo non ti abbia tradito con una delle sue trovate chimiche come il rossore sugli zigomi o gli occhi più luminosi (stupido organismo che reagisce alle cose stupide!).

“Se ci tieni posso farlo, ma ricomincio d'accapo così potrai capire l'inizio della storia.” asserisce, tornando indietro di qualche pagina.

“Guarda che non è così, io non ci tengo affatto!” salti su all'improvviso, svolgendoti dalla tua aggrovigliata postura per fissarlo con tedio.

“Sherlock.” anche lui ti sta fissando, gli occhi ridotti a fessure. “Stai. Zitto. E ascolta.”

Ti rimetti seduto raccogliendo le ginocchia al petto fingendoti offeso (cosa che sei decisamente bravo a fare, ma John non ci crede più ormai), vi incroci sopra le braccia ed infine appoggi il mento assicurandoti di essere perfettamente involtinato nella vestaglia. Sin dalla prima parola, senti una cortina di pace che cala su di te e per un momenti ti vergogni di tutta questa fragilità. Per il resto, stai solo attento alla storia.

Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano...”[*]

 

 

 

 

 

* Per chi non l'avesse riconosciuto, si tratta dell'esordio della saga di Harry Potter

   
 
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