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Autore: luley0    15/12/2015    1 recensioni
Dall'esterno chiunque direbbe che Emma e Louis non c'entrano nulla l'una con l'altro, frequentano ambienti diversi, hanno caratteri diversi e alle spalle situazioni familiari all'apparenza opposte. Lui quasi non sa che lei esiste e conduce una vita invidiabile e serena. Emma invece si perde a guardarlo giocare nel campetto della scuola, attenta a non far trasparire i suoi sentimenti. Quasi per caso, e con una naturalezza inaspettata, i due si avvicinano fino a diventare inseparabili durante gli anni. Eppure la vita è strana, tanto da capovolgere le situazioni, e Louis potrebbe capire troppo tardi di provare qualcosa per Emma.
"Emma non vantava una collezione di bei ricordi, al contrario - tutto ciò che teneva ben saldo nella sua mente erano le lunghe assenze di un padre di cui a stento ricordava la sagoma, le promesse non mantenute di una madre alcolizzata, le urla e una serie di flash agonizzanti e confusi di cui non voleva più aver memoria. Tra tutte le brutte esperienze, però, Emma era stata fortunata in qualcosa. Per caso, lungo il percorso, aveva trovato qualcuno che le volesse bene e la proteggesse."
*Spin-off di Ho sentito parlare di Ho sentito parlare*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1

All'apparenza, quando Louis vide Emma per la prima volta non diede l'impressione di essere rimasto colpito dalla ragazza. 
Emma era ancora una ragazzina, non aveva neanche tredici anni, mentre Louis ne aveva già sedici. 
Oltretutto lei non era mai stato il tipo di ragazza capace di attirare l'attenzione con un battito di ciglia o una risatina provocante. Era carina, ma ancora in quella fase dove si è in crescita e non si conoscono neppure i propri punti di forza. Per non parlare del fatto che fosse già molto insicura di suo. Louis invece aveva il carisma del ragazzo spavaldo, socievole e simpatico. Nessun problema a stare in contatto con le persone, sempre circondato dalle ragazze più popolari della scuola e da un gruppo di amici numerosissimi e sempre diversi. Era di buona famiglia, a scuola riusciva a cavarsela quasi sempre ed era bravo in praticamente qualsiasi sport. L'antitesi di Emma, in parole povere.

Lei veniva da una situazione familiare complicata, nonostante si preoccupasse di non far trapelare nulla all'esterno, per questo motivo cercava continuamente scuse per tornare a casa il più tardi possibile. Trascorreva le sue giornate in biblioteca oppure, dopo aver conosciuto Reese e Sophia, a casa di una delle due.

Proprio in una di quelle occasioni Emma conobbe Louis, in quanto quest'ultimo era il fratello della sua amica Reese.
Reese e Louis si erano trasferiti a Stockport da poco, infatti l'anno in cui Emma legò con quelle che sarebbero diventate le sue due migliori amiche storiche i due fratelli si erano appena iscritti nel suo liceo. Sophia, invece, viveva a Stockport da sempre, ma stranamente le due non si erano mai incrociate prima di entrare alle superiori.

«Lui è Louis, il figlio scemo dei miei genitori — disse Reese sorridendo a trentadue denti, quando il fratello scese velocemente le scale, senza guardare avanti, e si scontrò con Emma — anche io a volte faccio finta che sia invisibile, però purtroppo rimane il fatto che sia ingombrante»
«Io.. scusa...» Emma abbassò lo sguardo sul parquet dello stesso legno chiaro delle scale, con la timidezza che la contraddistingueva, e l'insicurezza che si portava dietro ovunque andasse.
«Non ti scusare, è lui che non guarda dove mette i piedi» la riprese Reese con una voce ammonitrice, mentre Sophia se la rideva stesa comodamente sul divano dei Tomlinson.
«Chi è questa qui? — esclamò finalmente il diretto interessato, scrutando Emma dalla testa ai piedi — certo che vi moltiplicate come funghi voi piccole pesti»
La ragazza avvampò istantaneamente, vittima di quegli occhi azzurri vispi che sembravano volerla smontare pezzo per pezzo e studiarla, del tutto impreparata ad avere la completa attenzione di uno come lui.

Emma aveva visto Louis più e più volte a scuola, nell'ora di ginnastica fuori al cortile o nei corridoi nel cambio di aule. Lui correva quasi sempre dietro ad un pallone, e se stava fermo era per parlare con qualche ragazza a bordo campo, o davanti gli armadietti.
Louis non era il tipico bravo ragazzo; in qualche occasione, Emma, l'aveva visto fumare a scuola nella guardiola dei bidelli e girava voce che avesse fatto sesso nel bagno dei ragazzi con la reginetta del ballo in carica, quell'anno.
Nonostante ciò, Emma non riusciva a fare a meno di incantarsi a guardarlo mentre con la mano spostava il ciuffo troppo lungo che gli cadeva davanti gli occhi, oppure quando, in campo, si asciugava il sudore alzando il lembo della maglia della sua squadra preferita, scoprendo l'accenno di V sotto l'ombelico. C'era qualcosa in quel ragazzo che la attraeva così intensamente da farla stare male. Forse la sua espressione sempre rilassata, o i suoi occhi così chiari quanto entusiasti della vita, tutto ciò - in un solo viso - che mancava nella sua.

«Guarda dove metti i piedi, Nuova arrivata» 
Louis Tomlinson, però, non doveva aver visto lo stesso in Emma, pensò lei. Perché la scansò velocemente, per correre verso la porta di casa. Ma di questo, la ragazza, non se ne stupì.

Louis non ricordava mai nulla. Dimenticava appuntamenti, nomi e numeri di telefono. A maggior ragione, non riconosceva volti che aveva visto di sfuggita a qualche festa o in giro. Ciò motivava il fatto che dovette incontrare Em un altro paio di volte prima di memorizzarne in grandi linee il viso. Non che la trovasse brutta, anzi. I lineamenti delicati, i capelli scuri e mossi, e le labbra rossastre che contrastavano piacevolmente la carnagione chiara non passarono inosservato ad uno che trascorreva le sue giornate a realizzare radiografie istantanee al genere femminile. Eppure per Louis, Emma era soltanto la 'Nuova arrivata'.
Amica della sorella, e già per questo motivo territorio inesplorabile, e anagraficamente troppo piccola per essere presa in considerazione. A quell'età, tre anni di differenza erano troppi.

Emma, però, si beava di quei momenti in cui Louis faceva delle fugaci comparsate in casa propria, trovando sempre il tempo di punzecchiarsi con Reese, e talvolta rivolgendo la parola anche a lei.

Una sera, inaspettatamente, accade qualcosa che Emma aveva provato ad evitare in tutti i modi, ma che - come molte delle cose di cui si ha paura - si trasformò nell'inizio di qualcosa di cui non sarebbe più riuscita a fare a meno.

«Nonna, tu non capisci... Si sono sciolti! Non canteranno più insieme»
La nonna di Reese, originaria di Stockport, e con cui vivevano i due fratelli da un anno a quella parte, ascoltava i deliri della nipote sulla sua boyband preferita i cui componenti avevano da poco annunciato lo scioglimento. Non era una nonna all'antica, anzi, non dimostrava i suoi settant'anni. Né mentalmente, né tantomeno  fisicamente.
«E ora come faremo? Ma di chi è stata l'idea?!» rispose, affranta tanto quanto Reese.
«Il tuo preferito, nonna! Io l'ho sempre detto! Lui voleva fare il solista... Ha rovinato tutto»
«Sono capitato in una casa di pazze — mormorò Louis, tra un boccone e l'altro, poi rivolgendosi ad Em disse — anche tu sei una patita di quei quattro falliti?!»
Ogni volta che Louis le rivolgeva la parola, ad Emma saliva il cuore in gola.
Come succedeva spesso, la mora si era fermata a cena dai Tomlinson. Era uno dei momenti migliori della giornata,  perché per lei quella era la vera rappresentazione di famiglia. 
L'ambiente era accogliente, la nonna di Reese si era affezionata a lei, il cibo era sempre fantastico e poi la compagnia della sua migliore amica era diventata fondamentale. Ogni tanto si fermava anche Sophia, ma non quella sera.
Stranamente in quell'occasione era presente anche Louis, che non era ancora uscito con il suo amico insopportabile, Oliver.
«In realtà, a me non piacciono» rispose Emma, non avendo il coraggio di guardare oltre il suo piatto.
Louis le creava un certo disagio, ridacchiava se lei non riusciva a controllare un leggero rossore e sembrava divertirsi a metterla in difficoltà.
«Potresti quasi starmi simpatica, Nuova arrivata»
«Smettila di chiamarla così coglione!»
«Signorina!» esclamò la nonna.
«Ma se le ho fatto anche un complimento! Tu e Sophia sembrate delle cagne in calore davanti a quei poster, e poi musicalmente sono una merda» sogghignò.
«Louis modera il linguaggio» lo riprese la nonna.
«Va bene, nonna — il ragazzo sospirò, poi con voce più calma e meno coinvolta continuò — Sembrate cagnoline che non vedono l'ora di sfornare una cucciolata, e poi musicalmente sono... Oh no, non c'è un modo carino per dirlo. Sono una merda!»
«E tu mi sembri uno che sta rosicando perché non potrà mai avere neanche un pizzico del loro successo con le donne» rilanciò Reese, ma prima che il fratello riuscisse a rispondere la nonna li zittì entrambi.

Emma come ogni altra sera in cui si fermava a cena fece finta di ricevere un messaggio dalla madre.
«Sicura che può venire a prenderti?» chiedeva spesso conferma Ree «Puoi rimanere a dormire qui»
«Non preoccuparti, mi aspetta alla fine della strada» rispose la ragazza anche quella volta.

Ciò che non aveva messo in conto, quella sera, era la presenza di Louis a cena e del fatto che lui sarebbe uscito qualche secondo dopo di lei.

«Hey» Emma si gelò appena sentì al voce squillante di Louis chiamarla. Era uscita dalla casa  dell'amica giusto due minuti prima, senza prestare attenzione al fatto che il fratello di quest'ultima stesse attaccato al telefono per aspettare il messaggio di Oliver con su scritto dove vedersi.

Emma non riuscì a muoversi neanche quando lui gli fu vicino in chiara attesa di una spiegazione.
«Dov'è tua madre?» 
«Lei... Mi aspetta più avanti, si è fermata a fare benzina alla pompa» provò a rimediare senza far insospettire il ragazzo.
«Ti accompagno»
«No, non c'è bisogno»
Louis prese a camminare ignorando la risposta della mora, e lei fu costretta a seguirlo. Emma guardava l'asfalto bagnato dalla pioggia che solo da poche aveva concesso una tregua, sforzandosi di pensare a qualche scusa da poter usare. quando, giunti alla pompa di benzina, Louis sembrò non essere sorpreso dal non trovare nessuna macchina ad aspettarla.
Emma si trovò con le spalle al muro.
«Su, che fai lì impalata. Ti accompagno a casa» disse solo, lasciandola senza parole.
Louis non le aveva fatto nessuna ramanzina, chiesto nulla sul perché di quella bugia, ma le aveva solo detto di seguirla.
«È buio a quest'ora, non dovresti camminare da sola per la strada. È pericoloso»
«Non succede mai nulla in questa città, posso tornare anche da sola» rispose Emma, acquisendo quel pizzico in più di coraggio.
«Meglio non rischiare — Louis la prese per mano e tirandola verso la sua direzione, iniziò a camminare — sei pur sempre una ragazzina, ed è pur sempre tardi. Non si è mai troppo al sicuro»
Emma lo sapeva bene, ma non gli avrebbe mai dato ragione.
Razionalmente voleva soltanto che lui le si allontanasse il più possibile, istintivamente però decise di farsi trascinare di forza.
«Sappi che continuerò a camminare...ma se per caso mi dicessi dove abiti potrei evitare di farlo a vuoto»
Louis teneva Emma per il polso, inizialmente era il suo modo per far sì che non scappasse ma dopo poco era diventato quasi rilassante e rassicurante per lei, come tenersi per mano.

«Siamo arrivati» annunciò poco più tardi la ragazza, con voce assente, troppo concentrata a seguire la sagoma visibile dalla finestra del piano di sopra, corrispondente alla stanza da letto della madre. Le luci erano accese, ma la tenda bianca rendeva le figure poco distinguibili. Nonostante tutto, quando ad aggiungersi fu l'ombra di quello che senza dubbio era un uomo, Emma abbassò lo sguardo velocemente farfugliando «Grazie per avermi accompagnato».
Louis non era di certo stupido, e si era accorto che quei movimenti all'interno della casa  non dovevano essere poi così tanto normali a giudicare dall'espressione cupa di Emma. C'era qualcosa a turbarla e Louis non ci mise molto a fare due più due e a capire che quelle due persone non dovevano essere i genitori della ragazza. O per lo meno non entrambi.
«Vuoi che ti accompagni dentro?» non sapeva come comportarsi, voleva aiutarla senza essere invadente. 
«Grazie Louis — Emma lo tolse dall'imbarazzo sorridente — non ce n'è bisogno»
Lo salutò con una mano, sforzando di sorridere anche con i suoi occhi verdi che di tanto in tanto la tradivano.
«Buonanotte Emma»
Il castano si portò i capelli all'indietro nell'attesa di vederla rientrare, senza accorgersi di averla chiamata per nome per la prima volta. Dettaglio che a Emma, invece, che sentiva chiamarsi sempre 'Nuova arrivata' , non sfuggì.
«Potresti... — Em inchiodò i piedi all'asfalto, facendo sì che le sue sneakers producessero un leggero stridio, poi voltandosi verso il ragazzo iniziò — potresti non..»
«Noi non ci siamo mai visti» Louis le fece l'occhiolino, non aveva bisogno di altre spiegazioni. Era chiaro che Emma non volesse far sapere nulla a Reese. In quel momento Lou non si fece molte domande, ma decise di acconsentire e basta. Come se gli occhi supplicanti di quella ragazzina fossero sufficienti a fargli fare qualsiasi cosa lei volesse. Si sentì strano, ma anche di quello non si interrogò.

Quella sera due ragazzi che apparentemente non avevano niente in comune condivisero un piccolo segreto senza immaginare che successivamente si sarebbe trasformato solo in un pretesto per stare insieme.

   
 
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