Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MadAka    19/12/2015    1 recensioni
Raccolta di diverse one-shot unite fra l'ora da un unico filo conduttore: i rapporti di coppia.
Ognuna delle opere qui inserite è una storia a sé stante, con protagonisti e contesti differenti, in cui si racconta l'avvicinamento fra due persone che non sempre è detto vada a buon fine.
Ogni capitolo è introdotto da una breve presentazione.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Curt ha ventisei anni ed è la copia perfetta di Buster Keaton, come una reincarnazione moderna. Anche se lui stesso ha dovuto ammettere di assomigliargli non ha mai indagato ulteriormente il personaggio. Appassionato di computer e cibernetica per lui il cinema muto è superato e senza interesse e Buster Keaton solo un divo dei tempi andati.

Per Shannon, invece, non è assolutamente così, lei che nel 2015 ancora si perde nello sguardo di Keaton.

Sarà suo compito convincere Curt a “dare” una possibilità a Buster, così che lui possa finalmente accorgersi della magia custodita dal cinema in bianco e nero e da quell’uomo, da cui Curt sembra essere stato riprodotto.

 

 

 

 

 

– Keaton –

 

 

 

I rumori erano quelli delle posate che si toccano, che colpiscono la porcellana, che vengono abbandonate sul tavolo. Seduti uno di fronte all’altra, quasi al centro della piccola tavola calda, Shannon e Curt stavano conversando, come il resto dei presenti. Lei rigirava distrattamente le verdure grigliate, uniche superstiti del suo filetto di pollo; lui continuava a piluccare, una foglia alla volta, l’insalatone che ancora gli riempiva il piatto per metà. Curt ingoiò il boccone che stava masticando, senza smettere di scuotere la testa: «Non capisco perché ti ostini a insistere tanto» disse, abbandonando la forchetta che vibrò di quel suono che si sentiva spesso nella stanza in cui erano.

La ragazza non si scompose; il suo sorriso si allargò di un altro po’ prima di rispondere: «Potrei dirti la stessa cosa»

«No. Questo no» la corresse. «Sei sempre tu a tirare fuori l’argomento ogni volta che puoi»

«Perché voglio provare a capire per quale motivo ti rifiuti di vedere almeno uno di quei film»

Curt riprese in mano la forchetta, ricominciando a punzecchiare le foglie di lattuga: «Te l’ho detto, non fa per me. Non è il mio genere e non mi appassiona. Anzi, non mi incuriosisce nemmeno»

«Ecco, è questo che non capisco»

«Oh, andiamo, Shannon. Viviamo nell’era digitale, gli anni dei computer. Ora sono in grado di girare film come Avatar, Jurassic World, o Interstellar. Per quale motivo dovrei andare a guardare un film in cui la tecnologia massima era la pellicola al nitrato?»

Lei non replicò subito, si lasciò semplicemente sfuggire un nuovo sorriso. Ancora una volta lei e Curt erano uno di fronte all’altra, a esporre reciprocamente le proprie perplessità su ciò che rendeva il mondo dell’altro unico. Da una parte Shannon che passava ore a sognare a occhi aperti, che continuamente fantasticava su cose che sapeva irrealizzabili; così tanto con la testa fra le nuvole che aveva imparato a tenere i piedi saldamente a terra per evitare di soffrire delle illusioni che lei stessa si creava. Dall’altra Curt, per cui ieri non esisteva e tutto era solo davanti, nel domani. Lui che era consapevole che il mondo andava vissuto razionalmente e che se una cosa non si poteva spiegare era solo dovuto al fatto che non era stata ancora studiata nella maniera migliore. Due figure esattamente opposte l’una all’atra, ma proprio per questo tanto interessati a chi avevano di fronte. Lui era profondamente affascinato da lei, dalla sua visione del mondo, dalla capacità di trovare la bellezza anche nelle cose più insignificanti. Lei, invece, si era sempre trovata a suo agio con Curt, a tal punto da arrivare a invidiare la sua logica razionale, lui che non aveva bisogno di sognare a occhi aperti per essere felice, che non aveva bisogno di aggrapparsi alla fantasia per poter apprezzare le cose.

Shannon rimase a guardarlo per un lungo momento, come a cercare l’esitazione, anche minima, negli occhi di lui. Ma non riuscì a trovarla, perché Curt era totalmente sicuro di quello che aveva detto, dannatamente certo delle sue convinzioni. Eppure per Shannon sembrava impossibile che il ragazzo che aveva davanti non potesse essere interessato, neanche in piccola parte, a tutta quella produzione cinematografica che aveva fatto la storia. Lui che agli occhi di chiunque – e anche per sua stessa ammissione, una volta – era la copia perfetta di Buster Keaton, come un gemello separato alla nascita, ma dal tempo. Davvero non si capacitava di come fosse possibile che, in simili circostanze, lui non avesse mai desiderato andare a indagare una figura a cui sembrava misteriosamente legato, di andare a scoprire quel suo “gemello” attraverso i film che lo avevano reso celebre. Ma per Curt non aveva mai avuto importanza, aveva sempre liquidato la faccenda dicendo che la loro era “solo una somiglianza” e che poteva benissimo succedere. Ma era una somiglianza che aveva dell’incredibile e Shannon sapeva perfettamente che erano stati gli occhi di Curt – così uguali a quelli di Keaton, in cui lei si perdeva ancora e ancora ogni volta che guardava i suoi film – ad attirarla da lui la prima volta che si sono incontrati, anche se poi, con il passare dei giorni, lei era rimasta affascinata dalla personalità del ragazzo che aveva davanti, così reale da sposarsi perfettamente alle sue fantasie.

«Cosa posso fare per farti cambiare idea?» chiese infine la ragazza, lasciando cadere la forchetta nel piatto, disinteressandosi totalmente delle verdure che ancora le rimanevano da finire.

«Direi niente. Sai come la penso»

Lei sbuffò: «Sì, lo so, ma per me non ha senso. Voglio dire, fra ottant’anni saranno superati anche film come Avatar e Interstellar, allora cosa farai? Non li considererai più dei capolavori? Li etichetterai come “privi di interesse”?»

«Sì»

Shannon aprì bocca per parlare, ma non le riuscì di dire nulla. Fu Curt a riprendere parola: «Fra ottant’anni ci saranno tecnologie nuove e inimmaginabili e quelle di Avatar saranno superate. Ogni cosa lascia il tempo che trova. È così da sempre»

La ragazza non replicò, rimase a guardare lui che masticava vittorioso.

«E, invece, io cosa posso fare perché tu la smetta di insistere con questa cosa ogni volta che ne hai la possibilità?» chiese lui, dopo aver deglutito.

Lei sollevò un sopracciglio: «Davvero lo vuoi sapere?»

«Potrei pentirmene?»

«Per me no»

Lui la guardò, serio, facendo scorrere gli occhi sugli ondulati capelli nocciola che, come una cascata, scendevano morbidi sulle spalle di Shannon.

«Sentiamo» disse infine.

«Un film. Se vuoi che smetta di ammorbarti con il cinema muto dovrai guardare uno dei film che lo hanno reso celebre» rispose lei, sollevando l’indice.

Curt si fece sfuggire un lungo sospiro: «Non è uno scambio equo»

«Come no? Accetti di guardare un film muto e io, in cambio, non insisterò più affinché tu lo faccia»

«Per questo non è equo. Sarebbe semplicemente una vittoria per te»

«Perciò non ci stai?»

Lui ci pensò: «Cambiamo le condizioni. Io faccio una cosa che non mi va di fare e tu fai altrettanto»

«Sarebbe?»

«Io guarderò uno dei tuoi amati film muti, ma tu, in cambio, mi permetti di mostrarti le potenzialità della cibernetica. Io faccio qualcosa che piace a te e tu fai qualcosa che piace a me. Alla fine di tutto siamo pari»

Lei sorrise: «Ma io non ci capisco niente di cibernetica»

«Appunto, io te la posso spiegare. Ho già tenuto diverse lezioni private a dei ragazzini delle scuole superiori. Il tuo quoziente intellettivo è almeno dieci volte superiore, quindi capirai perfettamente»

Shannon ci pensò un momento, ma non a lungo. Quando incontrò gli occhi di Curt si rese conto che quella era l’occasione migliore – e l’unica – per far vedere al ragazzo tutta la magia racchiusa nel cinema in bianco e nero e di farlo attraverso il lavoro di un uomo che Curt non avrebbe mai potuto ignorare. «Ok, ci sto. Da cosa vogliamo cominciare? Lezioni di cibernetica o film?»

Lui non esitò: «Facciamo film. Così almeno mi levo subito il dente»

La ragazza rise: «Perfetto, allora. Mi organizzo e troviamo un giorno, d’accordo?»

Curt annuì, facendo semplicemente segno di sì con la testa. Shannon rimase a guardarlo un momento, mentre lui portava i suoi occhi sul verde del suo piatto. Alla fine la ragazza afferrò la forchetta e tornò a dedicarsi alle sue verdure. Era convinta di aver vinto, incredibilmente sicura di essere riuscita nel suo intento. Dentro di sé sentiva che Curt avrebbe finito con l’apprezzare il cinema muto e, con esso, tutte le storie che attraverso le pellicole ha sempre narrato. Per lei era l’occasione perfetta e il modo migliore per mostrare al ragazzo quel mondo unico, senza il quale lei si sarebbe sentita tremendamente incompleta. Sapeva già quale titolo sottoporgli, certa che lo avrebbe affascinato nello stesso modo in cui aveva affascinato lei la prima volta che lo aveva guardato.

 

*

 

Conosceva la strada a memoria. Sapeva perfettamente che, appena entrata, doveva superare il bancone dei prestiti a sinistra, proseguire lungo il corridoio che si trovava davanti e poi infilarsi nuovamente a sinistra. Lì si trovava una piccola stanza, proprio la piccola stanza in cui si stava dirigendo. Per l’ennesima volta Shannon raggiunse quel posto dove, ordinati uno accanto all’altro, stavano libri, saggi e dvd del primo cinema. Ricordava perfettamente anche lo scaffale e la fila in cui il dvd che stava cercando si trovava. Non cercò nemmeno la lettera. La sua mano destra scorse sicura sui dorsi delle custodie dei film e ne estrasse uno senza esitazione. Era quello che cercava. Il dvd che aveva tra le mani conteneva due dei suoi film preferiti, entrambi perfetti per mostrare a qualcuno la bellezza di quel cinema di quasi cent’anni fa, reso celebre e ancora apprezzato da artisti come Charlie Chaplin, Harold Lloyd e il suo preferito: Buster Keaton. Proprio quest’ultimo sembrava intento a guardare la ragazza dalla copertina del dvd, perché proprio di quest’ultimo erano i film che più di tutti lei amava. Andava sempre in quella stessa biblioteca; compiva il tragitto a memoria, arrivando nella piccola stanza a sinistra e cercava il film di cui aveva più voglia. Ma il dvd che aveva in mano era quello che prendeva più spesso; lo aveva guardato così tante volte da averne perso il conto, consapevole che se fosse stata una videocassetta l’avrebbe consumata fino a smagnetizzarla. Rimase a guardare la foto della copertina, quel primo piano di Buster Keaton e ripensò a Curt. Come poteva essere possibile una tale somiglianza fra sue persone che non si sarebbero mai potute incontrare? E come poteva Curt rimanere indifferente proprio di fronte a tale somiglianza? Era la seconda domanda a confonderla maggiormente. Aveva cercato di capire per quale motivo al ragazzo non era mai interessato niente di quello che lui definiva “antiquato”. A lui non importava delle fotografie a pellicola, delle auto d’epoca, dei dischi in vinile e dei film muti. Avrebbe potuto capirlo da qualche altra persona, ma non da Curt, curioso per natura come dimostrava il fatto che indagava le profondità dei computer e della cibernetica per trovare spiegazioni. Ma forse era proprio dovuto a quello. Forse il fatto che lui non si fosse mai soffermato a lungo sulla pazzesca somiglianza che aveva con Buster Keaton era dovuto al fatto che non avrebbe mai trovato una spiegazione degna di essere chiamata tale e per questo motivo non aveva mai trovato la faccenda interessante. Tuttavia, per Shannon, etichettare il cinema muto come “privo di interesse” quando non si è mai guardata una sola opera che lo ha reso celebre era un grossolano errore, una cosa che non si sarebbe mai aspettata da un ragazzo intelligente come Curt. Avrebbe accettato qualunque giudizio sui film di Buster Keaton una volta che lui ne avesse visto almeno uno, ma era certa che terminata la proiezione le parole di Curt sarebbero state solo positive. Non a caso lei era innamorata dei film di quegli anni e delle interpretazioni di quell’attore. In quei film lei ancora trovava magia e spensieratezza, due cose che chiunque spera di trovare nella vita, anche i più razionali. Shannon sollevò lo sguardo sul resto dei dvd ancora sullo scaffale, immobili, come in attesa che la ragazza prendesse la sua decisione. Lei rigirò fra le mani il film che teneva, indecisa. Si chiese se era sufficiente quello che aveva già o se, magari, prenderne un altro. Forse a Curt quello da lei scelto sarebbe piaciuto a tal punto di fargli venire voglia di vederne un altro e poi un altro ancora. Tuttavia sapeva di sbagliarsi. Anche se a Curt il film fosse piaciuto tanto da voler approfondire sia il cinema muto che Buster Keaton, il ragazzo non gliel’avrebbe mai data vinta tanto facilmente, non avrebbe mai ammesso di sperare di poter vedere ancora un film. Inoltre quel dvd conteneva già tre film, era più che sufficiente. Alla fine la ragazza si voltò, sistemandosi la borsa sulla spalla e incamminandosi per compiere a ritroso la strada che le aveva permesso di arrivare fin lì. A metà del corridoio, però, si fermò.

 

*

 

Sabato pomeriggio Shannon e Curt si erano dati appuntamento alla solita tavola calda dove pranzavano insieme tre giorni a settimana. Nella borsa che la ragazza teneva a tracolla era custodito il film che, a breve, avrebbe sottoposto all’amico, nella speranza di convincerlo a cambiare idea sul mondo del cinema muto da lei tanto amato. Curt arrivò puntualissimo, alle tre spaccate. Si salutarono e subito Shannon si incamminò, affiancata dal ragazzo: «Esattamente dove stiamo andando?» chiese lui dopo aver regolato il passo a quello di Shannon. Lei si voltò a guardarlo, sorridendo: «Per guardare un film muto per la prima volta ci vuole il posto giusto»

Curt inarcò un sopracciglio: «Non hai intenzione di dirmelo, vero?»

La ragazza si limitò a sorridere, annuendo. Proseguirono lungo il tragitto chiacchierando di tutt’altro, Curt seguendo Shannon lungo vie che lo confondevano, rendendolo incapace di capire dove esattamente la ragazza lo stava trascinando. Poco più di dieci minuti dopo lei si fermò, voltandosi verso di lui. «Eccoci»

Curt sollevò lo sguardo sull’edificio. Si trattava di un cinema, uno di quelli piccoli, dimenticati da tempo e surclassati dalle grandi multisale; un posto in cui sempre meno spettatori entravano e che, con molta probabilità, avrebbe potuto chiudere presto. Il ragazzo non ricordava quel luogo, forse non ci era mai passato neanche accanto essedo cresciuto in un quartiere diverso da quello di Shannon, ossia quello in cui si trovavano ora. Notando che lui non accennava a dire niente, ma continuava a guardare la facciata dell’edificio – con quel suo sguardo velatamente malinconico così uguale a quello di Buster Keaton – Shannon prese parola: «Ho pensato che sarebbe stato bello farti vedere il film in un cinema, uno di quelli che ancora mantiene l’atmosfera di tanti anni fa» Si strinse nelle spalle: «Il proiezionista è un mio amico. Per questo posso farlo»

Curt rimase a guardarla per un lungo momento.

«Vieni spesso qui?» chiese poi.

«Sì, abbastanza. Seguo i loro cineforum perlopiù. È grazie a quelli che riescono ancora a rimanere aperti»

Gli fece cenno di seguirla, indicando l’ingresso. Mentre entravano lui ne approfittò per guardare bene quel piccolo cinema il cui stile era di chiaro influsso Art Nouveau europeo. Era piccolo, accogliente, con moquette a ricoprire il pavimento che lui trovò più pulita di quanto si fosse immaginato e legno scuro, non più lucido come un tempo, a rivestire biglietteria e altre parti aggettanti. Dentro i due incontrarono il proiezionista, l’amico a cui si riferiva prima Shannon. Quest’ultima lo presentò a Curt come Kyle, il quale lo scrutò attentamente da cima a fondo un paio di volte prima di dire: «Ti ha mai detto nessuno che sei uguale a…»

Ma Curt lo fermò prima: «Buster Keaton. Sì, lo so»

Kyle si voltò verso Shannon, soddisfatto: «Due gocce d’acqua» Dopodiché si avvicinò alla tenda che certamente copriva l’ingresso nella sala: «Se volete accomodarvi. La proiezione sta per iniziare» Batté con la mano il dvd che Shannon gli aveva allungato pochi minuti prima e a cui Curt sfuggì la copertina. Shannon si avviò nella sala, seguita dal ragazzo che lanciò un’ultima occhiata a Kyle prima di tirarsi la tenda dietro. La sala, deserta, era piccola, esattamente come il cinema. Avrebbe potuto ospitare sì e no un centinaio di persone. Curt notò l’espressione di gioia dipinta sul volto della ragazza, come se fosse incredibilmente felice di essere lì. Lui non riuscì a spiegarselo; gli risultava ancora difficile capire come potesse, quella ragazza, essere così appassionata di qualcosa scomparso e superato da ormai novant’anni. Eppure era stato quel suo amore per il cinema muto a convincerlo – seppur controvoglia – a seguirla fin lì, il modo in cui ne parlava, in cui lo raccontava. Dentro di sé Curt sapeva perfettamente che, al termine di quella proiezione, il suo giudizio verso i film in bianco e nero non sarebbe cambiato, ma quello nei confronti di Shannon sì: si sarebbe certamente innamorato un po’ di più della ragazza proprio perché avrebbe capito che lei possedeva realmente la capacità di sognare che per lui era tanto difficile da trovare. Mentre lui era perso nei suoi pensieri non si era accorto che Shannon aveva già salito almeno quattro gradini. La ragazza si fermò, voltandosi a guardarlo: «Che fai ancora lì?» chiese.

Curt alzò lo sguardo su di lei, riprendendosi dalla sua estraniazione: «Che film hai scelto?» le chiese, ignorando la domanda.

Lei alzò le spalle: «È una sorpresa»

Lui sospirò: «È di Buster Keaton, vero? Non solo vuoi propinarmi un film muto, ma vuoi anche propinarmi un suo film muto»

«Anche se fosse, cosa c’è che non va?» chiese lei, rendendosi conto che nella voce di Curt c’era una piccola nota di rassegnazione.

Il ragazzo non rispose, distolse semplicemente lo sguardo.

«Senti, Buster Keaton è il mio attore preferito, i suoi film sono i miei preferiti. Per farti vedere la bellezza del cinema muto non avrei scelto nessun altro, lui è perfetto per questo. Il fatto che tu sembri la sua copia identica non c’entra nulla, lo avrei scelto comunque» riprese Shannon alla fine.

«Dici sul serio?»

Lei portò una mano sul petto: «Mai stata tanto seria. Ora, vuoi sederti?»

Questa volta Curt sorrise, raggiunse la ragazza e si sedette accanto a lei all’altezza del centro della sala.

«Almeno ora me lo vuoi dire il titolo?» domandò lui.

«Sherlock Jr.»

«Ci siete ragazzi?»

La voce provenne alle loro spalle, all’altezza della cabina di proiezione: era Kyle. Shannon rispose con un cenno, tendendo il braccio verso l’alto e sollevando il pollice. Pochi minuti dopo le luci in sala si abbassarono.

Come suo solito, quando era alle prese con qualcosa che non lo soddisfaceva, Curt era partito prevenuto. Si sentiva infastidito dalla musica usata a completamento delle immagini al punto di non rendersi conto dell’originalità e dell’astuzia di Keaton. Ma con il passare dei minuti non poté più rimanere indifferente alle immagini che gli scorrevano davanti e ai gesti compiuti dall’attore. Era come se stesse vedendo se stesso compiere le azioni che l’attore compieva, come se si fosse dimenticato di aver interpretato il personaggio che stava osservando. Ma era consapevole di non essere lui. Lui era più altro, di questo poteva esserne certo, e il suo naso era leggermente diverso, sospettava di non avere quel profilo così sicuro, quasi ricercato. Ma quegli occhi. Ogni volta che Curt si soffermava a guardarli avrebbe potuto giurare di osservare il suo riflesso. Accanto a lui Shannon riviveva quelle scene che aveva già visto innumerevoli quantità di volte, provando le stesse emozioni che aveva provato la prima volta. Di tanto in tanto lanciava un’occhiata a Curt, concentrato sullo schermo, rendendosi conto che Sherlock Jr. aveva colpito ancora. Lo sguardo di Curt era perso nelle immagini e il sorriso leggero, velato sulle sue labbra, la conferma che il film lo aveva catturato e conquistato. La proiezione proseguì minuto dopo minuto e Curt fu totalmente inglobato da essa a tal punto che il suo scettiscismo e il suo disinteresse nei confronti del cinema muto sembravano essere scomparsi. Avrebbe dovuto ammettere di essersi sempre sbagliato su ciò che quel tipo di film era in gradi di trasmettere e anche sul fatto che essere tanto simile a Buster Keaton si era improvvisamente rivelato interessante.

Quando il film terminò la luce ricomparve leggera nella sala, aumentando via via la sua intensità. Shannon si voltò verso il ragazzo: «Che ne pensi?» domandò. «Non fingere che non ti sia piaciuto perché non ci credo. Ti ho sentito ridere»

Curt sorrise: «Avevi ragione» ammise. «È stato bellissimo»

Anche Shannon sorrise, soddisfatta. Per lei quell’ammissione era la cosa più bella che potesse sperare di sentirsi dire da lui in quel momento. Le bastò quello per sentirsi felice dopo che era riuscita a dimostrare al ragazzo che nel suo mondo c’era posto per tutti, anche per i più razionali. Si alzò in piedi: «Bene» disse. «Ora, come da accordi, andiamo a parlare un po’ di cibernetica»

Curt spalancò gli occhi a quelle parole. Non ne aveva voglia. Non voleva alzarsi da lì, né tantomeno andare a parlare di qualcosa di tanto reale. Non gli dispiaceva il luogo in cui stava, né il modo in cui aveva trascorso la sua ultima ora. Afferrò Shannon per il polso: «No, aspetta» la fermò. Lei si voltò a guardarlo, sorpresa.

«Non ti andrebbe di vederne un altro?» le chiese.

Sul volto della ragazza si fece largo un enorme sorriso: «Vuoi vederne un altro?» chiese, felice.

Lui annuì: «Se ne hai un altro, sì»

Shannon sorrise nuovamente, leggermente imbarazzata: «Ho la borsa piena di suoi film» mormorò.

«Perfetto»

La ragazza distolse lo sguardo, domandandosi cosa le stesse prendendo. Si mise in ginocchio sul sedile, voltata verso la postazione del proiezionista: «Kyle» chiamò.

Il ragazzo si affacciò dall’apertura: «Dimmi pure» rispose.

«Ti dispiace far partire One Week

«Assolutamente no»

«Grazie. E poi scendi, lo guardiamo tutti e tre insieme» concluse, tornando a sedersi compostamente. «Vedrai che ti piacerà anche questo» disse, rivolgendosi a Curt.

Lui si limitò a sorridere, guardando Shannon nei suoi occhi marroni, prima che il buio – che stava nuovamente calando – gli impedì di ammirare a fondo le iridescenze color mogano che essi possedevano. Kyle li raggiunse nella sala, sedendosi accanto a Shannon. Quest’ultima si sentì profondamente soddisfatta dell’esito di quel pomeriggio. Buster Keaton era riuscito a mostrare la sconfinata bellezza del cinema degli anni ’20 anche a una persona scettica come Curt. Novant’anno dopo Buster aveva conquistato anche il suo gemello lontano, attirandolo a sé, e Shannon era sicura che, anche volendo, Curt non sarebbe mai più riuscito a dimenticarlo.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MadAka