NUOVA CASA
"É
naturale rischiare la vita per le persone che amiamo.
Il
coraggio non c'entra".
***
Quella abitazione era tutto fuorché accogliente.
L'esterno dava
già l'anticipo di cosa bisognava aspettarsi: Crepe su crepe.
Finestre rotte ed altre inesistenti. Alcune piante rampicanti si
scagliavano lungo i muri da un tempo bianchi ed adesso quel colore
pareva scomparso. Mancavano alcuni mattoni e questi, si presentavano
sparpagliati lungo il marciapiede. Il grande portone scuro era
malridotto. Una volta aperto si poteva vedere l'ampia
scala,conducendo hai piani superiori. Da un lato invece, erano
piazzate i contatori della luce ormai fusi e del tutto
inutilizzabili.
Salivo le scale lentamente. Queste avevano il corrimano di un
ferro arrugginito il che doveva essere sempre lucido prima
dell'abbandono. Tutto quel silenzio mi provocava una scarica di
brividi. Il respiro calmo e adagiato seguiva repentino i passi degli
scalini che salivo. L'ambiente tetro ed insicuro dava modo di non
essere un luogo rassicurante ma di cui non mi preoccupai. Giunta
all'ultimo piano, guardai la porta riverniciata di nero,dalle piccole
spaccature,rovinandolo.Il cigolio provocato dalla mia mano in cui si
portava su di essa è spingeva in avanti, emetteva un suono
agghiacciante,simile a quello dei film di paura. Sarebbe stata un
ottima abitazione per quest'ultima. Un ampia stanza.Dai muri in
mattoni rossi,in stile londinese. In alcuni punti si potevano
scorgere qualche pezzo di intonaco bianco. Il tutto era sorretto da
alcune colonne in marmo, donandogli per tocco di semplicità
ma di
eleganza. Quel che mi sorprese furono le vaste finestre poste hai
lati. Questa,un tempo doveva essere un appartamento costoso a causa
della grande ampiezza e luminosità predisposta. Accanto ad
una
finestra era stato lasciato un materasso lacerato in più
punti,abbandonato su un pavimento di polvere e su quest'ultimo era
presente ogni qual tipo di cosa: dai vetri rotti alle piume di un
cuscino posto sopra l'ampio giaciglio.
Attenta a non calpestare qualche coccio tagliente, porto lo
sguardo sulla finestra,lasciandomi sorpresa. Osservo una prospettiva
del tutta diversa da quella malfamata di prima:le varie case erano
disposte una accanto all'altra. Alcune avevano le luci accese
rendendolo un gioco di colori contrastanti. Posti più
lontane,alcuni
grattaceli piuttosto alti,padroneggiano una visione che non avevo
visto da molti anni.
Nonostante non ci fosse luce e la stanza era quindi nel
penombra,grazie alle finestre affacciatosi su quel paesaggio
cittadino e alle sue moltitudini di luci mi permisero di vedere.
Stanca da quella strana nottata di strani eventi e fughe
improvvise, mi distesi su quel materasso.Non era scomodo ed era
sempre meglio della brandina che mi aspettava ogni sera. Gli occhi si
fecero più pensanti,osservai un ultima volta la finestra
prima di
scivolare nel lungo sonno privo di sogni.
***
I primi raggi del sole, diedero vita ad un
nuovo giorno. A
svegliarmi e il suono di qualche uccellino intento a cantare il che
mi diede modo di poter sentire quel allegra melodia dopo tanto tempo.
Stropicciandomi gli occhi, posso vedere al meglio il posto in cui mi
trovo.Adesso,non sembra essere così tanto pauroso ma ben
illuminato
e dalla piacevole quiete. Decido di alzarmi ed uscire fuori,volemdo
vedere se ogni cosa era rimasta uguale dalla mia "sparizione"
o se fosse cambiato.Mi fermai davanti alla porta quando vidi il mio
abbigliamento fuori luogo. D'altronde non potevo andarmene a spasso
con un vestiario da paziente e di sicuro,avrebbe attirato non poco
gli sguardi dei passanti e di qualche poliziotto li vicino. Mentre
cerco una possibile soluzione,noto uno stendino posto fuori da un
abitazione. Mi affaccio dunque per vedere meglio e con mia grande
gioia si trova piuttosto vicino.Apro l'anta della finestra per poi
uscire fuori. Appena dopo è presente un piccolo tetto il
quale
collega le due abitazioni e di cui mi ritrovo ad esserne grata.
Stando attenta a non essere vista, con facilità, riesco ad
afferrare
un maglia azzurra ed un jeans.Rientro velocemente nel mio abitacolo
per poi trionfare vittoriosa del mio bottino. Sapevo bene che rubare
era ingiusto ma dopo le mie colpe, non trovavo niente di ingiusto nei
miei confronti. Poi nessuno si faceva male se prendevo in prestito
qualche vestito o sbaglio?
Mi sfilo di quei indumenti così odiati per poi ammirare il
corpo
segnato dalle innumerevoli ferite e lividi. La pelle bianca aiuta la
cosa,rendendoli più visibili. Sul mio braccio destro e
presente una
lunga scia di cicatrici simili a cuciture,partendo appena sopra
l'avambraccio e finendo al polso,sotto il palmo della mano. Lo stesso
"disegno" è stato fatto alla gamba sinistra il cui finisce
lungo la caviglia. Non so ancora come sia riuscita a sopportare tutta
quella atrocità e riesco a percepire, pur se inesistente,il
fuoco
che bruciava mentre alcune macchie di sangue tingevano la pelle
diafana.
Liberandomi da quei loschi pensieri,finisco per abbottonarmi il
jeans, finendo il tutto con le scarpe indossate ancor prima di finire
nel manicomio. I nuovi vestiti mi stanno bene,segno che in quella
casa abita una ragazza con la mia possibile età.
Finalmente
pronta posso uscire. Una volta fuori, osservo le varie macchine
passare. Dirigendomi dunque in quelle vie,noto con mio sommo
dispiacere che era rimasto tutto uguale:sui marciapiedi sono presenti
persone su persone. Dalle divise scure ed eleganti,sinonimi di
lavoratori. Chi con la ventiquattr'ore in una mano e chi a sbraitare
al cellulare in un altra. Il modo in cui tutto era rimasto lo
stesso,non mi sorprendeva d'altronde. Una città che si
rispetti,
brulica di gente ogni mattina a differenza della periferia.
Moltitudini di persone proseguono una vita come tutte gli altri:
monotona,noiosa e per nulla divertente. Sperai di non diventare come
loro un giorno, troppo lavorativi e ripetitivi. Macchine che avevano
un solo scopo nella vita,senza contare se si trattasse di essere
felici o meno.
Si prospettava una giornata normale ma non tutto è
sempre così. La mia vita dopo la scorsa notte sembrava
essere stata
travolta da una serie di eventi,neanche si fosse in un film
d'azione,con sparatorie e tutto il resto.
***
Un esplosione, un edificio in fiamme.
Gente che urla. Sirene di
ambulanze e di pompieri. Tutto ciò era assurdo. Come si
poteva, in
pochi minuti,fare tutto questo? Le persone accorrono vicino
all'accaduto e c'è chi spegne le fiamme. Alcuni sono
spaventati,altri sono feriti e vengono quindi portati via dalle
ambulante. Distrattamente e il pianto di una donna ad avere la mia
attenzione.
"Mio figlio...mio figlio è la dentro" disperata,indica
ad un agente l'edificio in fiamme. Guardo prima lei e poi
quest'ultimo mentre il fuoco si propaga sempre di più. La
mia azione
si muove senza ragionare. Oltrepasso il poliziotto conscia di aver
fatto una stronzata ma se quelli non avrebbero mosso un dito, per il
bambino non ci sarebbe stato scampo. Sento alcune urla,probabilmente
a volermi fermare. Quando entrai all'interno mi portai una mano
davanti alla bocca. Il fumo impediva di respirare e la temperatura
saliva senza sosta. In quel momento però dovetti
concentrarmi sul
bambino. Cercai di sentire il suo pianto,il richiamare la madre.
Riuscì a trovarlo in un angolo di una stanza."Non avere
paura
vieni con me. Ti porto dalla mamma."Cercai di essere il più
convincente possibile ed il bambino accettò. Così
piccolo lo presi
in braccio, uscendo da lì. Per mia fortuna, una trave era
cascata il
quel punto e prima che finissi intrappolata in quel cumulo bruciato
trovai la via d'uscita.
"Hai idea di cosa hai fatto? Potevi morire." mi sbraitò
contro il poliziotto di prima ma io non badai a quello che
disse,facendogli vedere piuttosto il bambino che avevo con me."Potevo
morire ma ho salvato un vita a differenza di uno che sa solo urlare."
L'uomo si stette zitto e io lo oltrepassai indifferente. Certa gente
sapeva parlare tanto e poi non riusciva nemmeno ad agire. Una volta
andata dalla signora questi mi guardò con le lacrime agli
occhi,meravigliata. Lei e suo figlio si abbracciarono ed io mi
ritrovai a sorridere. Benché sapessi delle mie azioni non
potevo
lasciarmi impassibile a questo. Fare qualcosa di giusto per una volta
si era rilevata utile. In quel momento mi sentivo il dovere di fare
qualcosa. Di fare del bene per una volta.
La donna mi guardo,sorridendomi."Tu hai salvato mio figlio.
Come posso esserti riconoscente? Se c'è qualcosa che posso
fare per
te non dubitare a chiedere."
In quel momento riflettei sulla cosa. I vestiti che possedevo
erano ormai inutilizzabili,ed avevo bisogno di una ripulita. Senza
contare che non avevo n'è uno straccio di soldo ne l'acqua
calda.
"Un
modo ci sarebbe."