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Autore: Kore Flavia    30/12/2015    4 recensioni
A Zoe i cani erano sempre piaciuti, aveva continuamente supplicato il padre di regalarle un piccolo fagottino d’amore e di peli, ma quello aveva ininterrottamente usato la scusa del “chi se ne occupa?”. Zoe aveva supplicato anche la madre che, troppo impegnata tra casa e lavoro, si scordava costantemente di darle una risposta certa, anche se la bambina aveva sempre sospettato che sarebbe stata un no. Zoe aveva anche provato a convincere la sorellina che “Se almeno tu mi aiutassi, potremmo convincerli”, ma quella era ancora una lattante e l’unica cosa che riusciva a risponderle era uno schiocco della lingua contro il ciuccio. [...]
Il suo desiderio di adottare un cane comunque non era certo diminuito, ma ciò non comprendeva i lupi mannari feriti. Soprattutto se quest'ultimi si presentavano davanti a casa sua una notte di gennaio affermando che "Ehi dolcezza, mi faresti entrare? Tanto ad un fisico come il mio non puoi dire di no.” Accompagnato ad un gesto eloquente e alquanto fuori contesto visto il taglio da cui colava sangue sulla tempia destra.[...]
Genere: Comico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Un lupo mannaro per coinquilino
-la dea e il suo licantropo domestico-

 


Prologo: La sventurata vita di una dea
 
All we do is think about the feelings that we hide
All we do is sit in silence waiting for a sign
 



A Zoe i cani erano sempre piaciuti, aveva continuamente supplicato il padre di regalarle un piccolo fagottino d’amore e di peli, ma quello aveva ininterrottamente usato la scusa del “chi se ne occupa?”. Zoe aveva supplicato anche la madre che, troppo impegnata tra casa e lavoro, si scordava costantemente di darle una risposta certa, anche se la bambina aveva sempre sospettato che sarebbe stata un no. Zoe aveva anche provato a convincere la sorellina che “Se almeno tu mi aiutassi, potremmo convincerli”, ma quella era ancora una lattante e l’unica cosa che riusciva a risponderle era uno schiocco della lingua contro il ciuccio.
Forse fu meglio così, poiché la pargoletta si scoprì terrorizzata da ogni forma di vita che non fosse umana e sì, questo comprese anche i dolci cani che Zoe tanto amava.
Ovviamente i tentativi non furono circoscritti solo ai suoi coabitanti, i quali, ovviamente, non comprendevano l’importanza d’avere un cane, ma si espansero anche ai nonni, zii e anche ai parenti di secondo e terzo grado.
Quel che però non capiva era quella loro repulsione nei confronti di quella sua piccola proposta. In fin dei conti i suoi genitori avevano avuto quel pidocchio sdentato e dalle dubbie capacità intellettuali, eppure non le avevano mai chiesto il suo permesso a riguardo. Allora si chiedeva perché lei non potesse prendersi cura della propria piccola creatura.
Zoe sapeva benissimo che questa era tutta una faccenda di scale sociali e proprio per questo, essendo lei una dea, non comprendeva tutta questa irrispettosa mancanza nei suoi riguardi.
Col passare del tempo, però, la ragazza si era dovuta concentrare su altre cose che molti reputavano più importanti e “fondamentali per il futuro” come ad esempio la scuola e, in seguito, l’università. Non che a lei non piacessero quei posti, in fin dei conti almeno lì c’era gente con cui paragonarsi al livello intellettuale e, almeno lì, non si sarebbe dovuta accontentare di una bambina lagnante e di due esseri adulti sbuffanti.
Peccato che le uniche persone che potevano meritare un vero e proprio dialogo con lei fossero i professori, a cui attribuiva comunque una certa demenza senile –come potevano non notare tutti quei decerebrati che copiavano intorno a lei?- e la preside –la quale aveva perso punti dopo averla richiamata per “ingiustificata mancanza di rispetto nei confronti dei professori”, eppure aveva semplicemente fatto notare la demenza senile di cui erano affetti-. Poi c’era la bidella Marilena.
Marilena le era stata simpatica fin dal primo istante, seppur non fosse né molto sveglia né molto intelligente amava i cani e ne aveva due, l’uno di nome Jack e l’altro Sdentato, quest’ultimo aveva preso il nome dal drago di quel film Dreamworks –probabile mancanza d’ispirazione, aveva pensato Zoe-.
Marilena l’aveva colpita con quel suo aspetto gioviale e cicciottello, i capelli biondi le ricordavano un mucchio di paglia appena rastrellato, gli occhi ridotti a delle fessure azzurre, ma che non avevano perso una recondita allegria giovanile. La bidella, aveva notato Zoe in seguito, amava discorrere con gli studenti e sembrava essersi ben informata sui “ragazzi di oggi” riuscendo a passare dall’ultima partita di calcio, all’ultimo concerto dei One Direction, accontentando tutti i tipi di ragazzi che passavano davanti a lei. Tranne Zoe, poiché con Zoe parlare di calcio, di nuove tendenze, o di gruppi come i One Direction non funzionava e Marilena aveva imparato a rispettare quelle stranezze.
Un giorno, però, Marilena portò i cani a scuola accompagnata dal marito e, da quel momento, trovo un punto d’incontro con la ragazza. In seguito scoprì una passione per i libri, per lo studio e la mitologia greca che ben si poteva immaginare da quella giovane.
Marilena aveva capito ben presto che Zoe non poteva vantare alcuna popolarità se si escludeva quella negativa. I maschi sembravano evitarla come la peste e, come venne a sapere Marilena in seguito, il motivo non era certo sbagliato. Zoe, infatti, aveva umiliato un ragazzo dell’ultimo anno davanti a tutti, sottolineando la sua inferiorità e bellezza insipida.
Le ragazze poi, le lanciavano spesso occhiate infastidite e a disagio si allontanavano con qualche scusa.
Marilena storceva il naso nel vedere queste scene, ma certo lei non poteva fare nulla, la colpa era solo del caratteraccio della giovane ragazza.
La bidella, poi, poteva ancora ricordarsi di quei tre o quattro ragazzini che erano andati da lei per confessare una qualche attrazione –Marilena si era sempre chiesta come potessero innamorarsi di Zoe- e di come quella, con un gesto noncurante della mano, li aveva cacciati con la coda tra le gambe.
Da quando poteva ricordare Zoe era riuscita ad avvicinarsi solo ad un’altra persona e quella era una ragazzina, poco più di una bambina, che spesso osteggiava fuori scuola chiedendo qualche spiccio. Sorprendentemente, infatti, quella mendicante era entrata nelle –ristrette- grazie di Zoe, quella quando la incontrava le offriva un panino e le lasciava qualche moneta per la sera, certo nessuna somma trascendentale, ma quella bambina sembrava essere felice di quel contributo e, soprattutto, sembrava aver messo su un po’ di peso.
La ragazzina si chiamava Akilah ed era immigrata da qualche tempo, la madre era morta sui barconi e il padre era rimasto nel paese di provenienza, questo era tutto quello che si sapeva o, per meglio dire, che Zoe sapeva.
Lei, difatti, non aveva voluto dilungarsi troppo sulla vita di quella povera anima. Akilah doveva avere tredici anni a quel tempo, due anni di differenza rispetto a Zoe e questa la trattava come una sorellina minore, preferendo passare del tempo con Akilah che con la sorellina di sangue Elisabetta. Sì, perché mentre Zoe era una dea, Elisabetta era la principessa di casa, scorrazzava per casa agghindata con merletti e colori pastello assieme alle sue amichette.
Zoe aveva sempre trovato insopportabile il chiasso che queste facevano, ma avendo Akilah passava molto tempo fuori casa. Con lei studiava, insegnandole quello che lo Stato avrebbe dovuto concederle di sapere. Le aveva persino insegnato a leggere fluidamente –meglio di molti suoi compagni di classe decerebrati- e Akilah si era dimostrata persino più brava di lei in matematica, era svelta e, mentre Zoe arrancava un poco tra i calcoli, lei rifletteva e raggiungeva la soluzione in pochi minuti.
Marilena aveva notato lo sguardo di ammirazione e maternità che copriva gli occhi di Zoe quando osservava quella piccola amica, era come se un velo si stendeva non lasciando coperto quella superbia e prepotenza che tanto la caratterizzavano. Certo, anche loro talvolta discutevano, spesso per motivi sciocchi come quando Akilah non accettava i soldi perché “Non voglio approfittarmi di te” o come quando Zoe aveva detto che “Non capiva la religione”, ma tutto si era risolto con un innocente bisticcio.
Poi un giorno Akilah non tornò più davanti a scuola. Fu un giorno come un altro, era il secondo di febbraio e Zoe era al terzo anno di Liceo Classico. Girò voce che fosse stata portata ad un orfanotrofio e altre voci affermavano che “Era probabilmente morta di fame” mentre le più terribili erano che “Speriamo se ne sia tornata al suo posto o che l’abbiano uccisa”. Marilena aveva notato un repentino cambiamento nell’atteggiamento di Zoe, ella era diventata più brusca e le sue battute spesso sfociavano nella cattiveria più viva.
Zoe non si ammalava mai, un anno aveva vinto persino il premio di “minor assenze”, ma da quando aveva smesso di vedere Akilah le sue presenze era diventate sempre più rare, la sua salute si era fatta cagionevole o, forse, semplicemente a scuola non ci voleva più andare.
Marilena le avrebbe dato della sciocca, ma, in una piccola parte del suo cervello, Zoe le aveva fatto pena. In fin dei conti lì non aveva nulla da spartire con nessuno.
Forse non aveva nulla da spartire neanche a casa, tra la sorellina urlante e i genitori sempre troppo impegnati per notare i suoi cambiamenti. Marilena, invece, notò bene i tratti del viso di Zoe affilarsi in una smorfia simile a chi ha pianto da poco. Gli occhi scuri riflettevano una luce maligna e saettavano da una parte all’altra dei corridoi, fissavano prepotentemente gli occhi dei professori in un misto di sfida e supplica, perché, in fondo, lei non era una dea, non era perfetta come voleva far pensare e Marilena questo l’aveva capito subito. Aveva subito notato quella fievole, ma insistente luce di bontà, bontà nei confronti di chi è reputato diverso, di chi è troppo debole per difendersi da solo. Zoe era solo stanca, esausta, spossata e trasportava una scia di malumore dietro di sé. Scia che durò fino alla fine dell’anno, fin quando non incontrò, quell’estate il primo ragazzo che le fece battere il cuore, questo Marilena lo seppe, sorprendentemente, da lei. La bidella, appunto, divenne quasi come una madre per Zoe, apprensiva e interessata Zoe riusciva a fidarsi completamente di lei.
Il ragazzo si chiamava Valerio e aveva solamente un paio di anni più di Zoe, paradossalmente, era tutto tranne che diverso e andava per la maggior tra le ragazze che frequentavano quella spiaggia, eppure la sopportava. L’ascoltava mentre lei, quelle rare volte che degnava qualcuno di un discorso, diceva quanto gli altri fossero inferiori e quanto lei non riuscisse proprio a capire le sue coetanee e i suoi coetanei e lui rideva. Rideva di cuore ad ascoltarla discorrere. La pelle abbronzata e i riccioli biondi che gli ricadevano sulla fronte e quando rideva gettava indietro la testa in un gesto poco elegante, ma estremamente attraente. Zoe, come disse in seguito a Marilena, si stupiva e si sentiva a disagio a fare certi pensieri “impuri” su d’un mortale.
Solo una cosa Zoe non rivelò a Marilena e quello fu il suo totale fallimento nel far innamorare il ragazzo di lei. Lei che, ovviamente, era superiore a tutte quelle altre mortale non era riuscita a colpirlo, a attrarlo, ad ammagliarlo e per lei fu un tale fallimento che non solamente non rivelò a Marilena, ma nascose quel dettaglio sotto il tappeto, abbellendo la trama di bugie, dolci, succulenti bugie.
Le aveva raccontato di come proprio lei decise che sarebbe stato meglio lasciarlo ad altre ragazze, ragazze che fossero al suo livello, perché per lui Zoe era troppo. O almeno, questo era quello che lei avrebbe voluto pensare. Peccato che Marilena non ci cascasse così facilmente, ma che, fortunatamente, non fosse nemmeno così meschina da farle domande indiscrete.
E questa fu la prima cotta che Zoe provò e che decise di riporre con cura in un angolino buio della propria mente, senza dimenticarla, ma senza neanche che le annebbiasse la mente. Diede un taglio ai quei pensieri impuri e per anni non provò che disgusto nei confronti degli altri. Fino all’ultimo anno. L’anno della maturità, infatti, le presentò davanti una professoressa dalla mente svelta e dall’immenso amore per l’arte e per le materie che insegnava. La ragazza rimase meravigliata da quella donna dall’immense conoscenze e dal carattere non di molto dissimile dal suo e Zoe cominciò a trattarla con riguardoso rispetto, come una sua pari e qualcosa di più.
Quella donna, poi, ricambiò immediatamente l’interesse mostrato dalla giovane, cominciò a prenderla da parte per domandarle che ne pensasse di quella o di quell’altra cosa. Senza però avvantaggiarla mai sugli altri.
E, persino dopo la maturità, quella professoressa ne seguì il percorso, durante l’università di storia dell’arte s’incontrarono spesso per discorrere di tale quadro o tal altra scultura. Si trovavano bene assieme e, mentre Marilena era come una seconda madre per Zoe, quella professoressa divenne al pari di una zia.
In tutto ciò, però, Zoe non aveva mai smesso di amare i cani. Aveva sempre aspettato di poter vivere da sola e con un lavoro stabile, così da permettersi non solo i costi della propria vita, ma anche dell’animale. Peccato che, alla soglia dei ventiquattro anni di tutto ciò lei aveva solo raggiunto l’obbiettivo di avere una casa propria. Non che non fosse un buon raggiungimento, ma paragonato alla moltitudine di piani che la mente di Zoe aveva costruito con minuziosa precisione, il solo avere raggiunto un unico obbiettivo la irritava parecchio. Poi aveva un lavoro, seppur a suo parere non fosse affatto alla sua altezza, anche se lei avrebbe dovuto fare la guida in qualche museo famoso o la professoressa di un istituto d’arte era finita a fare la commessa ad un supermercato. Peraltro le avevano assegnato l’orario notturno che andava dalle 21 alle 4 di notte e l’unico giorno –o era meglio dire notte?- libero era di domenica.
E durante quelle ore girava la feccia dell’umanità per i gusti di Zoe, uomini sulla quarantina che non avevano combinato nulla nella vita erano all’ordine del giorno e Zoe, seppur non amasse ammetterlo, provava un profondo disagio e una fastidiosa sensazione di frustrazione e inquietudine le faceva leggermente tremare le mani al solo sentire l’odore nauseabondo dell’alcool ingerito e la voce lasciva che l’accompagnavano per quelle strazianti ore di servizio.
Una volta uno aveva persino provato ad allungare le mani, ma lei era stata svelta e, fortunatamente, era riuscita a richiamare l’attenzione di un paio di altri dipendenti, due sue colleghi che non erano neanche troppo inferiori, e quell’uomo era stato scacciato che avesse potuto comprare nulla.
Zoe da quel momento era divenuta distante e fredda con tutti i suoi clienti, che fossero uomini, donne, adolescenti e, probabilmente, lo sarebbe stata anche nei confronti di un cane.
Il suo desiderio di adottare un cane comunque non era certo diminuito, ma ciò non comprendeva i lupi mannari feriti. Soprattutto se quest'ultimi si presentavano davanti a casa sua una notte di gennaio affermando che "Ehi dolcezza, mi faresti entrare? Tanto ad un fisico come il mio non puoi dire di no.” Accompagnato ad un gesto eloquente e alquanto fuori contesto visto il taglio da cui colava sangue sulla tempia destra.
Zoe in un primo momento era rimasta impietrita da quell’affermazione. “Dolcezza”, l’aveva chiamata così con un tono che tentava d’essere sensuale fallendo, però, miseramente. Zoe aveva ringhiato un impropero, ma si era costretta a mettersi da parte, lasciandolo entrare. Semmai avesse provato ad assalirla lei non avrebbe avuto problemi a tramortirlo, in fin dei conti era già abbastanza ferito e, con quel suo atteggiamento superbo, non l’aveva valutato come pericoloso.
Probabilmente per Zoe quello fu l’errore più grande mai commesso.

 

 

Note d'autrice: Eccomi con una nuova long originale. Se voleste sapere come l'idea mi sia venuta è molto semplice: stavo lavando i piatti e il mio cervello ha detto "E se a A piacessero i cani e si ritrovasse un lupo mannaro in casa?" e da lì ho partorito questa "cosa".
Avverto fin da subito che le pubblicazioni dei vari capitoli saranno sporadiche (spero una volta ogni due settimane, ma non illudetevi) a causa dei vari impegni che mi richiamano sempre. 
Vi dico subito che (per le menti più giovani) che potrebbero esserci accenni di scene di sesso, senza però andare nel dettaglio perché "no, grazie, va bene così". 

Poi volevo solo appuntare una cosa sui personaggi: Zoe è arrogante, superba e tutto quello che volete, ma, nei confronti di pochi (e spesso dei "diversi") mostra un'altra faccia. Basti vedere Marilena e Akilah. 
Ulteriore appunto Tutti, ma dico proprio Tutti i personaggi apparsi in questo prologo appariranno anche in seguito come comparse o personaggi importanti. 
Potrebbe esserci la presenza di un personaggio bisessuale, perciò se la cosa non vi garba girate a largo, lo stesso vale per il fatto che Akilah sia un'immigrata. 
Detto questo ringrazio Brave per avermi fatto da Beta e ringrazio me stessa per il banner(?). 
Vi segnalo il mio profilo facebook per avere aggiornamenti/anticipazioni/quello che volete sulla storia: https://www.facebook.com/profile.php?id=100008342498278.
Alla prossima.
Kore
   
 
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