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Autore: Ceccaaa    02/01/2016    2 recensioni
~DALL'ULTIMO CAPITOLO~
E poi quella parola, che aveva cominciato ad odiare. Corpuscontroller. Aveva un suono aspro sulla sua lingua e un profilo oscuro nella sua mente. Era l’insieme di amicizia e terrore. Una paura troppo terribile per essere vera, ma che esisteva senza il minimo dubbio. E poi, come colpita da un attimo di lucidità, un colpo al cuore: casa mia. Sono andati a casa mia. Lo sapevano. Sapevano chi era.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Dursley, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Otto anni dopo

"Mammaaaaa!" gridò l'undicenne dal pianerottolo su cui dava la sua camera. Era biondo, magro, slanciato e di carnagione chiara. Aveva gli occhi verdi, così diversi da quelli del resto della famiglia.
"Arrivo, tesoro! Solo un attimo!" rispose la madre dal piano di sotto. "Sbrigati!" Il ragazzo rientrò in camera. Era nervoso e parecchio in ansia. Si sdraiò sul letto guardando il comodino. Decise che non riusciva a resistere e afferrò la busta di pergamena. La fissò. La lettera era arrivata due settimane prima e lui ne era stato felice: finalmente anche lui ci andava, dopo che tutti i suoi cugini ci erano andati, dopo che perfino Lily ci aveva passato sei anni, lui ci andava. Andava finalmente a Hogwarts.
La porta si aprì e Julia Dursley entrò cercando di sembrare il più predisposta possibile nei confronti del figlio, che era decisamente insopportabile dall'arrivo della lettera. Lei capiva quanto fosse emozionato, ma era diventato così nervoso, che perfino suo fratello - con il quale aveva ottimi rapporti - si teneva alla larga quando c'era in ballo la preparazione del baule, il controllo dei libri e le varie prove per verificare che la divisa fosse perfetta per il fisico del ragazzo.
"Allora, Jo. Cosa vuoi?" "Volevo chiederti se siamo stati invitati alla festa di Al." rispose Jo fissando ancora la busta. "Sì, tesoro. Lo zio Harry mi ha scritto questa mattina. Sarà domani sera." la madre squadrò il figlio che ancora non la guardava. "Non potevi scendere tu invece di farmi salire di corsa?" il ragazzo scosse la testa "Non posso andare alla festa di Albus." Quest'affermazione lasciò la madre a bocca aperta. Non era da Jo rifiutarsi di vedere i suoi cugini. "Ma— tesoro! Perché? È successo qualcosa?" chiese mentre il figlio si sedeva e frugava nel baule, solo per fare qualcosa. "Niente. Ma se vuoi ci vado. Non c'è problema." continuò Jo. Qualcosa decisamente non andava. "Jo, io non voglio obbligarti a venire alla festa. Mi puoi solo dire cosa è successo?" Jo alzò le spalle e uscì dalla porta con l’intenzione di andare da qualche parte che non fosse la sua camera da letto. Julia lo rincorse e lo fermò prima che iniziasse a scendere le scale; suo figlio era molto in ansia, era vero, ma il fatto che non volesse vedere i cugini era del tutto nuovo. “Non è successo niente, davvero. Sono solo un po’ nervoso con tutta questa questione della partenza.” Disse il ragazzo. Julia gli appoggiò una mano sulla spalla. “Solo per un giorno, dimentica la partenza. Pensa a tutto come se dopodomani non dovessi andare ad Hogwarts.” “La fai facile tu. Non sei mai dovuta andarci—” sua made si abbassò per guardarlo in viso: “Andrà benissimo.” E lo abbracciò.

Vernon era lì, davanti alla porta che fronteggiava la sua camera, come un pollo, da mezz'ora. Era lì e si sentiva stupido. Ma non trovava il coraggio di bussare. Anche avendo cinque anni più di Jo, aveva paura che nel suo nervosismo avrebbe manifestato i suoi poteri su di lui. Era cresciuto, negli ultimi otto anni. Era cresciuto molto. Ora aveva i capelli castani, come la madre, e lunghi. Gli arrivavano alle spalle. Come il fratello era magro, ma decisamente più basso. Eppure ormai era un uomo. Un uomo maturo, vaccinato, come diceva sempre suo padre quando lo presentava ad amici e parenti. Tuttavia in quel periodo, se la faceva sotto anche solo pensando di dover bussare alla porta del fratello.
Quindi se ne stava lì da mezz'ora, come un pollo, cercando di decidersi. Alla fine chiuse gli occhi, alzo il pugno e bussò. Nessuna risposta. Vernon si sentì enormemente sollevato: Jo non era in camera, e probabilmente neanche in casa. Avrebbe aspettato il suo ritorno per parlargli. Si voltò pensando di chiamare un suo amico e uscire, tirando fuori il suo IPhone13.
"Avanti." disse la voce di Jo oltre la porta. Vernon si voltò rassegnato ed entrò. "Pensavo te ne fossi andato." gli disse il fratello, ancora sdraiato sul letto, questa volta a fissare il soffitto bianco. "Infatti, stavo per farlo." rispose Vernon con un sospiro angosciato. "Non so che fare, Vern. Da quando è arrivata quella lettera continuo a tormentarmi. Non so in che Casa verrò smistato e ho paura di non essere all’altezza di nessuna." Vernon rimase un po' spiazzato. Cosa ne sapeva lui, di Smistamenti e cappelli parlanti? “Non credo di essere la persona migliore per discutere su questo.” Osservò. “Beh, sì invece: sei l’unico sotto i trent’anni oltre a me, sei cresciuto nel mondo magico e quindi in questa casa sei l’unico con cui io possa discutere su questo.” Il ragionamento non faceva una piega, quindi Vernon si costrinse a sedersi sulla sedia della scrivania. “Bene, allora. Non mi sembra di avere scelta.” “No, in effetti.” Rimasero in silenzio per qualche minuto. “Uhm… come si fa? Tu mi dici cosa ti preoccupa e io ti dico che andrà tutto bene?” chiese allora Vern. Jo scosse la testa: “C’è niente nella tua esperienza personale che possa aiutarmi a superare questo drammatico momento della mia vita?” chiese. Vernon ci pensò su un momento. Cosa c’era che davvero avrebbe potuto aiutare Jo? Niente come Hogwarts si era mai presentato al suo orizzonte, quindi poteva solo scegliere qualcosa di valenza inferiore. “A tredici anni, quando ho cominciato il liceo, ero terrorizzato.” Cominciò, risvegliando l’attenzione del fratello. “Pensavo che sarei sicuramente finito nella classe peggiore oppure in quella migliore, e quindi in entrambi i casi avrei sofferto per quattro anni1. Il primo giorno di scuola quando sono entrato in classe quello che è visto sono stati tutti quei ragazzini che si conoscevano appena e che erano spaventati quanto me. Allora mi sono seduto vicino a uno di loro, e piano piano abbiamo cominciato a parlare. Dopo quel giorno tutto è andato di bene in meglio.”
Finì di raccontare. Suo fratello lo fissava con occhi concentrati. “Non mi ricordo di te terrorizzato. Semplicemente non ti ho mai visto così.” “Oh, sì invece! Avevi otto anni, mi ricordo che avevi paura che potessi tirarti un mal rovescio se mi avessi parlato.” Il ragazzino annuì. “Quello lo ricordo. Ma di te terrorizzato non ricordo nulla.” Vernon lo guardò perplesso. Come era possibile che non si ricordasse delle sue notti insonni? “Non ti ricordi di quante volte ho fatto su e giù dalle scale la notte?” chiese. “La notte dormivo, evidentemente.” “Wow. Che sonno pesante che dovevi avere! Quelle scale cigolano peggio che l’inferno” Jo alzò le spalle.
“In ogni caso tutto questo ti dà un’idea di quanto potresti sentirti esattamente come gli altri undicenni?” chiese Vern. Jo annuì ancora pensieroso.

Il giorno dopo Jo era decisamente più rilassato del solito. Sembrava non aspettasse altro che vedere i suoi cugini e infatti quella sera - perché ormai le feste di compleanno si erano ridotte a semplici cene - salì in macchina tutto contento e tirato a lucido. Aveva pettinato i capelli, che era diverso tempo che andavano dove volevano, si era vestito con dei pantaloni neri di pelle finta, una giacchetta e una maglietta bianca con il simbolo dei Ballycastle Bats stampato sul petto. "Non potevi essere un po' più elegante?" chiese sua madre vedendolo arrivare vestito in quel modo. “È la moda, mamma. Se mi vestissi in modo diversi farei un piacere a James, e non voglio proprio che mi prenda in giro tutta la sera." Julia alzò gli occhi al cielo lanciando uno sguardo irritato alla felpa di Vernon – gentilmente regalatogli dallo zio George quando si era complimentato per il prodotto - con le lettere che continuavano a spostarsi formando ripetutamente le parole ‘MANGIAMORTE’ e ‘MANGIO TARME’.
"Allora, pronti a godersi la serata?" chiese Dudley, trattenendosi a fatica dall'aggiungere 'finalmente'. Quando tutti assentirono con entusiasmo avviò il motore.
Arrivarono in dieci minuti, come sempre. Bussarono, venne Albus ad aprire, con una faccia decisamente diversa rispetto alla prima volta che li aveva accolti, otto anni prima. Ora, ogni volta che Albus apriva la porta e vedeva i Dursley, esplodeva di gioia tirandoli dentro. Si accomodarono in salotto a parlare. "Ciao ragazzi.” Salutarono sia Jo che Vernon vedendo gli altri due Potter junior seduti nel salotto. Lo zio Harry entrò dalla cucina sentendo le voci "Giusto, i Dursley. Avrei dovuto immaginarmelo. Benarrivati.” Salutò mettendo giù uno straccio che nel frattempo tornò lindo. “Jo, allora, sei pronto per la scuola?" chiese al ragazzo. “Un po’ nervoso, ma nel complesso ce la posso fare.” “Ma certo che ce la farai! Se c’è riuscito Al a non morire il primo giorno di scuola—” commentò James. Il fratello gli tirò una gomitata. “Ero solo un po’ emozionato.” Brontolò. “A me più che altro sembravi nauseato, ma il tappeto della cucina sa la storia meglio di me.” Rispose James sempre più divertito. “In effetti qualche dettaglio lo ricordo anch’io. Soprattutto ricordo di non aver finito la colazione per via della puzza.” Commentò Jo cercando di dare man forte a James. “Sì, è molto divertente che tu e James andiate così d’accordo. Se non fosse che avete nove anni di differenza.” Osservò lo zio spiando fuori dalla finestra. “Ah! Ecco qualcuno che potrebbe interessarti, Jo.” Disse. In quell’istante suonò il campanello e Jo fu mandato ad aprire.
“Benvenuti nella nobile casa di Harry James Potter, eroe della secon—” cominciò atteggiandosi come un maggiordomo, ma l’ometto che lo strinse gli tolse il fiato e non riuscì a continuare. “Sam! Non respiro!” disse con voce stridula per via della mancanza di aria. Suo cugino gli si staccò riluttante dallo sterno. Aveva solo sette anni, ma era alto quasi quanto lui, i capelli rossi alla Weasley con sfumature blu di qua e di là – sicuramente un’accortezza d’occasione. “Vedo che non hai ancora imparato ad apprezzare le mie manifestazioni di affetto.” Brontolò intrecciando le braccia al petto.
“Ciao Vic, ciao Teddy.” Salutò Jo con la mano. “Lo zio Ron ti farà nero.” Osservò Victoire indicando la sua maglietta. “Saluto io per tutti e due, Jo.” Teddy entrò nell’ingresso e appese la giacca di pelle nera all’attacca panni. Anche lui aveva dato ai suoi capelli delle belle sfumature complementari.
Teddy e Victoire si erano sposati qualche mese dopo l’ingresso dei Dursley in famiglia, e Sam era una delle ragioni: da quanto era riuscito a capire, il giorno dopo aver scoperto che Victoire era incinta, Teddy si era presentato con un anello e la sua proposta, alla quale lei aveva risposto sì.
“Sala giochi.” “Eh?” “Sala giochi, ora.” Ripeté Sam. “Subito, piccolo dittatore.” Rispose Jo facendo il saluto militare. “Sam, guai a te se diventi un misto di Lily e Lucy!” lo sgridò sua madre con occhi diabolici. Sam sospirò: “Ovviamente, mamma.” Teddy costrinse Victoire a entrare nel salotto, così che Sam potesse trascinare Jo in sala giochi.
Arrivati lì rimasero sulla soglia per decidere il divano sul quale avrebbero dovuto sedersi. Rispetto a otto anni la sala giochi era decisamente cambiata. Il soffitto non era più di vetro verde, ma di legno chiaro, che dava alla stanza un aspetto più grande di quello che già era. Al centro del pavimento in piastrelle c’era un tappeto circolare con tanti piccoli personaggi che volavano su manici di scopa lungo tutto il perimetro, a volte scontrandosi tra di loro. Gli scivoli di plastica e la casetta in legno di Lily – teoricamente da giardino – erano stati sostituiti da cinque divani in pelle: uno era nero, gli altri portavano i simboli e i colori delle quattro case di Hogwarts. Dei tavolini erano disposti agli angoli e sulle pareti erano appese le foto incorniciate di ogni membro della famiglia, a formare un enorme albero genealogico. Quando aveva chiesto il perché di quell’abominio a suo zio Harry, lui aveva risposto a Jo che era una vecchia usanza della famiglia Black e che l’aveva attuata in memoria del suo padrino Sirius. Un enorme libreria – apprezzata sia da Albus che da Rose – era appoggiata al muro dell’entrata.
Decisero di sedersi a uno dei tavolini adornati con candele che non si consumavano mai e Sam estrasse un foglio scritto alla bell’e meglio. “Queste sono alcune idee.” Disse porgendolo a Jo. “Sfida 2023” lesse Jo. E aprì la bocca ricordandosi all’improvviso della lettera che Sam gli aveva inviato una settimana prima ricordandogli del ‘grande impegno’ - come lo aveva definito lui - che gli era affidato quell’anno. “Te n’eri dimenticato! Lo sapevo!” esclamò indignato il cugino. “Sono un po’ scombussolato in questi giorni, Sam, e tu lo sai. Come pretendevi che mi ricordassi della Sfida?” Sospirò l’altro mettendo giù il foglio “Esponi le tue idee, prego.”

La cena di zia Ginny fu ovviamente deliziosa. Le pietanze preferite di Albus furono servite in dose sostanziosa e Jo si ritrovò a ringraziare il cielo che non avesse i gusti orribili di Lily perchè la festa di quest’ultima era stata molto meno soddisfacente, in fatto di cibo. Dopo la gigantesca torta di lamponi e la meringata tutti si trasferirono sui comodi divani del salotto o della sala giochi a digerire felicemente mentre le stoviglie sporche volteggiarono allegramente fino alla lavastoviglie o a impilarsi sul tavolo della cucina. Sam lasciò a tutti addirittura ventidue secondi per accomodarsi prima di saltare su una sedia e gridare: “SFIDAA!” secondo la tradizione. Jo non aveva ancora capito come, ma a quel segnale la famiglia diventava un unico corpo: tutti si alzavano, qualcuno faceva levitare il tavolo lungo il muro e automaticamente lo zio George - l’unico autorizzato a conoscere la Sfida in anticipo in caso di aiuto magico - faceva apparire tutto il necessario al centro della stanza. Sam doveva aver urlato abbastanza forte, perchè tutti i ragazzi che erano in sala giochi arrivarono di corsa e si disposero in riga dietro al lungo tavolo comparso in quel momento.
“Molto bene.” cominciò Sam con voce autoritaria mentre Jo si assicurava che ci fossero abbastanza sedie “La Sfida di quest’anno è—” Lo zio George diede un colpo di bacchetta e da una delle credenze di zia Ginny uscirono quattordici piatti pieni di hot dog fumanti. “Una gara a chi mangia di più!” finirono insieme Jo, Sam e James – quest’ultimo affascinato. “Ci sono trentacinque hot dog in ogni piatto, una volta cominciata la gara bisogna finirla, quindi chi non ha più spazio nello stomaco si tiri indietro adesso, o potrebbe rimanerci per giorni.” spiegò Jo gonfiando il petto come un presentatore televisivo. Lucy fece girare gli occhi e corse a sedersi. Anche Victoire sembrava indecisa e quando andò a sedersi ricino a sua madre ricevette un’occhiataccia da Sam.
“Bene” disse quest’ultimo “Prendete posto, prego. Il primo a finire vince una riserva per un mese di dolci TiriVispi Weasley.” Tutti si sedette veloci come schegge. “Pronti, partenza, via!”

La serata era finita nel complesso bene: James aveva vinto la Sfida e l’aveva rinfacciato a Roxanne e Fred finchè non se n’erano andati – tanto loro potevano avere tutti i dolci che volevano, ma James non pareva capirlo – e come sempre i Dursley erano rimasti gli ultimi, insieme alla famiglia Lupin. Teddy chiacchierata allegramente con Dudley, mentre Vernon discuteva di qualcosa di apparentemente serio con Harry. Jo era seduto ad osservare divertito Sam che discuteva con sua madre per la questione della Sfida, quando Julia si sedette vicino a lui. “Stai bene?” chiese passandoci una mano dietro alle spalle. “Molto meglio, se è questo che intendi.” “Sono contenta che ti sia rilassato un po’, cominciavo a preoccuparmi.” Jo si appoggiò alla spalla della madre sentendosi stanco. Era come se lo stress dei giorni precedenti gli avesse lasciato addosso un peso che solo una bella dormita gli avrebbe rimosso. “Già, anch’io.” rispose, e continuò a osservare la scena del salotto.

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1In Inghilterra il liceo dura solo quattro anni, il quinto è facoltativo.
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14-10-2017
Buonasssera!! Bene, ho finito di revisionare anche questo capitolo, e devo dire che più che altro ho dovuto riscriverlo. Mi spiace taanto averlo fatto, ma era decisamente illeggibile (sequenze troppo lunghe, concetti sottintesi e incapibili...). Vi faccio qui sotto la lista di quello che ho cambiato radicalmente:

  1. Ho pensato che prima sembrava che Julia si lavasse le mani dei problemi di suo figlio, quindi ho deciso di renderla più materna.
  2. Ho voluto enfatizzare la differenza di età tra Jo e Vernon, perchè hanno sempre e comunque cinque anni di differenza, ma non credo di esserci riuscita appieno ~ consigli per favore.
  3. Ho cambiato il nome del figlio di Victoire e Teddy (da Sammy a Sam, per chi leggera i capitoli più avanti) perchè Sammy sembra più un diminutivo che un nome vero e proprio.
  4. Questo cambiamento non incide per niente sull'andatura della storia, ma mi sono divertita ad attuarlo. Ho pensato che dopo otto anni la sala giochi non potesse più essere piena di giochi, che in ogni caso James, Albus e Lily sono cresciuti e che quella stanza è 'cresciuta' con loro. Quindi l'ho resa più simile a una Sala Comune di Hogwarts.
​Questi sono più o meno i punti che hanno dato un volto diverso al capitolo, e spero apprezzerete ~ se non è così commentate ~ quindi buona giornata a tutti.
TechnoCiek

 
   
 
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