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Autore: Ria    11/03/2009    3 recensioni
[...] Perché io, non l’ho mai detto a nessuno, ma… Io non ho mai, nemmeno per un istante, dimenticato… Non merito assoluzione.
Una storia un pò diversa, per capire che a soffrire non sono solo i "buoni", la storia vista con gli occhi del "cattivo", che avrà anche lui da dire la sua verità. E mostrare il suo cuore.
Prima Spin-Off sulla mia FanFic "Psaico", leggete e recensite mi raccomando ^o^
Introduzione modificata per doppio tag br.
Charlie_2702, assistente admin
Genere: Malinconico, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Insomma, Alfa, mi stai ascoltando

BUONASERABUONASERABUONASERAAAA XDDD!! Oddio, non dovrei proprio ridere, visto che non aggiorno da + di un anno! Chiedo umilmente perdono a chi aspettava il seguito de “La storia dello Sciacallo”, ma purtroppo tra università, esami e mancanza d’ispirazione la fanfic è rimasta arenata.

Finalmente (e grazie anche a chi ha commentato) sono riuscita a concludere questa prima Spin-Off su “Psaico”. Dico prima xkè, come avevo già accennato nello scorso cap, probabilmente ce ne saranno altre (una è già in cantiere assieme ai nuovi cap di “Diaries” che – spero ^^””! – di riprendere al + presto in mano) ma purtroppo non so dire quando. Prometto solo d’impegnarmi, come ringraziamento a tutti quelli che hanno apprezzato il mio lavoro, a cui mando un bacione grande grande ^o^!

Vorrei ringraziare, prima di lasciarvi al cap:

kuro_neko93: un ringraziamento speciale va alla piccola kuro_neko, che mi ha davvero emozionata con la sua mail (davvero hai letto Psaico 8 volte?! E dire che io nn sn ancora riuscita a convincere una certa persona – Jolly Mask stranutisce – a leggerla per intero xD!) e mi ha incoraggiata a continuare. Scusami, avevo promesso di aggiornare molto prima, ma purtroppo ho passato un brutto periodo con l’università, e non sono riuscita a concentrarmi. Cmq, eccomi qua ^o^!

Siana: spero che la tua curiosità sia soddisfatta ^^!

Ametista: davvero era il tuo pers preferito? Non l’avrei mai detto, mi sembrava non piacesse proprio anzi xDD! Beh, se allora ti piace tanto, spero che con questo cap ti piaccia ancora di +!!

Lenn Chan: tessshooooraaa *-*!! Dato che siamo sempre entrambe ultra-lente ad aggiornare (-__-) non mi sgriderai del ritardo, ero ^^”””? anch’io nn vedo l’ora di leggere qualcosa nuovo di tuo, aspetto nuove! E tu aspettane di mie xD…

Credo di aver detto proprio tutto ^^. Vi lascio alla lettura, ci vediamo ancora in fondooo!

 

 

 

- Insomma, Alfa, mi stai ascoltando?!

Il brunetto si voltò distrattamente, mandando un verso nasale non ben definito con fare interrogativo.

- Ma dove hai la testa?!

- Da nessuna parte Margot – ribattè scocciato – lasciami stare dai…

- Ma come, non sei arrabbiato di dover fare squadra con quella ragazzina nuova?! – sbottò lei – Io sarei furiosa! È talmente odiosa, insopportabile…!

- Chi è che è insopportabile?

Una voce innocente alle loro spalle fece sobbalzare Margot come se l’avesse morsa un insetto; Alfa, che l’aveva ascoltata fino ad all’ora distrattamente, la osservò agitarsi e voltarsi con un luminoso ed imbarazzato sorriso.

- Shiro… Shiro-san! – esclamò con aria impacciata. Il brunetto dietro di lei grugnì soltanto.

- Non stavi mica parlando di me? – continuò con una risata gentile Shiro.

- No…! No, io… Parlavo di… Di… - si morse il labbro senza aggiungere altro.

- Va bene, non importa. – sorrise ancora – Alfa, il signor Kuroi ti sta cercando, dobbiamo cominciare l’allenamento.

- See… - di malavoglia si alzò, affiancandosi all’altro ragazzo che, fatto un cenno di saluto a Margot, gli trotterellò dietro con fare gioviale.

- Ci vediamo !

- Sì… - la morettina salutò un po’ mesta, stiracchiando un sorriso – Ci vediamo…

 

Da quando Midori e le sue amichette erano arrivate era trascorso un anno.

Un anno durissimo, che aveva cominciato a trasformarle lentamente, ma non ancora radicalmente. Non sapevo come Shiro, che doveva allenare le altre due, le trattasse; dal mio canto, benché gli allenamenti fossero duri, non mi accanii mai contro di lei, come invece facevano Gamma o Delta coi loro “protetti”.

Ma quello che davvero non sapevo, e che invece avrei dovuto capire subito, erano quei legami che nascevano, indistruttibili, che quell’inferno non aveva ancora cancellato.

 

Affetto. Come quello profondo che quel mocciosetto di Omega sentiva per la cinese, Ruka, che avrebbe difeso a qualunque costo… A qualunque prezzo…

Gelosia, quella di Margot, per l’unica persona che mai l’avesse difesa, che mai si fosse preoccupata per lei…

Amicizia. Segreta, nascosta. Solo mia e di Midori, che sentivo forte e piena di calore a sostenermi, a darmi forza.

Di tutto questo riuscivo ad intuirne l’esistenza, ma per me, che non avevo mai ricevuto alcun tipo di premura, era difficile capirne le differenze e quasi impossibile capirne l’intensità.

Per questo, non riuscivo a capire…

 

- Che stai aspettando Alfa? – ancora una volta, Shiro spronò il suo piccolo compagno con aria allegra – Se facciamo tardi sono guai!

L’altro annuì con un cenno. Mentre Shiro si avviava nel corridoio non smise un istante di guardarlo pensieroso, le iridi verde scuro piantate sulla schiena dell’altro.

 

Diversi.

Ecco ciò che eravamo. Diversi.

Da subito riuscivo ad intuire il divario tra di noi dato dall’età. Io avevo ancora tredici anni, lui quindici da qualche mese e stava diventando un uomo: era alto, magro, con quella frangia perennemente troppo lunga; il viso iniziava ad indurirsi con eleganza nei tratti, anche se possedeva quell’imperterrita, irritante allegria che non capivo.

Forse è stata quella che lo rendeva così…?

Rassicurante, gentile, affettuoso.

Da quello che vedevo nelle altre persone, quando uscivo dalla base, era normale che tra fratelli o gruppi di maschi i più piccoli provassero ammirazione mista a rivalità per i più grandi e, forse, anch’io ne ero affetto; del resto, nonostante tutto, lì dentro era l’unico mio superiore, per età, per cui non provassi odio o disprezzo.

 

Così, ogni volta, mi ritrovavo a quel modo.

A fissare la sua schiena che se ne andava avanti, da sola.

Senza fermarsi.

 

I nostri due gruppi so allenavano assieme per ordine del capo. Non mi chiesi mai il motivo, solo oggi, riflettendo su tutto, comprendo il piano di quel maledetto.

Non mi chiesi mai neppure perchè, quando incontrava Midori, il sorriso di Shiro si facesse più dolce.

Non capivo…

Io… Fin dal principio, non avevo capito nulla…

E quello fu il mio primo, madornale errore…

 

*---

 

Con un sospiro profondo, Alfa smise di raccontare, appoggiandosi allo schienale con aria stanca.

- Tutto bene?

- Sì… - fece a bassa voce, tenendosi la fronte – Sono solo un po’ stanco…

- E’ meglio se dormi un po’. – annuì Hitoshi deciso alzandosi dalla sedia – Ti lascio riposare.

Alfa assentì distrattamente con la testa, mentre il giapponese usciva. Quando la porta si chiuse il brunetto sospirò, ridacchiando amaro, certo aveva un talento innato per le frottole!

Si sdraiò sul cuscino premendosi una mano sulla fronte e sospirò di nuovo, chiudendo gli occhi.

 

Ormai me lo ricordo…

Lo sbaglio peggiore… E’ stato dopo…

E da nessun’altra parte…

 

Premette la mano con più forza, come se volesse soffocare il pulsare incessante che gli martellava la testa. A quanto pareva la stanchezza era arrivata sul serio…

 

Nessuno lo deve sapere…

Non voglio raccontare…

 

Non voglio pensare…

 

Non voglio pensare… A quel giorno…

Quando… Ho scelto per il destino di tutti e tre…

 

*____________

 

Hitoshi si sedette in perfetto silenzio alla scrivania, poggiando con un sospiro i gomiti su di essa e mettendo i pugni sotto al mento.

Guardò di sottecchi la vecchissima foto di famiglia che teneva nell’angolo vicino al portaoggetti e ridacchiò un po’ rassegnato, se Takao avesse scoperto che offriva ospitalità e chiacchierava amabilmente col famigerato Alfa, lo avrebbe disconosciuto a vita!

Scosse la testa, non aveva tempo di pensare alle paturnie del suo fratellino: in quella storia c’erano molte cose da capire e lui voleva arrivare fino in fondo.

“Non sempre le nostre scelte sono dovute alla nostra unica volontà … - pensò, mentre accendeva il PC portatile – Più ci rifletto, più mi convinco che se non ci fosse stato quell’uomo, Kuroi, molte cose non sarebbero successe…”.

Smise di riflettere e, afferrato il mouse, prese a cercare qualcosa nelle cartelle; dopo qualche istante sullo schermo si aprì un file, una foto patinata e sorridente a guardarlo affiancata da una lunga serie di dati e, in cima, un nome:

 

Margot Kinsel

BBA File n. 057-345

 

- Ho fatto bene a salvarlo dopo il PSO Tournament… - fece Hitoshi tra sé e sé – ora vediamo se…

Con velocità battè le dita sulla tastiera accedendo all’archivio della BBA (non era molto ortodosso farlo senza permesso ufficiale, ma del resto lui ora era un membro importante della BBA e si poteva chiudere un occhio)  iniziò a cercare freneticamente tra l’interminabile lista di file.

“Se quel ragazzo era un loro membro, potrebbe aver partecipato a qualche torneo… - corrugò le sopracciglia ansioso – Mi basterebbe un solo incontro e riuscirei a trovarlo…!”.

Un bip improvviso lo fece sobbalzare, il computer aveva trovato qualcosa. Con un po’ di preoccupazione e un sorriso, aprì il file vittorioso:

 

Shiro Hirotaka

BBA File n. 007-241

 

*____________

 

Appena i suoi occhi verdi si chiusero piombò in un sonno pesante ed agitato. Ben presto la sua fronte cominciò a bagnarsi di sudore e dalla bocca iniziarono ad uscirgli mozziconi incomprensibili di parole,  sussurri forse più simili a pensieri tanto erano mormorati, mentre lui si rigirava nel letto, anche quella notte senza pace.

 

Ancora quella luce che non posso toccare.

Ancora la tua accusa contro di me.

 

Per quanto tempo…

Per quanto ancora… Mi tormenterai…?

Quanto ancora…

Quanto…Dovrò vedere…?

 

Ancora…

Quegli occhi che mi fissano…

 

Sangue… Occhi e lacrime…

Sguardo senza paura…

Insanguinato…

 

Sguardo colmo di paura…

Odio…

 

Per quanto ancora…

Perché io, non l’ho mai detto a nessuno, ma…

Io non ho mai, nemmeno per un istante, dimenticato…

 

Non merito assoluzione.

 

*---

 

- Alfa?

Quando Kuroi entrò nella sua stanza, senza alcun preavviso, era già sera. Il brunetto, alla sua vista, si era rizzato in piedi, inchinando appena la testa in segno di saluto.

Aspettò che l’uomo parlasse, ma non successe nulla: restò a guardarlo serio, quasi accusatorio, facendogli poi segno di seguirlo.

Il ragazzo, un po’ nervoso, gli andò dietro senza dire nulla, domandandosi se avesse fatto qualcosa di sbagliato; spulciò mentalmente e meticolosamente le sue azioni della giornata, ma non ci trovò nulla di strano e lo stesso in quelle della sua allieva, di cui era responsabile.

Avrebbe voluto chiedere qualcosa a Kuroi, ma aveva paura e non fiatò.

Continuarono a camminare fino all’ufficio dell’uomo. Lui aprì la porta ancora in perfetto silenzio e fece cenno al ragazzo di entrare: questo trotterellò dentro un po’ irrigidito, non gli piaceva restare da solo con quell’uomo, aveva come… Un’aura sinistra attorno.

-Bene, Alfa. – esordì all’improvviso; il brunetto si drizzò sulla schiena e aspettò continuasse, ma lui si mise a passeggiare per la stanza con le braccia dietro la schiena – Bene, bene…

- … Voleva… Voleva qualcosa signore? – mormorò alla fine impercettibile.

Kuroi si fermò di colpo e Alfa trattenne il fiato, irrigidendosi. Vide l’uomo voltarsi appena e guardarlo da sopra la spalla, quindi avvicinarsi al computer che troneggiava sulla scrivania.

- Osserva.

Alfa non vide lo sguardo maligno. Non notò l’aria soddisfatta del suo carceriere, nulla. Vide solo lo schermo venir voltato verso di sé, quindi accendersi fiocamente su una stanza all’apparenza vuota.

- Ma questa…

- Shhh. Guarda.

Era la stanza di Midori. Alfa la fissò in silenzio qualche secondo, gettando uno sguardo confuso all’uomo, ma questi non si scompose minimamente, né spiegò come mai in uno degli alloggi dei suoi ragazzi ci fossero delle telecamere: per quanto Alfa sapesse, Kuroi non si prendeva certo l’impegno di controllarli anche mentre dormivano. Fu il rumore degli altoparlanti a far riportare l’attenzione del ragazzo allo schermo.

Qualcuno era entrato nella stanza.

- Shiro nii-chan(*)! – la voce sussurrata della ragazzina, ascoltata attraverso i microfoni, suonava distorta, falsificata all’orecchio confuso di Alfa – Allora?

- Ho buone notizie. – fece lui con aria cospiratrice – Sono riuscito ad esplorare completamente il passaggio. Ormai è tutto pronto!

- Sul serio?! – Midori saltò in ginocchio sul letto, protendendosi verso Shiro, che ridacchiò:

- Ho già dato la notizia a Ru-chan ed Eve-chan. Scapperemo domani notte.

La ragazzina lanciò un urletto, che soffocò istantaneamente serrandosi la bocca con entrambe le mani, senza però riuscire a frenare l’entusiasmo e continuando a muoversi freneticamente sul letto.

- Ah, giusto! – esclamò poi – Devo anche avvert--

La trasmissione fu interrotta. Kuroi si mosse lentamente dalla sua posizione, le braccia incrociate dietro la schiena, ed osservò soddisfatto il suo operato.

Alfa non parlava. Se ne stava immobile con le mani appoggiate alla scrivania su cui troneggiava il monitor, lo sguardo basso e perso chissà dove.

- So bene che ti stavi affezionando a quella ragazzina. – disse Kuroi con tono paterno – Ma, come puoi vedere, lei non la pensa allo stesso modo.

Alfa non rispose.

- E’… Comprensibile che voglia tornare a casa. – continuò – Qui gli allenamenti sono duri, ed essere lontani dalla propria casa è difficile. Ma qui noi, stiamo lavorando ad un progetto fantastico! – disse con tono dolce – Tu lo sai questo, vero Alfa?

Lui si limitò ad annuire.

- Non devi fartene una colpa. – disse Kuroi, stringendogli con fare consolatorio una spalla – Purtroppo, ci sono persone al mondo che non sono in grado di provare affetto vero. Forse con qualcuno, ma non sono dotate di quella gentilezza che accomuna le persone buone.

 

Basta, ‘sta zitto…

 

- Come lei. Ti ha venduto la sua amicizia per pietà.

 

Non lo ascoltare… Taci… Taci…

 

- Ti ha rifiutato. Come tua madre.

 

STAI ZITTO!!

 

Alfa si liberò della stretta dell’uomo e scappò in corridoio.

Corse a più non posso senza nemmeno guardare dove fosse diretto, sbattendo un paio di volte contro gli angoli dei corridoi; rovinò per terra con un tonfo sordo investendo un cassonetto dell’immondizia, ma non si lasciò nemmeno andare completamente a terra e, quasi disperato, assecondò la spinta per tirarsi su e arrancò ancora, tirando un calcio al bidone colpevole.

Non seppe quanto tempo e come riuscì a raggiungere la sua stanza; quando ci fu di fronte spalancò la porta così forte da far tremare i cardini, e si abbandonò esausto sul pavimento.

Il silenzio gli perforava le orecchie. Tutto l’edificio sembrava cristallizzato, in una morsa ghiacciata che gli impediva di riprendere fiato, mentre inspirava faticosamente piccole boccate d’aria, il cigolio sordo della porta ad accompagnare quel pulsare sconnesso. Gli tremavano le braccia.

 

Ti ha venduto la sua amicizia per pietà.

 

- Non è vero.

 

Ti ha rifiutato. Come tua madre.

 

- No…

Ma la realtà dei fatti gli si mostrava evidente davanti agli occhi come un film dell’orrore che non voleva vedere, ma da cui non riusciva a distogliere lo sguardo.

L’unica persona che lo avesse accettato.

L’unica che avesse mai ammirato.

 

Mi hanno abbandonato.

 

Il Bit-Power dello Sciacallo brillò un istante al suo fianco. L’animale ringhiò cupamente, facendo per avvicinare la testa alla spalla del padrone, ma poi sembrò cambiare idea: guaì impercettibilmente e, con aria quasi delusa, abbassò il muso e scomparve.

Alfa, quasi non l’avesse visto, alzò lentamente gli occhi di fronte a sé, l’aria furente.

 

Qualcosa si è spezzato.

 

 

 

- Molto bene. – disse Kuroi con un sorriso soddisfatto – Se questa è la tua opinione, direi che possiamo passare a nuove direttive.

Alfa annuì appena. Gamma e Delta, alle sue spalle, si scambiarono occhiate in tralice, ancora un po’ frastornati.

Quando quella mattina Alfa era entrato come un bulldozer nella loro stanza, urlando di alzarsi e squadrandoli con aria omicida, quasi non l’avevano riconosciuto, e tanto era bastato per farli obbedire senza proteste; Kuroi, invece, era sembrato contentissimo, ancor più quando aveva sentito il rapporto del ragazzino.

- Bene. – ripetè l’uomo – A seguito del loro tentativo di fuga, ordino che Shiro Hirotaka, Midori Takamura, Rin Ruka ed Eveline Yoshiji siano puniti; inoltre, queste ultime due verranno tolte alla custodia di Hirotaka e riassegnate agli agenti Gamma e Delta. Tutto chiaro?

I tre annuirono con decisione; sul viso di Delta e Gamma, a quella notizia, si dipinse un sorrisino compiaciuto. Alfa restò immobile.

- Andate ora. E non deludetemi.

I ragazzi uscirono. Una volta in corridoio, Delta si portò le braccia dietro la nuca, ghignando:

- “Non deludetemi”, lo dice sempre, ma è cretino?! Come facciamo a deluderlo, è una delle cose più semplici!

- Ed è pure divertente… - si aggiunse Gamma.

Alfa non li guardò neppure.

I suoi occhi verdi continuavano a puntare dritto di fronte a sé, taglienti come lame, e non si scostarono mai se non per un istante, quando percepirono un piccolo movimento da un corridoio laterale.

Margot lo fissò, l’aria allarmata, e lui rispose semplicemente con un ghigno.

 

 

Ricordo ancora le lame che ronzano, come uno sciame impazzito.

 

Ricordo le loro facce, sorprese, guardinghe.

Speranzose.

Ricordo come mi sono sentito gonfiare il petto, all’idea di distruggere quella speranza.

 

Come un vetro che s’infrange.

 

Non c’è speranza qui dentro.

Ormai l’ho imparato.

 

Ricordo l’odore dell’MK-57 che mi entra nei polmoni fin quasi a darmi allo stomaco.

Ricordo come ho lanciato Sciacallo cercandoti, famelico, rabbioso.

Come una bestia affamata e ferita.

Crudele.

Senza ragione.

 

Ricordo la ferita del tradimento che sentivo pulsarmi dentro, bruciando come il fuoco.

 

Non ho mai chiesto la tua amicizia.

Me l’hai concessa.

E l’hai tradita.

Null’altro volevo se non sapere che, ovunque fossi andato, qualunque cosa fosse successa, avrei comunque trovato qualcuno che mi avrebbe ascoltato.

Che mi avrebbe accolto.

Come te e le tue maledettissime amichette.

 

Non sapevo la verità.

E desiderai solo distruggerti.

 

Proverai quel che ho provato io.

 

Nessuna speranza.

 

 

Quando Gamma e Delta le riportarono nella loro stanza, Alfa non si mosse.

Come pietrificato restò in piedi, immobile, guardando distrattamente Sciacallo che ruotava solitario nel mezzo della stanza deserta. Lo raccolse dopo alcuni minuti, spandendo via col dito quelle poche gocce rosse che ne sporcavano il disco d’attacco.

Sangue.

Odiava il suo odore. Metallico, amaro.

Ma ne adorava il colore. forte, vivo.

Vendicativo.

Restò di nuovo fermo. Ora che la ragazzina era stata punita, mancava solo lui.

E sapeva che sarebbe arrivato.

 

Quando Shiro aprì la porta sembrò fosse esploso un tuono, dato il botto che riecheggiò nell’aria immobile.

Il quindicenne lo fissò furente, col fiato corto, la mano stretta attorno al suo bey.

- Che cosa hai fatto?!?

Urlò con quanta aria gli restava, entrando nella stanza con passo da mitragliere. Alfa non si mosse.

- Fatto cosa? – sussurrò velenoso.

- PERCHÈ IL MARCHIO?!? – urlò ancora – Le hai legate qui… LE HAI CONDANNATE QUI!!! Perché?!?

- Per accusa – continuò l’altro, lentamente – di tradimento e tentata fuga.

- Cos…?!

- La stessa accusa che hai tu. Vi ho visti nella registrazione del signor Kuroi.

Caricò Sciacallo con lentezza esasperante, mentre Shiro stringeva i pugni:

- Non essere stupido! Non capisci che Kuroi ti ha ingannato?!

- Non mi sembra ci fosse molto da ingannare.

- Perché allora fai così?!? – sbottò sarcastico – Micchan stava per venirti a chiamare!

Alfa si bloccò un istante, il caricatore a mezz’aria. Lo fissò confuso:

- Che vorresti dire?

- Pensavi ti avremmo lasciato qui?! – continuò – Micchan ti avrebbe…!

- STA ZITTO!!!

Shiro si ammutolì, guardandolo.

- NON DIRE UN’ALTRA PAROLA! NON DIRE UNA SOLA SILLABA!!

 

Non voglio ascoltare.

Basta mentire.

Basta…

 

Non mente.

 

Basta bugie.

 

- NON VOGLIO PIU’ SENTIRTI!!

Shiro gli rivolse uno sguardo amareggiato. Si domandò come avesse lavorato su di lui Kuroi, cosa avesse provato quel ragazzino prima di giungere lì, per arrivare a quel punto.

- Mi dispiace, Akira.

Alfa si bloccò. Solo un istante.

Poi, fomentato da un’altra ondata di rabbia, lo fissò con aria inceneritrice, emettendo inconsapevolmente un’onda mentale tale che Shiro strisciò alcuni metri sul pavimento polveroso.

- NESSUNO DEVO MAI PIU’ CHIAMARMI COSI’!!!

Lanciò Sciacallo a mezz’aria, puntando al viso del ragazzo, ma Shiro fu abbastanza svelto da intercettarlo col proprio, e i due bey finirono al suolo, ruotando uno di fronte all’altro.

Alfa si acquetò un momento, fissando il design perfetto di quella trottolina bianco candido dalle striature nere e celesti, il nome argenteo inciso sulle ali del disco d’attacco.

Shallow. Rondine.

- Mi dispiace – ripetè Shiro - … Ma se le cose stanno così, non mi resta che costringerti a lasciarle andare. Con la forza.

Alfa sogghignò.

- Così va meglio.

 

Distruggere.

 

Per più di dieci minuti non mi resi conto quasi di nulla.

Quell’unico verbo sembrava essere la sola cosa logica che la mia testa riuscisse a connettere, e io lo seguivo.

 

Distruggi.

 

Distruggi.

 

Distruggi.

 

Volevo che sparisse.

Volevo annientarlo.

Volevo cancellare la sua immagine dalla faccia della Terra.

Perché era così?!

Perché per quanto lo ferissi, per quanto urlasse dal dolore, per quanto lo colpissi con ondate di terrore tali che avrebbero portato un adulto alla follia, perché si rialzava?!

Da dove trovava tutta quella forza?!

 

- Mi dispiace, Alfa… - ripetè Shiro con un filo di voce, stiracchiando un sorrisino spavaldo – Ma non posso permetterti di vincere…

Shallow, ormai, vacillava debolmente sul pavimento. Alfa strinse i pugni, furente, e lo guardò quasi assassino:

- Un traditore come te non ha alcun diritto di resistermi!!

- … Mi odi, Alfa?

Il brunetto si fermò, che domanda era?! Certo che lo odiava!

- Che cazzo vuol dire “mi odi”?!

- Se è me che detesti – sussurrò l’altro – sfogati su di me. Ma ti prego, lascia stare Micchan e le altre.

Alfa si lasciò sfuggire una risatina ironica:

- Ti stan simpatiche le mocciose, eh?!

- Sì.

La sua risposta e il suo sorriso calmo lo spiazzarono.

- Sono la mia famiglia. – continuò con un filo di voce – Una volta mi dicesti che io e te siamo completamente diversi, ma non è vero, non pensi?

- Che cavolo vuoi dire?!

- Anch’io avevo bisogno di qualcuno. E ho trovato loro. – sorrise ancora, incurante del sangue che un taglio sulla fronte gli faceva colare sul viso – Sono le mie sorelline. Gli voglio bene, e devo proteggerle a qualunque costo.

Alfa non gli rispose, un sentimento che non capiva, simile al rispetto, gli si stava insinuando nel petto, spaventandolo, e lui era troppo concentrato a respingerlo per replicare.

- E Micchan… Non l’hai capita bene come pensavi. – disse ancora, mentre il suo sguardo si addolciva come Alfa gli aveva visto fare altre volte – Lei non è capace di tradire qualcuno.

- Perché, tu che ne sai?!

- Lo so… Perché è la persona che amo di più al mondo.

Alfa sgranò gli occhi.

 

Continuare dritto per la propria strada.

Veloce.

Inarrestabile.

Come il volo delle rondini.

 

- E non ti lascerò vendicarti così.

- BASTAAAAAAAA!!!!!!!!!

 

 

 

L’urlo di dolore, l’ultimo, lancinante ed esasperato, di Shiro arrivò alle orecchie di Midori come lo schiocco di una pistola, paralizzandola sulla soglia: il suo amico, il suo migliore amico, rimasto per un istante in piedi, si accasciò in avanti, coperto di tagli e lividi, gli occhi stanchi, mentre Alfa, di fronte, lo fissava schifato, lo sguardo duro e il palmo aperto.

- SHIII!! – urlò lei, tremando – SHI’NII-CHAN!

Alfa la scrutò entrare traballando, il braccio su cui l’aveva colpita poco tempo prima ancora chiazzato dall’alone rossastro della ferita; tremava, segno che i suoi poteri, anche se erano indirizzati a qualcun altro, stessero già entrando in risonanza col veleno nella sua ferita.

- Shi! Ti prego, rispondi, Shi! – il ragazzo aprì appena le palpebre, scosso anche lui da brividi di paura e dolore.

- CHE GLI HAI FATTO?! – strillò Midori ad Alfa, gli occhi colmi di lacrime

- Mi ha sfidato, ma ero nervoso, non ci sono andato molto per il sottile. A dire il vero – sussurrò con sguardo pericoloso - sono ancora abbastanza irritato…

- N-no… - disse a mezza voce Shiro, tirandosi faticosamente su – La…sciala… Stare… - Alfa si accigliò di più:

- Hai parlato troppo.

Al gesto di Alfa, Shiro si contorse con un urlo agghiacciante, tenendosi la testa.

- SHIRO!

- Mesa… - le urla di Shiro si alzavano di volume - … De…

- BASTA, LASCIALO STARE!

- … L’incubo.

 

*---

 

Mi svegliai il giorno successivo.

Mi dissero che avevo usato troppe energie ed ero svenuto, mentre Shiro era stato ricoverato nell’infermeria dell’organizzazione.

Non riuscivo a muovermi, avevo tutti i muscoli bloccati.

E le mie mani puzzavano di sangue e veleno.

 

Seppi che le altre due ragazzine non erano riuscite a seguire Midori per colpa di Omega: il moccioso le aveva chiuse nella loro stanza per non andare dietro all’amica.

Per proteggerle.

Patetico.

 

Quando fui in grado di muovermi andai a trovare Shiro. O meglio, passai di fronte all’infermeria e scrutai qualche istante al di là del vetro sporco.

Se ne stava inerme sul lettino, a pancia in su, la maschera dell’ossigeno sul viso.

Non fui in grado di guardarlo oltre un minuto, e mi chiusi nella mia stanza.

 

Tre giorni dopo, mentre passavo di fronte a quella stanza, vidi il letto di Shiro vuoto.

Doc, il medico, disse che l’avevano trasferito. Mentiva.

Margot, che non mi parlava dal giorno della marchiatura di Midori e delle sue compagne, si limitò a guardarmi con aria dolorante, mormorando:

- È morto.

Semplicemente.

 

È morto.

 

Credevo che Margot mi avrebbe odiato. Invece accusò Midori di quel che era accaduto a Shiro, e si sfogò su di lei.

Perché aveva perduto l’unica persona che mai si fosse preso cura di lei.

 

Anche lei.

 

Sarai soddisfatto, adesso.”.

Fu questa l’ultima frase che mi disse Sciacallo, prima di scomparire per anni come una bestiola obbediente dentro al mio beyblade.

Non c’era ironia nella sua domanda, né rancore. Era solo una domanda.

Non risposi.

 

Soltanto quattro anni dopo avrei appurato la verità.

Su Kuroi, sul suo progetto, su Shiro.

 

Ed ora è troppo tardi.

 

Alfa aprì appena gli occhi, la testa pensante, gettando uno sguardo fuori dalla finestra. Era ancora buio, ma all’orizzonte si scorgeva già il grigiore dell’alba.

Si lasciò cadere ancora sul cuscino, coprendosi il viso con un braccio.

Una minuscola, impercettibile lacrima scivolò da sotto l’avambraccio, dissolvendosi ancor prima di raggiungere il suo collo.

- Mi dispiace…

 

Non c’è assoluzione.

 

Quando il mattino dopo Alfa si svegliò, era quasi mezzogiorno.

Un sole caldo entrava dalla finestra socchiusa, scaldandogli il viso e splendendo così forte da ferirgli gli occhi.

Ci mise qualche secondo a focalizzare la situazione. Si sedette sul bordo del letto, massaggiandosi il collo, e si domandò come mai quel tizio di nome Hitoshi l’avesse lasciato stare dopo tutte le domande della sera precedente. Il vassoio con un’abbondante colazione alla sua destra gli fece passare rapidamente quel pensiero e, senza troppi complimenti, spazzolò tutto in pochi minuti.

Finalmente con la pancia piena Alfa uscì sul porticato della casupola. Nello spiazzo di fronte all’ingresso i marmocchio di Hitoshi si stavano allenando, seppur con scarsi risultati.

Il bruno si appoggiò alla balaustra del portico, sfiorandosi la fronte, la temperatura non era ancora scesa molto, ma lui sembrava decisamente stare meglio. Guardò distrattamente i ragazzini, fissandosi sul piccolino che aveva visto il giorno precedente e scrutando scettico il suo beyblade fermarsi dopo pochi minuti. All’ennesima caduta e all’ennesimo lamento del bambino, Alfa sbottò:

- Sei fastidioso moccioso! – sbuffò, andandogli incontro – Da qua…!

Gli strappò la trottola di mano e senza troppe cerimonie la lanciò perfettamente di fronte a sé:

- Se tieni il busto troppo piegato in avanti non permetti al braccio di dare la giusta potenza – spiegò acido – e tieni dritte quelle gambe, non credo che tu sia paraplegico!

Il piccolo annuì, guardandolo un po’ sorpreso; riprese il suo bey e rilanciò, e stavolta la trottola prese a ruotare senza sosta e con precisione.

- Ci sono riuscito! – esultò – Grazie mille! Evviva ce l’ho fatta!

- Come ti pare… - borbottò Alfa – A me basta che tu la smetta di strillare, mi sta scoppiando la testa.

- Mi sembra che tu però stia già meglio, vero Alexander?

Il brunetto si girò con aria arcigna verso Hitoshi, che lo fissava sorridendo dall’ingresso:

- Fai lo spiritoso?

- Era solo una constatazione.

Il giapponese lo raggiunse senza smettere di sorridere, l’aria divertita. Alfa incrociò le braccia senza guardarlo.

- Sei riuscito a dormire?

- Sì… - disse asciutto – Ma ho pensato ad alcune cose.

Hitoshi lo guardò, aspettando continuasse, ma Alfa si zittì; il giapponese sorrise comprensivo e si limitò ad annuire.

- E ora che farai? Il mio invito a fermarti finchè non ti sarà passata la febbre è sempre valido.

- Sì. Penso che ne approfitterò.

Tacquero. I bambini avevano preso a sfidarsi, ridendo come matti, mentre un venticello freddo sollevava nuvolette giallastre dal cortile polveroso.

- E poi?

- Poi cosa? – domandò Alfa acido.

- Poi cosa farai?

- … Non lo so.

Il bruno sospirò, alzando gli occhi al cielo:

- Non ho un posto dove tornare. E non posso cancellare quello che ho fatto e quel che sono stato, ad essere sinceri non ho proprio un punto di partenza, nemmeno per poter decidere.

Hitoshi lo fissò:

- .. Potresti restare qui.

- Come scusa?

Il ragazzo sorrise enigmatico, incurante dell’occhiataccia di Alfa:

- Il fatto di allenare nuovi giovani al beyblade a volte mi porta lontano dal Giappone. – spiegò – A dire il vero c’è un piccolo villino come questo, vicino a Buenos Aires. E non posso gestire due posti così distanti da solo.

- E allora?!

Hitoshi gli rivolse un altro sorriso da sfinge. Alfa fu seriamente tentato di spaccargli Sciacallo sul naso.

- Ho bisogno di qualcuno che si prenda cura dei ragazzi qui, mentre sono via.

- E vorresti lasciarli a me?

- Sei il blader più in gamba e che non ha interessi per il campionato mondiale che ho incontrato, almeno per ora. Sei abile, e mi sembra tu abbia una spiccata dote per insegnare, a quel che ho visto prima.

- Tu hai dei seri problemi, amico…

Hitoshi non si scompose.

- … Io ripartirò tra un paio di mesi. – concluse con calma – Per il momento, riposati. Hai tutto il tempo di pensarci.

Si avviò nuovamente verso il residence, con Alfa che lo scrutava cercando di capire se lo prendesse in giro o se dicesse effettivamente sul serio.

La sua paura era che fosse serio.

- Può essere un punto per ricominciare anche questo, non credi? – ammiccò prima di sparire dentro la casa.

Il bruno non gli rispose.

 

 

*--- Quattro Mesi dopo.

       Settembre.

 

- E allora? Lì come vanno le cose?

La voce di Hitoshi dalla cornetta gli arrivò distante e confusa; si chiese perché quel’idiota non si decidesse a comprarsi un benedetto satellitare, invece di continuare con quel calvario di telefono pubblico.

- Perfettamente. – ghignò Alfa – I bambini seguono i miei ordini alla lettera: presto avrò un mio piccolo esercito personale di mini-Alfa che vorranno conquistare il mondo.

- Era un a battuta quella?

- Almeno apprezza il tentativo.

Hitoshi ridacchiò:

- Sono bravi i miei ragazzi, vero?

- Testardi. – sbuffò Alfa – Riconosco la tua mano sulle loro menti, proprio come su tuo fratello. A proposito…

- Cosa c’è?

- Di me non gli hai ancora detto niente, vero?

- Vorrei evitare di trovarmelo accanto al letto di notte con un coltello in mano. – fece il giapponese sarcastico – Comunque non mi sembrava avessi bisogno della sua autorizzazione…

- Era solo per chiedere. Sai, avrei anch’io il tuo stesso timore…

Hitoshi rise forte.

Alfa si lasciò sfuggire un sospiro, ancora si chiedeva come avesse fatto Hitoshi a convincerlo. Come avesse potuto lui, lo Sciacallo, ammansirsi e obbediente accettare di mettersi a far da balia ad un branco di mocciosi che puzzavano ancora di latte.

Non sapeva rispondere.

 

Può essere un punto per ricominciare anche questo, non credi?

 

Il bruno sbuffò, fissando di sbieco la sagoma luminescente di Sciacallo, apparso al suo fianco: poteva giurare che i suoi occhi gialli brillassero divertiti.

“Non fare il saccente tu, palla di pelo.”.

 

Io? Ripetevo semplicemente quello che pensi…

 

- Ehi, Alfa? Ci sei?

- Uh? Sì… Certo Hitoshi… - borbottò, mentre il Bit scompariva dalla sua vista – Scusa, ero sovrappensiero.

- Comunque, hai ricevuto visite poi?

- No, affatto. – sbottò Alfa – È la decima volta che me lo chiedi. Si può sapere chi deve venire di così importante?!

- Una vecchia conoscenza. – fece sibillino il giapponese.

Alfa grugnì, odiava quel suo modo di fare! Fece per ribattere, ma la voce di uno dei bambini che lo chiamava lo distrasse.

- Mi sembra ti stiano cercando. – disse Hitoshi – Vai pure, ci sentiamo.

E senza lasciarlo replicare buttò giù.

Alfa riappese la cornetta concedendosi un altro sbuffo, tutte quelle relazioni umane cominciavano ad infastidirlo: non c’era abituato…

- Alfa!

Il piccolo Yoshiro proruppe nella stanza con aria trafelata, il suo piccolo beyblade nella mano destra sporca di polvere.

- Cosa c’è? – domandò brusco il bruno.

- C’è una persona che ti cerca!

- Uhm… - fece quell’altro sovrappensiero – Ho capito… Ehi, perché fai quella faccia?

- Mi sembra strano che tu conosca qualcuno.

Il ragazzo lo fissò ad occhi sgranati: la tentazione di fargli prendere almeno un bello spavento fu tanta.

- Che vorresti dire *gocc*?!

Il bambino si limitò a ridere e corse di nuovo fuori.

Alfa lo seguì, imprecando sottovoce: ecco la seconda che detestava di più, i visitatori inopportuni.

Si bloccò quando fu appena fuori dall’uscio.

Non sapeva se classificarla come inopportuna, ma quella visita di certo era inaspettata.

- … Margot…

- Ciao Alfa.

 

Seduti nel portico, i due se ne stavano in silenzio. Alfa, guardando i bambini poco distanti che giocavano, sorseggiava distrattamente il tè che aveva preparato, mentre Margot continuava a reggere la tazza sulle ginocchia, immobile.

- Guarda che si fredda…

- Stai tranquillo. È ancora caldo.

Lui rispose con un grugnito.

- Mi sembra che tu ti sia ambientato bene. – disse la mora dopo qualche minuto. Alfa fece spallucce:

- Anche tu mi sembra stia bene…

- Abbastanza. – rispose vaga – Diciamo che me la cavo.

Scese ancora silenzio. Margot sorseggiò un po’ di bevanda, rilassando le spalle:

- È davvero buono…

Anche stavolta Alfa non le rispose.

La guardò un poco, di sottecchi. Era cambiata tanto, o forse era solo una sua impressione, visto che era da quasi un anno che non si vedevano.

Era dimagrita, tanto, e si era alzata seppur di poco; i capelli erano prepotentemente scesi fin al livello della vita, inondandole la schiena di ciuffi neri e lucenti come una notte senza stelle. Fu lo sguardo, però, a colpire il ragazzo: quegli occhi avevano perso la baldanza che vi aveva sempre visto, la furia cieca che a volte gli incendiava, ed ora erano come smorti, tristi.

- Mi dispiace per averti colpita, quella volta, quando ho sfidato Midori.

La frase parve colpire Margot alla sprovvista: sapeva che avrebbero dovuto parlare anche di quel periodo, ma iniziare così di colpo… Sospirò, Alfa era Alfa.

Il ragazzo bevve un’altra sorsata, con foga. Ecco la terza cosa che odiava: chiedere scusa quando sapeva perfettamente di essere nel torto.

- Lascia perdere. – rispose lei facendo spallucce – Mi sono ripresa subito.

Alfa sapeva che mentiva, ma sorvolò.

- Come mi hai trovato?

- Per la verità sono io quella che è stata trovata.

Lui la fissò senza capire.

- Quell’Hitoshi Kinomiya…

Alfa la fissò ancora, inespressivo. Poi buttò giù altro tè, quasi ustionandosi la lingua, e strinse la tazza:

“Appunto mentale, uccidere Hitoshi appena lo vedo!”.

- Guarda che non è alcolico, che ti puoi sfogare così *gocc*…

- Lasciami perdere.

Lei rise flebilmente.

- Mi sei mancato.

- … Davvero?

Margot annuì ed Alfa non trattenne un sorrisino.

- E gli altri?

- Mi hanno abbandonata. – fece con una risatina sarcastica – Sono spariti dopo la distruzione di Genesis da parte di Kuroi e non li ho più visti.

- … Mi dispiace.

- Non mentire, non te ne frega niente.

- Non di loro. – ammise – Ma di te sì.

Margot lo guardò indecifrabile e bevve ancora.

- Come mai sei qui?

- Perché ero preoccupata per te. – sorrise lei.

- Non mentire nemmeno tu.

- Non sto mentendo.

Alfa non le rispose.

- … Come ti trovi qui?

- Diciamo bene. – fece il bruno vago – I marmocchi sono gestibili, la cosa è abbastanza divertente, e poi ho un tetto sulla testa.

- Direi che come risultato non è male.

- No, non è male.

Scese nuovamente il silenzio, interrotto solo dal frusciare delle foglie che prendevano ad ingiallire. Alfa finì il suo tè e scostò con malagrazia la tazza accanto alla sua sedia, sospirando.

- Sai… - riprese Margot dopo qualche minuto – Poco dopo quella sfida… sono andata a trovare Midori e quei ragazzi.

Alfa la fissò.

- Shiro-san mi aveva lasciato una cosa, anni fa. – spiegò – Per Midori.

- E tu gliel’hai portata?

- … Shiro-san mi aveva chiesto di farlo già da un po’, ho pensato che, ormai, potevo smetterla di tormentarmi.

Gli occhi di Alfa si fecero tristi nel guardarla:

- … Margot, mi disp…

- No! – lo bloccò secca – Non dirlo!

Poggiò con foga la tazza a terra, guardandolo severa:

- Non ti permetterò di farti sentire meglio chiedendomi scusa. E poi ormai non puoi tornare indietro.

Alfa sostenne il suo sguardo, annuendo. Lei sorrise.

- … Margot…

- Cosa c’è?

- … Per tutto questo tempo, tu hai odiato Midori accusandola di averti portato via Shiro.

- Perché siamo finiti su quest’argomento? – domandò lei con un sospiro.

- Non svicolare e ascolta. – la rimproverò.

- Ok, ok…

- … Sai che sono stato io che lo costretto in quelle condizioni. – disse con voce bassissima, quasi sussurrando, con amarezza – Io l’ho portato a morire. Perché… In tutto questo tempo non hai mai odiato me?

- Oh, io ti ho odiato! – ammise lei, triste – Ma non per quello che pensi tu. Ti ho odiato perché vedevo che ti distruggevi con le tue stesse mani, senza confidarti con nessuno. E forse, sì, un po’ ti ho odiato, perché ti sei messo contro di lui.

Sospirò, stendendo le gambe:

- Le due persone che amavo di più al mondo si combattevano a vicenda alla morte. – fece mogia – Non ho passato proprio dei bei momenti.

Alfa la fissò con tanto d’occhi:

- Beh… Questa non la sapevo.

- Credevi che la nostra scenetta di fronte agli altri fosse tutta una finta?

- Non vedo come tu mi abbia mai dato adito al contrario! – rispose sarcastico.

- Avevo bisogno di qualcuno che mi proteggesse, là dentro. – continuò – E diciamo che tu, nonostante tutto, visti i trascorsi eri la scelta migliore.

- Ne sono lusingato…

- Non fare lo spiritoso, non ne sei capace.

Scesero altri minuti di silenzio. Il vento soffiò più forte, ed Alfa avvertì un brivido lungo la schiena.

- Forse – riprese Margot – ero solo gelosa di quella ragazzina. Perché aveva l’amore della persona che più adoravo, e non se ne rendeva neppure conto: per lei era un amico, un fratello, e basta, mentre lui avrebbe dato qualunque cosa per aiutarla…!

Alfa potè giurare di vederla sull’orlo delle lacrime, ma se anche fosse stato la mora le ricacciò prontamente indietro.

- Hai pensato che per me fosse la stessa cosa?

- Perché, non lo era? – gli chiese, dubbiosa. Alfa scosse la testa:

- Per me Midori e Shiro erano simili: erano la famiglia che desideravo, i fratelli che avrei sempre voluto avere. Così, quando sentii Kuroi dire che mi avrebbero abbandonato la dentro, mi sentii tradito.

Si alzò, guardando lontano:

- Più tradito che da mia madre.

Margot lo fissò e non riuscì a resistere dall’alzarsi e prendergli con delicatezza un braccio.

- Non mi voglio giustificare. – si affrettò ad aggiungere lui – Ma…

- Lascia stare. Va bene così.

Lui annuì. La mora sostenne ancora un po’ la presa, poi riportò delicatamente la mano lungo il fianco, prendendo a guardare come lui la palla rossa del sole, ormai basso sull’orizzonte.

- Ora cosa farai, Margot?

- Non lo so. – rispose con aria distratta – Potrei continuare a gironzolare, per il momento me l’ero cavata.

- Già… - Alfa la guardò con aria critica – E se ti fermassi qui?

- Come?

- Mi ci gioco Sciacallo che quel maledetto di Hitoshi ci aveva già pensato. – rispose, alzando gli occhi al cielo – Ma dato che le idee di quel giapponese per il momento si sono rivelate interessanti, proviamo ad assecondarle.

Margot lo fissò ad occhi sgranati, lasciandosi sfuggire una risata:

- Andiamo! Alfa, tu non mi sopporti!

- E questo chi l’ha detto?

Le rivolse un sorrisetto malizioso e Margot sentì impercettibilmente di arrossire.

- Che faccia carina…

- Non sei divertente quando menti.

- E chi ti dice che sto mentendo? – fece innocente – Che tu fossi bella l’ho sempre pensato!

Lei sospirò, assumendo un broncio che Alfa non le aveva mai visto. Dovette trattenersi dal ridere.

- Allora? – insistette – Che ne dici?

Lei sospirò:

- Sei diventato pensante, sai?

- E tu scorbutica.

Stavolta fu lei a trattenersi dal ridere.

- Può essere un punto per ricominciare anche questo, non credi?

Lo fissò in silenzio un istante. Annuì:

- Ma dovrò chiamarti sempre Alfa? O ti sei trovato un nuovo nome?

- Diciamo che l’idea c’è… - la guardò allusivo – Tu?

- Già da un po’. Ma volevo vedere se ti ricordavi il mio nome.

Alfa scosse la testa e, inconsciamente, le sfiorò le dita con le proprie:

- Allora come ti chiami adesso?

- Tsubame.

Tsubame.

Rondine.

- Molto bello.

- E tu invece?

Alfa guardò ancora di fronte a sé. Gli sembrò che il suo campo visivo si fosse improvvisamente allargato, ripulito e splendente di nuovo colori:

- Akira.

 

 

 

 

(*) contrazione di onii-chan, “fratellone”; in Giappone i ragazzi/e chiamano così quelli più grandi o quelli con cui sono in un particolare legame affettivo (oltre che, ovviamente, coi fratelli veri ^^””).

 

 

 

Un bel finale aperto, che ne pensate ^o^? a dire la verità all’inizio non avrei voluto far tornare Margot, ma era un altro personaggio che avevo sviluppato poco, soprattutto nel suo rapporto proprio con Alfa, così eccola qui! Nonostante tutto è meno oca di quel che sembra e poi loro due li vedo bene assieme ^^.

Ah, forse non l’avrà notato nessuno, ma la scena in cui Midori entra nel salone durante lo scontro tra Alfa e Shiro l’ho ripreso com’era in Psaico. Giusto per dare continuità alla cosa XP!

Ok, gente: per il momento mi congedo, ma spero di poter tornare presto. Un bacione e un abbraccio a tutti!!!!

 

   
 
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