Nami stava correndo. Il fiato le mancava e il vento
batteva contro le sue guance bagnate procurandole una piacevole sensazione di
dolore. Tanto, più di quello. La corsa le faceva bene, perché doveva solo
correre. Lontano. E questo bastava. Si sentì afferrare il braccio da dietro.
Rufy, Naturalmente, lui era più veloce di lei. E c’era sempre, quando piangeva.
Ma ora non voleva che lui la vedesse. Si asciugò in fretta le lacrime, sperando
di poter riacquistare subito la sua maschera fredda e imperscrutabile. Si girò,
gli occhi leggermente arrossati.
“Che vuoi?” disse brusca.
Lui rimase ad osservarla. Si era accorto che aveva pianto
e non se lo poteva perdonare. Non aveva forse promesso di non farle mai sparire
il sorriso? “Perché piangi?” Aveva un leggero groppo in gola.
“Perché? Tu hai baciato Nara e mi chiedi anche il
perché?” Poi si accorse di due cose. Per prima Rufy non le apparteneva e per
seconda cosa in questo modo aveva rivelato troppo apertamente i suoi
sentimenti. Sperò di non essere arrossita troppo. “Scusa, non ne ho alcun
diritto…”
Rufy continuava a guardarla con un’espressione sorpresa.
“Io? Baciato Nara? E quando?”
“Come quando? Cinque minuti fa…” Da come l’aveva detto
sembrava che davvero non lo sapesse.
All’improvviso si accorse che gli occhi di lui era
diventati come spenti. Rufy si chinò su di lei e la baciò. Per tutta risposta
lei, che non se l’aspettava, gli mollò un ceffone.
“Ma che fai?!” gridò lui, mentre gli occhi erano tornati
brillanti. “Tanto non mi hai fatto male…”
“Mi hai appena baciato!”
“Io?”
“Sissignore, tu!”
“No, non lui…” Una voce li interruppe.
Si girarono, osservando la chiara figura di Sakura dietro
di loro. Molto strano, non l’avevano sentita arrivare. Sorrideva amabilmente
mentre la sua gonna nera ondeggiava al leggero vento del tramonto.
“Che vuoi dire?” commentò Nami. Non voleva che anche
un’estranea la vedesse piangere.
Il sorriso della ragazza si allargò. “Rufy è davvero
forte, ma la sua mente è facile da controllare. Una delle più facili che abbia
mai conosciuto…”
“Facile… da controllare?” ripetè Nami sconvolta. “Ma
allora…?” Certo, ora il quadro tornava. “Nara! Lei ti ha chiesto di farlo!”
“Ma di fare cosa?” si intromise Rufy.
“Di farsi baciare da te!” gli rispose Nami.
Ora aveva capito. “Quindi è colpa tua!” commentò all’indirizzo
di Sakura.
“Si, esatto” rispose senza tanti giri di parole.
Per quanto fosse una donna, lui non si fece molti
scrupoli. “Gom Gom Bullet” Ma il pugno di Rufy trapassò la figura di Sakura
come se questa fosse solo un miraggio. Sorpreso, ritirò il pugno. La ragazza
dai capelli oro era sempre lì, davanti a loro, ma i suoi colori erano diventati
opachi e trasparenti… Come se fosse un fantasma! Piano piano i colori tornarono
caldi a definire la sua silhouette.
Piegò la testa lateralmente. “Non puoi colpirmi, perché
io ho mangiato il frutto di Ghost Ghost!”
“Cosa?!”
“Esatto! In pratica posso diventare impalpabile come un
fantasma oppure entrare nel corpo delle persone e controllarlo…”
Rufy stava ascoltando estasiato. Lungo il suo viaggio
aveva incontrato molte persone con svariati poteri, ma tutte le volte riusciva
ad essere sorpreso delle infinite varietà che ne esistevano. “Ma come si può
battere un frutto così?!” commentò piagnucolosamente ma non seriamente.
Sakura non gli avrebbe certo detto il suo punto debole,
figuriamoci. Si girò e tornò sui suoi passi. “Avete molte cose da dirvi e io
sono di troppo” Alzò la mano in segno di saluto. “Arrivederci” e poi, più piano
“ah, che bello essere innamorati…” I colori della sua figura tornarono ad
essere opachi finché non scomparvero del tutto. Solo un leggero rumore di erba
calpestata poteva far capire che una persona so stava incamminando verso la
spiaggia. Un rumore tenue che Nami non riuscì a seguirlo, anche perchè Rufy
gridò “Wow! Riesce anche a rendersi invisibile, che forza!”
La navigatrice dai capelli color tramonto sospirò. Era
sempre il solito. Ma come a voler sfatare questa sua teoria Rufy si girò verso
di lei, serio. Il cuore di lei sussultò.
“Nami…” cominciò. “Che cosa significa essere innamorati?”
Non era certo una domanda facile. Nami si sentì a
disagio, ma provo comunque a rispondere, poiché gli occhi neri di Rufy la
stavano fissando con seria curiosità. “Be’ ecco… Io… Quando si è innamorati… Si
vuole stare sempre con quella persona, averla vicino e il cuore esplode di
gioia a ogni sorriso e faresti qualunque cosa per lei…” Più parlava, più si
rendeva conto che stava descrivendo i suoi stati d’animo. Si bloccò. Non
sarebbe riuscita a dire altro, ora che aveva questa consapevolezza.
* * *
L’ultimo membro della ciurma di Barbanera, ancora a
cavallo dell’asino – che gioco di parole – stava fronteggiando quella figura,
accompagnata dalla pecora color latte. Due sottili fili di lana partirono dai
fianchi di Yuki, raggomitolandosi in aria fino a formare due grosse palle che
furono pitturate di nero dal veloce pennello della figura.
“Termina in fretta, Rumi” ordinò con voce piatta Rei.
Quella annuì. Yuki diresse le palle verso l’avversario,
che riuscì ad evitarle per un soffio, mentre quelle andavano a schiantarsi
sulla roccia dietro, frantumandola. Non erano più semplici gomitoli di lana,
erano diventati di piombo, probabilmente a causa della colorazione nera. Il Doc
Q afferrò la sua arma, un bisturi di dimensioni doppie rispetto al normale che
nascondeva nella giacca e, movendo il suo destriero al galoppo, si preparò a
colpire prima che la pecora recuperasse le sue armi, che sembravano molto
pesanti. Ma un colpo di pennello fece deviare l’asino verso la parete rocciosa
dietro di lui, dove era stato dipinto un segno rosso. Il destriero non fece in
tempi a fermarsi, schiantandosi e svenendo, mentre il suo cavaliere saltava giù
incolume, non riuscendo però a schivare un colpo dei gomitoli di piombo. Dopo
essere stato colpito, riuscì però a tagliare il sottile filo lanoso che legava
la palla alla pecora, privandola di un’arma. Dal filo tagliato sgorgarono gocce
di sangue e Yuki belò per il dolore. Ma il suo avversario non potè gioire a
lungo del vantaggio in quando un altro colpo di pennello lo fece prendere la
una malinconia tale che scoppiò in un pianto disperato. La sua maglia era
sporca di azzurro. Yuki si riprese e con due fili di lana lo afferrò al collo,
stringendolo fino a fargli spuntare sangue. Poi la ragazza chiamata Rumi le
fece segno di smetterla, quindi lo fece cadere da considerevole altezza, ma
l’avversario era già svenuto.
A questo punto all’appello
mancava solo il capitano, fronteggiato da Ace. Il primo si limitava a schivare
i colpi, non tanto perché lo temeva, ma piuttosto sembrava che non volesse. E
Robin sapeva il perché. Ci aveva riflettuto a lungo, così gli era venuta in
mente una cosa. Lei aveva trascorso un anno intero con Ace e lo conosceva bene.
Ora, ne era sicura, riunendo i vari fili del discorso, che inconsciamente lui,
al contrario del fratello, aveva voluto diventare pirata per ritrovare suo
padre. Di certo vedersi morire la madre ad appena tre anni non era piacevole.
Lei, almeno, ne aveva già otto. Era solo un desiderio inconscio, ma perché non
realizzarlo? In fondo, se andava avanti così, lo avrebbe ammazzato ed era
probabile che solo da Barbanera si avrebbe saputo qualcosa, dato che Luffy
avrebbe dovuto unirsi alla sua ciurma. Si fece avanti e bloccò il pugno di Ace,
incurante del dolore che poteva provocare la fiamma. Poi si rivolse a
Barbanera.
“Ho sentito dire che Gold
Roger” Non mise apposta la D. “Ha trovato il Poneglyps che sto cercando. Sai
dov’è?” Un pretesto qualunque.
“Perché dovrei saperlo?” fece
sorpreso.
“In quanto suo figlio,
Barbanera. In quanto figlio di Gold D. Roger. Perciò dovrei chiamarti… Marshall D. Teach?”
I membri non svenuti della sua
ciurma sussultarono così come lo stesso capitano. Come poteva conoscere quel
nome che aveva cercato di nascondere tanto gelosamente? Ma soprattutto, come
faceva a sapere di suo padre?
Robin sorrise amabilmente,
finché non sentì il polso di Ace tremare sotto la sua presa. Stava sudando
freddo.
“Lui non può essere Marshall
D. Teach” disse forte come per convincere di più sé stesso che lei.
“E perché?”
“Perché è il nome di mio zio,
il fratello di mia madre” Poi aggiunse “ e non ci può essere nessuna omonimia,
perché solo quelli della nostra famiglia hanno la D”
Questo Robin lo sapeva. Annuì.
“Io sono tuo zio” bisbigliò
Barbanera. “Ma-”
“Tu menti!” esclamò risentito
Ace. “La mamma diceva sempre che eri una persona fantastica e un grande pirata.
Credevo di poterti incontrare e di incontrare mio padre, membri della stessa
ciurma, due grandi pirati nella Rotta Maggiore. Tu non può esserlo. Lo zio non
avrebbe mai ucciso un compagno di equipaggio!”
Barbanera sputò a terra.
“Quello meritava la morte! Aveva ucciso Iole, tua madre! Non direttamente, è
chiaro, ma è come se l’avesse fatto!”
Ace si bloccò. Voleva reagire,
ma le parole non gli venivano. Aprì la bocca un paio di volte, ma non riuscì a
dire niente. Non sapeva come comportarsi.
Intervenne Chopper. “Voi avete
anche attaccato Drum! Me lo ricordo bene! Ero appena diventato un allievo di
Doctrine, quando successe!”
Robin pensò che ci dovesse
essere un filo conduttore. “Perché non ci racconti per bene tutta la storia?”
Era probabilmente ciò che tutti volevano sapere.
Barbanera si sedette a terra.
“Io e Luffy, tuo padre, eravamo entrati da poco nella Rotta Maggiore e ci
eravamo fermati dal guardiano del faro della Reverse Mountain, che un tempo
faceva parte dell’equipaggio di mio padre. Lì ci arrivò la lettera di Makino.
Diceva che Iole era malata – molto malata. Tubercolosi, probabilmente, ma non
voleva assolutamente farsi curare. Certo, era tipico di Iole non volersi far
aiutare da nessuno per non essere di peso. Crocus ci disse che non aveva con sé
i medicinali giusti, ma che li avremmo potuti trovare a Drum, così Luffy decise
di partire alla deriva mentre io andai a procuragli un Eternal Pose in una sede
della marina di cui invece conoscevamo la rotta. Quando lo trovai, glielo
mandai immediatamente via posta, ma non potevo raggiungerlo. Mi fermai
all’isola più vicina, scrivendo a Makino per dirle di stare tranquilla.
“Fu un’imprudenza, me ne rendo
conto, ma non sapevo che a Drum ci fosse un re come Wapol. Credevo che fosse
facile prendere la medicina. Invece passò più di un mese e io non avevo ancora
notizie. Ero preoccupato, ma il Logpose non aveva ancora terminato al
registrazione, o sarei partito subito. Comunque, un giorno di tempesta, trovai
un naufrago sulla spiaggia. Era Luffy. Aveva numerosi tagli nella schiena. Mi
raccontò brevemente che Wapol, inizialmente, aveva proibito ai suoi venti
dottori di dargli la medicina, in quanto non aveva sufficienti soldi per
pagare. Alla fine aveva consentito a dargliela, ma non sapeva che era tutto un
trucco per dimostrare a quella povera gente dei suoi sudditi chi era il
sovrano. Lo aveva fatto seguire e fatto pugnalare alle spalle. Puoi immaginare
da chi. Morì poco dopo.
“Naturalmente decisi di partire
immediatamente per Drum non solo per vendicarlo ma soprattutto per riprendere
la medicina, ma il giorno dopo, calmata la tempesta, mi arrivò la lettera di
Makino. Sai bene cosa c’era scritto. Ormai non mi restava altro che la
vendetta. Prima cercai l’uomo che aveva ucciso Luffy e, scoperto in che
equipaggio era, ci entrai anch’io solo per ucciderlo. Poi trovai dei compagni,
quelli che vedi, e andai a Drum per uccidere anche Wapol, ma quello scappò. Fu
un bene per il paese, comunque, anche se…” e non terminò la frase.
“L’ha sconfitto Rufy quando è
ritornato!” disse allegro Chopper.
“Così, senza saperlo,
ha vendicato sua madre” aggiunse Robin.
Teach si rivolse ai
suoi compagni, che nel frattempo erano rinvenuti, pur feriti. “Mi dispiace
avervi costretto a fare cose senza spiegazione” ma quelli scossero la testa.
Erano con lui. Poi tornò a guardare Robin. “Che volete dire?”
“Esattamente quello che
abbiamo detto” rispose lei.
“Ma cosa c’entra
cappello di paglia con tutta questa storia?” chiese ancora.
Intervenne Chopper.
“Be, se Rufy è il fratello di Ace i loro genitori saranno uguali, no?”
Teach li fissò per
qualche secondo, sorpreso. “Il fratello di Ace? Ma no, cosa dite! E’ figlio
unico!”
“Ma se lo hanno detto
loro due di essere fratelli!” disse risentito Chopper.
Ace, che finora era
stato senza parlare con il cappello leggermente calato sugli occhi, sussurrò
“Rufy è mio fratello. E’ nato solo due settimane prima della morte della mamma”
Lui non aveva mai accusato suo fratello di essere la causa, anzi, è sempre
stato premuroso nei suoi riguardi in quanto non solo erano entrambi orfani e
parenti di sangue, ma era come se Rufy fosse l’ultima cosa che la mamma gli
aveva lasciato.
Teach mise la mano
sotto il mente, riflettendo. “Di sicuro, se Iole sapeva di essere malata di
tubercolosi, non voleva dare a vedere di essere anche incinta… Quindi Makino
deve avermelo scritto nella seconda lettera… Quella che ho strappato dopo la
prima riga…”
“Comunque”
aggiunse Robin, “se vuoi una prova, c’è. Il nome suo completo è Monkey D. Rufy”
“Monkey D… Be, allora…”
“Ma che significa la
D?” chiese Chopper.
“Non ne ho idea, però
è solo della nostra famiglia…”
L’alce annuì. Poi si
ricordò di una frase detta all’inizio da Robin e sussultò. “Senti” le domandò,
“ma perché hai detto che questo tizio è il figlio di Gold Roger?”
“Perché anche nel nome
di Gold Roger c’è la D, quindi…” Non poteva raccontargli tutta la storia della
grotta, era troppo lunga.
“Ma questo… Significa
che Rufy è il nipote di Gold Roger???” Lei annuì.
Teach si alzò. “Non
sono stato affatto all’altezza di mio padre, vero?” Fece un debole sorriso. Si
rivolse ad Ace. “Comunque non te l’avrei mai detto. Le parentele ai pirati non
servono…”
Ace si girò dall’altra
parte e si incamminò verso il bosco. “Andatevene” disse solo. Non si era
nemmeno accorto che Rumi, Rei e Yuki se ne erano già andati da un bel po’ con
la loro nave, dicendo soltanto “i panni sporchi si lavano in famiglia”
Chopper era ancora
sorpreso per quello che aveva saputo, mentre Robin lo osservava tristemente.
Quando fu scomparso al di là del promontorio, lei decise di seguirlo.
“Aspetta, ragazza!” la
chiamò la voce di Teach. Lei si voltò. “Puoi dire a mio nipote di non
raccontare tutto questo a Newgate – cioè a Barbabianca?”
“Perché?”
“Perché… Be, perché quello
è sempre stato il rivale di mio padre, fin da quando erano giovani. E’ la causa
della sua cattura e del suicidio di mia madre. Inoltre sa della D. Sono sicuro
che l’unico motivo per cui ha preso Ace nel suo equipaggio fosse per non
correre rischi. E’ sicuro di diventare re dei pirati ora che nella sua ciurma
c’è un parente di mio padre…”
“Non sarebbe meglio
dirglielo?” chiese Chopper.
“Ha già avuto
abbastanza sorprese, per oggi” Poi aggiunse. “Il Poneglyps si trova da qualche
parte vicino all’isola Raftel, ma di preciso non lo so. Ti auguro di trovarlo!”
Sorrise.
Robin annuì. Poi, con
Chopper dietro di lei, corse sui passi di Ace, cercando di raggiungerlo. Ormai
il tramonto aveva raggiunto il suo apice, ma il rosso del sole non le stava
richiamando il sangue, come quella volta, ma una sensazione infinita di caldo.
La luna stava apparendo chiara in cielo, circondata dalle prime deboli stelle,
che sembravano indicare ai viaggiatori stanchi la retta via da seguire. Spirava
una leggera brezza che soffiava sulla pelle con l’odore del mare. Era segno di
tornare a casa.
*
* *
Quando Sakura tornò
sulla nave, trovò Nara sdraiata tra gli alberi di mandarino, con gli occhi
chiusi. La bocca era semi-aperta mentre soffiava fuori l’aria. Poi alzò le
gambe in modo da fare un angolo retto con il corpo e le piegò ad X. La ragazza
dai capelli oro sapeva che non era il caso di disturbarla mentre faceva Yoga,
ma non era proprio giornata. Si sdraiò accanto a lei. Nara percepì la sua
presenza e rimise le gambe a terra, ma non lo guardò.
“Spiegami il perché”
chiese Sakura.
“Andando avanti così,
avrebbero trovato lo One Piece senza capire i loro sentimenti” Staccò un
mandarino e, tolta la buccia, lo morse, asciugando col dorso della mano il
succo che scendeva da un angolo della bocca. “Nessuno si rende veramente conto
del valore di una persona finché non la perde. E’ così per tutti.” Le passò il
mandarino. “Ho solo voluto farglielo capire prima che si perdessero davvero. Ho
recitato un po’ la parte della…troia, vero?”
Sakura ridacchiò,
mettendo in bocca il resto del mandarino. “Oh, per te è stato facilissimo”
“Che intendi dire?”
commentò Nara fintamente risentita, tirandole una manica della maglietta
azzurra.
Ma quel colore, come
tutti gli altri, divenne opaco, e la ragazza dai capelli oceano vide la figura
, ormai spettro, passare il pavimento dov’era seduta e scendere nella stanza di
sotto, la cucina. Allora tornò a fare yoga.
*
* *
“Sanji!”
Lui si girò verso la
persona che lo stava chiamando, sua sorella. “Non ti avevo sentito arrivare”
Notò l’espressione seria sul viso di lei. “Non ricominciare, stasera cucino io”
disse deciso.
“Non è questo” Gli si
mise davanti, guardandolo dritto negli occhi. “C’è una donna che ti piace più
di tutte?”
“Io amo le donne,
senza distinzioni. Per esempio, per le mie Namisan e Robinchan sto preparando
un-”
“Non importa” lo
interruppe. Entrò lentamente dentro di lui, assaporando i suoi sentimenti
nascosti. Riuscì.“Spero che tu ti accorga prima di perderla dei tuoi
sentimenti” Poi decise di mettere tavola e questo pose fine a quella strana
discussione.
*
* *
Robin aveva raggiunto
Ace che camminava viso a terra senza guardarsi avanti. Chopper rimase
leggermente indietro.
“Acekun…”
Lui alzò lo sguardo.
“Senti, puoi evitare di dire a mio fratello che è il nipote del re dei pirati?”
Lei annuì.
“E perchè?” si
intromise Chopper.
“Perchè Rufy
non sarebbe contento di diventare il re dei pirati… per diritto ereditario e
non con le sue forze”
Robin annuì
nuovamente. Capì che per adesso Ace non voleva parlarne, quindi lasciò perdere.
“Hai visto? Quello della flotta dei sette ti è sfuggito”
“Accidenti, è
vero! Va bè, gli darò una lezione quando lo ritroverò!”
*
* *
Rufy era ancora
davanti a lei, illuminato dagli ultimi raggi di sole che stavano scomparendo
all’orizzonte.
“E’ questo essere
innamorati?” chiese. “Allora… Allora penso proprio di amarti!”
Nami strammò.
Decisamente solo lui poteva dire una cosa del genere così. Gli tirò un pugno.
“Stupido! Non è così che si fa una dichiarazione d’amore a una ragazza!”
“E come si fa?”
domandò.
“Ehm… Be, non così!”
Lui piegò lateralmente
la testa. “Tra innamorati ci si bacia?”
“Si, ma… prima bisogna
essere fidanzati!”
“E come si diventa
fidanzati?” Era incredibile che Rufy non sapesse niente di queste cose. Non
erano mica facili da spiegare.
Nami sospirò. Benché
in tutta questa storia c’entrasse anche lei, non si sentiva tanto a disagio.
Rufy aveva quest’effetto, su di lei. “Bisogna chiedere a quella di cui sei
innamorato se vuole mettersi con te, fidanzarsi, roba del genere…”
Rufy prese il suo
cappello e glielo mise in testa. “Vuoi diventare la mia ragazza?”
Nami toccò la tesa del
cappello e non disse niente. Gli occhi risposero per lei, suppose, perché un
minuto dopo Rufy chiese ancora “posso baciarti?”
Nami strammò per la
seconda volta in una giornata. Rufy, nonostante gliel’avesse chiesto, non aveva
la minima idea di come si facesse, ma appoggiò lentamente le labbra contro la
sua guancia. Erano calde e morbide. Poi le posò nuovamente, stavolta sulla sua
bocca che, notò lui, sapeva di panna e fragole. Lei si appiattì contro l’albero
dietro di lei, ricambiando il bacio e sentendo il calore della bocca e il
sapore dell’estate. Lo abbracciò, stringendolo a se mentre lui le passava le
mani nei capelli tramonto che spandevano in giro il profumo dei campi di
mandarino. Buonissimo. Continuarono a baciarsi così, stretti sotto quell’albero
di quercia, come se il tempo si fosse fermato. Ma non era certo così.
“Che state facendo?”
chiese la voce di Robin davanti a loro.
“Hai capito il mio fratellino…?”
sorrise Ace. “Sembrava tanto ingenuo ma poi…”
“Tu non dovresti
parlare, dato che a diciassette anni facevi questo e anche di più” gli sussurrò
lei in modo che gli altri non sentissero.
“Ahhh…” disse Chopper
che era il più sorpreso di tutti. “Questo dev’essere quello che chiamano
accoppiamento…”
“Credevo che per
accoppiarsi bisognasse dormire nudi nello stesso letto” commentò Rufy, che si
era staccato dolcemente da Nami.
“Ma che dite tutti e
due!!!” gridò invece lei.
“Non è proprio così…”
rispose Ace.
“Dai, non ti
preoccupare, è meglio se resti vergine fino al matrimonio! Dove ce lo mettiamo
un bambino sulla Going Merry?” aggiunse Robin ridendo.
“La vuoi piantare?”
chiese Nami rossissima. Decise di cambiare argomento. “Oh, ciao Ace, come va?
Che ci fai qui?”
“Ah, ciao!” lo salutò
Rufy ricordandosi improvvisamente della presenza del suo fratellone.
“Salve” rispose lui.
“Ma ora, se non vi spiace, andiamo sulla vostra nave e non vi disturbiamo più”
“Ah, va bene” assentì
il ragazzo dal cappello di paglia – anche se ora non lo stava indossando.
“Ma che dite
tutti!” esclamò Nami tirando un pugno a tutti tranne che a Robin. Poi rimise il
cappello a Rufy e lo spinsi, con un bernoccolo in testa, verso la spiaggia.
“Andiamo”
Ace si
massaggiò la testa. “Guarda che io non faccio parte dell’equipaggio!”
“Considerati
adottato!” gli rispose lei.
Arrivati alla
nave, salirono facendo un gran fracasso, perché Rufy appena salito disse
“ragazzi, sono diventato un uomo sposato!” Nami lo zittì con un pugno. Ace
commentò qualcosa sul fatto che pomiciare in pubblico con qualcuno non
significava essere sposati, mentre Chopper stava dicendo qualcosa a proposito
dei rischi dell’accoppiamento fra animali. Robin rideva e basta. Da tutto
questo casino furono richiamati sul ponte Zoro, che dormiva a poppa, Usop che
era in cabina e Sakura ed Sanji che stavano in cucina. Solo Nara era già lì,
seduta sul boccaporto e alle prime grida si era alzata ed era andata verso di
loro. Robin smise di ridere e la osservò.
“Ah, ecco
dov’eravate tutti” esclamò Sanji. “Gradite un antipasto di mare, amori miei.
Robinchan? Namisan? Nara?”
Allora Robin
guardò di nuovo in faccia la ragazza dai cappelli color oceano e disse “ma
allora tu sei davvero… Nara Mizu della flotta dei sette?!”
“Ha detto…
della flotta dei sette?!”