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Autore: Najara    20/01/2016    3 recensioni
Shira è la ventiduesima principessa del regno di Saharin, davanti a sé ha una tranquilla vita di corte, ma un mancato rifiuto la porterà verso un futuro completamente diverso, fatto di avventure, dolore, amore e… draghi!
Storia scritta per il contest: "L'inizio e la fine di ogni cosa" di ManuFury.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shira!”

 

Shira rientrò nella sua stanza con la sensazione di benessere e pulizia che le dava sempre il passare una mezzora nella stanza dei bagni. Si stese sul letto, incurante del fatto che avrebbe bagnato le lenzuola e chiuse gli occhi rilassandosi.

Shira!” L’urlo la fece sobbalzare e lei si alzò a sedere con il cuore che batteva violentemente. Aki aveva urlato il suo nome mentre fitte di dolore la sommergevano.

Indossò degli abiti e corse fuori fino a raggiungere il piccolo studio del Maestro. Entrò senza bussare, il respiro mozzato dal terrore.

Aki, lei…” Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi, il dolore della ragazza che ancora aleggiava nella sua testa. “Aki è in pericolo, lei mi ha chiamato e…”

“Presto, non c’è tempo da perdere.” Correndo alla velocità che gli permettevano le sue vecchie gambe il Maestro uscì dalla stanza e raggiunse il giardino, proprio in quel momento Daiki ruggì con forza calando sullo spiazzo.

“Cosa succede?” Chiese il Maestro e le immagini irruppero nella mente di Shira.

 

Aki era attorniata da uomini, Harry accanto a lei lottava con una spada. Era un’imboscata. Un uomo colpì Harry che cadde al suolo privo di sensi. Aki cercò invano di recuperare la spada, ma due uomini si avventarono su di lei. Un pugnale le trafisse il braccio: “Shira!” Dolore. Buio.

 

Shira, ti senti bene?” La principessa aprì gli occhi e tentò di alzarsi, ma Kimi la trattenne. “Piano, hai appena condiviso con Daiki i ricordi di Aki, ricordi molto violenti, devi dare alla tua mente qualche minuto per riprendersi.”

Aki è stata presa, mi ha chiamato, ha chiamato me! Devo andare.”

“Lo so, Daiki ha trasmesso il ricordo a tutti i draghi e loro lo hanno condiviso con i cavalieri.”

Sun?” Chiese allora Shira, la gentile ragazza doveva essere sconvolta almeno quanto lei.

“E’ priva di sensi. Sansone deve essere stato drogato, anche se non riesco ad immaginare una sostanza tanto forte da poter fare una cosa simile.”

“Devo andare da lei.” Ripeté allora Shira.

“Il tuo è un impulso irrazionale derivato dall’urgenza insita nella comunicazione di Aki. Non credo che sarebbe una buona idea, Aki è nelle loro mani, se le facessero del male allora Daiki ne sarebbe influenzato.” La principessa non capiva di cosa stesse parlando Kimi e scosse la testa, ma la donna insistette. “Se Aki muore Daiki morirà con lei, se succedesse mentre siete in volo moriresti anche tu.”

“Non mi importa! Lei ha chiamato me.” Kimi guardò verso il Maestro, che fino ad allora era rimasto un muto spettatore del loro scambio.

“E’ inesperta, lei e Daiki non hanno mai volato assieme e Daiki deve occuparsi dell’uovo.”

“Sì, questo prima di tutto. Kimi vai, porta con te tutti i cavalieri abili presenti in città e richiama quelli assenti. Pagheranno caro il loro affronto.”

Shira protestò e Daiki ruggì, ma nessuno dei due fu ascoltato, in una decina di minuti una trentina di draghi si alzò in aria, volando verso Hellis, la Libera Città in cui si trovavano Aki, Harry e Sansone quando erano stati rapiti.

La principessa tornò alla sua stanza, afferrò alcune tenute da volo e il minimo necessario per cambiarsi e lavarsi, infilò tutto nella sacca con cui aveva già viaggiato e raggiunse le cucine, qui la stava aspettando il Maestro.

“Non potete partire.” Shira alzò il mento, gli occhi che brillavano di sfida. Era una principessa, forse solo la ventiduesima della sua casata, ma aveva del sangue reale nelle vene ed era stanca di obbedire.

“Ho deciso. Aki ha chiamato me e io andrò a prenderla.” Il Maestro sospirò.

“Voi non capite. Daiki deve restare con il suo uovo, il legame speciale che esiste tra ogni drago si forma quando il piccolo è ancora nell’uovo, per questo è stata Kimi a portare Aki fin nel vostro regno. Per questo vi ho impedito di partire.” Shira strinse i pugni furiosa.

“Non è giusto! Sarò sempre e solo inutile?” Arrabbiata non attese la risposta dell’anziano sacerdote e uscì dalla mensa. Senza neanche rendersene conto camminò fino alla grotta in cui era stato deposto l’uovo. Daiki era lì. Senza parlare Shira si sedette accanto a lui, guardando quel piccolo e lucente uovo nero e cercando in esso un conforto per il suo cuore in tumulto.

 

Ci vollero sei giorni affinché il gruppo di draghi e cavalieri raggiungesse Hellis solo per trovarla in cenere. Gli abitanti erano stati uccisi, le case saccheggiate e un incendio aveva divorato tutto. Migliaia di vite erano state prese. Un massacro privo di senso. Di Sansone, Harry e Aki vi era solo una debole traccia: alcuni sopravvissuti avevano visto il drago trasportato verso Nord.

La caccia proseguì mentre Sun rimaneva svenuta e Daiki muto. Il Maestro le disse che il drago aveva riferito di aver perso il legame con Aki. Le era stato spiegato che malgrado condividessero la stessa anima drago e sacerdote sviluppavano un’autonomia uno dall’altro. Il fatto che Aki avesse chiuso la sua mente poteva essere dovuto a molti motivi, più probabilmente si stava difendendo e si era chiusa in se stessa.

Shira passò i giorni in perpetua angoscia, mangiando e dormendo solo il minimo necessario. Aveva disperatamente cercato di sentire Aki, sotto la guida del Maestro che le aveva spiegato come aprire la mente, ma era stato tutto inutile. Ora riusciva a percepire meglio Daiki, ma questo non significava che il drago le parlasse e Aki era solo un muro nero contro cui si scontrava ad ogni tentativo.

 

Roc!” L’urlò la riscosse dal libro che stava leggendo, il Maestro, che scriveva poco lontano da lei, alzò la testa sorpreso. Dei passi rapidi si udirono nel corridoi poi un giovane abitante della città entrò con il fiato corto. “Un Roc, sta volando in direzione della piana dei draghi.”

“Veloci! I piccoli sono ancora prede facili!” Shira era già balzata in piedi mentre il possente ruggito di Daiki le risuonava nelle orecchie e il suo richiamo mentale la spingeva a muoversi.

Percorse il sentiero correndo fino a raggiungere la piana, su di essa un’enorme aquila volava in cerchio, gli artigli minacciosi che brillavano nel sole pomeridiano. I piccoli draghi si erano spostati contro la parete di roccia, richiamati da Cassandra. Il vecchio drago impediva loro di alzarsi in cielo, come gli suggeriva di fare l’istinto. Daiki invece era su uno sperone di roccia e ruggiva minacce al grande uccello. Shira corse da lui, era senza imbragatura, ma non importava, sapeva che presto il terrore dei piccoli draghi li avrebbe fatti alzare in volo e neanche Cassandra avrebbe potuto trattenerli, allora il Roc sarebbe calato su di loro uccidendoli. Daiki era l’unico drago abbastanza grande e giovane da potersi confrontare con l’animale.

Senza indugiare, il drago grigio le tese l’artiglio, gli occhi che non lasciavano un attimo il Roc. Shira vi si aggrappò, per la prima volta si sentì sollevare e si ritrovò a cavallo del drago. L’emozione durò poco perché un piccolo sfuggì al controllo di Cassandra e balzò nell’aria. Daiki spinse sulle possenti zampe e in un secondo fu in volo. La principessa dovette aggrapparsi al suo collo, ma non chiuse gli occhi. Daiki aveva bisogno di lei, altrimenti avrebbe affrontato il Roc da solo.

La grande aquila scattò verso il piccolo, ma dovette fermarsi e fuggire quando sulla sua traiettoria trovò Daiki. Il drago si gettò all’inseguimento con un possente colpo d’ali. Fu a quel punto che Shira capì a cosa sarebbe servita. La mente del drago si aprì e lei vide attraverso i suoi occhi, così come lui poteva vedere con i suoi: non avevano più punti ciechi.

“I Roc sono più veloci di me, ma meno resistenti. Lo prenderò.” Il pensiero arrivò rapido e netto dalla mente di Daiki. Shira sentiva le lacrime scenderle lungo il viso, non sapeva se per il rapido volo o per l’emozione di quel primo vero contatto. Il Roc davanti a loro era veloce e presto li distanziò, ma Daiki non si diede per vinto mentre Shira fungeva da vedetta, guardando il cielo tutto attorno a loro. Volarono per due ore poi Daiki si fermò bruscamente. Shira dovette aggrapparsi al suo collo per non cadere e un brivido di paura le attanagliò il ventre.

“Ti prenderei io.” Di nuovo lui, rapido e secco. Shira sorrise, se solo Aki fosse stata parte del loro legame…

“L’uovo.” La voce le era sconosciuta, ma la nota emotiva no, era il Maestro, o meglio Cassandra. Il panico la avvolse, quello di Daiki e il suo. “Un secondo Roc ha preso l’uovo, non sono riuscita ad impedirglielo.” Questa volta Shira sentì la sofferenza del vecchio drago, una sofferenza emotiva certo, ma anche fisica. Daiki tornò indietro, spremendo dalle ali tutta la velocità possibile.

Quando giunsero alla piana trovarono un ampio gruppo di uomini e donne della città intenti ad occuparsi dei larghi squarci presenti sul corpo del vecchio drago. Il Maestro era seduto accanto alla sua testa e la accarezzava sussurrandole dolcemente. Nel vederli arrivare, entrambi alzarono gli occhi su di loro.

“Mi dispiace, era un diversivo, tutto questo era un diversivo. Sansone, Harry, Aki, volevano solo allontanare i draghi e i cavalieri dalla città, renderla indifesa per rubare un uovo.”

“Ma i Roc sono solo animali!”

“Qualcuno deve aver appreso come addestrarli. Non siamo stati in grado di difenderlo.” Gli occhi dell’uomo si riempirono di lacrime, ma Shira gli afferrò una spalla scuotendolo.

“Lo riprenderemo!” Detto questo si voltò verso gli abitanti della città accorsi ad aiutare e iniziò ad impartire ordini. Dieci minuti dopo Daiki era bardato, varie sacche di cibo erano agganciate al suo corpo e lei indossava una tenuta da volo.

“Andrà bene, lo riporterò indietro.”

“Ricordate quello che vi ho detto, il drago deve stare con il suo genitore! Ogni giorno che passa potrebbe essere letale per lo sviluppo del legame.Shira annuì poi corse da Daiki che fremente la sollevò fino al suo collo. Pochi istanti e la città era sparita. Davanti a loro c’era solo il cielo azzurro.

 

  
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