“Shira!”
Shira
rientrò nella sua stanza con la sensazione di benessere e pulizia che le dava
sempre il passare una mezzora nella stanza dei bagni. Si stese sul letto,
incurante del fatto che avrebbe bagnato le lenzuola e chiuse gli occhi
rilassandosi.
“Shira!” L’urlo la fece sobbalzare e lei si alzò a sedere con
il cuore che batteva violentemente. Aki aveva urlato
il suo nome mentre fitte di dolore la sommergevano.
Indossò
degli abiti e corse fuori fino a raggiungere il piccolo studio del Maestro.
Entrò senza bussare, il respiro mozzato dal terrore.
“Aki, lei…” Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi,
il dolore della ragazza che ancora aleggiava nella sua testa. “Aki è in pericolo, lei mi ha chiamato e…”
“Presto,
non c’è tempo da perdere.” Correndo alla velocità che gli permettevano le sue
vecchie gambe il Maestro uscì dalla stanza e raggiunse il giardino, proprio in
quel momento Daiki ruggì con forza calando sullo
spiazzo.
“Cosa
succede?” Chiese il Maestro e le immagini irruppero nella mente di Shira.
Aki era attorniata
da uomini, Harry accanto a lei lottava con una spada. Era un’imboscata. Un uomo
colpì Harry che cadde al suolo privo di sensi. Aki
cercò invano di recuperare la spada, ma due uomini si avventarono su di lei. Un
pugnale le trafisse il braccio: “Shira!” Dolore.
Buio.
“Shira, ti senti bene?” La principessa aprì gli occhi e
tentò di alzarsi, ma Kimi la trattenne. “Piano, hai appena condiviso con Daiki i ricordi di Aki, ricordi
molto violenti, devi dare alla tua mente qualche minuto per riprendersi.”
“Aki è stata presa, mi ha chiamato, ha chiamato me! Devo
andare.”
“Lo
so, Daiki ha trasmesso il ricordo a tutti i draghi e
loro lo hanno condiviso con i cavalieri.”
“Sun?” Chiese allora Shira, la
gentile ragazza doveva essere sconvolta almeno quanto lei.
“E’
priva di sensi. Sansone deve essere stato drogato, anche se non riesco ad
immaginare una sostanza tanto forte da poter fare una cosa simile.”
“Devo
andare da lei.” Ripeté allora Shira.
“Il
tuo è un impulso irrazionale derivato dall’urgenza insita nella comunicazione
di Aki. Non credo che sarebbe una buona idea, Aki è nelle loro mani, se le facessero del male allora Daiki ne sarebbe influenzato.” La principessa non capiva di
cosa stesse parlando Kimi e scosse la testa, ma la donna insistette. “Se Aki muore Daiki morirà con lei,
se succedesse mentre siete in volo moriresti anche tu.”
“Non
mi importa! Lei ha chiamato me.” Kimi guardò verso il Maestro, che fino ad
allora era rimasto un muto spettatore del loro scambio.
“E’
inesperta, lei e Daiki non hanno mai volato assieme e
Daiki deve occuparsi dell’uovo.”
“Sì,
questo prima di tutto. Kimi vai, porta con te tutti i cavalieri abili presenti
in città e richiama quelli assenti. Pagheranno caro il loro affronto.”
Shira
protestò e Daiki ruggì, ma nessuno dei due fu ascoltato,
in una decina di minuti una trentina di draghi si alzò in aria, volando verso Hellis, la Libera Città in cui si trovavano Aki, Harry e Sansone quando erano stati rapiti.
La
principessa tornò alla sua stanza, afferrò alcune tenute da volo e il minimo
necessario per cambiarsi e lavarsi, infilò tutto nella sacca con cui aveva già
viaggiato e raggiunse le cucine, qui la stava aspettando il Maestro.
“Non
potete partire.” Shira alzò il mento, gli occhi che
brillavano di sfida. Era una principessa, forse solo la ventiduesima della sua
casata, ma aveva del sangue reale nelle vene ed era stanca di obbedire.
“Ho
deciso. Aki ha chiamato me e io andrò a prenderla.”
Il Maestro sospirò.
“Voi
non capite. Daiki deve restare con il suo uovo, il
legame speciale che esiste tra ogni drago si forma quando il piccolo è ancora
nell’uovo, per questo è stata Kimi a portare Aki fin
nel vostro regno. Per questo vi ho impedito di partire.” Shira
strinse i pugni furiosa.
“Non
è giusto! Sarò sempre e solo inutile?” Arrabbiata non attese la risposta
dell’anziano sacerdote e uscì dalla mensa. Senza neanche rendersene conto
camminò fino alla grotta in cui era stato deposto l’uovo. Daiki
era lì. Senza parlare Shira si sedette accanto a lui,
guardando quel piccolo e lucente uovo nero e cercando in esso un conforto per
il suo cuore in tumulto.
Ci
vollero sei giorni affinché il gruppo di draghi e cavalieri raggiungesse Hellis solo per trovarla in cenere. Gli abitanti erano
stati uccisi, le case saccheggiate e un incendio aveva divorato tutto. Migliaia
di vite erano state prese. Un massacro privo di senso. Di Sansone, Harry e Aki vi era solo una debole traccia: alcuni sopravvissuti
avevano visto il drago trasportato verso Nord.
La
caccia proseguì mentre Sun rimaneva svenuta e Daiki muto. Il Maestro le disse che il drago aveva riferito
di aver perso il legame con Aki. Le era stato
spiegato che malgrado condividessero la stessa anima drago e sacerdote
sviluppavano un’autonomia uno dall’altro. Il fatto che Aki
avesse chiuso la sua mente poteva essere dovuto a molti motivi, più
probabilmente si stava difendendo e si era chiusa in se stessa.
Shira
passò i giorni in perpetua angoscia, mangiando e dormendo solo il minimo
necessario. Aveva disperatamente cercato di sentire
Aki, sotto la guida del Maestro che le aveva spiegato
come aprire la mente, ma era stato tutto inutile. Ora riusciva a percepire
meglio Daiki, ma questo non significava che il drago
le parlasse e Aki era solo un muro nero contro cui si
scontrava ad ogni tentativo.
“Roc!” L’urlò la riscosse dal libro che stava leggendo, il
Maestro, che scriveva poco lontano da lei, alzò la testa sorpreso. Dei passi
rapidi si udirono nel corridoi poi un giovane abitante della città entrò con il
fiato corto. “Un Roc, sta volando in direzione della
piana dei draghi.”
“Veloci!
I piccoli sono ancora prede facili!” Shira era già
balzata in piedi mentre il possente ruggito di Daiki
le risuonava nelle orecchie e il suo richiamo mentale la spingeva a muoversi.
Percorse
il sentiero correndo fino a raggiungere la piana, su di essa un’enorme aquila
volava in cerchio, gli artigli minacciosi che brillavano nel sole pomeridiano.
I piccoli draghi si erano spostati contro la parete di roccia, richiamati da
Cassandra. Il vecchio drago impediva loro di alzarsi in cielo, come gli
suggeriva di fare l’istinto. Daiki invece era su uno
sperone di roccia e ruggiva minacce al grande uccello. Shira
corse da lui, era senza imbragatura, ma non importava, sapeva che presto il
terrore dei piccoli draghi li avrebbe fatti alzare in volo e neanche Cassandra
avrebbe potuto trattenerli, allora il Roc sarebbe
calato su di loro uccidendoli. Daiki era l’unico
drago abbastanza grande e giovane da potersi confrontare con l’animale.
Senza
indugiare, il drago grigio le tese l’artiglio, gli occhi che non lasciavano un
attimo il Roc. Shira vi si
aggrappò, per la prima volta si sentì sollevare e si ritrovò a cavallo del
drago. L’emozione durò poco perché un piccolo sfuggì al controllo di Cassandra
e balzò nell’aria. Daiki spinse sulle possenti zampe
e in un secondo fu in volo. La principessa dovette aggrapparsi al suo collo, ma
non chiuse gli occhi. Daiki aveva bisogno di lei,
altrimenti avrebbe affrontato il Roc da solo.
La
grande aquila scattò verso il piccolo, ma dovette fermarsi e fuggire quando
sulla sua traiettoria trovò Daiki. Il drago si gettò
all’inseguimento con un possente colpo d’ali. Fu a quel punto che Shira capì a cosa sarebbe servita. La mente del drago si
aprì e lei vide attraverso i suoi occhi, così come lui poteva vedere con i suoi:
non avevano più punti ciechi.
“I Roc sono più
veloci di me, ma meno resistenti. Lo prenderò.” Il pensiero arrivò rapido e netto dalla mente di Daiki. Shira sentiva le lacrime
scenderle lungo il viso, non sapeva se per il rapido volo o per l’emozione di
quel primo vero contatto. Il Roc davanti a loro era
veloce e presto li distanziò, ma Daiki non si diede
per vinto mentre Shira fungeva da vedetta, guardando
il cielo tutto attorno a loro. Volarono per due ore poi Daiki
si fermò bruscamente. Shira dovette aggrapparsi al
suo collo per non cadere e un brivido di paura le attanagliò il ventre.
“Ti prenderei io.” Di nuovo lui, rapido e secco. Shira
sorrise, se solo Aki fosse stata parte del loro
legame…
“L’uovo.” La voce le era sconosciuta, ma la nota emotiva no, era
il Maestro, o meglio Cassandra. Il panico la avvolse, quello di Daiki e il suo. “Un
secondo Roc ha preso l’uovo, non sono riuscita ad
impedirglielo.” Questa volta Shira sentì la
sofferenza del vecchio drago, una sofferenza emotiva certo, ma anche fisica. Daiki tornò indietro, spremendo dalle ali tutta la velocità
possibile.
Quando
giunsero alla piana trovarono un ampio gruppo di uomini e donne della città
intenti ad occuparsi dei larghi squarci presenti sul corpo del vecchio drago.
Il Maestro era seduto accanto alla sua testa e la accarezzava sussurrandole
dolcemente. Nel vederli arrivare, entrambi alzarono gli occhi su di loro.
“Mi
dispiace, era un diversivo, tutto questo era un diversivo. Sansone, Harry, Aki, volevano solo allontanare i draghi e i cavalieri dalla
città, renderla indifesa per rubare un uovo.”
“Ma
i Roc sono solo animali!”
“Qualcuno
deve aver appreso come addestrarli. Non siamo stati in grado di difenderlo.”
Gli occhi dell’uomo si riempirono di lacrime, ma Shira
gli afferrò una spalla scuotendolo.
“Lo
riprenderemo!” Detto questo si voltò verso gli abitanti della città accorsi ad
aiutare e iniziò ad impartire ordini. Dieci minuti dopo Daiki
era bardato, varie sacche di cibo erano agganciate al suo corpo e lei indossava
una tenuta da volo.
“Andrà
bene, lo riporterò indietro.”
“Ricordate
quello che vi ho detto, il drago deve stare con il suo genitore! Ogni giorno
che passa potrebbe essere letale per lo sviluppo del legame.” Shira annuì poi corse da Daiki che fremente la sollevò fino al suo collo. Pochi
istanti e la città era sparita. Davanti a loro c’era solo il cielo azzurro.