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Autore: Sethmentecontorta    20/01/2016    2 recensioni
|Prima classificata al contest "Sky or Abyss?" indetto da SoulKilled sul forum di EFP|AU|Sovrannaturale|Shirou and Haruna|presenza di Kidou selvatici e forse altri personaggi|
Nelle viscere della Luna, da noi umani tanto lodata e cantata, si cela un mondo di cui non possiamo essere a conoscenza, oscuro e gelido, abitato da esseri in tutto simili a ciò che chiamiamo angeli. Una volta all'anno, ciascuno di loro discende sulla Terra, per esaudire il desiderio di un mortale la cui brillante luce lo abbia attirato. E' questo che attende Sehaliah, che si vede costretto a lasciare il pianeta su cui ha sempre vissuto per un mondo sconosciuto ed incredibilmente luminoso.
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Celia/Haruna, Shawn/Shirou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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On the Earth: Pandora's birth
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Sehaliah la seguì per i giorni seguenti, osservandola. Osservando il suo comportamento, la sua gentilezza, i suoi sorrisi e le risate. Gli umani davvero non si accorgevano di quanto fossero finti? Di quanto si sentiva sola, con quella riconoscenza solo temporanea alle sue premure? Era gentile e delicata di natura, ma i sorrisi radiosi che offriva nell’esserlo erano forzati come solo quelli di coloro che sentono di non avere più alcuno accanto a sé sanno essere. Tutte quelle persone rispondevano alle sue gentilezze calorosamente ed affettuosamente, ma dopo poco s’erano già dimenticati della dolce ragazzina dai capelli blu notte, ed ignoravano le sue necessità, la sua solitudine. Le sue flebili richieste d’aiuto, soffocate dal suo altruismo, non venivano affatto percepite dagli stolti esseri, per loro bastava vedere l’allegria sul suo viso per accantonarla in un angolo, per loro sarebbe andato tutto alla grande finché lei avrebbe continuato a ridere.
Quando le ombre della notte erano ormai discese sulla luminosissima città, ed Haruna, pronta per coricarsi, saliva alla sua accogliente seppur piccola stanza, il lunare si accomodava sull’albero di fronte alla sua finestra, e per la prima volta in tutta la giornata, la fanciulla poteva vederlo. Eliminava quelle barriere di vetro che li tenevano separati, spalancandole, rimaneva ad osservarlo per alcuni minuti, in riverenziale silenzio, passati i quali andava a stendersi. Quando sentiva il respiro della ragazza regolarizzarsi, finalmente, con un sospiro, la creatura si concedeva di spostare lo sguardo dalla brillante luna a lei. Amava ed odiava l’aspetto che la sua dimora acquisiva da lì, era così splendente e meravigliosa che la prima volta che l’aveva veduta gli aveva tolto il fiato per qualche istante. Se gli esseri umani avessero saputo quanto al suo interno essa fosse oscura, fredda e simile ad una prigione per i suoi abitanti, l’avrebbero ancora amata e cantata come facevano? E poi invece c’era lei, quella giovane e fragile umana, tanto graziosa d’aspetto quanto gentile e premurosa d’animo.
La situazione tra i due cambiò dopo due giorni di completo silenzio, quando la ragazza, invece di andare a dormire senza parlargli come aveva fatto fino ad allora, mentre era alla finestra che lo osservava, gli rivolse dolci e semplici parole, con un lieve sorriso, una curvatura delle labbra appena accennata.
– Nostalgia di casa? – furono quelle parole che gli rivolse, facendolo voltare verso di sé, mentre gli sorrideva in quel modo che gli lasciò un attimo di confusione.
L’essere negò, lanciando un’occhiata fugace alla pallida Luna, tornando dopo una breve pausa a guardare lei, ed a parlare. – Noi lunari non possiamo provare nostalgia, e comunque anche se la provassimo certamente dubito sarebbe rivolta a quel luogo.
– Ed allora a cosa pensi? – chiese ancora lei, inclinando appena il capo verso la spalla sinistra, mantenendo lo stesso tono delicato, forse volendo alleviare l’amarezza delle parole di lui.
– Mi chiedo se con questo Gioco potrò guadagnarmi di tornare qui ancora, è la prima volta che sono tra i dodici che vengono mandati sulla Terra.
La ragazza sorrise allegramente ed innocente, socchiudendo di poco gli occhi e mostrando i bianchi denti fra le vermiglie labbra. – Farò del mio meglio!
La creatura, con un fluido movimento delle ali, si sollevò dal ramo e prima che ella lo potesse effettivamente realizzare, era appoggiato con le mani al davanzale, il volto non distante dal suo. – Sii te stessa, sono certo che tu sia più che perfettamente adatta così come sei. Sei sola, ma il tuo desiderio non è corrotto come quello di molti altri, è ancora limpido e splendente. Sei ancora capace di provare un amore puro e incondizionato.
Le gote della fanciulla si imporporarono, mentre lei abbassava gli occhi alle proprie mani, vicine a quelle di lui, ed al loro confronto così piccole. Si perse nell’udire i suoni delle sue ali che schioccavano per mantenerlo sospeso in quella posizione, lasciandosi quasi cullare da quei cadenzati ed armoniosi battiti.
– Promettimi che sarai semplicemente te stessa. – insistette egli, guardandola negli occhi tanto profondamente e con tanta insistenza, che si sentì in obbligo di ricambiare quello sguardo.
– Lo farò, te lo prometto… – rispose, con voce un poco più flebile del normale. Quello che altro non poteva essere definito se non come angelo sembrò dirsi soddisfatto, dato che si tirò di poco indietro, allontanando i loro volti.
Ella osservò quel magnifico viso ancora per qualche attimo, poi, come una bambina colta in fallo da un genitore, corse al proprio letto, dove si rintanò sotto le coperte. Mentre poteva udire dietro di sé il rumore delle ali del lunare che si allontanava, prestò attenzione a come il proprio cuore batteva ferocemente nel proprio petto, mentre il respiro le risultava appena difficoltoso, come fosse stata spaventata. Eppure, non avrebbe saputo dire cosa avesse potuto indurre a tale comportamento i suoi organi interni.
 
Il giorno seguente, tornando in camera in pigiama e pronta per coricarsi, Haruna fu sorpresa di trovare la creatura suo davanzale della finestra, invece che su solito ramo d’albero. La guardava, anzi di preciso il suo sguardo era puntato alla piccola scatola che stringeva morbosamente tra le mani, poi si rialzò sui suoi occhi gonfi e pesti di lacrime da poco versate. Non disse nulla, non fece domande. Sapeva che quello era per forza di cose un dono, sapeva che si trattava di un dolce fatto a mano nel tardo pomeriggio di quel giorno stesso dalla ragazza, sapeva anche del pianto in cui era scoppiata nel prepararlo, bagnando di salata tristezza il proprio volto e il tavolo della cucina. Le cause di tali gesti non le riusciva neppure ad immaginare, ma sapeva l’avrebbe scoperto presto. La guardò strofinarsi con insistenza le ciglia umide, mentre riponeva la scatola nella cartella scolastica ed andando ad innalzare tra loro una barriera fatta di coperte e silenzio.
 
Il cielo bagnato dalle ultime luci di un profondo arancio incorniciava la figura del lunare, splendendo sulla sua pelle, le nivee ali, i capelli carezzati dalla brezza; la schiena era poggiata sulla cornice della finestra, una gamba piegata contro al petto, l’altra abbandonata all’aria frizzante del primo autunno. Come al solito osservava, fissava la porta, attendendo che la ragazza entrasse. Ed eccola, spalancare la porta con le mani tremanti, con le quali tentava di asciugare le grosse lacrime che spargevano i suoi grandi e dolci occhi, si gettò sul letto, affondando il viso nel cuscino per soffocare i singhiozzi che la scuotevano senza ritegno. La creatura alata la guardò, indecisa sul da farsi. Lui non provava sentimenti, come rassicurarla? Come farle cessare quel pianto che non sopportava le sconvolgesse i lineamenti in quel modo. Era la prima volta che sentiva di voler fare qualcosa. Ma non poteva farci nulla, il bel sorriso di quella fanciulla... voleva tornasse al suo posto, sulle sue labbra, sui suoi occhi luccicanti. Sentiva questa piccola mancanza nel suo cuore, senza quel sorriso. Si sentiva così strano… Avere desideri era sbagliato, così terribilmente sbagliato
Poggiò lentamente un piede dopo l’altro sul pavimento della camera, saggiandone la fredda compostezza con la nuda pelle, e si alzò, raccogliendo silenziosamente le ali sulla schiena, guardando quella di lei, tremante. Camminò lentamente avvicinandosi al letto, prese una morbida coperta da sopra una sedia, e la pose delicatamente sopra il corpo della ragazza, che sussultò, ma si acquietò, seppur faticando a fermare i singhiozzi.
– Chi è? – chiese con voce bassa il lunare, chinato verso di lei, i palmi poggiati sul materasso. – Chi è la persona che hai atteso per tutto il giorno, di fronte a quella costruzione simile ad una fortezza? A chi hai fatto consegnare quel dono?
La ragazza balbettò un nome, reso appena comprensibile anche per via della stoffa che ovattava le sue parole. – Mio fratello… – aggiunse dopo una piccola pausa composta da un paio di singulti.
L’altro la guardò tentare di calmare il pianto ancora per un po’, poi si fece indietro, sollevandosi facendosi leva sul letto su cui era poggiato. – Riposati, ne hai bisogno, non necessiti di parlare di questo, ora. Buonanotte. – il suo tono usualmente neutro si addolcì appena nell’ultima parola, risuonando nelle orecchie della fanciulla.
Sehaliah si avvicinò alla finestra, spiegò le ali e prese il volo, allontanandosi.
 
Il giorno seguente venne a conoscenza, dalla sua protetta, del fatto di come, dopo aver perduto i genitori, suo fratello e lei fossero stati adottati da due differenti famiglie, e di come dopo qualche anno il maggiore dei due aveva smesso di volerla vedere, di chiamarle o di scriverle. Fu da quel momento che la ragazza capì quanto in verità fosse sola, ormai. Non aveva più alcuna persona cara accanto a sé, nessun amico. Nei giorni a venire, i due solevano scambiare qualche parola, prima di andare a dormire, sulla giornata trascorsa dalla giovane, su come sua madre si lamentasse che andando a dormire con le finestre spalancate a quel modo in quella stagione si sarebbe come minimo buscata un raffreddore, o su qualsiasi cosa capitasse loro di discutere. Nonostante da parte della creatura non arrivassero sorrisi, il suo tono fosse sempre neutro e le frasi discrete e schiette, la ragazza era felice. Amava avere qualcuno con cui parlare, si godeva quegli attimi di mera felicità che le erano concessi, pur sapendo che sarebbero dovuto finire. Mentre la ragazza si affezionava alla costante sensazione di sentire quegli occhi blu mare su di sé, il desiderio dell’altro di vedere il sorriso sul suo volto non faceva che aumentare, al punto da sentirsi stranamente caldo quando vedeva la dolce curvatura delle sue labbra.
 
Haruna era in piedi di fronte alla finestra, sul cui davanzale poggiava le punte delle dita, occupato dal corpo di Sehaliah. L’osservava mirare la Luna. La sua presenza le aveva fatto bene, i suoi occhi non avevano più bordi arrossati per le lacrime versate quando era sola nella propria stanza da troppo tempo. Era così felice di essere con lui.
A quel punto, fu portata a chiedersi se non fosse tutta un’illusione, e provò l’istinto di toccarlo per verificare. Fu così che allungò la mano, la poggiò sul suo braccio, lo trovò particolarmente fresco, ma certamente solido. Guardando la propria pelle poggiata su quella così pallida, curvò appena un sorriso, alzando poi lo sguardo su quello che quando l’aveva toccato si era spostato su di lei, subito dopo che il suo corpo aveva sussultato di stupore.
– Volevo accertarmi che tu sia qui, che sia reale... Che non sia solo un’illusione. – mormorò la spiegazione, senza riuscire a scacciare quel piccolo innalzamento degli angoli della propria bocca. L’angelo la guardò per un po’, lei guardava i suoi occhi, li trovava diversi, luminosi.
– Sono qui.  – sussurrò lui in risposta, la voce profonda e dolce colpì la fanciulla, ma non tanto quanto un dettaglio ancor più importante, per lei. Il fatto che per la prima volta, sul volto che aveva di fronte, si era dipinto un sorriso. Una piccola, dolce curva, che dalle labbra si trasmetteva al bagliore delle iridi. Sobbalzò, ma le sembrò che non fosse stata propriamente lei a farlo, bensì le sue viscere, il suo stomaco le era parso scosso ancor più della sua mente.
Sentì qualcosa di fresco sopra la propria mano, abbassò lo sguardo e vide che egli le stava sfiorando con le punte delle dita la mano poggiata sul proprio braccio. Lei alzò le proprie, in modo da intrecciare di poco le falangi.
– È ora di andare. Buonanotte, Haruna. – aggiunse, eliminando il contatto fra le loro pelli, ed osservandola mentre si coricava, ancora confusa su cosa fosse accaduto poc’anzi.
 
Erano di nuovo in quella che ormai era diventata una posizione abituale: il lunare appollaiato alla finestra e lei in piedi di fronte. Si scrutavano con le code degli occhi, in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri e dubbi. L’uno aveva ormai chiaro che quel desiderio che provava verso quella gracile umana non poteva più essere una semplice illusione della sua mente, era troppo forte, lui la voleva al suo fianco. Cos’era diventato? I lunari non provano desideri, è impuro. Lui era impuro, dunque. Strano, l’aveva sempre immaginato molto più brutto, invece era una sensazione meravigliosa, desiderare il sorriso di Haruna ed ottenerlo. Cosa gli sarebbe successo una volta tornato sulla luna non gli interessava più, come sarebbe stato punito per il suo essersi macchiato, infondo ora che conosceva quella piccola felicità, tutto il suo mondo gli sembrava vuoto, oscuro e privo di senso. La ragazza, da parte sua, si sentiva strana nei confronti di quell’essere dalle grandi ali candide come neve, era costantemente con lei, in un certo senso quasi la proteggeva, lei si sentiva davvero al sicuro sotto al suo sguardo come l’oscurità della notte, quando sentiva la sua profonda voce qualcosa le turbinava dentro al cuore.
– Com’è sulla Luna? – osservando un fremito delle ali della creatura, Haruna ebbe quasi l’impulso di carezzare quelle morbide piume, ma lo scacciò, rivolgendo lo sguardo al suo, con un sorriso.
– Dimoriamo in grotte e cunicoli nelle viscere della roccia, ovunque è completamente buio, ma noi vediamo perfettamente. Ovunque si possa posare lo sguardo, grigio ed oscurità, non ti piacerebbe. – osservò il satellite naturale mentre le rispondeva, muovendo lentamente una mano in aria, di fronte al proprio viso. – Il buio è tale che lo senti premere sulla pelle col suo gelo, senti di tagliarlo quando ti muovi. 
– Amo il buio. – ribatté ella, prontamente.
– Non conosci quel buio. Voi umani non potreste mai sopravvivergli. – il lunare la guardava coi suoi occhi come oceani, ed ella di riflesso arrossì un poco. – Quel gelo, quel nulla… Voi ne sareste risucchiati, cadendo in una spirale di follia. Siete esseri effimeri, fragili più del cristallo, ma ancor più stupendi. Pieni di malizia e desiderio, luce ed ombra. Voi siete abituati al vostro mondo abbagliante di luce, proviene da ogni oggetto in torno a voi. Mai alcuno di voi deve vedere com’è la vera essenza della Luna, mai tu dovrai farlo, Haruna.
 
Sehaliah non poteva togliersi dalla mente un pensiero, quel giorno, che la notte seguente se ne sarebbe dovuto andare. Avrebbe dovuto abbandonare quella fanciulla che gli aveva insegnato il peccato ed il desiderio, facendolo divorare da tutti i mali odiati dalla propria razza, come la giovane che gli uomini chiamavano Pandora. Ma egli era così felice con lei, così felice di vederla sorridere, di vederla allegra, di non vedere più sue lacrime, avrebbe sempre voluto vivere potendo guardare quel sorriso, quella ragazza. Attese che la ragazza tornasse dal bagno, impaziente di vedere il suo solito dolce sorriso, ma quando ella varcò la soglia, quella morbida curva che tanto amava mancava sul suo volto, che era invece bagnato da piccoli cristalli di lacrime, che lentamente scivolavano lungo le sue pallide gote, dai suoi grandi occhi tristi. Si sentì mancare, lei doveva sorridere. Subito, discese dal davanzale, camminando verso di lei e stringendole i lineamenti fra le mani, i pollici a cancellare le lacrime, strofinandosi sugli zigomi.
– Tu non devi piangere, Haruna… – sussurrò, come si trattasse di un piccolo codice in un linguaggio segreto conosciuto solo da loro due, qualcosa che poteva essere loro e loro soltanto.
– Come posso? Tu te ne andrai, ed io sarò sola di nuovo… - balbettò la fanciulla, abbassando lo sguardo, la voce ed il corpo scossi dai lievi singhiozzi.
– Non sarai sola, avrai da me un desiderio, dimentichi? – le sorrise egli.
– Se è così, desidererò che tu rimanga. – disse lei, poggiando le mani che tremavano lievemente sui polsi di lui, circondandoli col suo caldo tocco, mentre socchiudendo gli occhi si beava delle sue carezze. Da quanto tempo la sua pelle non veniva più carezzata in tal modo, non lo ricordava più neppure lei.
– Non mi è possibile, se ti concedo un desiderio me ne devo andare.
 – Non voglio nulla allora. Tutto ciò che chiedo è stare con te. – disse con decisione, puntando le pupille nelle sue, ma sta volta fu lui ad interrompere nuovamente quel contatto visivo, scuotendo il capo.
– Haruna, no… E’ giusto che vada così, io sono un lunare, dovrei vivere all’ombra in eterno, condannando te ad una vita di solitudine. Tu devi essere felice, domani tu esprimerai il tuo desiderio, ed io me ne andrò, come deve esser fatto. Ed io ti prometto, che ci rivedremo, anche se non come immagini. – dicendo ciò, fece cadere le mani dal suo caldo volto, lasciandole scivolare fino all’insenatura dei suoi gomiti, che strinse. Sapeva che qualunque fosse stato il suo destino, in quanto impuro, non sarebbe potuto essere felice, forse sarebbe morto, ma di certo non sarebbe mai tornato sulla Terra.
– Mi prometti davvero che ci rivedremo, Sehaliah? – chiese ella in un mormorio, timorosa che egli si sarebbe tirato indietro. Non poteva più nascondere a se stessa che quel calore i suoi sorrisi, il suo tocco o perfino il suono della sua voce causavano in lei fosse amore. Un calore che si irradiava dal suo ventre, fino a scaldarle l’intero corpo, con la velocità di un incendio, tiepido come una morbida coperta di lana in inverno. 
Te lo prometto, Haruna.
 
Era il momento di andarsene, il lunare lo sapeva. Un sospiro sfuggiva dalle sue labbra, mentre guardava la coltre celeste buia, priva di Luna. La regina del cielo mancava, ma le damigelle stelle continuavano a splendere bellissime, sapendo che sarebbe presto tornata. Chissà, lo sapevano davvero con certezza, o volevano solo fidarsi della loro sovrana?
– Sehaliah… – il suo nome venne esalato da quell’esile e dolce voce, facendolo voltare a guardare quella figura a cui si era tanto abituato, il fatto che non l'avrebbe più potuta vedere gli faceva già male.
– Haruna, è giunto il momento per me di andarmene. Mi hai insegnato quanto non puoi neppure immaginare, non rimpiango un singolo istante passato accanto a te.– l’essere si voltò del tutto, stringendole con delicatezza le piccole mani fra le proprie.
– Concedimi almeno un regalo. – disse ella, poggiando il peso sulle punte dei piedi e sporgendosi verso di lui. – Baciami…
– Ho un regalo ancora migliore. Non ti bacerò. Ti ferirei soltanto di più, con la mia partenza, devi cancellarmi dalla tua memoria il prima possibile. – le carezzò dolcemente i capelli. – Desidera, Haruna, è ora che me ne vada.
– Non voglio più essere sola, voglio essere amata… - sussurrò la ragazza, mirandolo per un’ultima volta, abbassando poi lo sguardo.
Sehaliah spalancò le sue enormi ali, ed il prima possibile volò fuori da quella camera testimone del loro amore impuro. 



Seth's corner:

Salve a tutti, voi povere anime che avrete letto questo capitolo LUNGHISSIMO. Lo so, succede un sacco di roba, è tutto un gran macello, e credete che per me è stato un vero parto scriverlo. In ogni caso, spero possiate averlo apprezzato nonostante sia stato tutto soltanto un enorme macello ingarbugliatissimo, e vi prego di lasciare una piccola recensione, che fa sempre piacere! Questo comunque era l'unico capitolo davvero lungo, il prossimo, ovvero l'ultimo, sarà più breve, ma anche un po', ehm, cruento. Vi chiedo scusa, la mia voglia di angst e violenza ha avuto la meglio anche in questa fic. Che dire, questa fanfiction è ormai nel mio cuore, ci ho lavorato un casino e ci tengo davvero davvero tanto, anche se poi le do nomignoli stupidi quale "Super Piccione e la disadattata sociale". Sì, vi giuro che la chiamo davvero così nella mia mente o a voce. Ehm, okay, direi che stiamo divagando-
Il prossimo capitolo dovrebbe essere può veloce ad arrivare, dato che probabilmente lì non avrò problemi coi limiti di lunghezza e che so già precisamente cosa deve accadere. Spero davvero vi abbia fatto piacere leggere quest'ammasso di baggianate oscene e lasciatemi un parere, please!
Have a nice day
~!

~Seth
   
 
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