Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Amantea    23/01/2016    14 recensioni
"[...] ma egli ebbe quello che il suo cuore bramava, e tardò molto ad averlo, e forse non c'è felicità più grande". (Jorge Luis Borges, L'Aleph)
Il mio modo di celebrare l'amore eterno di Oscar e André, attraverso la voce di chi ne fu l'unico complice e testimone.
[...]L'uomo guarda la scacchiera d'ombre e luci che danza dinanzi ai suoi occhi, e la trova quasi bella.
Una brezza leggera risveglia le fronde, l'oceano non è lontano da lì. In certe giornate limpide e schiette si può quasi spingere lo sguardo fino all'orizzonte e credere di vederci il bianco spumeggiante delle onde. Vere però sono le vele che, lente, si stagliano in quel biancore, il punto in cui il mare svapora nel cielo.[...]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Madame Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LA  FELICITA'  PIU'  GRANDE
"[...] ma egli ebbe quello che il suo cuore bramava, e tardò molto ad averlo, e forse non c'è felicità più grande".
(Jorge Luis Borges, L'Aleph)



-6-

«Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità’, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai».

(Virginia Woolf)




- Potete sistemarvi in camera mia -. Le fa strada all'interno della piccola abitazione. Armeggia per accendere una lanterna, mentre Camille aspetta sull'uscio che l'uomo le faccia luce.
- Non è granché, ma... -
- Andrà benissimo, grazie. Chiedo solo di sdraiarmi un poco -. Non ha bisogno di fingere una resistenza che non ha più. Tutto quello che è successo in quella stanza se lo porta ancora appresso (1), il cuore ricolmo dell'emozione che ogni nascita racchiude in sé.
Quando un chiarore giallognolo si diffonde contro le pareti bianche Camille varca del tutto l'ingresso. Basta un'occhiata per cogliere l'intera stanza, e rendersi conto che si tratta di una cucina. Un tavolo, alcune sedie, una credenza, un camino, un sofà dal colore indefinibile, una specie di scrittoio addossato a una parete, stivali e attrezzi in un angolo, una spada, nel suo fodero di stoffa, e un fucile. La descrizione di un uomo, anche, o non del tutto.
Gli occhi di Alain sembrano ancora più scuri, o forse è solo la notte di cui si sono imbevuti, attraversando la strada ancora fangosa, odorosa di terra bagnata e di erba, di fiori scossi dal temporale, di paglia e di animali, che ancora non li abbandona.
- C'è dell'acqua... se avete bisogno di rinfrescarvi. Vi cerco un telo pulito -.
Alain senza esitare supera il tavolo che occupa il centro della stanza, e si eclissa svoltando verso destra. Dopo poco un'altra luce si riverbera tremolante dove è entrato da pochi minuti. Deve averle acceso un treppiedi o un'altra lampada. Camille non si è mossa. Un flebile imbarazzo l'ha trattenuta in cucina, come se seguirlo nella camera da letto le fosse sembrato qualcosa di troppo sconveniente.
- Spero che riusciate a riposare -. Si è affacciato di nuovo sulla cucina, la lanterna ancora nella mano, che getta ombre calde sul volto e la camicia chiara.
- E voi? -, chiede finalmente Camille. Lo chiede con un tono accorato, di sincero interesse, e Alain sorride di tanta premura.
- Mi sistemerò qui -.
Il volto sereno non lascia adito a dubbi, e la ragazza è veramente troppo stanca per continuare ad indagare. L'alba non sembra in fondo poi così lontana. Si manifesterà lenta, ma inesorabile, inghiottendo la notte e le sue ombre...  e il disagio reciproco non durerà poi molto.
- Bene allora... Buona notte, Alain e... grazie -.
Lo supera, abbassando il mento, sviando velocemente gli occhi dai suoi, sentendoseli addosso, che la seguono, fino a che gli stivali non si muovono nella direzione opposta. Li sente fermarsi, pesticciare un poco, indecisi, valutare il punto meno scomodo dove accamparsi, e li immagina infine gettati via, giacere, sul pavimento, scomposti, là dove sono caduti, uno sull'altro.

E' sola adesso.
La stanza non ha una porta da chiudere, ma una specie di tenda da far scorrere, a piacimento. La tira, accostando le estremità al legno della cornice, notando che non è abbastanza larga da coprire l'intero specchio dell'apertura. Ma dalla cucina non proviene nessun rumore, solo un bagliore tremulo, e inoffensivo.
Si avvicina al letto, e si siede.
Niente a che vedere con la morbidezza soffice del materasso della sua stanza alla villa, eppure il corpo si adagia senza remore a quel contatto.
Si toglie le forcine di perle che ancora le restano tra i capelli, e le raduna su un tavolinetto tondo. Le dispone lentamente, in una fila perfetta, come se quell'ordine potesse ripercuotersi anche dentro di lei, e calmarla un poco... risistemare le esperienze, riclassificare i pensieri...
Respira lentamente mentre completa il disfacimento dell'acconciatura, o meglio, di quel che ne rimane, e si ravviva i capelli con la mano, sciogliendo le ciocche, allungando i riccioli verso la nuca e il collo, lisciandoli sulle spalle.
Dormirà vestita, è evidente. Si toglie gli stivali, sibilando soddisfatta. In quella mossa, una manica della camicia sale disvelandole il polso. Si ferma a guardarlo, quasi attonita. Ci sono dei lividi rossastri, e devono essere gli affondi delle dita di Eugénie, aggrappata a lei, nello spasmo delle spinte.
Non aveva sentito nulla, sul momento, presa da quanto stava vivendo.
Come a volte non ci accorgiamo dei segni che restano impressi nel cuore, se non perché, quando meno ce l'aspettiamo, diventano dolenti.
Si stende, massaggiandosi il polso. Adesso, che lo sa, fa quasi male.

La notte è femmina.
Si ritrova a pensarlo, Alain, con un ghigno che gli infiora le labbra, steso alla bell'e meglio sul sofà troppo corto per un uomo della sua statura. Una gamba piegata e l'altra che scivola fuori, e si appuntella sul pavimento di pietra fredda. Un braccio chiuso sugli occhi, nonostante sia buio, e non ci sia nulla da vedere.
Femmina, ripete tra sé. Perché la notte si insinua nei sensi come il profumo di una donna, e li confonde. Dolce, a volte; più spesso amara, come il rimpianto di una conquista perduta, o una donna troppo furba per lasciarsi afferrare. All'apparenza immobile e senza fine, come una bellezza senza tempo, solo da ammirare. Oppure agile, come un corpo giovane e veloce, che cerca e raggiunge in fretta il piacere, più volte. Ed è già l'alba.
Un fruscio lo fa sollevare di scatto.
- Io non... scusatemi, vi ho svegliato -.
Ha calze di seta ai piedi, i capelli sciolti e confusi. Immobile.
- No, non stavo dormendo. Nemmeno voi però -.
- Cercavo un bicchiere d'acqua ... -.
Si alza, le offre una sedia, e provvede a cercare e riempirle un bicchiere.
- Solo questo? -.
Posa la lampada sul tavolo, in tempo per scorgere le sue mani sottili, venate d'incertezza, che cercano il bicchiere e lo portano alle labbra.
- No, non solo questo -.
Alain afferra altro, nel buio della stanza, e si siede anche lui, di fronte alla ragazza, versandosi del vino.
Un sospiro, e poi solo silenzio. Gli pare di vederseli addosso, quegli occhi azzurri e trasparenti, come l'oceano che tante volte scorge dalla cima del suo campo.
- Cosa siete venuta a fare ad Arras, Camille? -.
E' una domanda, ma non sembra tale. A volte c'è solo bisogno di un piccolo incoraggiamento perché un cavallo inizi a trottare... o un'anima ad aprirsi.
- A prendere tempo -.
- Tempo? -.
- Sì -.
- E pensavate di trovarlo in un cimitero... questo tempo che vi occorre? -.
Deve aver alzato repentinamente la testa, perché Alain intuisce uno sbuffo di riccioli, che ondeggiano e poi si ricompongono. E sorride suo malgrado.
- Beh, un tempo eterno potrebbe essere sufficiente... sì -.
Ride. Dapprima timidamente, nella gola. E poi a labbra schiuse, lasciando che la testa si arrovesci un poco.
- Siete molto bella quando ridete -.
Non le lascia il tempo di imbarazzarsi, e si alza, prendendo il lume.
- Volete vedere una cosa? -.

Seduti sulla panca, sotto la pergola, nella piccola corte.
Il tempo di indossare di nuovo gli stivali, ed ecco che osservano, in silenzio, la notte.
La pioggia ha lasciato un'aria fresca, foriera di brividi, e Camille ha sulle spalle la mantella che Alain le ha procurato, e la stringe, le gambe rannicchiate al petto.
- E' il vostro rifugio, questo? - chiede la ragazza.
- Sì. E' il motivo per cui ho scelto proprio questa casa, e non altre... -.
- E venite spesso qui... anche di notte? -
- Sì -.
- Allora molti pensieri vi tengono sveglio, Alain -.
- E a voi Camille... quali pensieri vi tengono sveglia? -.
E' strana la confidenza che il buio crea. Forse perché degli occhi si intravvede appena il bianco, che guizza con innocenza, senza ferire. O perché tutto rimane sospeso, più fragile, ed è facile fidarsi di chi si espone allo stesso gioco. Né vincitori, né vinti, solo pensieri sparsi da gettare sui piatti della bilancia, e fare in modo che restino in equilibrio.
- Se mi sposassi... adesso... non diventerai altro che la moglie di un ricco proprietario terriero. Farei la dama, null'altro. E non è quello che desidero veramente. Ci ho riflettuto così tanto da sentirmi quasi perduta, ma non è quello che voglio -.
- E cosa volete, veramente? -.
Non ci sono più nuvole nel cielo, se non striature lunghe e inoffensive, che la luna inargenta e sfilaccia.
Le guarda, Camille, mentre ascolta assorta il canto ipnotico dell'assiolo, che trapunta il silenzio dei campi, e lo riecheggia.
- Mi piace scrivere... ma dopo stasera, mi piacerebbe anche aiutare le donne a partorire -.
L'uomo immagina le guance fattesi rosse d'imbarazzo, e non risponde subito. Beve un altro sorso di vino, prima.
- Le idee non vi mancano. E anche il temperamento. Riuscirete a decidere del vostro destino, non temete. E tuttavia... siete sicura che non siete figlia di Oscar e André? Assomigliate molto... ad entrambi -. (2)
Alain si alza, sparisce dentro casa, e poco dopo, quando fa ritorno nella piccola corte, ha in mano qualcosa, che Camille non vede bene nell'oscurità. Sembra un quadernetto, un libricino, indefinito il colore della rilegatura, ombra su ombra nel buio ancora denso che precede l'alba.
- Siete una scrittrice avete detto... credo che questo dovreste tenerlo voi -.
Glielo porge, e nella sua mano grande sembra ancora più piccolo di come non sia in realtà.
Camille ne accarezza il dorso, il laccio di pelle che lo chiude in un fiocco, girando intorno alla copertina. Odora, di carta e di muffa, e altro, che non saprebbe dire.
- Era di André. Dio solo sa quanto scrivesse quel ragazzo! Sono sicuro che ci si sia finito quell'unico occhio che gli era rimasto, su quelle carte. Scriveva, nella branda, di notte. Aveva sempre qualche mozzicone di candela da parte, non ho idea dove li trovasse. E poi lo sentivo graffiare la carta, e girare i fogli. Ma non gliene ho mai parlato. Io non sono uno che... non sono uomo di lettere. Quelli erano fatti suoi, e tali dovevano restare. Ma quel giorno... il giorno che rientrò in caserma con il Comandante e decidemmo di disertare... mi prese da parte, e me lo ritrovai tra le mani. "Io non ne ho più bisogno", mi disse. "Sono felice adesso" -.
Sospira, mentre torna seduto, gli occhi alla pergola che un vento sottile e teso fa muovere, frusciando un poco.
- Felice? -.
- Sì. Credo di aver capito subito cosa intendesse. Era così evidente. Gli occhi del Comandante brillavano di una luce che non avevo mai visto, e aveva... aveva dei fili d'erba tra i capelli -. Ride, a quel ricordo. - Mi divertì a metterla in imbarazzo facendoglielo notare, di nascosto agli altri. Mi guardò sbarrando gli occhi, e poi chiudendoli, in un sorriso. L'ultimo, che le vidi -.
Camille carezza ancora il quadernetto, lo stringe in  grembo, con entrambe le mani.
- Non credo di essere degna di questo dono che mi fate... E se lo dette a voi, avrà avuto i suoi motivi -.
- Oh, ne siete sicuramente più degna di me. Lo dette a me per il semplice motivo che ero l'unico amico che avesse... Io non l'ho mai aperto... voi fatene pure l'uso che più vi aggrada -.
- E' un dono bellissimo. Vi ringrazio di cuore... -.
Lo guarda mentre ancora rigira tra le mani quel regalo inaspettato. Guarda l'uomo che le siede accanto, l'espressione seria che gli si è dipinta sul volto, il profilo contratto, il respiro trattenuto.
- Venite con noi in Inghilterra, Alain -.
Lo ha detto di getto, con l'irruenza che le è tipica. E lo ripete, incalzandolo, certa che sia la cosa più giusta da dire, e che forse non le sarà data una seconda possibilità.
- Venite con noi in Inghilterra, Alain. Potreste trovare lavori interessanti... molto più che fare... quello che state facendo qui -.
- Io sto benissimo qui -.
- Oh, davvero? Davvero lo giurereste signor Soisson... che fare il vangatore di campi dove non cresce nulla... o il custode di un cimitero... è la massima vostra aspirazione nella vita? -.
- Voi non sapete di cosa state parlando... -.
- No? Bene... potete spiegarmelo, allora, di grazia, di cosa stiamo parlando? Del perché un uomo d'azione come voi... un uomo che aveva la piena fiducia di mia zia Oscar, e solo questo basterebbe a definirvi un uomo di valore... perché un uomo come voi si ostina a rimanere in un posto del genere? E non ditemi che è per la pergola... ci sono bellissime pergole in Inghilterra -.
Preso alla sprovvista, quasi non riesce a rispondere.
Come spiegare il sentimento che anno dopo anno lo ha tenuto legato a quel luogo... fino a diventare un male sottile, e nascosto, quasi dimenticato, nella quotidianità delle piccole cose. Non sempre si sceglie... a volte è la vita che, semplicemente, va. Come la sua, in quei lunghi anni.
- E' perché li avete visti morire? Lo sento da come ne parlate che eravate molto affezionato a mia zia e ad André... -.
La foga di Camille s'infrange d'un tratto. Alain ha le mani alle tempie, i gomiti sulle ginocchia, e bassa è la voce che sembra fuoriuscire dal nulla.
- Non avrebbe dovuto starle sempre appresso a quel modo... -.
Si muove spontanea la mano, e lenta, sulla spalla di Alain... un uomo così forte, un dolore grande, per un cuore buono.
- Maledizione, non avrebbe dovuto starle sempre attaccato a quel modo -.
- Deve essere stato atroce essere presente alla sua morte ... -.
E' poco più di un sussurro, il suo, ma così dolce, che lenisce un poco il suo sconforto.
- A dir la verità... non l'ho visto morire... ma era stato preso in pieno petto, sì. Ho ancora nelle orecchie l'urlo del Comandante... certe notti sembra così vero che mi sveglio di soprassalto, e allora vengo qui... sotto la pergola -.
Si fa più decisa la stretta sulla spalla, mentre il racconto fluisce : - Ma non c'era tempo per disperarsi. Oscar vegliò André per tutta la notte, e poi, il giorno seguente, quando vennero a chiederci aiuto per assaltare la Bastiglia, lasciammo André nelle mani di alcuni dottori e ci unimmo al popolo. Era un Comandante, vostra zia. Non si sottrasse al suo dovere, mai... nemmeno quando avrebbe dovuto rifutarsi. La colpirono, dalla Bastiglia, mentre dava l'ordine di fare fuoco. Era una testa matta, c'è poco da fare. Se ne stava là in piedi, sprezzante del pericolo, la spada alzata... avreste dovuto vederla! La colpirono, e io presi il suo posto. Avrei buttato giù la Bastiglia a calci e pugni, se ce ne fosse stato bisogno, tanto ero fuori di me. E la abbattemmo in effetti, una cannonata dietro l'altra. La prima vittoria del popolo di Parigi... ma non vi starò a narrare cosa successe poi... fu uno spettacolo orribile, anche per uno come me che si impressiona difficilmente. E quando tornai alla base, a notte fonda... avevo salvato la pelle per un pelo... mi dissero che... che Oscar e André erano morti. E che avrei dovuto portarli ad Arras, dove avevano espresso il desiderio di riposare insieme, nel luogo della loro infanzia. E così feci. Uscì da Parigi illeso per miracolo... il resto, lo vedete anche voi -. (3)
E' ancora sulla spalla la mano di Camille, quando Alain raddrizza il busto e si appoggia al muro.
E per la prima volta si guardano... si guardano, gli occhi affissi l'uno all'altra. Si guardano, l'uomo e la ragazza.
Chissà cosa stanno pensando. Quale il desiderio che attraversa le loro menti, e accelera un poco il battito del cuore, perché a volte non serve molto per sentirsi ancora vivi.
- Venite a pranzo da noi, Alain. Credo che mia nonna ne sarebbe felice. Abbiamo una nascita da festeggiare -.




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(1) Riprendo la citazione leteraria di Alice Munro che introduceva il precedente capitolo 5.
(2) Omaggio alle lettrici che nel primo capitolo avevano fatto ipotesi sull'identità di Camille :)
(3) Ebbene sì... non è la storia che conosciamo noi...


Non manca molto alla fine di questa storia. Grazie per l'entusiasmo con cui la seguite, nonostante Oscar e André non ne siano i protagonisti.
Vi aspettavate una notte di fuoco? :) mmm ... non dico nulla ...
Grazie di cuore a chi legge, chi lascia una traccia, chi segue e preferisce.
Un abbraccio,
Amantea

   
 
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