Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Michaelssmile    23/01/2016    1 recensioni
«A quanti anni hanno finito di raccontarti le favole, Skyler?» mi chiede sarcastico, tirando un calcio molto forte alla lattina, facendola finire lontano.
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra così piene e apparentemente morbide allo stesso tempo, sembra mille volte più bello di quanto sia in realtà.
«Non ho mai creduto alle favole. In tutta onestà... mi ha sempre fatto schifo il lieto fine perché sapevo, già da piccola, che niente sarebbe mai andato come in quelle storie. Ora che ci penso... diamine, ero davvero noiosa da piccola» affermo, poggiandomi di schiena al tronco, con un sorriso.
Non ci posso credere, l'ho fatto ridere. Dopo qualche secondo riprende il suo zaino da terra e fa per andarsene, prima di girarsi, lanciarmi un'occhiata alquanto scettica e sostenere: «Non illuderti: porto solo a brutte esperienze».
Con un gesto del tuo istintivo, gli afferro il braccio e lo blocco a poca distanza di me. «No, sei solo una sfida e io non rifiuto mai le sfide».
Non so da dove mi sia uscito questo coraggio così improvviso, ma l'espressione incuriosita che gli adorna il volto ora mi suggerisce che, in fondo, non sia stata una cattiva idea.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 





 

                                                                                        11. Willpower







Trovo che la forza di volontà sia un pregio molto raro di questi tempi, a causa del consumismo odierno e la mancanza di iniziativa generale. Per questo, ogni volta che devo o voglio fare qualcosa, cerco sempre di dare il massimo. Ed è anche il motivo per cui ho posizionato il cellulare sul comodino, dietro di me: non lo devo guardare e concentrarmi sui compiti che devo svolgere per domani. Una volta finito il mio dovere, forse, potrò riutilizzarlo.  Peccato che il piede non sia completamente d'accordo con me, impegnato a far tremare l'intero letto a causa di un tic ansioso che lo ha impossessato da un quarto d'ora a questa parte.
Non mi reputo esattamente ‘ossessionata’ dalla tecnologia, come la maggior parte di adolescenti nella mia scuola, ma mai come in questo momento sto odiando/amando il mio telefono. In circa ben tre occasioni, ho preso in considerazione l'idea di cancellare solo le applicazioni dei social e rimetterlo a posto, per poi continuare a studiare, ma sono tornata punto e accapo il minuto successivo: so bene che, se allungassi il braccio anche solo per buona fede, cadrei in tentazione e manderei a quel paese ogni singolo briciolo di dignità che mi è rimasta.

Rileggo per la quarta volta le stesse righe, constatando, di nuovo, di non aver capito nulla: l'argomento di letteratura inglese non è di per sé difficile, si tratta solo di uno sforzo di memoria. Peccato che il mio cervello abbia smesso di prendere perfino in considerazione la sola idea.
Mi sembra di sentire uno strano ticchettio, motivo per cui rivolgo lo sguardo un po' in giro: nulla. Continuo a sentirlo.
Mi ci vogliono alcuni istanti per rendermi conto della provenienza: la mia testolina. Ho così tante domande che mi ronzano che non mi stupirei affatto, se la mente mi si trasformasse magicamente in una pentola a pressione da un momento all'altro.
Stringo l'evidenziatore giallo tra le dita, rivolgendo lo sguardo sulle pagine completamente evidenziate sotto di me, prima di afferrare il cuscino a forma di emoji, quella con i cuoricini al posto degli occhi, e soffocare un urlo: mi sto sentendo una vera e propria depravata.
Un lieve campanellino mi arriva alle orecchie all'improvviso e, nel preciso istante in cui il cervello lo ricollega al tono delle notifiche del mio cellulare, non faccio in tempo nemmeno a girarmi che i libri sono già volati e atterrati sull'angolo più esterno del letto. Lascio cadere il cuscino dalle mani senza nemmeno accorgermene e, con un gesto fulmineo, afferro il telefono e lo sblocco: ho appena ricevuto un messaggio.
È Michael, deve esserlo. In fondo, oggi non mi ha raggiunta in teatro come d'abitudine, lasciandomi lì ad aspettare come una perfetta idiota: forse n'è ricordato solo ora e mi ha inviato un messaggio per chiedermi scusa; cerco di non prestare troppa attenzione ai miei pensieri, visto che sono ormai cinque minuti che non riesco ancora a premere la casella dei messaggi dall'emozione ma, dopo essermi leggermente ricomposta, finalmente mi decido.
 

Mrs. McCall :

Mrs. Stilinski, aka mia compagna di avventure, oggi vieni a danza, VERO?

 
Ho appena sentito un tonfo in lontananza: il libro, il quaderno e l'evidenziatore sono appena caduti a terra. In contemporanea, sento il sangue ribollirmi così tanto da volermi quasi strappare i capelli. Meno male che il mio cuscino preferito sia scivolato o, a quest'ora, lo avrei già aperto a metà dall'irritazione. Chiudo gli occhi, facendo respiri profondi, prima che le dita battano sullo schermo dell'apparecchio tra le mie mani, freneticamente.
 

Non sapevo nemmeno che oggi avessimo lezione: Taffy non era partita per l'Europa o chissà dove?

 
Mi lascio cadere di nuovo sul letto, questa volta sdraiata, mentre aspetto una risposta da Kayla. Sono più di due anni che io e la mia migliore amica frequentiamo un corso di danza moderna e, nonostante le difficoltà iniziali, ora siamo migliorate parecchio: tuttavia, non so precisamente quanto tempo fa, la nostra istruttrice ha vinto non ricordo quale cifra alla lotteria e ne ha approfittato per farsi un bel viaggetto col marito nelle capitali più belle di tutta Europa. Per questo motivo, sono appena scesa dalle nuvole.
Il campanellino si ripresenta quasi subito e io sblocco di nuovo il cellulare, sospirando.
 

Mrs. McCall :

Yep, ma è tornata sabato e ha postato l'avviso del rinizio su Facebook: non lo hai visto?

 
Abbasso le palpebre per metà, assumendo un'espressione a dir poco accigliata, prima di rispondere:
 

Mh, direi di no, visto che non posso più entrare su Facebook: darei di matto ancora più di ora, stalkerando Michael, ma, soprattutto, cercando per mari e monti anche quella pecora Dolly che gli è stata appiccicata stamattina come io davanti alla TV durante Teen Wolf.

 
Invio il messaggio chilometrico col fiatone, nemmeno mi fossi sfogata con lei verbalmente, prima di chiudere gli occhi: ora sono sicura di essere impazzita sul serio. Ma so anche che, se accedessi al social network incriminato, accadrebbe tutto quello che ho appena elencato a Kayla: per prima cosa, andrei subito a controllare l'ultimo accesso del biondo, fissando, successivamente, la chat senza un'apparente motivo; subito dopo cercherei tra i suoi pochi amici la cosiddetta ‘pecora Dolly sconosciuta’, nome del tutto insensato ma comunque efficace, e starei a spulciare ogni singolo particolare del suo profilo per scoprire di chi diavolo si tratta.
Non sono ancora sicura se la mia sia gelosia o invidia ma, in questo momento, voglio solo che Michael  si decida a impugnare quel maledetto telefono e mi invii un messaggio: uno qualsiasi, con un qualsiasi contenuto dentro, pur di vedere il nome del suo contatto sullo schermo.
Sto stringendo di nuovo il cuscino tra le braccia, quando il cellulare si illumina.
 

Mrs. McCall :

... Stavi aspettando un messaggio di Michael, vero? EVAPORO ALL'ISTANTE, DIMENTICATI DI ME.

 
Decido di non risponderle più, sotterrando il telefono sotto la massa infinita di peluche accanto a me, prima di allungarmi verso la fine del letto come una foca per recuperare i libri a terra. Allungo le braccia verso la moquette, restando spiaggiata sul letto, prima di sporgermi leggermente in avanti: risultato? La spinta è troppo forte, così le mie mani toccano il terreno troppo velocemente, le gambe si sollevano e, dopo una verticale durata appena cinque secondi, mi ritrovo a fare una capriola in avanti. Atterro di sedere per terra con un tonfo, soffocando un mezzo urlo di dolore; la porta, nel frattempo, si è spalancata all'improvviso.
«Sky, che è suc-» inizia Calum preoccupato, prima di squadrarmi dall'alto. Non finisce la frase che ha già alzato le spalle ed è tornato per la sua strada.
Ma che cazzo?
 
 



 
                                                                                                                 ******
 




Sistemo un lembo dell'asciugamano all'interno del borsone, cercando di chiudere questa maledetta cerniera, prima di stringermi l'elastico per capelli: mi sembra di aver preso tutto e, se mi do' una mossa, credo di riuscire ad arrivare in palestra per l'orario prestabilito. Lancio una veloce occhiata alla stanza, assicurandomi di non aver dimenticato nulla, prima di scendere al piano di sotto.
«Tesoro, stai uscendo?» mi chiede papà, sbucando dalla cucina con una tazza fumante dal forte profumo di limone.
Alzo la cerniera della felpa più che posso, cercando di mettermi il cappuccio nonostante la coda, prima di rispondere: «Sì, le lezioni di danza sono ricominciate».
Annuisce, prendendo un sorso di the, prima di continuare: «Ti serve un passaggio? Ti direi di fartelo dare da tuo fratello ma, sai, sono passato davanti alla sua porta e l'ho visto leggere qualcosa».
Guardo in faccia mio padre, accompagnando la sua espressione complice con la mia shockata all'inverosimile: mio fratello, il fannullone che  l'anno scorso ha tenuto imballato il libro di filosofia fino all'ultima settimana di scuola, sta studiando? Se non avessi paura di arrivare tardi, a quest'ora sarei già appostata fuori la sua stanza - stile paparazzo - a scattargli una foto di nascosto ma, visto che non si può ottenere tutto dalla vita, mi limito ad afferrare le chiavi di casa sul mobiletto accanto all'entrata.
«Tranquillo, l'autobus passa tra poco e l'abbonamento non mi è ancora scaduto» rispondo, aprendo la porta di casa. «E non illudiamoci: Calum starà solo leggendo Playboy o qualche altra rivista porno».
Esco prima di vedere l'espressione di mio padre e, infilando le mani nelle tasche della felpa, mi avvio verso la fermata dell'autobus. Camminare sotto la pioggia mi ha sempre rilassato moltissimo e, nonostante i miei amici mi abbiano persino dato della pazza in più di un'occasione, sono più che felice di dover fare un pezzetto di strada a piedi. Al mio arrivo in palestra i capelli saranno gonfi peggio della criniera di Simba, per via dell'umidità, ma non mi importa: l'ultima cosa che avrei dovuto fare sarebbe stata morire d'ansia dentro, con qualcuno accanto a me.
L'istinto di prendere il cellulare e controllare la casella dei messaggi è tanto forte da farmi formicolare le dita, motivo per cui accelero il passo e fisso le mattonelle sotto i miei piedi: sono ridicola, devo smetterla. Sento il cappuccio sempre più umido, alcune ciocche di capelli sono completamente fradice, ma non mi fermo; la fermata non è molto lontana. Appena arrivata, mi sistemo sotto il piccolo spazio coperto al lato del palo con gli orari e la mappa per le fermate, decisa ad aspettare pazientemente: forse, concentrandomi su altro, riuscirò a placare la forza con cui sto premendo le unghie sullo schermo del telefonino nella tasca.
Chi diavolo è quella ragazza?
Chissà cosa faremo oggi a lezione: forse Taffy ci racconterà del suo viaggio per la maggior parte del tempo.
Perché erano così vicini?
Non ho neppure finito di studiare storia: devo ricordarmi di controllare gli appunti, così mi sarà più facile.
Possibile che sia la sua ragazza e lui non me lo abbia detto?
Se dopo aver finito i compiti mi dovesse rimanere del tempo, credo proprio che inizierò a guardare una nuova serie TV.
Oggi non è venuto in teatro: sarà stato di sicuro con lei.
Magari, al ritorno, potrei chiedere a mio fratello di venirmi a prendere. Ed è in questo preciso istante che una macchina mi sfreccia davanti ad una velocità impressionante, prendendo in piena una grossa pozzanghera a pochi centimetri dalle mie Converse: l'onda che si è appena creata riesce a prendermi fino al bacino, mentre spalanco la bocca d'istinto e sollevo le braccia a mezz'aria. Sento i jeans appiccicati alla pelle, mi sale un brivido lungo la spina dorsale e il cappuccio mi scivola lentamente all'indietro: sto seriamente cercando di contenermi o sento di poter urlare parolacce ed insulti al vento per la rabbia.* Guardo in basso, rendendomi effettivamente conto di quanto io sia ancora più bagnata rispetto a prima: non riesco a trovare un solo centimetro di stoffa asciutto. Non so esattamente come abbia fatto a riconoscere il modello della macchina incriminata ma ora sono più che certa di esser stata ‘aggredita’ una maledetta Mini Cooper guidata da qualche imbecille. In altre circostanze mi toglierei le scarpe per far uscire tutta l'acqua all'interno ma, ora che è finalmente arrivato il mio autobus, posso solo cercare di ignorare le calze completamente fradice e salire. Prendo posto senza guardare in faccia nessuno, stringendomi la coda, prima di mandare davvero al diavolo tutto e guardare al di fuori del finestrino pieno di goccioline, attirate dalla forza di gravità.
 


 
 
                                                                                                                  ******
 


 
Spalanco la porta, attirando l'attenzione di tutte le ragazze all'interno della stanza, prima di ignorarle e farfugliare: «Taffy, scusa davvero:  l'autobus ha fatto ritardo, qualche imbecille mi ha fatto la doccia per una pozzanghera, la cerniera della felpa si era bloccata e- ».
«Skyler!» strilla la mia insegnante, correndo a stringermi in un abbraccio. Ricambio subito, tirando un sospiro di sollievo, prima di essere accolta anche da tutte le altre mie compagne di corso. La poca differenza d'età tra Taffy e le sue allieve è sempre stato un punto a nostro favore: ci giustifica quasi sempre per tutto, ci difende ed è seriamente raro che alzi la voce contro qualcuna di noi. Sto parlando di una ragazza venticinquenne dai capelli rossi naturali e gli occhi chiari, molto seria nel suo lavoro ma che non perde mai occasione per divertirsi; sono ancora convinta che, al momento di dover scegliere se iscriverci o no, la sua vitalità e la sua voglia di fare avessero seriamente influito sulla decisione mia e di Kayla. Quando poi ci annunciò la sua vincita alla lotteria, la sua felicità non ebbe eguali. Ricordo che bilanciammo quell'ultima lezione in modo che potessimo sia ballare che consigliarle i posti più belli da dover visitare a tutti i costi: molte delle mie compagne, provenienti da altre scuole, erano già state in Europa e non fecero altro che accavallarsi le une sulle altre per riuscire a dare il proprio consiglio a Taffy. Quest'ultima prese appunti tutto il tempo, promettendo che avrebbe inviato tutte le foto sul nostro gruppo di Facebook. Ne ho viste alcune - la torre di Pisa in Italia, il Big Ben a Londra e qualcun'altra - ma ammetto di essermi completamente dimenticata dell'argomento, a causa di tutto quello che è successo nel mentre.
Perdiamo buona parte della lezione con i racconti lunghi e dettagliati della nostra insegnante, ponendole domande un po' generali, prima di riprendere da dove avevamo lasciato prima che partisse: mi ci vuole un po' a riabituarmi, ma, dopo non molto, le gambe e le braccia sembrano prendere vita propria. Sento il cuore battere a tempo con il remix di Just Dance proveniente dalle enormi casse nere poco lontano dalla nostra postazione e, nella frazione di un attimo, il cervello sembra svuotarsi completamente: mi lascio trasportare completamente dalle note e dai passi, ignorando tutto quello che mi circonda, mentre le orecchie amplificano ancora di più il timbro deciso della musica che aleggia nella stanza. I passi della coreografia mi ritornano alla mente meccanicamente, facendomi sentire quasi sollevata da terra, mentre continuo a ballare. E smetto di pensare a tutto: alla ragazza misteriosa dai capelli rosa, a Michael, a Sarah, ad Ashton. Almeno finché finisce la canzone ed io riapro gli occhi, col fiatone e il sudore che mi cola lungo la fronte e le tempie.
La prima percezione che provo è la voglia di continuare a ballare, dovuta alle numerose scariche elettriche che mi stanno trapassando i muscoli delle gambe in questo preciso istante e che per poco non mi portano a premere ‘Replay’ sullo stereo e ricominciare. La seconda sensazione è quella della ‘solitudine’, dovuta alla mancanza delle altre ragazze al mio fianco, fatto di cui mi accorgo solo ora che ho rimesso aria nei polmoni. La terza, non appena lo sguardo viene attirato dal gruppo davanti a me - composto dalle mie compagne e Taffy - con gli occhi fuori dalle orbite nella mia direzione, è imbarazzo: perché stavo ballando solo io? Le altre sono tutte rimaste a guardare? Eppure mi è sembrato che avessimo iniziato insieme.
Sento le guance andare a fuoco, mentre punto gli occhi sul pavimento, ma tutto sembra fermarsi nell'esatto momento in cui sento delle mani battere lentamente, seguite, successivamente, da tante altre: stanno tutte applaudendo per me. Questa volta sono io quella che guarda il gruppo con gli occhi sgranati, non ancora consapevole del motivo per cui stiano ancora battendo le mani, sempre più forte. Lo scrosciare di questa standing ovation mi fa ridacchiare istintivamente, ma, giusto per evitare una sicura figuraccia futura, oso chiedere: «Perché mi avete fatta ballare da sola? E, soprattutto, a cosa è dovuta tutta questa orazione?».
«Io avevo chiesto solo metà della coreografia, Skyler» mi risponde Taffy, alzando un angolo della bocca e un sopracciglio.
È seria? Possibile che non mi sia nemmeno accorta di aver ballato per l'intera durata del remix? Per un solo momento, il pensiero che possa essersi arrabbiata mi sfiora il cervello, e vorrei tanto chiederle scusa. Poi, nella mia mente sembra essere iniziata la fase dell'autocommiserazione: Come ho potuto essere così idiota? Perché devo sempre strafare? Taffy se la prenderà tantissimo e mi caccerà, ormai ne sono sicura. Mi prenderei a schiaffi da sola, per far smettere alle rotelle che ho in testa di girare, se non fossi circondata da così tante persone. Non oso nemmeno immaginare la tonalità di rosso che le mie guance hanno assunto ma, circondata da improvvisi cori di adorazione nei miei confronti, credo che, per questa volta, sorvolerò l'argomento.
 
 



 
                                                                                                                     ******
 



 
Nell'esatto momento in cui esco dalla macchina di mio padre e resto sul marciapiede davanti casa, capisco che riprendere a studiare sarà la fatica più grande della mia vita: mi sembra di sentire dei lamenti fuoriuscire dalle gambe, ho freddo per via del sudore che mi si è asciugato addosso, sento di non avere la forza nemmeno per cambiarmi con il pigiama. L'unica visione che riesco ad immaginare rappresenta me - con la tuta che ho ancora addosso, la coda mezza sfatta, puzzolente  e a piedi nudi -, spiaggiata sul letto a faccia in giù mentre russo peggio di un trattore.
Il rumore della portiera sbattuta e del Tin Tin della macchina ormai chiusa dal piccolo telecomando tra le dita di mio padre, mi fa sussultare: possibile che mi sia addormentata qui, in piedi, per poco più di trenta secondi? Conoscendomi, forse ne sarei capace. Proseguo come un fantasma lungo il vialetto, decisa a voler entrare in casa e non salutare nessuno solo per risparmiare tempo, ma il mio caro papà ha ormai deciso che dovrò aspettare perché: «E quello cos'è?» domanda. Mi giro verso di lui, grugnendo perplessa, prima che mi indichi un piccolo sacchetto di carta marrone per terra, accanto ai miei piedi; mi sembra quasi di sentire un rumore agghiacciante - come un piccolo crack!, unito ad uno strap! - dalle gambe, nell'esatto momento in cui mi piego per prenderlo. Non c'è nessun biglietto, solo la parola ‘Skyler’ scritta in modo disordinato sopra.
Lo sollevo, scuotendolo leggermente fino ad avvertire uno strano rumore all'interno: ma cosa diavolo c'è dentro? Srotolo l'apertura leggermente umida per la pioggia che le è caduta vicino, dando un'occhiata all'interno, e quasi non riesco a crederci.
«Caramelle?» penso ad alta voce, sollevandone una manciata. La mano mi si riempie subito di zucchero, mentre riconosco ogni tipo di caramella presente, e sento il sopracciglio accigliarsi sempre di più. 
Mio padre si avvicina, afferrando un orsetto gommoso alla frutta e mettendoselo in bocca, prima di commentare: «Be', chiunque te le abbia portate fino a qua, sotto la pioggia, sa come conquistare una donna», aprire la porta di casa ed entrare.
Ed è proprio qui che ‘casca l'asino’: chi può mai avermele portate? Riguardo il mio nome scritto sulla carta, non riuscendo a collegare a nessuno questo stampatello maiuscolo così dannatamente comune, e mangio anch'io una caramella, grondante di curiosità: potrebbe avermele comprate mio fratello, anche se non mi sembra molto sensato il fatto che me le abbia lasciate sul portico, oppure Kayla. Ora che ci penso, però, la mia migliore amica è stata a danza fino a poco fa con la sottoscritta. Nella mia mente fa capolino l'idea che Michael, forse per farsi perdonare, si possa essere spinto fino a casa mia pur di farsi perdonare, ma riesco a rendermi conto da sola di quando questo pensiero sia insensato eppure pieno di aspettativa: motivo per cui accantono subito l'ipotesi, nonostante il leggero amaro in bocca che lotta con lo zucchero che sto masticando.
L'unica alternativa che mi rimane è Ashton: non lo sento più da un po', precisamente dalla pallonata in palestra dove ci ho quasi rimesso uno zigomo, e mi sembra tutto leggermente strano... perché avrebbe dovuto portarmi delle caramelle? Per farsi perdonare? Forse, conoscendolo. In effetti, dopo tutto quello che è successo, lui è l'unico a doversi davvero scusare per qualcosa.  
Gli ingranaggi del mio cervello stanno girando di nuovo troppo velocemente e, insieme al mio corpo martoriato dalla fatica e dal dolore, rischio seriamente di crollare sul tappetino davanti all'ingresso: ragion per cui decido di pensarci per bene domani, insieme all'aiuto della mia migliore amica e tanta buona volontà; cosa che, al momento, mi manca del tutto. 







*Episodio realmente accaduto alla sottoscritta.





ANGOLO AUTRICE
Chi non muore si rivede! Sono ancora qui! Chi mi credeva deceduta o altro? 
Oddio, dopo tutte le cose che stanno succedendo nel fandom delle Directioners, mi sto ritrovando davvero a pensare come  io possa essere ancora viva haha
Allora: vi è piaciuto il capitolo? Io non so cosa pensare, sinceramente: è solo un capitolo di passaggio. Ma attenzione! Il dettaglio importante sta proprio nel 'regalo' inaspettato: chi le avrà mandate? Che le scommesse abbiano inizio! 
Ringrazio, like always - see what I did here? *occhiata ammiccante* - tutte voi che leggete sileziosamente, recensite e aggiugete la mia storia!
E che si aprano le porte dell'Inferno per la nostra Skyler & Co.!
Tanto Love. 

*La Ragazza Invisibile*
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Michaelssmile