4.
Fulmine a ciel sereno
Le note si disperdono
nella stanza disegnando nuvole di emozioni e pensieri irreali, ma tanto
profondi da poter quasi essere toccati. Scorrono sotto pelle, raggiungono cuore
e nervi e si insinuano fin dentro l’anima. Le mie dita
scivolano sui tasti dando vita a una melodia che pare
dotata di una vita propria, cresce, soffre e gioisce a seconda degli accordi
suonati.
Come l’avorio e
l’ebano, divisa in ottave alte e basse, la sinfonia che eseguo è un contrasto
di equilibri che si spingono fino all’apice della gloria per poi lasciarsi
affondare in abissi più profondi e malinconici.
Persa nel mio tumulto
interiore come in una bufera di neve, suono quello che provo.
Non ricordo nulla
della mia vita prima degli anni di vagabondaggio solitario che mi hanno spinta fra le braccia dei Volturi, non so chi mi ha
resa immortale, non so quando né perché. La mia esistenza da umana
mi è del tutto ignota, potrebbe anche non essere mai esistita.
Come una leggenda
intangibile, so che deve esserci stata, ma non ne ho memoria. Per questo non so
e non saprò mai chi mi abbia insegnato a suonare il
pianoforte, o a leggere uno spartito.
Non saprò mai perché
la superficie liscia della tastiera mi rievoca sensazioni intense che scatenano
i brividi lungo la mia schiena, o perché mi basti sedermi davanti allo
strumento per sentirmi immediatamente in pace con me stessa.
Fa brutti scherzi la
memoria, sa nascondersi e svanire ma non può cancellare alcunché.
È come una vibrazione nascosta sotto l’oceano, invisibile fino a quando non vengono toccate le giuste corde che la fanno esplodere.
Naturalmente, non
scoprirò mai neppure da dove è nato il mio legame con il musicista italiano
Ludovico Einaudi, o per quale particolare ragione io sia così attratta dal suo
repertorio. Ho appreso le sue ultime composizioni dopo essere entrate a far
parte dei Volturi, memorizzando in un lampo gli spartiti.
Ma la musica che sto suonando in questo
momento è la stessa che eseguo tutte le volte che qualcosa mi turba, come una
vecchia abitudine rincuorante. Le onde
è il suo titolo, so che è stata resa nota negli ultimi
anni del millenovecento e che deve avere una qualche sorta di legame con il mio
passato dimenticato. Non ricordo qual è stato il primo momento in cui l’ho
ascoltata, né quello in cui per la prima volta l’ho realizzata con le mie
stesse dita.
Era dentro di me e
basta.
Accarezzo le ultime
note, lasciando sfociare il suono verso le sue strofe più calde, portandola al
termine.
Sollevo lo sguardo, e
più lentamente le dita dai tasti, per accettarmi della reazione del mio
ascoltatore.
Marcus è raccolto in
contemplazione, con lo sguardo ancora rapito dalle immagini inesistenti che la
melodia gli ha generato nella mente. Le dita sono tenute unite sotto il mento,
tanto fragili e sottili all’apparenza, che mi domando come reggano il peso del
suo viso.
Si abbandona a un
sospiro rasserenato e, con movimenti delicatissimi e silenziosi come il vento, lascia
scivolare il suo sguardo su di me. Quando si muove, Marcus sembra eseguire i
passi di un’elegante danza.
-Incantevole!- Esala,
con un sorriso che nasce dagli occhi e arriva addirittura a tendergli le
labbra. -Come sempre.-
Chiudo delicatamente
il coperchio della tastiera, concedendomi di far scorrere le unghie sul
pregiato legno di mogano, perfettamente lucidato.
-Ti ringrazio,
mia cara, per avermi deliziato.- Aggiunge, pacatamente.
Mi alzo, piano, e
aggiro il pianoforte per avvicinarmi alla scrivania dietro cui
è accomodato. -Grazie a voi, signore, per avermelo permesso.-
Allarga le braccia,
nella sua solita e armoniosa danza. -Ogni qualvolta che lo desideri, sai che mi
troverai più che lieto di ascoltarti.-
Abbasso il viso e
nascondo un sorriso.
Sto per aprire bocca e
chiedergli il permesso di congedarmi, ma il mio signore sembra leggermi nel
pensiero e mi anticipa.
-Trattieniti ancora
qualche istante con me, per favore.-
Dal modo in cui
solleva il mento per studiarmi attentamente, mi accorgo che non vi è traccia
della solita apatia che lo contraddistingue. D’un
tratto, mi pare più partecipe che mai.
-C’è qualcosa di cui
senti la mancanza, mia adorata?-
La sua domanda, appena
accentata, mi spiazza.
Improvvisamente temo
di aver commesso qualche scorrettezza, di aver fatto un errore non indifferente
e mi irrigidisco, spalanco gli occhi e mi preparo
mentalmente ad implorare perdono. Marcus è il più magnanimo degli anziani, sono
certa che non mi punirebbe, ma non posso comunque sopportare il disonore di
avergli recato offesa in qualche modo, anche se non ho idea di dove io abbia
sbagliato.
Chiedermi cosa mi
manca, non è forse il modo più romantico per capire perché accidenti io mi sia
permessa di fare qualcosa di grave?
Provo a parlare ma cambio
idea, timorosa di peggiorare la mia situazione.
Marcus coglie il mio
tormento e si affretta ad accennarmi un sorriso. -Non fraintendermi, al
contrario, perdonami per averti procurato delle inutili inquietudini.-
Rimango ancora più di
sasso a sentire le sue parole.
Gli anziani hanno
sempre il diritto di agire come ritengono più opportuno e, il rispetto che
nutro per questo millenario vampiro, è troppo perché io possa anche solo
pensare che si scusi con me. -Signore, vi prego, io
non…-
Ma lui alza una mano per zittirmi.
-Sorvola su noiosi convenevoli, non ve n’è alcuna necessità.-
Non oso parlare, sono
sempre più confusa.
-Percepisco
perfettamente il tuo profondo legame con questa famiglia.- Spiega, gentilmente,
come se stesse parlando a un bambino piccolo. -E sono onorato dalla tua
fedeltà.-
-Sarà sempre così,
signore.-
Lui sospira
pesantemente. -Perdonaci, se alle volte, cediamo al nostro lato più infimo e crudele…-
-Signore, vi prego di
scusarmi, ma non vi comprendo…-
Con il suo dono che lo
rende in grado di percepire il tipo e la forza dei legami interpersonali, Marcus
sa perfettamente cosa provo per Demetri, della complicità con Felix e del
rapporto di amore e odio che nutro per i gemelli.
Non lascerei mai nessuno
dei miei compagni, e sa quanto sarei disposta a rischiare per proteggerli e del
bisogno che ho di loro. Per di più, conosce la gratitudine che mi lega direttamente
a lui.
Marcus è l’unico a
comprendere per davvero che non rimango al servizio dei Volturi soltanto per fedeltà,
paura, per smania di gloria o perché Chelsea usa il suo potere su di me per
tenermi ancorata qui. Forse a causa delle mie abitudini alimentari, i miei
sentimenti sono i più umani e viscerali del gruppo.
Questa, per me, è
molto più che la mia casa. È la mia vita.
Eppure, con la
sapienza del più gentile fra gli anziani, Marcus sa che ogni tassello che ci
rende individualmente forti può diventare una minaccia. Ma,
la mia particolare devozione, potrebbe tornare utile perfino ad Aro e Caius,
per cui non avrebbe senso temerla.
-Avevo solamente il
piacere di ricordarti che questa è la tua famiglia.- Annuncia, con gli occhi
scarlatti puntati nei mie. -Nel bene e nel male, saremo il tuo futuro, mia
carissima Lilith.-
Abbasso lo sguardo,
ancora intimorita, ma non posso fare a meno di chiedermi se sia davvero un caso
che Marcus mi parli del mio futuro proprio quando, solo un attimo fa mentre
suonavo, ho desiderato conoscere il mio passato.
Il bello di essere
immortali, che non sprecano neppure un attimo di esistenza a dormire, è che hai
tutto il tempo del mondo. Potrebbe risultare noioso,
ma è anche vero che umani e vampiri non necessitano dello stesso numero di
stimoli.
In situazioni di
stress, possiamo rimanercene immobili per giorni interi senza problemi, per poi
riattivarci al momento opportuno.
Ultimamente non ci
sono state missioni importanti, anzi, c’è stata una calma piatta a dir poco snervante.
A peggiorare le cose, le giornate soleggiate di fine settembre che ci hanno segregati dentro le mura del castello, e non è saggio tenere
troppo a lungo un branco di esuberanti succhia sangue sotto terra.
Anche il periodo di
caccia è terminato, Heidi recluta ignare combriccole di vittime
ogni primo fine settimana del mese, portandoci cibo caldo per due o tre giorni
di fila. Dopo una pausa di alcune settimane, che usa per riorganizzare finti
viaggi premio che attirano poveri disgraziati da tutti i continenti, riprende a
portare umani a Volterra nell’ultimo weekend mensile.
Per me è leggermente
diverso, il sangue animale non ha gli stessi valori nutritivi, e non assopisce
la mia sete per più di una settimana. Perciò, soltanto a me, è stato concesso
un permesso speciale per uscire tutte le notti che lo desidero, in cerca di piccole
prede pelose.
Ma non è certo la mia distrazione
primaria.
Adoro scoprire cose
nuove, qui tutti hanno almeno cento anni più di me e conoscono ogni
sfaccettatura della storia umana, addirittura dagli anni prima della venuta di
Cristo fino ad oggi. Per quanto riguarda me, sono quello che definiscono una moderna, vampirizzata dopo la venuta
della tecnologia, non ho ricordi di corsetti stretti e dame rinascimentali.
Tutto ciò che posso
fare, per non sentirmi troppo misera, è cercare di acculturarmi, leggendo e
studiando più che posso. E amo farlo.
Non sarà come aver
vissuto nel medioevo, ma almeno posso provare a immaginare com’era, grazie
anche ai racconti di alcuni miei compagni.
Ed è proprio mentre ho
un libro in mano che la porta si apre con un tonfo. Non che non avessi sentito
prima il suono dei suoi passi
avvicinarsi nervosamente, ma ho preferito ignorare il pensiero. Sollevo lo
sguardo dalle raffigurazioni di demoni mitologici e mi ritrovo a fissare, con
una certa noncuranza, il volto febbrile di Demetri.
I suoi lineamenti, già
affilati di per sé, sono resi ancora più taglienti dalla rabbia, malamente
nascosta.
-Hai tre secondi per
seguirmi in palestra!-
La sua non è una
richiesta, nemmeno una proposta. Si tratta di un ordine.
L’unica cosa che
aggiunge è una smorfia, prima di andarsene senza preoccuparsi di chiudere la
porta.
Faccio un respiro
profondo e chiudo il libro, non muoio certo dalla voglia di farmi comandare da
lui, tanto meno quando è infuriato, ma so che iniziare una discussione sarebbe
tutto tempo perso. Ovviamente è indisposto e, se è già sbagliato provare a
farlo ragionare quando è in uno stato normale, tentare di avere conto e ragione
mentre da i numeri è totalmente sbagliato.
Mi alzo del divanetto
ed esco dalla mia camera, premurandomi di richiuderla, ma non mi metterò a
corrergli dietro. È già tanto se accetto di raggiungerlo.
Inutile chiedermi cosa
gli passi per la testa, lo conosco abbastanza per sapere che il mio rifiuto di
ieri sera ha gettato benzina sulle fiamme della sua ira. Il suo orgoglio è
alquanto sensibile quando si tratta di donne che non stanno al suo gioco, per
non parlare di come va in crisi se ogni cosa non si svolge nell’esatto modo in
cui ha pianificato.
Credo che sia nella
sua indole da cacciatore aspettarsi che ogni preda cada in trappola e voler
pianificare ogni dettaglio alla perfezione, come se stesse preparando una
partita a scacchi, studiando la vittoria già dalla prima mossa.
Se per di più sono
proprio io a scappare via dalle sue grinfie, o a rifiutare la sua mano tesa
verso di me, non c’è da stupirsi se il dramma è amplificato.
Mi inoltro nei piani più bassi, seguo i
lungi sentieri freddi e spingo la pesante porta della palestra sotterranea,
cercando mentalmente di convincermi a non tornare sui miei passi.
Demetri vuole lottare
o, come lo direbbe lui, insegnarmi a combattere. Ha scelto uno dei posti dove il mio potere toglie del tutto le tende e mi
abbandona a me stessa, il che mi porta a credere che il mio sfidante non abbia
intenzioni poi tanto nobili.
Di certo non oggi.
A conferma dei miei
timori, come un fulmine a ciel sereno, un colpo alla schiena mi colpisce con
forza inaudita e mi fa finire rovinosamente contro la parete dal lato apposto a cui mi trovavo.
Il tempo di rialzarmi
mi è negato da due mani che mi afferrano per le spalle e mi spingono
brutalmente contro la parete di pietra, che è stata scalfita e crolla in
piccoli sassolini. Senza che io possa anche solo pensare di oppormi, un pugno
mi centra nello stomaco mezzo secondo prima che un mal rovescio sulla mia
guancia mi faccia perdere l’equilibrio.
C’è una cosa
fondamentale da sapere sui vampiri: il fatto che siano indistruttibili non
significa che non sentano dolore.
Finisco agonizzante al
suolo, digrigno i denti per il male che provo, ma una mano mi riafferra dai
capelli e mi rimette in piedi, solo per riservarmi un ulteriore
attacco che mi fa volare via.
Riatterro
miracolosamente sulle mie gambe, stringo i pugni e un ringhio di frustrazione
mi esce direttamente dal petto.
-DEMETRI!- grido. -Che
diamine stai facendo?-
D’accordo tentare di
insegnarmi a combattere perché sono la più giovane e la meno esperta, e perché
non posso sempre contare sul mio potere. Va bene anche usare le maniere forti,
ma questo non ha niente a che fare con un allenamento, mi sta solo facendo male
di proposito, più che può e senza frenarsi.
Letale come un alito
di morte, Demetri avanza verso di me con i denti scoperti e lo sguardo carico
d’odio, i suoi muscoli sono contratti e niente potrebbe arrestarlo. Qualcosa mi
paralizza, forse la consapevolezza che ogni mio gesto sarebbe inutile.
Prima ancora che io possa
chiudere gli occhi e concentrarmi al massimo, per ordinare a ogni singolo frammento
d’aria presente in quest’ambia sala circolare di concentrarsi contro Demetri,
lui esegue un balzo preciso e si piazza esattamente alle mie spalle.
Riesco solo a sussultare,
che una ginocchiata mi aggredisce alla schiena e mi ritrovo a volare ancora per
la palestra. Sta volta però, non finisco al suolo e nemmeno ho modo di
atterrare, perché è Demetri stesso ad afferrarmi al balzo. Mi prende dalla nuca,
mi scuote per farmi raddrizzare e mi guarda dritto negli occhi.
-Mi basterebbe un
secondo per farti a pezzi…-
Deglutisco ma lo
ricambio con un’occhiata decisa. -Hai mille anni in più di me, cosa ti
aspetti?-
I nostri volti sono
vicinissimi e la sua mano è dietro la mia testa.
Il sorriso malefico
che gli illumina gli occhi mi gela.
D’improvviso, mi
accorgo di essere stata lanciata di nuovo via e, mentre cerco di ruotare in
aria per atterrare in piedi, lui è già su di me. Mi prende e mi scaraventa
contro il pavimento, piantandomi una sua mano al centro del costato.
Il contraccolpo è
stato troppo forte e la sua mano mi ha ammaccato le costole, il suono del mio
corpo marmoreo che si crepa rimbomba in modo agghiacciante.
Trattengo un urlo
serrando le labbra, ma un lamento straziato esce comunque, mentre il mio
respiro accelera intanto che le mie ossa si rimettono al loro posto e le crepe
della pelle si risanino. Il processo di guarigione è rapido quanto doloroso, mi
porto le mani sul petto e rotolo su un fianco, in agonia.
Sollevo gli occhi su
Demetri e, anche se la mia vista è appannata dal dolore, colgo l’ombra
dell’incertezza fra i suoi lineamenti. Che sia una forma di pentimento o di
pena, poco importa, ormai è tardi per rimediare a quello che ha fatto.
Le sue labbra hanno un
fremito e le sue orbite si assottigliano come per studiare un dettaglio, tanto
che temo voglia infierire ancora.
E lo fa, ma sta volta
a ferire non sono le sue mani ma le sue parole.
-Adesso ti comporti
come una fidanzatina gelosa?- Pronuncia, girandomi intorno come un serpente
velenoso pronto a colpire.
Ringhio e mi stringo
le tempie con le mani, per calmarmi, prendo un profondo respiro e cerco di
mettermi seduta, ma la mia cassa toracica si sta ancora riassestando e il
sonoro tonfo che emette mi fa gemere.
Demetri contrae di
nuovo le sopracciglia e fa un passo indietro, ed è proprio il segno della pena
che prova per me che mi fa infuriare.
-Io non sono gelosa!-
Strillo. -E non sono la fidanzatina di nessuno!-
Mi alzo in piedi, ma
mi accorgo di non riuscire a stare ferma, ho i nervi che fremono. Sono furiosa
con lui.
-Sai, forse è proprio
questo il punto!- Dichiaro, guardandolo.
Demetri tace e solleva
spavaldamente il mento.
-Tu puoi fare ciò che
vuoi, sfogarti, giocare a farmi ingelosire ed io sono in balia delle tue lune!-
Protesto. -Forse dovrei iniziare a sfruttare meglio le mie occasioni con gli
altri uomini!-
Il ringhio che emette
Demetri è rauco e animalesco, ed è certamente un avvertimento.
-Cosa c’è? Pensi di
avere una qualche esclusiva su di me? Non ti appartengo e posso fare quello che
voglio con chiunque!-
Ma Demetri non sembra d’accordo, il suo
petto si gonfia dopo un’abbondante presa d’aria e i suoi pugni si serrano, al
contrario dei suoi occhi, che si spalancano per la furia.
-Sei una stupida!-
-Perché?-
-Perché se anche mi
trovassi a letto con dieci donne contemporaneamente, con i denti affondati in
una delle loro gole, a te basterebbe sussurrare il mio nome ed io correrei all’istante
da te senza perdere tempo neppure a riallacciarmi i pantaloni!-
Ed è il suo grido
straziato che mi paralizza.
La sua voce graffiata
mi lambisce la pelle come ghiaccio bollente ed è come se una scossa mi
attraversasse da capo a piede.
Rimango a bocca
aperta, batto le palpebre e guardo quell’odioso vampiro che mi sta davanti,
tanto agitato da sembrare pronto a distruggere l’intero castello a mani nude, e
qualcosa di caldo e soffice mi si annida nel cuore.
Non importa quante ne combini, o come mi tratti, ha sempre la straordinaria
capacità di riprendersi a forza il suo posto dentro il mio cuore.
Che io lo voglia o meno.
Sfruttando il mio
intorpidimento, Demetri mi si lancia contro e mi spinge contro la parete dietro
di noi, appiccicandomi con poca grazia contro i mattoncini ormai semidistrutti.
Il suo braccio mi blocca il collo, sollevandomi il mento cosicché possa essere
direttamente soggetta al suo sguardo più infuocato, e la sua mano mi tiene un
fianco.
-Dopo tutto quello che
ho fatto per te, dopo tutto quello che faccio solo per
accontentare ogni tuo fottuto capriccio e dopo tutte le volte che mi sono messo
in mezzo per difenderti, non me lo merito il tuo disprezzo!- Sbraita,
alitandomi sul viso.
Non dico nulla ma, per
quanto possibile, mi stringo di più alla parete.
-Non osare mai più
guardarmi in quel modo, come se non fossi neanche degno della tua rabbia! Sei
una stupida!- Abbaia, conficcando un pugno nei mattoni vicino alla mia spalla.
Quando si allontana,
imprecando in silenzio e riservando un feroce calcio all’aria, sospiro e
ritengo più saggio non chiedergli chiarimenti.
Non ne ho bisogno.
Alla base delle regole
per la convivenza con Demetri c’è quella di non ferire mai il suo orgoglio ed
io, con il mio comportamento di ieri, l’ho calpestato. Mi sono presentata da
lui, stizzita per le attenzioni che aveva rivolto alla nuova segretaria, per
poi degnarlo appena di un’occhiata prima di girare sui tacchi e lasciarlo lì da
solo, senza alcuna spiegazione.
Naturalmente ha capito
tutto, avrà intuito cosa mi aveva infastidito e avrà letto nei mei occhi la mia
intenzione di snobbarlo, andandomene a caccia di
animali solo per fargli un dispetto.
E ovviamente non ha
gradito.
Non lo ammetterà, ma so
di non aver ferito solo il suo orgoglio. So che non è capace di dirmi
apertamente quanto ci tiene a me, ma almeno sono in grado di leggere nei suoi
atteggiamenti i suoi messaggi nascosti.
Quello che sta
cercando di dirmi, con la sua violenza e la sua rabbia, è che non è disposto a
tollerare il mio comportamento perché, a differenza di ciò che penso a volte, Demetri
prova davvero qualcosa per me e non vuole che lo allontani e che mi ingelosisca senza motivo.
-Mi merito il tuo
rispetto, anzi, voglio tutto! Mi merito che tu mi appartenga!- Infuria.
Alzo gli occhi al
cielo e scuoto piano la testa. -Demetri…-
-No, non dire niente!-
Si volta e mi punta un dito contro, ancora fremente. -Se vuoi farmi contento,
sai cosa devi fare!-
Corrugo la fronte,
confusa.
Sono ancora con la
schiena al muro, lo vedo riflettere un attimo, come se cercasse le parole, poi
mi si avvicina cautamente.
-Nutriti con me, sta
sera.- Mi supplica, insolitamente dolce.
Ma qualcosa non mi torna, e non è solo
la sua gentilezza. -Ma i due giorni di caccia sono già finiti!-
Si illumina di un sorrisetto astuto.
-Oggi è domenica, Heidi ha trovato cibo per tre giorni questa settimana!-
Resisto all’impulso di
manifestare il mio disgusto, fingendo indifferenza.
Demetri mi raggiunge
e, quasi incertamente, la sua mano scorre sul mio viso.
-Per favore, fallo per
me.-
Non capisco la sua
ostinazione nel farmi diventare un’assassina, cosa gli importa di che tipo di
sangue assumo?
-Ti prego.- Riprende,
avvicinando il suo viso al mio. -Non dirmi di no.-
Cerco di voltare la
testa, non voglio che mi condizioni e mi faccia fare
ciò che non voglio. Ma Demetri mi afferra le guance
con le mani e posa la sua fronte sulla mia.
-Stammi a sentire!- Sibila, controllando i nervi con un sospiro
pesante. -Ci sono stati dei… problemi,
ho tanti pensieri per la testa e per me sarebbe… bello se tu mi accontentassi.-
Scuoto la testa per
liberarmi dalle sue mani e sollevo le braccia per spostarlo, ma non me né da modo, mi stringe a sé e nasconde il viso nel mio
collo.
-Ti imploro!-
Sussurra.
Le sue parole non
hanno senso, perché gli interessa tanto convincermi a bere sangue umano? Non
capisco.
-Che stai dicend…-
-Lascia
perdere!- Mi
ammonisce, stringendomi con più forza e soffiandomi all’orecchio. -Dimmi solo
che lo farai!-
Vorrei cercare il suo
sguardo, e invece nasconde ancora la testa vicino alla mia ed io sono sempre
più stordita. Penso che sarebbe facile assecondarlo, fin troppo facile, e non posso permettermelo. Sono felice della mia
dieta a base di animali, mi piace essere me stessa e non voglio scivolare nella
pazzia che mi assale i giorni successivi ad aver morso un umano. Togliere una
vita non fa per me e non voglio né i sensi di colpa né una sete accecante a
bruciarmi la gola.
Per di più mi ero
tranquillizzata, pensavo che non ci sarebbe stato nessun banchetto oggi, non ho
nemmeno voglia di andare a caccia, visto che ci sono
stata solo poche ore fa.
-Demetri, ti prometto
che a fine mese verrò con te almeno una volta, ma
adesso io…-
Non completo la frase,
l’irrigidimento del suo copro contro il mio basta e avanza a fermarmi. Sento
scricchiolare il muro dietro la mia testa, credo lo
stia stritolando con le dita, poi si stacca in un battito di ciglia e fa un
passo indietro.
Lo vedo spingere in
fuori il labbro, fissare un punto imprecisato del pavimento con sguardo folle e
serrare un pugno, lo stesso che è ancora sporco di polvere di mattoni
triturati.
Volta il capo, come se
guardarmi fosse troppo fastidioso e digrigna i denti, mentre con l’altra mano
mi fa un elegante gesto che mi da il permesso di
allontanarmi.
In realtà mi sta
dicendo di sparire prima che perda la pazienza.
Vorrei dire qualcosa,
provare a fargli capire quello che provo, ma so già
che sarebbe inutile. Tante volte ho sperato che fosse tutto più semplice fra di noi, ma non mi lascia mai molta scelta. Così,
sconsolata, mi stacco faticosamente dal muro e mi avvio verso la porta, a testa
bassa.
-Giusto perché mi piace essere onesto…- Inizia, alle mie spalle. -Volevo farti
sapere che ieri notte, dato che tu avevi altro da
fare, mi sono scopato Heidi alla grande!-
Un pugno mi avrebbe
fatto meno male. Mi blocco dove sono, cerco di
riprendermi ma non oso voltarmi, non ancora.
Come può averlo detto?
Perché non capisce che trattarmi malissimo non serve e non è divertente?
-E non dico che lo
abbiamo solo fatto, o che ho sprecato tempo in smancerie e chiacchere come
faccio con te. Intendo che me la sono proprio scopata per tutto il tempo, in
modi che non puoi nemmeno immaginare e…-
La sua risatina mi fa
voltare, anche se mi sembra di essermi congelata.
-Bè, lei mi ha fatto
proprio divertire e mi è piaciuto tantissimo!-
Sbarro gli occhi e trattengo
un fremito, è come se qualcosa mi stesse uscendo dal petto e sento l’impulso di
vomitare.
Sollevo lo sguardo,
seguo attentamente le linee dell’arroganza che gli si è impressa sulla faccia,
e la voragine che ho nel petto aumenta.
-Ma che accidenti hai
in quella testa?- Soffio.
Più che un’accusa il
mio è un lamento e così, ferita e umiliata, gli do le spalle e mi dileguo.
Ad ogni passo che mi
sapere da lui, cerco con tutta me stessa di ignorare l’espressione fredda e
contratta che aveva Demetri il secondo prima che mi voltassi, ripetendomi che
non significa nulla.
Quel segugio è solo un
bastardo.
Continua…
Rieccomi con un nuovo
capitolo e scusatemi per il ritardo.
So che questo
aggiornamento potrebbe sembrarvi strano e senza nessun evento significativo, ma
ho nascosto indizi importanti fra le righe. Forse l’atteggiamento bizzarro di
Marcus e Demetri non è solo follia momentanea, ma nasconde molto più di quello
che appare.
Presto capirete e vi sarà
tutto più chiaro.
Spero che la storia vi
piaccia e vorrei sapere cosa ne pensate, se avete
dubbi o domande fatevi sentire e vi risponderò volentieri.
Bacioni e grazie mille a
tutti i lettori!