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Autore: Kaimy_11    25/01/2016    2 recensioni
Tra le mura congelate nel tempo del castello di Volterra, i Volturi regnano indiscussi, come paladini della legge e governatori assoluti.
Ma, se è vero che non è tutto oro ciò che luccica, anche tra i Volturi si annidano oscuri segreti e azioni non sempre nobili.
Come pietre preziose, Aro e i suoi fratelli collezionano gelosamente giovani dotati di particolari talenti, con le quali fortificano le proprie schiere. Ma per entrare a far parte dell’invincibile guardia reale non basta essere speciali.
Tra regole e doveri, vantaggi e privazioni, amori intensi e odi devastanti, la grande famiglia dei Volturi offre un’ intera eternità di potere e gloria.
Ma qual è il vero prezzo da pagare?
I Volturi richiedono una fedeltà assoluta, ma tanta devozione può portare alla perdizione.
Con cuori umani anche se immobili, anche i vampiri sanno amare. Sanno creare legami che spesso non possono essere cancellati. Sanno sognare, sperare e desiderare di correre contro corrente.
Ma la legge si rispetta. Non ci sono seconde possibilità.
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demetri, Jane, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Volturi
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più libri/film
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4. Fulmine a ciel sereno

 

 

 

 

 

Le note si disperdono nella stanza disegnando nuvole di emozioni e pensieri irreali, ma tanto profondi da poter quasi essere toccati. Scorrono sotto pelle, raggiungono cuore e nervi e si insinuano fin dentro l’anima. Le mie dita scivolano sui tasti dando vita a una melodia che pare dotata di una vita propria, cresce, soffre e gioisce a seconda degli accordi suonati.

Come l’avorio e l’ebano, divisa in ottave alte e basse, la sinfonia che eseguo è un contrasto di equilibri che si spingono fino all’apice della gloria per poi lasciarsi affondare in abissi più profondi e malinconici.

Persa nel mio tumulto interiore come in una bufera di neve, suono quello che provo.

Non ricordo nulla della mia vita prima degli anni di vagabondaggio solitario che mi hanno spinta fra le braccia dei Volturi, non so chi mi ha resa immortale, non so quando né perché. La mia esistenza da umana mi è del tutto ignota, potrebbe anche non essere mai esistita.

Come una leggenda intangibile, so che deve esserci stata, ma non ne ho memoria. Per questo non so e non saprò mai chi mi abbia insegnato a suonare il pianoforte, o a leggere uno spartito.

Non saprò mai perché la superficie liscia della tastiera mi rievoca sensazioni intense che scatenano i brividi lungo la mia schiena, o perché mi basti sedermi davanti allo strumento per sentirmi immediatamente in pace con me stessa.

Fa brutti scherzi la memoria, sa nascondersi e svanire ma non può cancellare alcunché. È come una vibrazione nascosta sotto l’oceano, invisibile fino a quando non vengono toccate le giuste corde che la fanno esplodere.

Naturalmente, non scoprirò mai neppure da dove è nato il mio legame con il musicista italiano Ludovico Einaudi, o per quale particolare ragione io sia così attratta dal suo repertorio. Ho appreso le sue ultime composizioni dopo essere entrate a far parte dei Volturi, memorizzando in un lampo gli spartiti.

Ma la musica che sto suonando in questo momento è la stessa che eseguo tutte le volte che qualcosa mi turba, come una vecchia abitudine rincuorante. Le onde è il suo titolo, so che è stata resa nota negli ultimi anni del millenovecento e che deve avere una qualche sorta di legame con il mio passato dimenticato. Non ricordo qual è stato il primo momento in cui l’ho ascoltata, né quello in cui per la prima volta l’ho realizzata con le mie stesse dita.

Era dentro di me e basta.

Accarezzo le ultime note, lasciando sfociare il suono verso le sue strofe più calde, portandola al termine.

Sollevo lo sguardo, e più lentamente le dita dai tasti, per accettarmi della reazione del mio ascoltatore.

Marcus è raccolto in contemplazione, con lo sguardo ancora rapito dalle immagini inesistenti che la melodia gli ha generato nella mente. Le dita sono tenute unite sotto il mento, tanto fragili e sottili all’apparenza, che mi domando come reggano il peso del suo viso.

Si abbandona a un sospiro rasserenato e, con movimenti delicatissimi e silenziosi come il vento, lascia scivolare il suo sguardo su di me. Quando si muove, Marcus sembra eseguire i passi di un’elegante danza.

-Incantevole!- Esala, con un sorriso che nasce dagli occhi e arriva addirittura a tendergli le labbra. -Come sempre.-

Chiudo delicatamente il coperchio della tastiera, concedendomi di far scorrere le unghie sul pregiato legno di mogano, perfettamente lucidato.

-Ti ringrazio, mia cara, per avermi deliziato.- Aggiunge, pacatamente.

Mi alzo, piano, e aggiro il pianoforte per avvicinarmi alla scrivania dietro cui è accomodato. -Grazie a voi, signore, per avermelo permesso.-

Allarga le braccia, nella sua solita e armoniosa danza. -Ogni qualvolta che lo desideri, sai che mi troverai più che lieto di ascoltarti.-

Abbasso il viso e nascondo un sorriso.

Sto per aprire bocca e chiedergli il permesso di congedarmi, ma il mio signore sembra leggermi nel pensiero e mi anticipa.

-Trattieniti ancora qualche istante con me, per favore.-

Dal modo in cui solleva il mento per studiarmi attentamente, mi accorgo che non vi è traccia della solita apatia che lo contraddistingue. D’un tratto, mi pare più partecipe che mai.

-C’è qualcosa di cui senti la mancanza, mia adorata?-

La sua domanda, appena accentata, mi spiazza.

Improvvisamente temo di aver commesso qualche scorrettezza, di aver fatto un errore non indifferente e mi irrigidisco, spalanco gli occhi e mi preparo mentalmente ad implorare perdono. Marcus è il più magnanimo degli anziani, sono certa che non mi punirebbe, ma non posso comunque sopportare il disonore di avergli recato offesa in qualche modo, anche se non ho idea di dove io abbia sbagliato.

Chiedermi cosa mi manca, non è forse il modo più romantico per capire perché accidenti io mi sia permessa di fare qualcosa di grave?

Provo a parlare ma cambio idea, timorosa di peggiorare la mia situazione.

Marcus coglie il mio tormento e si affretta ad accennarmi un sorriso. -Non fraintendermi, al contrario, perdonami per averti procurato delle inutili inquietudini.-

Rimango ancora più di sasso a sentire le sue parole.

Gli anziani hanno sempre il diritto di agire come ritengono più opportuno e, il rispetto che nutro per questo millenario vampiro, è troppo perché io possa anche solo pensare che si scusi con me. -Signore, vi prego, io non…-  

Ma lui alza una mano per zittirmi. -Sorvola su noiosi convenevoli, non ve n’è alcuna necessità.-

Non oso parlare, sono sempre più confusa.

-Percepisco perfettamente il tuo profondo legame con questa famiglia.- Spiega, gentilmente, come se stesse parlando a un bambino piccolo. -E sono onorato dalla tua fedeltà.-

-Sarà sempre così, signore.-

Lui sospira pesantemente. -Perdonaci, se alle volte, cediamo al nostro lato più infimo e crudele…-

-Signore, vi prego di scusarmi, ma non vi comprendo…-

Con il suo dono che lo rende in grado di percepire il tipo e la forza dei legami interpersonali, Marcus sa perfettamente cosa provo per Demetri, della complicità con Felix e del rapporto di amore e odio che nutro per i gemelli.

Non lascerei mai nessuno dei miei compagni, e sa quanto sarei disposta a rischiare per proteggerli e del bisogno che ho di loro. Per di più, conosce la gratitudine che mi lega direttamente a lui.

Marcus è l’unico a comprendere per davvero che non rimango al servizio dei Volturi soltanto per fedeltà, paura, per smania di gloria o perché Chelsea usa il suo potere su di me per tenermi ancorata qui. Forse a causa delle mie abitudini alimentari, i miei sentimenti sono i più umani e viscerali del gruppo.

Questa, per me, è molto più che la mia casa. È la mia vita.

Eppure, con la sapienza del più gentile fra gli anziani, Marcus sa che ogni tassello che ci rende individualmente forti può diventare una minaccia. Ma, la mia particolare devozione, potrebbe tornare utile perfino ad Aro e Caius, per cui non avrebbe senso temerla.

-Avevo solamente il piacere di ricordarti che questa è la tua famiglia.- Annuncia, con gli occhi scarlatti puntati nei mie. -Nel bene e nel male, saremo il tuo futuro, mia carissima Lilith.-

Abbasso lo sguardo, ancora intimorita, ma non posso fare a meno di chiedermi se sia davvero un caso che Marcus mi parli del mio futuro proprio quando, solo un attimo fa mentre suonavo, ho desiderato conoscere il mio passato.

 

Il bello di essere immortali, che non sprecano neppure un attimo di esistenza a dormire, è che hai tutto il tempo del mondo. Potrebbe risultare noioso, ma è anche vero che umani e vampiri non necessitano dello stesso numero di stimoli.

In situazioni di stress, possiamo rimanercene immobili per giorni interi senza problemi, per poi riattivarci al momento opportuno.

Ultimamente non ci sono state missioni importanti, anzi, c’è stata una calma piatta a dir poco snervante. A peggiorare le cose, le giornate soleggiate di fine settembre che ci hanno segregati dentro le mura del castello, e non è saggio tenere troppo a lungo un branco di esuberanti succhia sangue sotto terra.  

Anche il periodo di caccia è terminato, Heidi recluta ignare combriccole di vittime ogni primo fine settimana del mese, portandoci cibo caldo per due o tre giorni di fila. Dopo una pausa di alcune settimane, che usa per riorganizzare finti viaggi premio che attirano poveri disgraziati da tutti i continenti, riprende a portare umani a Volterra nell’ultimo weekend mensile.

Per me è leggermente diverso, il sangue animale non ha gli stessi valori nutritivi, e non assopisce la mia sete per più di una settimana. Perciò, soltanto a me, è stato concesso un permesso speciale per uscire tutte le notti che lo desidero, in cerca di piccole prede pelose.

Ma non è certo la mia distrazione primaria.

Adoro scoprire cose nuove, qui tutti hanno almeno cento anni più di me e conoscono ogni sfaccettatura della storia umana, addirittura dagli anni prima della venuta di Cristo fino ad oggi. Per quanto riguarda me, sono quello che definiscono una moderna, vampirizzata dopo la venuta della tecnologia, non ho ricordi di corsetti stretti e dame rinascimentali.

Tutto ciò che posso fare, per non sentirmi troppo misera, è cercare di acculturarmi, leggendo e studiando più che posso. E amo farlo.

Non sarà come aver vissuto nel medioevo, ma almeno posso provare a immaginare com’era, grazie anche ai racconti di alcuni miei compagni.

Ed è proprio mentre ho un libro in mano che la porta si apre con un tonfo. Non che non avessi sentito prima il suono dei suoi passi avvicinarsi nervosamente, ma ho preferito ignorare il pensiero. Sollevo lo sguardo dalle raffigurazioni di demoni mitologici e mi ritrovo a fissare, con una certa noncuranza, il volto febbrile di Demetri.

I suoi lineamenti, già affilati di per sé, sono resi ancora più taglienti dalla rabbia, malamente nascosta.

-Hai tre secondi per seguirmi in palestra!-

La sua non è una richiesta, nemmeno una proposta. Si tratta di un ordine.

L’unica cosa che aggiunge è una smorfia, prima di andarsene senza preoccuparsi di chiudere la porta.

Faccio un respiro profondo e chiudo il libro, non muoio certo dalla voglia di farmi comandare da lui, tanto meno quando è infuriato, ma so che iniziare una discussione sarebbe tutto tempo perso. Ovviamente è indisposto e, se è già sbagliato provare a farlo ragionare quando è in uno stato normale, tentare di avere conto e ragione mentre da i numeri è totalmente sbagliato.

Mi alzo del divanetto ed esco dalla mia camera, premurandomi di richiuderla, ma non mi metterò a corrergli dietro. È già tanto se accetto di raggiungerlo.

Inutile chiedermi cosa gli passi per la testa, lo conosco abbastanza per sapere che il mio rifiuto di ieri sera ha gettato benzina sulle fiamme della sua ira. Il suo orgoglio è alquanto sensibile quando si tratta di donne che non stanno al suo gioco, per non parlare di come va in crisi se ogni cosa non si svolge nell’esatto modo in cui ha pianificato. 

Credo che sia nella sua indole da cacciatore aspettarsi che ogni preda cada in trappola e voler pianificare ogni dettaglio alla perfezione, come se stesse preparando una partita a scacchi, studiando la vittoria già dalla prima mossa.

Se per di più sono proprio io a scappare via dalle sue grinfie, o a rifiutare la sua mano tesa verso di me, non c’è da stupirsi se il dramma è amplificato.

Mi inoltro nei piani più bassi, seguo i lungi sentieri freddi e spingo la pesante porta della palestra sotterranea, cercando mentalmente di convincermi a non tornare sui miei passi.

Demetri vuole lottare o, come lo direbbe lui, insegnarmi a combattere. Ha scelto uno dei posti dove il mio potere toglie del tutto le tende e mi abbandona a me stessa, il che mi porta a credere che il mio sfidante non abbia intenzioni poi tanto nobili.

Di certo non oggi.

A conferma dei miei timori, come un fulmine a ciel sereno, un colpo alla schiena mi colpisce con forza inaudita e mi fa finire rovinosamente contro la parete dal lato apposto a cui mi trovavo.

Il tempo di rialzarmi mi è negato da due mani che mi afferrano per le spalle e mi spingono brutalmente contro la parete di pietra, che è stata scalfita e crolla in piccoli sassolini. Senza che io possa anche solo pensare di oppormi, un pugno mi centra nello stomaco mezzo secondo prima che un mal rovescio sulla mia guancia mi faccia perdere l’equilibrio.

C’è una cosa fondamentale da sapere sui vampiri: il fatto che siano indistruttibili non significa che non sentano dolore.

Finisco agonizzante al suolo, digrigno i denti per il male che provo, ma una mano mi riafferra dai capelli e mi rimette in piedi, solo per riservarmi un ulteriore attacco che mi fa volare via.

Riatterro miracolosamente sulle mie gambe, stringo i pugni e un ringhio di frustrazione mi esce direttamente dal petto.

-DEMETRI!- grido. -Che diamine stai facendo?-

D’accordo tentare di insegnarmi a combattere perché sono la più giovane e la meno esperta, e perché non posso sempre contare sul mio potere. Va bene anche usare le maniere forti, ma questo non ha niente a che fare con un allenamento, mi sta solo facendo male di proposito, più che può e senza frenarsi.

Letale come un alito di morte, Demetri avanza verso di me con i denti scoperti e lo sguardo carico d’odio, i suoi muscoli sono contratti e niente potrebbe arrestarlo. Qualcosa mi paralizza, forse la consapevolezza che ogni mio gesto sarebbe inutile.

Prima ancora che io possa chiudere gli occhi e concentrarmi al massimo, per ordinare a ogni singolo frammento d’aria presente in quest’ambia sala circolare di concentrarsi contro Demetri, lui esegue un balzo preciso e si piazza esattamente alle mie spalle.

Riesco solo a sussultare, che una ginocchiata mi aggredisce alla schiena e mi ritrovo a volare ancora per la palestra. Sta volta però, non finisco al suolo e nemmeno ho modo di atterrare, perché è Demetri stesso ad afferrarmi al balzo. Mi prende dalla nuca, mi scuote per farmi raddrizzare e mi guarda dritto negli occhi.

-Mi basterebbe un secondo per farti a pezzi…-

Deglutisco ma lo ricambio con un’occhiata decisa. -Hai mille anni in più di me, cosa ti aspetti?-

I nostri volti sono vicinissimi e la sua mano è dietro la mia testa.

Il sorriso malefico che gli illumina gli occhi mi gela.

D’improvviso, mi accorgo di essere stata lanciata di nuovo via e, mentre cerco di ruotare in aria per atterrare in piedi, lui è già su di me. Mi prende e mi scaraventa contro il pavimento, piantandomi una sua mano al centro del costato.  

Il contraccolpo è stato troppo forte e la sua mano mi ha ammaccato le costole, il suono del mio corpo marmoreo che si crepa rimbomba in modo agghiacciante.  

Trattengo un urlo serrando le labbra, ma un lamento straziato esce comunque, mentre il mio respiro accelera intanto che le mie ossa si rimettono al loro posto e le crepe della pelle si risanino. Il processo di guarigione è rapido quanto doloroso, mi porto le mani sul petto e rotolo su un fianco, in agonia.

Sollevo gli occhi su Demetri e, anche se la mia vista è appannata dal dolore, colgo l’ombra dell’incertezza fra i suoi lineamenti. Che sia una forma di pentimento o di pena, poco importa, ormai è tardi per rimediare a quello che ha fatto.

Le sue labbra hanno un fremito e le sue orbite si assottigliano come per studiare un dettaglio, tanto che temo voglia infierire ancora.

E lo fa, ma sta volta a ferire non sono le sue mani ma le sue parole.

-Adesso ti comporti come una fidanzatina gelosa?- Pronuncia, girandomi intorno come un serpente velenoso pronto a colpire.

Ringhio e mi stringo le tempie con le mani, per calmarmi, prendo un profondo respiro e cerco di mettermi seduta, ma la mia cassa toracica si sta ancora riassestando e il sonoro tonfo che emette mi fa gemere.

Demetri contrae di nuovo le sopracciglia e fa un passo indietro, ed è proprio il segno della pena che prova per me che mi fa infuriare.

-Io non sono gelosa!- Strillo. -E non sono la fidanzatina di nessuno!-

Mi alzo in piedi, ma mi accorgo di non riuscire a stare ferma, ho i nervi che fremono. Sono furiosa con lui.

-Sai, forse è proprio questo il punto!- Dichiaro, guardandolo.

Demetri tace e solleva spavaldamente il mento.

-Tu puoi fare ciò che vuoi, sfogarti, giocare a farmi ingelosire ed io sono in balia delle tue lune!- Protesto. -Forse dovrei iniziare a sfruttare meglio le mie occasioni con gli altri uomini!-

Il ringhio che emette Demetri è rauco e animalesco, ed è certamente un avvertimento.

-Cosa c’è? Pensi di avere una qualche esclusiva su di me? Non ti appartengo e posso fare quello che voglio con chiunque!-

Ma Demetri non sembra d’accordo, il suo petto si gonfia dopo un’abbondante presa d’aria e i suoi pugni si serrano, al contrario dei suoi occhi, che si spalancano per la furia.

-Sei una stupida!-

-Perché?-

-Perché se anche mi trovassi a letto con dieci donne contemporaneamente, con i denti affondati in una delle loro gole, a te basterebbe sussurrare il mio nome ed io correrei all’istante da te senza perdere tempo neppure a riallacciarmi i pantaloni!-

Ed è il suo grido straziato che mi paralizza.

La sua voce graffiata mi lambisce la pelle come ghiaccio bollente ed è come se una scossa mi attraversasse da capo a piede.

Rimango a bocca aperta, batto le palpebre e guardo quell’odioso vampiro che mi sta davanti, tanto agitato da sembrare pronto a distruggere l’intero castello a mani nude, e qualcosa di caldo e soffice mi si annida nel cuore. Non importa quante ne combini, o come mi tratti, ha sempre la straordinaria capacità di riprendersi a forza il suo posto dentro il mio cuore.

Che io lo voglia o meno.

Sfruttando il mio intorpidimento, Demetri mi si lancia contro e mi spinge contro la parete dietro di noi, appiccicandomi con poca grazia contro i mattoncini ormai semidistrutti. Il suo braccio mi blocca il collo, sollevandomi il mento cosicché possa essere direttamente soggetta al suo sguardo più infuocato, e la sua mano mi tiene un fianco.

-Dopo tutto quello che ho fatto per te, dopo tutto quello che faccio solo per accontentare ogni tuo fottuto capriccio e dopo tutte le volte che mi sono messo in mezzo per difenderti, non me lo merito il tuo disprezzo!- Sbraita, alitandomi sul viso.

Non dico nulla ma, per quanto possibile, mi stringo di più alla parete.

-Non osare mai più guardarmi in quel modo, come se non fossi neanche degno della tua rabbia! Sei una stupida!- Abbaia, conficcando un pugno nei mattoni vicino alla mia spalla.

Quando si allontana, imprecando in silenzio e riservando un feroce calcio all’aria, sospiro e ritengo più saggio non chiedergli chiarimenti.

Non ne ho bisogno.

Alla base delle regole per la convivenza con Demetri c’è quella di non ferire mai il suo orgoglio ed io, con il mio comportamento di ieri, l’ho calpestato. Mi sono presentata da lui, stizzita per le attenzioni che aveva rivolto alla nuova segretaria, per poi degnarlo appena di un’occhiata prima di girare sui tacchi e lasciarlo lì da solo, senza alcuna spiegazione.

Naturalmente ha capito tutto, avrà intuito cosa mi aveva infastidito e avrà letto nei mei occhi la mia intenzione di snobbarlo, andandomene a caccia di animali solo per fargli un dispetto.

E ovviamente non ha gradito.

Non lo ammetterà, ma so di non aver ferito solo il suo orgoglio. So che non è capace di dirmi apertamente quanto ci tiene a me, ma almeno sono in grado di leggere nei suoi atteggiamenti i suoi messaggi nascosti.

Quello che sta cercando di dirmi, con la sua violenza e la sua rabbia, è che non è disposto a tollerare il mio comportamento perché, a differenza di ciò che penso a volte, Demetri prova davvero qualcosa per me e non vuole che lo allontani e che mi ingelosisca senza motivo.

-Mi merito il tuo rispetto, anzi, voglio tutto! Mi merito che tu mi appartenga!- Infuria.

Alzo gli occhi al cielo e scuoto piano la testa. -Demetri…-

-No, non dire niente!- Si volta e mi punta un dito contro, ancora fremente. -Se vuoi farmi contento, sai cosa devi fare!-

Corrugo la fronte, confusa.

Sono ancora con la schiena al muro, lo vedo riflettere un attimo, come se cercasse le parole, poi mi si avvicina cautamente.

-Nutriti con me, sta sera.- Mi supplica, insolitamente dolce.

Ma qualcosa non mi torna, e non è solo la sua gentilezza. -Ma i due giorni di caccia sono già finiti!-

Si illumina di un sorrisetto astuto. -Oggi è domenica, Heidi ha trovato cibo per tre giorni questa settimana!-

Resisto all’impulso di manifestare il mio disgusto, fingendo indifferenza.

Demetri mi raggiunge e, quasi incertamente, la sua mano scorre sul mio viso.

-Per favore, fallo per me.-

Non capisco la sua ostinazione nel farmi diventare un’assassina, cosa gli importa di che tipo di sangue assumo?

-Ti prego.- Riprende, avvicinando il suo viso al mio. -Non dirmi di no.-

Cerco di voltare la testa, non voglio che mi condizioni e mi faccia fare ciò che non voglio. Ma Demetri mi afferra le guance con le mani e posa la sua fronte sulla mia.

-Stammi a sentire!- Sibila, controllando i nervi con un sospiro pesante. -Ci sono stati dei… problemi, ho tanti pensieri per la testa e per me sarebbe… bello se tu mi accontentassi.-

Scuoto la testa per liberarmi dalle sue mani e sollevo le braccia per spostarlo, ma non me né da modo, mi stringe a sé e nasconde il viso nel mio collo.

-Ti imploro!- Sussurra.

Le sue parole non hanno senso, perché gli interessa tanto convincermi a bere sangue umano? Non capisco.

-Che stai dicend…-

-Lascia perdere!- Mi ammonisce, stringendomi con più forza e soffiandomi all’orecchio. -Dimmi solo che lo farai!-

Vorrei cercare il suo sguardo, e invece nasconde ancora la testa vicino alla mia ed io sono sempre più stordita. Penso che sarebbe facile assecondarlo, fin troppo facile, e non posso permettermelo. Sono felice della mia dieta a base di animali, mi piace essere me stessa e non voglio scivolare nella pazzia che mi assale i giorni successivi ad aver morso un umano. Togliere una vita non fa per me e non voglio né i sensi di colpa né una sete accecante a bruciarmi la gola.

Per di più mi ero tranquillizzata, pensavo che non ci sarebbe stato nessun banchetto oggi, non ho nemmeno voglia di andare a caccia, visto che ci sono stata solo poche ore fa.

-Demetri, ti prometto che a fine mese verrò con te almeno una volta, ma adesso io…-

Non completo la frase, l’irrigidimento del suo copro contro il mio basta e avanza a fermarmi. Sento scricchiolare il muro dietro la mia testa, credo lo stia stritolando con le dita, poi si stacca in un battito di ciglia e fa un passo indietro.

Lo vedo spingere in fuori il labbro, fissare un punto imprecisato del pavimento con sguardo folle e serrare un pugno, lo stesso che è ancora sporco di polvere di mattoni triturati.

Volta il capo, come se guardarmi fosse troppo fastidioso e digrigna i denti, mentre con l’altra mano mi fa un elegante gesto che mi da il permesso di allontanarmi.

In realtà mi sta dicendo di sparire prima che perda la pazienza.

Vorrei dire qualcosa, provare a fargli capire quello che provo, ma so già che sarebbe inutile. Tante volte ho sperato che fosse tutto più semplice fra di noi, ma non mi lascia mai molta scelta. Così, sconsolata, mi stacco faticosamente dal muro e mi avvio verso la porta, a testa bassa.

-Giusto perché mi piace essere onesto…- Inizia, alle mie spalle. -Volevo farti sapere che ieri notte, dato che tu avevi altro da fare, mi sono scopato Heidi alla grande!-

Un pugno mi avrebbe fatto meno male. Mi blocco dove sono, cerco di riprendermi ma non oso voltarmi, non ancora.

Come può averlo detto? Perché non capisce che trattarmi malissimo non serve e non è divertente?

-E non dico che lo abbiamo solo fatto, o che ho sprecato tempo in smancerie e chiacchere come faccio con te. Intendo che me la sono proprio scopata per tutto il tempo, in modi che non puoi nemmeno immaginare e…-

La sua risatina mi fa voltare, anche se mi sembra di essermi congelata.

-Bè, lei mi ha fatto proprio divertire e mi è piaciuto tantissimo!-

Sbarro gli occhi e trattengo un fremito, è come se qualcosa mi stesse uscendo dal petto e sento l’impulso di vomitare.

Sollevo lo sguardo, seguo attentamente le linee dell’arroganza che gli si è impressa sulla faccia, e la voragine che ho nel petto aumenta.

-Ma che accidenti hai in quella testa?- Soffio.

Più che un’accusa il mio è un lamento e così, ferita e umiliata, gli do le spalle e mi dileguo.

Ad ogni passo che mi sapere da lui, cerco con tutta me stessa di ignorare l’espressione fredda e contratta che aveva Demetri il secondo prima che mi voltassi, ripetendomi che non significa nulla.

Quel segugio è solo un bastardo.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Rieccomi con un nuovo capitolo e scusatemi per il ritardo.

 

So che questo aggiornamento potrebbe sembrarvi strano e senza nessun evento significativo, ma ho nascosto indizi importanti fra le righe. Forse l’atteggiamento bizzarro di Marcus e Demetri non è solo follia momentanea, ma nasconde molto più di quello che appare.

Presto capirete e vi sarà tutto più chiaro.

 

Spero che la storia vi piaccia e vorrei sapere cosa ne pensate, se avete dubbi o domande fatevi sentire e vi risponderò volentieri.

 

Bacioni e grazie mille a tutti i lettori!

 

   
 
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