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Autore: NeroNoctis    31/01/2016    4 recensioni
All'apparenza Daniel è un normale ragazzo di 20 anni, amante delle più svariate cose e con uno spiccato sarcasmo. Ma nasconde semplicemente la sua vera identità, quella di un soldato dell'organizzazione Sephiroth.
Organizzazione che caccia "Loro", creature assetate di sangue che vagano per il mondo, che a prima vista non sembrano avere un obbiettivo, ma che tramano qualcosa da dietro le quinte, perseguendo un oscuro obbiettivo. E proprio "Loro" hanno sterminato la famiglia di Dan anni prima.
In un mondo dove "Loro" si nutrono di umani, Dan dovrà viaggiare per trovare la sua sorellina scomparsa e vendicarsi delle creature che han cambiato per sempre la sua vita.
Sullo sfondo paranormale popolato dai Wendigo, prenderanno vita numerosi personaggi il cui destino di andrà ad incrociarsi con quello di Daniel e della sua partner Lexi, per svelare un segreto rimasto sepolto per anni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sephiroth'
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Daniel era disteso sul letto a fissare il soffitto. Accanto a lui c'era ancora il foglio e la penna su cui aveva buttato giù qualche frase sconnessa e senza senso, almeno era la prima impressione che aveva ripensando ai suoi scritti. Non che gli importasse molto del senso, bastava solo impugnare una penna e scrivere, e questo lo rilassava molto. E di relax ne aveva proprio bisogno, nonostante appena avesse un minutino libero lo impegnava con altro, e non era quasi mai sempre una cosa allegra, o rilassante. Oltre la scrittura amava la musica, ascoltava diversi generi, ma amava gli Avenged Sevenfold, tanto che non riusciva a non canticchiare qualcosa non appena li sentiva, un pò come successe nel bar di Roma, prima della caccia  a Loro.
Si rigirò, assumendo una posizione fetale. Ripensò alla giornata, ma decise che doveva smetterla là, non aveva senso tornarci su più e più volte, o almeno era quello che cercava di fare, e con cui cercava di autoconvincersi. Chiuse gli occhi, costringendosi a riposare, ma un tonfo sul letto lo riportò alla realtà, e gli portò anche il cuore in gola, giusto per mangiar qualcosa prima della colazione.
– DIO SANTO LEXI! – urlò il ragazzo voltandosi e osservando l'amica che si era spaparanzata sul letto accanto a lui. Lei rideva, sapeva che quando si immergeva nei suoi pensieri Dan era praticamente altrove, e ripensò ad un paio di avvenimenti importanti in occasioni simili, ma questa è un altra storia.
– Che c'è? – rispose lei, con tranquillità, tentando di mandar via quel sorrisino che aveva preso vita sul suo volto, ma che in fondo, sotto sotto non dispiaceva nemmeno a Dan, o almeno sperava.
– Potevi avvertire! 
– Ho bussato. – rispose lei.
– Non abbastanza. – disse lui, visibilmente sbiancato in viso. Era buffo pensare che un cacciatore di Wendigo si spaventasse per così poco, soprattutto uno come Dan, eppure... ah, quel ragazzo era proprio pieno di sorprese, ed era anche l'opposto di quel bimbo conosciuto tempo fa. Decisamente meglio si, ma Lexi sapeva che quel bimbo era ancora là, e che tentava di nascondere qualcosa, ma cosa, non riusciva nemmeno a pensarlo, e non osava chiederlo.
– Tre volte. E tu non hai sentito nulla.
– Tre volte. – Dan sorrise – e magari urlavi Penny tra uno e l'altro? 
Lexi ci pensò su, fortunatamente era abbastanza istruita su quel lato, e sapeva che lui stava citando The Big Bang Theory, ma volle far finta di nulla e pensarci su. Anche per questo era divertente passare le giornate libere con Dan, avevano gli stessi interessi, non tutti certo, ma la maggior parte erano quelli, e a volte capitava di parlare del finale di un libro durante una perlustrazione, o come quella volta a Tokyo, dove il ragazzo chiese "ma secondo te, perchè Piton ha Avada Kedavrizzato Silente?", tutto questo, durante il combattimento contro un Wendigo di Rango B. Già, aveva la brutta abitudine di fare queste domande anche in quei momenti tra la vita e la morte, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine.
– Ascoltami Penny! – fece lei, sistemandosi sul letto e avvicinandosi al ragazzo com'era solita fare. Lui per tutta risposta l'abbracciò, ma niente di più. Il rapporto era quello, di migliori amici, o fratello e sorella, ma niente di amoroso, almeno dalla parte di Dan, dato che Lexi sperava in altro, e da sempre anche, ma il ragazzo sembrava proprio non capirlo, e questa cosa la mandava su tutte le furie. A volte pensava che era semplicemente stupido a non accorgersene, ma poi arrivò alla conclusione: "è un ragazzo, e i ragazzi sono stupidi."
– Dimmi tutto, ragazza che si butta nel mio letto.
– Siamo ufficialmente in ferie! Mancano dieci giorni a Natale e siamo liberi fino al 31, quindi avevo pensato di andare a casa, ho la mia piccola ad aspettarmi, e almeno il Natale vorrei passarlo con i miei. Tu sei dei nostri?
Dan non rispose subito, e riprese a guardare il soffitto. Era un bell'invito, ed era anche rilassante, dopotutto la ragazza viveva in una casa fuori città, nelle campagne americane, e l'aria pura e la natura avrebbero giovato... ma...
Non poteva accettare, non era la sua famiglia, e sinceramente non si sentiva molto a suo agio a passare le feste in quel modo, avrebbe ripensato alla sua famiglia, famiglia che non c'era più e non avrebbe mai più vissuto un Natale.
– Mi dispiace deludere la tua piccola e i tuoi genitori, ma non posso accettare. Certo, so di non piacere troppo al tuo cavallo, ma son sicuro che le mancherò. 
– Perchè no? – chiese lei, visibilmente seccata.
– Ho alcune cose da fare, parto domattina.
Lexi abbassò lo sguardo, ma non fece notare la sua delusione. 
– Cerca di non strozzarti piuttosto, so che mangi troppo in queste occasioni.
E dopo quella frase di Dan, la serata si concluse a cuscinate.


I due si erano addormentati nello stesso letto, ma fu il ragazzo a svegliarsi per primo. Osservò la ragazza che dormiva tranquillamente, le diede un bacio sulla guancia ed uscì dalla stanza, zaino in spalla. Aveva diversi zaini pronti nell'armadio, che comprendevano vestiti e armi. Ognuno di loro era diviso per la zona del pianeta, quindi i paesi più caldi avevano zaini con colori più chiari e vestiti più leggeri, con conseguenti armi di piccola taglia, quasi sempre coltelli o cose del genere. Mentre nei paesi più freddi il ragazzo prediligeva i colori più caldi, con vestiti pesanti e armi un pò più vistose, ma che comunque erano più semplici da nascondere. Aveva anche gli zaini per il divertimento, ma ultimamente non aveva avuto modo di usarli, tranne per quella volta in cui si era diretto in un luna park e aveva vomitato dalla ruota panoramica, investendo pienamente un bambino sotto di lui. Che quel bambino l'avesse appellato precedentemente come "brutto e senza stile" era semplicemente un caso. E poi, chi era lui per parlare di stile? Camminava con un vestito interamente giallo! Stupidi dodicenni, pensò. Il vomitargli addosso era la giusta punizione. Anche se Lexi non la pensava propriamente così, tanto che tenne un viso schifato per tutto il post luna park. E anche il giorno dopo, e quello dopo ancora. Sarà anche perchè voleva fargli un'imboscata armato di estintore, e la ragazza lo fece rinsavire, ma di certo il danno era fatto. 
Era ormai fuori dal complesso Tiferet, e si stava dirigendo in aeroporto. Un altro dei vantaggi di essere un Nezakh, ovvero uno dei pochi combattenti sul campo della schiera Sephiroth, era proprio quello di avere particolari biglietti aerei o di qualsiasi altro mezzo praticamente sempre. Una sorta di viaggio gratis per tutte le evenienze.
Passo un paio d'ore all'aeroporto, fino a quando non si imbarcò verso Amsterdam. Avrebbe scritto un messaggio a Lexi solo dopo, probabilmente. O forse no, doveva ancora decidere a dire il vero. Quel viaggio non poteva definirsi di piacere, e doveva dare una spiegazione plausibile del suo essere ad Amsterdam, dopotutto lei sapeva che il ragazzo non aveva conoscenze in quel luogo. Si sistemò sul sedile vicino al finestrino, osservando il mondo che diveniva via via sempre più piccolo, fino a svanire sotto le nuvole. Tutto divenne uniforme, e l'aereo ormai sembrava volare in un limbo infinito. Chissà cosa accadeva in ogni singola casa sotto, quali problemi quelle famiglie stavano affrontando, di cosa stavano parlando, se stavano preparando l'albero... se stavano vivendo da vere famiglie. 
Daniel guardò davanti a lui, scrutando il sedile con le diverse istruzioni riguardanti ossigeno e tecniche di fuga varie, ma prima che potesse immaginare una possibile tragedia, cadde nel tocco dolce di morfeo, venendo catapultato in un mondo diverso, rilassante e caldo.


Nel sogno, Daniel era in una casa che non conosceva. Iniziò a vagare intorno, cercando una via d'uscita, o un elemento familiare. Ma tutto ciò che vedeva erano mura bianche, come se fossero fatte interamente di ghiaccio. Lui indossava il suo solito cappotto nero, ma era completamente disarmato, cosa che lo metteva in piena allarme. Se avesse attaccato uno di Loro? Come avrebbe reagito? Tentò di non pensarci, sapeva che in un modo o nell'altro se la sarebbe cavata. Continuò il giro turistico in quella casa spoglia e bianca, fino a quando, da una finestra, non vide del movimento. Si affacciò, osservando le figure che ridevano e scherzavano di fuori. Una bambina, che non poteva avere più di sei anni, stava inseguendo una donna dai lunghi capelli castani, mentre un uomo biondo stava seduto a sorseggiare del buon vino tra una risata e l'altra.
– Mamma... – si trovò a dire il ragazzo, poggiando le mani al freddo vetro, sperando di riuscire ad aprire quella finestra. Sua madre continuava ad inseguire la bambina, che continuava a ridere, sempre più forte e sempre con più gusto, mentre il padre si era appisolato.
– Su Karen, fammi vedere come fai la capriola! – rise la donna, mentre la bimba eseguiva quel movimento. Daniel ricordò che la sorellina era sempre stata così stravagante, si arrampicava, correva, saltava, non stava mai ferma. E questo lo faceva divertire, soprattutto quando facevano le gare di arrampicata e poi si trovavano entrambi ad essere sgridati, col fratello che si prendeva tutta la colpa, dicendo che era stato lui a convincerla a farlo. Improvvisamente, fuori il clima cambiò, e il sole lasciò spazio ad una tempesta di neve. Karen cadde a terra, tremante, mentre la mamma continuava a correre e ridere, fino a quando, un Wendigo non colpì in pieno viso, buttandola a terra con la neve che si macchiava inesorabilmente di rosso.
Dan urlò, iniziando a tirare pugni al vetro, che sembrava divenire sempre più duro. Non poteva far nulla, era solo uno spettatore di quella strage. Il Wendigo si avvicinò al padre, con un graffiò gli tagliò la gola e successivamente prese Karen, svanendo nella tempesta con lei.
Quando Dan riaprì gli occhi, si ritrovò nuovamente nell'aereo, che aveva appena concluso la manovra di atterraggio.


Passarono delle ore da quel sogno, e continuava a chiedersi che aspetto potesse avere ormai sua sorella. Com'era cresciuta, cosa faceva, chi frequentava, se avesse un ragazzo. Le pensava tutte, tranne la soluzione più logica, ma quella soluzione logica non poteva prenderla in considerazione. Il corpo non era stato mai trovato, e sebbene i Wendigo avevano comportamenti diversi l'un dall'altro, non era poi così impossibile che l'avevano semplicemente rapita, no? Ma si, doveva per forza essere così... Karen era viva, lui lo sapeva. E quel Wendigo andava trovato, ucciso per poi riabbracciare lei. Una classica fiaba: uccidi il mostro e salva la principessa. Ma del mostro non c'erano segni, nessuna traccia, niente. Ed erano ormai passati dieci anni. Lui aveva vent'anni, Karen ne avrebbe avuti... sedici. In 10 anni si può scappare da Loro, no? 
Infilò le mani in tasca, osservando l'insegna del Foodhallen: era arrivato.
Entrò in quello che era un vecchio stabilimento per tram, adesso adibito a luogo per mangiare, bere, ascoltare ottima musica e chiacchierare con le altre persone. Non appena entrato, l'odore del cibo si impossessò di lui. Dan doveva ammetterlo, era molto, forse troppo goloso, e di certo aveva una fame esagerata in quel momento, ma non era ancora il momento adatto. Schivò qualche tavolo e sedia, dirigendosi verso un bancone, dove una ragazza stava pulendo dalle gocce di birra. I due si guardarono e lei gli sorrise, chiedendosi cosa volesse, con Dan che rispose: – La specialità del mondo sanguinario.
La ragazza, sentendo quelle parole, annuì, scortando Daniel in una scalinata abbastanza nascosta. Lui ringraziò e scese le scale, lasciandosi pian piano il brusio dietro. Arrivò ad un piano interrato, dove bussò ad intervalli regolari per tre volte. La porta venne aperte da un uomo sulla quarantina, che subito abbracciò il ragazzo, chiamandolo per nome ed invitandolo dentro.


Dan era seduto ad un tavolino di legno, mentre sorseggiava birra e mangiava cibo di diverse culture. Amava quel posto! Aveva alternato del sushi a dell'ottimo hamburger... certo, non era il top degli abbinamenti, ma se ne fregava. Insomma, erano ottimi entrambi! L'uomo, che si chiamava Brandon, stava raccontando al ragazzo alcune delle sue ultime imprese, che a suo dire erano incredibili. 
Dan rise di gusto. – Sei sempre lo stesso, vecchio orso.
Brandon sorrise, grattandosi la barba bionda e sorseggiando della birra, per poi chiedere al ragazzo cosa lo portava da quelle parti.
– Vacanze natalizie, se posso definirle così.
– Anche ai Sephiroth è concesso riposo! – scherzò lui. Brandon era un ex Nezakh, rifugiato in una piccola base sotto al Foodhallen. Non era prevista la buona uscita per i Nezakh, e quelli che decidevano di abbandonare la causa prima del tempo, divenivano "ricercati per potenziale fuga di informazioni", ma Brandon e suo figlio John avevano scelto quella vita, continuando sporadicamente la caccia a qualche Wendigo sfuggito al controllo o non ancora trovato, o semplicemente non ancora etichettato come pericoloso. Certo, se solo i Sephiroth avessero saputo di questa faccenda, il Foodhallen sarebbe stato raso al suolo, con qualche scusa banale per insabbiare tutto, ma padre e figlio erano abili a guardarsi le spalle.
– Peccato che sappiamo entrambi il perchè sono qui. John ha trovato qualcosa?
– Ha trovato qualcosa. Ma dimmi, tu come farai a riconoscere il tuo? E'sparito dalla circolazione, lo sai, vero?
– Ho un piccolo profilo fisico, descritto da V. 
– Ah, Victor. Se solo sapesse che sei qui metterebbe una taglia sulla tua testa, lo sai questo vero?
Dan annuì, nonostante lui e il suo istruttore Victor avessero un bellissimo rapporto, quell'uomo era troppo ligio al dovere, e poi sarebbe stato un disonore sapere che il suo allievo prediletto trattava con i traditori. Ma meglio non pensarci troppo, Victor non l'avrebbe mai saputo.
Brandon si alzò, pulendosi la bocca con un fazzoletto. Fece cenno al ragazzo di seguirlo, cosa che Dan fece senza troppi problemi. I due si conoscevano da tempo, e avevano un rapporto che trascendeva le leggi Sephiroth. In via ufficiale, Daniel avrebbe dovuto uccidere sedutastante Brandon, e portare la prova dell'esecuzione al tribunale dei Sephiroth, ma quella non era una via ufficiale, era un incontro segreto pericoloso per lo stesso ragazzo, incontro che metteva a rischio la sua vita, che poteva renderlo un ricercato mondiale.
I due arrivarono in uno stanzino, illuminato da luce bianchissima. All'interno erano presenti delle gabbie pulitissime, tranne l'ultima che era coperta ed emanava un puzzo terribile, cosa che fece chiedere a Dan come nessuno al piano di sopra non sospettasse di nulla, ma era meglio così, non voleva che Brandon e John rischiassero qualcosa, anche se la sola presenza del ragazzo era un pericolo per tutti... se qualcuno l'avesse seguito... e lì Daniel ci ripensò, alla figura che lo seguiva a Roma. Chi diavolo era? E se fosse andato anche lì? Diavolo, era troppo stavolta, e aveva agito senza riflettere. Si stava quasi maledicendo per essere andato al Foodhallen dopo esser stato seguito a Roma, ma ormai il danno era fatto.
Si sarebbe limitato a pregare che andasse bene.
Brandon si avvicinò alla gabbia coperta, togliendo il velo nero che oscurava l'interno. Dentro la gabbia, un Wendigo accasciato al suolo. Aveva lunghe zampe con lunghissime dita che terminavano con artigli. La pelle rossastra sudava sangue e gli occhi erano pallidi e gialli. Sulla testa erano presenti lunghi capelli neri, probabilmente era un Wendigo donna. Si diceva che quelle creature di dividevano per sesso, ma Dan non ci dava molta importanza, per lui erano solo bersagli, portatori di morte che andavano eliminati.
Non appena il Wendigo vide Daniel, scattò in piedi, agitandosi sulla gabbia, come se volesse uscire improvvisamente. Dan si avvicinò, incuriosito da quel comportamento, e non appena fu a pochi centimetri dalla gabbia, l'essere si fermò, come se fosse in attesa di qualcosa.
– Che strano... è la prima volta che ne vedo uno che fa così.
Daniel parve non sentire, e continuò a scrutare quell'essere da vicino. Era la prima volta che era così vicino ad uno di Loro che non reagiva, e prima era come se avesse provato qualcosa, una sorta di... emozione? No, era fuori discussione. I Wendigo avevano si comportamenti diversi, ma non provavano emozioni.
– Perchè è immobile? – chiese Dan, insospettito.
– Non lo so. Dai test non risulta niente di diverso. E' come se... ti stesse guardando con ammirazione.
– Che schiocchezza... – ma era la verità. Lo sguardo del Wendigo era qualcosa di vicino all'ammirazione umana. Le pupille erano leggermente dilatate, ed era come se brillassero. Cosa significava?
– Probabilmente sei abbastanza appetitoso per i suoi gusti. – scherzò Brandon, cosa che fece sorridere Daniel, e cosa peggiore, sembrò quasi che il Wendigo avesse seguito quel sorriso. Brandon non lo notò, ma Daniel era abbastanza vicino da averlo visto. Quel Wendigo aveva riso nello stesso momento in cui l'aveva fatto lui. Incredibile.
– Non è lui. – disse infine Daniel, voltandosi. – E' terminale?
Brandon fece cenno di si con la testa. – Si, aspettavo John per finirlo.
– Me ne occupo io.
– Ok, le armi sono al solito posto. Io vado a pisciare.
– Fine come sempre. – rise Daniel, mentre Bran chiudeva la stanza per sicurezza. Tecnicamente quei Wendigo venivano eliminati direttamente dalla gabbia, ma Dan, senza sapere bene il perchè, decise di aprire quell'ammasso di ferro che divideva lui e la creatura. Aspettò, ma il Wendigo non attaccava. Era uscito dalla gabbia, ma si era semplicemente avvicinato al ragazzo, annusandolo. I nervi erano tesi nel ragazzo, sapeva che stava facendo la cosa sbagliata, il minimo errore e sarebbe morto... ma era come se un cane stesse salutando il padrone, non altro.
– Che cosa sei...? – sussurrò Daniel, ma non appena il Wendigo emise un verso simile ad una parola, la lama di Daniel scattò, recidendo di netto la testa, come se fosse stato impaurito da quello che stava per sentire, ma lì aveva capito, i Wendigo non erano soltanto creature assassine... loro nascondevano qualcosa.
Il problema è: cosa?

   
 
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