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Autore: Relou    01/02/2016    0 recensioni
Il numero tre è diventato il mio numero preferito da quando i tuoi occhi mi hanno intrappolata.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Continuo a sprecare occasioni. Ti incontro e le parole mi rimangono impigliate in gola, la mente sembra svuotarsi e il mio sguardo perdersi.
Ho provato a concentrarmi sui tuoi vestiti, qualcosa sono riuscita a catturarla, sembra assurdo ma non è facile, non è facile perché non riesco a distogliere lo sguardo dai tuoi occhi verdi, brillanti e sorridenti, anche quando la tua bocca non sorride. Quando non guardo i tuoi occhi, quelle rare volte, per sfuggire ai tuoi sguardi o per il troppo imbarazzo della conversazione, lascio il mio sguardo vago e, la mia mente vuota, non comprende e non memorizza dettagli preziosi che potrei  cogliere dal tuo abbigliamento. Il tuo stile è sportivo, nella maggior parte dei casi indossi delle felpe ma non dimenticherò mai quel maglione a collo alto, nero che risaltava il pallore della tua pelle e gli occhi e faceva anche notare un torace niente male, ho notato la giacca in pelle dal modello elegante, non troppo larga, chiusa con la cerniera, molto simile a quella che indosso sempre io . Ma quella volta, quando un sabato sera, al ritorno da una serata, ti ho incontrato davanti al portone, non mi hai fatto più dormire. Sorridevi  e avevi già le chiavi pronte in mano per aprire, io ero un po’ confusa e stanca e questo non ti è sfuggito, lo so. Sei stato galante e gentile nel farmi accomodare per prima sia all’entrata che nell’ascensore, hai acceso la luce quando io l’avevo per un attimo dimenticata, quando ho fatto un passo indietro per riparare, ho trovato la tua figura molto vicina, mi sono allontanata subito. Abbiamo chiacchierato in maniera molto naturale delle nostre serate, ti sei definito un “barbone” per i tuoi vestiti, quasi come se volessi giustificarti o addirittura scusarti ma io ti trovavo tutt’altro che un barbone. In tutta risposta ti ho guardato dalla testa ai piedi, indossavi delle vecchie scarpe da ginnastica bianche, i pantaloni della tuta neri e così anche una felpa e una spessa sciarpa grigia. Poi sono arrivata la tuo visto, pallido e quindi i tuoi occhi di cui è ben chiara ormai la mia ossessione.  Ho sempre preferito gli occhi scuri, perché più dolci ma i tuoi occhi verdi sono così luminosi e accoglienti.
 – E’ il mio pigiama. – hai detto e forse sarà stata la birra o l’euforia della serata passata tra amici, ti ho risposto definendolo molto carino  ma non ho aggiunto il fraintendibile pensiero “forse però sei troppo coperto”, fortunatamente non ero così confusa.   – Io invece sembro una drogata. – avevo gli occhi rossi, il trucco ormai quasi andato, i capelli che sembravano aver preso la forma del cuscino prima ancora di toccarlo, era necessario che io tacessi, se ho già problemi a sedurre uomini a inizio serata non credo di esserne davvero dotata a fine. Ci siamo salutati con la buonanotte, peccato che però io non sia riuscita a dormire.
Non mi sento a disagio con te. Anche se non riesco a parlare e a presentarmi nel migliore dei modi, non mi sento fuori posto, è solo il mio stupido carattere da riccio. Quando qualcuno attira la mia attenzione in questo modo, il mio istinto fa issare un enorme muro di cemento e approcciarmi per me diventa così difficile.
Abito in questo palazzo da quasi nove anni e solo adesso, in davvero poco tempo, settimane forse, mi sono avvicinata alla tua famiglia. Conosco tua sorella, una ragazza fantastica e tua madre, una donna interessante, adesso conosco il tuo nome, addirittura ho avuto l’occasione di entrare nella tua stanza. Era un po’ disordinata ma neanche troppo, non era affatto ricca di oggetti da esposizione, collezione o simili , ricordo una foto, stampata sicuramente con la tua stampante, attaccata sul fianco dell’armadio proprio di fronte al tuo letto. Lì eri più giovane ed eri insieme ad un amico, doveva essere una persona speciale o un momento davvero felice. Ricordo il letto disordinato e molto cigolante, temevo che, una volta seduta lì, sarebbe crollato, sopra c’era  una coperta color panna con delle macchie di non so cosa che si confondevano con la trama floreale astratta marrone,  i muri semplicemente bianchi, poi la parte essenziale : la scrivania. Sulla scrivania c’era il computer che faceva anche da tv. Lì sopra c’erano anche le sigarette, l’accendino, una serie di fogli stropicciati, il cellulare. Tua sorella, scherzando, mi aveva parlato di quanto tu fossi disordinato, credo che abbia iniziato a rivedere i suoi standard una volta entrata nella mia stanza, decisamente più caotica e davvero piena di oggetti vari, perfino i muri, ormai privi di spazi vuoti, sono ricoperti da foto e disegni. La tua stanza è parecchio più piccola della mia, magari per questo ha sempre l’aria di essere in disordine. Potrebbe anche essere, che io essendo non più ordinata non riesca a comprendere cosa effettivamente crei disordine, quindi, pensiero soggettivo.
Sono quindi cambiate parecchie cose, adesso vengo a casa tua regolarmente anche se non ti trovo quasi mai ma sono felice dell’aria confidenziale che si è creata, sono soddisfatta della mia impresa. Adesso, se non è chiedere troppo, vorrei che mi vedessi, che mi vedessi davvero. Per quanto banale possa essere, soprattutto stupido anche per l’età che ormai abbiamo, vorrei farti innamorare di me. Che imbarazzo anche solo pensarlo. Credo però che sia una cosa davvero impossibile.


Stavo rientrando dalla passeggiata con i miei cani quando ti ho visto arrivare, sorridente e con purtroppo degli occhiali da sole scuri, vicino a te c’era una ragazza, era la tua ragazza. Alta, capelli lunghi e lisci, fisico slanciato e ovviamente vestita molto bene. Perciò, sono felice di aver ottenuto la tua conoscenza e va bene così.





 
   
 
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