Rivolgersi ad un cane
La professoressa McGranitt fissò il cane nero che aveva appena condotto nello studio di Silente, come su indicazione del Preside. Lui la squadrò a sua volta, la lingua a penzoloni.
Era un bestione enorme, di quelli che Hagrid avrebbe potuto apprezzare al massimo. Forse era nel campo di zucche proprio perché apparteneva al guardiacaccia… Aveva il pelo completamente corvino, e gli occhi – stranamente chiari e limpidi – risaltavano in modo impressionante. Parevano quasi animati da un’insolita scintilla di intelligenza.
La McGranitt sospirò.
Fece vagare un attimo lo sguardo. Onestamente si sentiva un’idiota. Era felice che gli unici testimoni di quanto stava per fare fossero i presidi che sonnecchiavano nei loro ritratti.
«Dio, cosa mi tocca fare!» sospirò.
Non era da lei tentennare così, specialmente quando in un’altra stanza, ad attenderla, si trovavano Silente, Potter e un pazzo assassino che aveva trascorso l’anno scolastico travestito da professore. Però, quel che le toccava fare la sconcertava un po’…
Il cagnone accennò uno scodinzolio.
«Ah, be’…» si arrese lei. «Silente ha detto che ti raggiungerà a momenti» lo informò.
Il lato positivo della faccenda, era che nessuno dei suoi studenti avrebbe mai immaginato che lei potesse mettersi a parlare ad un animale come ad un essere in grado di comprendere pienamente il linguaggio umano.
La donna combatté con la sensazione che, effettivamente, quel cane fosse in grado di capirla. La guardò in un modo, appiattendo le orecchie contro il cranio e fissandola con quegli occhi chiari… Poi si accucciò, la coda batté una volta sul pavimento.
La professoressa lottò con la propria assurda impressione che l’animale avesse capito e si fosse messo comodo ad attendere il Preside.
Il cane mugolò appena, la testa tra le zampe anteriori.
Lei gli voltò le spalle e uscì, con una certa fretta.