Secondo
capitolo.
Alice
finalmente era riuscita a capire di cosa si trattava la sorpresa a cui
lei si
riferiva da ormai una settimana circa. Ora aveva tutto chiaro davanti
agli
occhi perché avevamo allontanato Jacob e Nessie per un
pò da lei.
Un
ragazzo.
La
mia
sorpresa non era altro che un ragazzo.
Lo
stesso
di cui parlavano alcuni giorni prima a scuola. E così era un
maschio, ormai era
assicurato. Ed inoltre evidentemente avrebbe avuto a che fare proprio
con me.
Ma in che modo, mi chiedevo?
Quella
mattina
mi sentivo elettrizzata al massimo. Avevo paura di affrontare quella
nuova
giornata scolastica ricca di novità.
Fu
la prima
volta dal 1939 che, non so perché, ma ebbi la sensazione
come di arrossire al
solo pensiero e di sentirmi ribollire il sangue nelle vene, cosa
assolutamente
impossibile, naturalmente.
Era
da
quattro giorni che non andavo a caccia, ed era arrivato il momento di
farlo.
Avrei
dovuto sapermi mantenere concentrata per poter controllare la sete.
Dovevo
tenere sempre a mente che non ero ancora abituata a controllarmi
completamente
con gli umani. Proprio per questo dovevo essere sempre ben nutrita per
non
rischiare e cercare di alleviare la sofferenza.
Fu
proprio
per questo che decisi di rinviare l’incontro al giorno dopo
per poter andare a
caccia, e con mio grande sollievo Carlisle condivise la mia proposta:
in fondo
perdere un giorno di scuola era di gran lunga meno grave di una vita
spezzata.
Alice
non
era d’accordo con noi, lei aveva visto tutto, ed era sicura
che avrei saputo
controllarmi. Ma, ahimè, io non mi fidavo così
tanto dei miei sensi ancora
influenzabili.
Alla
fine
cedette anche lei, stranamente.
Dopo
che
tutti furono andati via, feci mangiare la piccola Renesmee e aiutai
Esme ad
innaffiare le piante nel balcone della sua camera non-da-letto.
Quando
fui
libera dagli impegni casalinghi mi inoltrai nella foresta per dedicarmi
alla
mia caccia.
Ero
da
sola, grazie al cielo.
Esme
aveva
insistito per accompagnarmi, ma io la convinsi che era meglio che
andassi per
conto mio; anche perché avevo le mie cose a cui pensare e
non le avrei prestato
attenzione. E poi non si poteva lasciare la bambina sola a casa, no?
Per
fortuna
l’ultima scusa la convinse definitivamente a lasciarmi
andare.
Meglio
per
Jacob se in quel momento non si era fatto vivo.
Nel
bosco
percepivo molti odori. Alcuni gradevoli, altri meno – come ad
esempio quello
dei miei amici licantropi. Sentivo i profumi dei vari animali, la terra
bagnata
e ogni tanto sentivo anche l’odore di Seth e Leah.
La
mia
attenzione fu catturata dalla dolce fragranza di un cervo, maschio,
all’interno
del suo numeroso branco.
Era
molto
stuzzicante.
Io
mi
libravo leggera tra gli alberi, ma l’odore si percepiva forte
in qualsiasi
direzione andassi. Decisi che in quel momento mi potevo accontentare
anche di
un semplice cervo, anche se io continuavo sempre a preferire gli orsi.
Mi
diressi ad est, dove il profumo era più forte.
Doveva
essere da quelle parti, infatti con la mia vista superacuta intravidi
il branco
da lontano.
Mi
appostai
sopra un albero, lì vicino. Vedevo cose che
l’occhio umano non avrebbe mai
potuto vedere: il sangue che scorreva nelle vene pulsanti del collo.
Mirai
con
estrema facilità e precisione, lì dove il sangue
si faceva più invitante e mi
lanciai con uno scatto repentino sulla mia vittima.
Infilzai
i
miei denti affilati e succhiai finché mi fu possibile, poi
non ancora
totalmente soddisfatta, abbandonata la mia preda esanime, mi concentrai
in
un’altra ricerca.
Questa
volta trovai quello che volevo: mi ero allontanata abbastanza per poter
trovare
quello che stavo realmente cercando.
L’orso
era
davanti a me e mi fronteggiava coraggioso. Non poteva sapere, poverino,
quello
gli sarebbe accaduto.
Il
combattimento ebbe inizio quando lo decisi io.
Mi
lanciai
improvvisamente su di lui, ma riuscì a difendersi colpendomi
sul bacino con una
zampa e facendomi cadere per terra.
Questo
non
avrebbe dovuto farlo.
Non
ne
rimasi ferita grazie alla mia pelle di marmo, ma non potevo comunque
sopportare
l’umiliazione. In questo forse ero molto simile ad Emmett,
d’altronde anche lui
preferiva gli orsi.
Il
duello
continuò e lui fino alla fine riuscì a tenermi
testa.
Era
proprio
tosto.
E
questo mi
piaceva.
Faceva
di
lui un ‘’degno avversario’’.
Una
caccia
troppo facile era anche noiosa.
Dopo
quasi
cinque minuti di “lotta” riuscii ad atterrarlo e
afferrarlo dal collo. Come era
stato con il cervo di poco prima, addentai il collo del grosso grizzly
infuriato, il primo ad avermi messa in difficoltà.
Aveva
un
profumo troppo invitante.
Non
riuscivo a sollevare la bocca.
Avevo
voglia di succhiare in eterno, anche perché il sapore e
l’odore del sangue
durante la caccia mi liberavano la mente dai pensieri. Mi distraeva
completamente,
e in quel momento ne sentivo il bisogno.
Purtroppo
per lui, però, ero più forte io.
Poteva
consolarlo il fatto di essere morto con onore, lottando con tutte le
forze fino
alla fine.
Per
me era
stato diverso: io mi ero letteralmente guadagnata
il mio cibo.
Dopo
quasi
un’ora che ero fuori per mangiare,
decisi che potevo tornare indietro veramente
soddisfatta della mia caccia.