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Autore: beyondJA    13/02/2016    0 recensioni
Lo sguardo era un panorama di vedette: c’erano montagne innevate, si percepiva un vuoto che echeggiava nel freddo glaciale delle sue iridi e poi c’erano questi boschi che erano le pupille stanche ed io, non biasimandole, capivo il loro chiudersi a tratti e a tratti le ciglia lunghe accarezzavano le gote.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A bassa ALTITUDINE
Oggi ho visto un uomo. Era giovane, capelli rasati. Gli occhi assimilabili a quelli di un vecchio saggio, pieni di rancore. Lo sguardo era un panorama di vedette: c’erano montagne innevate, si percepiva un vuoto che echeggiava nel freddo glaciale delle sue iridi e poi c’erano questi boschi che erano le pupille stanche ed io, non biasimandole, capivo il loro chiudersi a tratti e a tratti le ciglia lunghe accarezzavano le gote. Aveva labbra rosee carnose che sapevano agganciare con un gesto meccanico qualsiasi sigaretta trovasse sotto bocca, dando l’idea di uno che fuma da una vita. Il naso era graziosamente proporzionato al viso spigoloso ma dotato di lineamenti dolci. Ciccando di tanto in tanto, vedevo le sue mani mostrare ramificazioni di vene, che in realtà partivano dalle braccia tatuate. Continuava ad inspirare ed espirare, uccidendosi. Ad averci rimesso l’ossigeno in realtà sono stata io, quando mi aveva riconosciuto e dato le spalle. Un tempo la sua schiena era la mia casa, bastava bussare per ritrovarmi aggrappata ad essa. Era muscolosa e faceva d’appiglio alle mie cadute e nonostante non fosse alto, ciò bastava per raggiungere le mie labbra ed elevarci insieme. Ci fingevamo alpinisti, io scalavo lui, lui scalava me. Due cime in riva al mare: sempre fuori posto, ma a due ombrelloni di distanza. Oggi quando l’ho visto ho risentito quegli stessi brividi, ma non c’erano brezze, non c’erano bufere, e non eravamo né alpinisti, né fuori posto, lui mi stava di fronte senza saperlo ed io gli stavo di fronte senza paure. Mi ha notato con quegli occhi impenetrabili mentre io piangevo i capelli che ha rasato, poi ha voltato le spalle e ho cominciato a piangere la casa che ho vissuto. Non so chi più dei due l’abbia svuotata, ma è stato un lento trasloco e i miei scatoloni sono finiti a terra. Qualcuno è andato perso, forse vittima di qualche incidente, altri sono il ricordo rimasto di lui. Ho rimorso perché l’ho portato ovunque, ho seminato la sua voce in stanze vuote, ogni tanto rimbomba in testa. Quando mi ha trovato di fronte a sé, non ha parlato; e allora come è riuscito a farmi male lo stesso? Poi ha buttato la sigaretta con una smorfia e ho sofferto anche questo, e non parlo del fumo che è uscito dalla sua bocca, ma di quelle stesse vene che pompano nelle braccia e sul collo quando serra la mandibola. Ha serrato la mandibola perché probabilmente pensava che io fossi un’allucinazione, o perché forse lo sperava. O perché forse ora mi odia un po’. Forse un po’ tanto. In realtà ci siamo amati, un po’ tanto, forse troppo.
Oggi ho visto lo stesso uomo di sette mesi fa, ma con i capelli rasati. Era vestito normale, per niente appariscente, se non fosse per quei disegni sulle braccia. E poi, mentre si allontanava, dietro al collo ho scorto un disegno che somigliava ad un cristallo di ghiaccio. E così, portandosi dietro vedette e cime innevate, mi sono sentita l’ologramma di me stessa, priva di involucro.
Oggi c’eravamo io da una parte, lui dall’altra, a due ombrelloni di distanza. Io sono approdata, lui ha tolto l’ancora e infine ha smesso di nevicare.
   
 
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