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Autore: Nuel    15/02/2016    3 recensioni
Morte, lo spartiacque tra chi rimane e chi va oltre.
→ Gli episodi della raccolta sono indipendenti l'uno dall'altro e non seguono un ordine cronologico.
♣ "Daphne camminava a piedi scalzi tra le stelle" si è classificata seconda al contest "A couple, a situation" indetto da Elisaherm sul forum di EFP.
♣ "Comitato d'Accoglienza per Defunti" si è classificata prima al "King's Cross~Flash Contest" indetto da Sarah.H sul forum di EFP.
♣ "Refrain dell'edera rossa" si è classificata quarta al contest "Age gap" indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Titolo: Refrain dell'edera rossa
Rating: giallo
Genere: Malinconico
Tipo di coppia: FemSlash
Coppia: Pansy/Bellatrix
Avvertimenti/note: Missing moment



 
 
I

C'era una canzone, una specie di ritornello, ma Pansy non la ricordava.
La conosceva, però, quando era più piccola; non dovevano avere avuto più di dieci anni, Draco e lei, quando aveva visto quella foto. Si trovava in un ambiente luminoso ed elegante, doveva essere un salotto; dalla finestra aperta entrava il gorgogliare della fontana nel parco, la brezza gonfiava pigramente le tende candide. C'era profumo di fiori. Pansy ricordava che faceva caldo e lei indossava una veste violetta che le piaceva tanto. Doveva essere estate.
    «Chi è?», poteva ancora sentirsi chiedere con la voce aspra di bambina, mentre indicava una grande foto posata sul caminetto, una ricca cornice d'argento a contenerla.
    «Mia zia Bellatrix», aveva risposto con indifferenza Draco, dopo aver occhieggiato appena la foto, più interessato a giocare.
    Per Pansy, allora, Bellatrix era stata solo la zia di Draco.
    L'aveva persino dimenticata, troppo impegnata a divertirsi e poi a studiare, a Hogwarts, dove la rivalità tra i Serpeverde e i Grifondoro si era tramutata da gioco a cosa seria.
    Pansy era orgogliosa di essere una Serpeverde.
    Era stato allora che aveva imparato tutto quello che i suoi genitori non dicevano in sua presenza, credendola ancora troppo bambina, ma, se hai la stessa età di Harry Potter, non puoi vivere a lungo all'oscuro del recente passato: alcuni Serpeverde più grandi di lei avevano il padre ad Azkaban; i genitori di altri studenti erano morti…
    A Pansy sembrava che gli insegnanti fossero tutti pazzi, a partire da quel vecchio babbanofilo di Silente, quando li spronavano ad interagire pacificamente: lei mai, mai avrebbe potuto diventare amica del figlio di chi avesse mandato suo padre ad Azkaban.
La verità era che, a Hogwarts, si respirava l'odio, assieme all'ossigeno.
    A volte, quando tornava a casa, Pansy avrebbe voluto chiedere a suo padre se avesse mai ucciso qualcuno, un Babbano o un traditore del loro sangue, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo.
    «Tua zia è ad Azkaban, vero?», aveva chiesto, invece, un giorno a Draco. Parlare con Draco era facile, era il suo migliore amico da sempre e si dicevano tutto, sempre. Lui e quei due suoi gorilla avevano cercato di spaventare Harry Potter durante una partita di Quidditch. Si erano camuffati da Dissennatori.
Doveva essere il terzo anno.
    «Zia Bella è una Mangiamorte», aveva risposto Draco, pieno di orgoglio, un sorrisetto in tralice, nonostante fosse stato punito per la bravata.
    Tempo dopo, Pansy avrebbe scoperto che Bellatrix Lestrange era responsabile dell'uccisione e della tortura di alcuni Auror. Lo apprese dalla Gazzetta del profeta, assieme alla notizia della sua evasione.
    C'era una foto di lei, diversa da quella nel salotto, ma comunque giovane e selvaggia, bellissima. Pansy davvero non capiva come Draco potesse non saltare di gioia all'idea di rivederla. Aveva ritagliato l'articolo e lo aveva conservato nel cassetto del proprio comodino.
    Prima di addormentarsi, immaginava la sua eroina furiosa, l'indomita sostenitrice del loro Signore Oscuro. Si immaginava al suo fianco, a difendere i loro ideali, la purezza del loro sangue.
    Nei suoi sogni, i morti non sanguinavano mai.

 
Negli occhi s'apron pensieri infiniti.

 
II

Forse era una filastrocca, non una canzone. L'aveva già dimenticata quando la incontrò.
Pazza, scarmigliata, troppo magra, eppure sembrava una regina anche allora, una regina folle, aggrappata alla vita come l'edera ai muri. I suoi denti guasti erano bacche in una crepa nell'intonaco impolverato della sua pelle, solo un anno prima, quando l'aveva incontrata.
    Era stato un colpo al cuore, un tuono improvviso, un amore subitaneo ed inspiegabile, la testa che gira dopo il primo bicchiere di whisky incendiario.
    Pansy non aveva mai sentito nulla di così struggente come l'amore per Bellatrix Lestrange. Oh, sapeva di essere solo una sciocca ragazzina con la faccia da carlino, sapeva che quella strega spaventosa e bellissima non avrebbe mai neppure immaginato che esistesse una giovane donna che si struggeva d'amore per lei, ma… C'era, in lei, quel fascino decadente dell'edera rossa, quando, prima dell'inverno, s'incendia di colore e risplende dell'ultimo sole dell'autunno.
    Era la nota ripetitiva di un ritornello incompleto, la parola mancante che tiene svegli la notte a cercare finché non torna alla mente.
    Forse Pansy l'aveva amata come si amano le cose perdute, come si ama il passato o ciò che non è stato mai, perché, se era giovane ancora, come il tralcio novello che dalla pianta si dipana, non era più tanto sciocca da non rendersi conto che Azkaban aveva strappato a quella donna, con la giovinezza, anche il senno, e avrebbe voluto il potere di renderle qualcuno di quegli anni, avrebbe voluto spazzolarle i capelli come faceva, da bambina, con le bambole.
    Forse era perché Draco non le parlava più come un tempo, che Pansy aveva nostalgia del passato, di ritornelli cantati dalla balia, alla sera, per farla addormentare, e di giochi divisi con lui.
     Draco era fuggito a Giugno, lasciandola sola, senza sapere nulla; era cresciuto lui, lasciando indietro lei, e non le piaceva come era diventato, taciturno e ombroso, no, non le piaceva più come una volta, ma c'era ancora quel legame, due bambini che avevano giocato assieme.
    Per questo l'aveva cercato, perché era di nuovo estate e c'era profumo di fiori, ma loro non erano più bambini, e quel ragazzo pallido e nervoso che la teneva sulla porta, senza farla entrare, bisbigliandole vai a casa con tono duro, senza guardarla negli occhi, non sembrava nemmeno lui.
    Se ne sarebbe andata, delusa e arrabbiata come la pioggia che picchietta la terra, come una bambina che pesta i piedi in una pozzanghera, se non fosse arrivata lei.
    Bellatrix Lestrange rubò il cuore di Pansy con un sorriso di scherno.
    Il cuore di Pansy s'infranse come si infrangono sempre i cuori delle fanciulle.
    «È la tua fidanzatina, Draco? Che musetto carino», aveva riso, sollevandole il viso con due dita sottili, per guardarla meglio. Una risata alta, sfacciata, impudica era uscita dalle sue labbra screpolate e Pansy si era innamorata di lei, del suo tormento, della sua dannazione.     
    Si era innamorata della sua ostinazione, Pansy, la stessa dell'ultima foglia che non vuole che il vento la strappi, che non vuole ancora lasciarsi morire.
    
Al castello dell'andrai e non tornerai.


 
III


Le pareva che le parole le tornassero a mente.
Suonavano come un avvertimento lontano: Merlino ti guardi dall'edera rossa!
Altri erano rimasti a Hogsmeade, quando gli studenti di Serpeverde avevano lasciato la scuola. Altri, ma non lei: era tornata di corsa al castello, si era unita a suo padre e ai Mangiamorte. Aveva impugnato la bacchetta contro i nemici del suo sangue, suoi compagni in un'altra vita, quella fatta di scuola e di scherzi, quella finita all'inizio della guerra. Aveva affrontato con coraggio gli insegnanti, aveva lanciato Schiantesimi contro chiunque le si fosse parato davanti, ma Maledizioni Senza Perdono no, non le erano venuto in mente.
    Era molto lontana da Bellatrix, ma sapeva che lei era lì davanti, tra la confusione, tra i mantelli neri che svolazzavano tanto da farle girare la testa. Non era più sicura di chi fossero gli amici e chi i nemici, doveva solo attaccare e difendersi, attaccare e difendersi. Era sicura di aver colpito uno o due licantropi.
    Poi quella marea di mantelli neri aveva ripiegato su se stessa, come un'onda di mare avvelenata, e Pansy aveva corso, mentre altri si smaterializzavano. Si era nascosta ai margini della Foresta Proibita, c'erano piccoli ragni che fuggivano tra steli d'erba calpestata e rami d'albero spezzati; c'erano i centauri che aiutavano gli Auror a ricomporre i corpi. C'erano corpi dappertutto.
    Pansy non aveva idea di dove fosse suo padre, se perso per sempre o fuggito, ma vide i corpi trasportati nel castello. Hogwarts si tinse di rosso all'aurora. Le torri incendiate si erano spente, tizzoni di pietra annerita e corrosa su cui il sole di Maggio dipingeva un tripudio di rosso e di oro. Si tolse mantello e cravatta, per non essere subito riconosciuta dai colori sbagliati, da quel verde che nella notte era stato calpestato, ed entrò, assieme a tanti altri che avevano combattuto, ai feriti, agli esausti, ai piangenti.
    Le salme dei Mangiamorte erano state sistemate in una stanza a parte, nessuno le vegliava, nessuno le piangeva. Pansy entrò in punta di piedi, col timore di trovare caduti i suoi cari, ma alcuni avevano ancora la maschera sul viso, le vesti nere macchiate di fango e di sangue. Sul nero, però, quel rosso non si vedeva.
    Ma ecco che Pansy la rivide, Bellatrix Lestrange, sdraiata sul pavimento, discosta dagli altri. Sembrava dormire, una smorfia sul viso pallido, i capelli scompigliati sul pavimento come su un cuscino. Il sangue era denso e scuro, sulla sua pelle, ma senza dubbio alcuno, era rosso.
    Pansy le si avvicinò, le dita strette, intrecciate tra loro e il cuore le si spezzò di nuovo.
    Bellatrix Lestrange era morta e Pansy Parkinson non avrebbe mai potuto rivelarle di averla amata. Si lasciò cadere sulle ginocchia, accanto a lei, in silenzio, senza piangere, certa che lei non l'avrebbe gradito. Chinò il busto, un po' impacciata, per baciarle le labbra ormai fredde e, come l'edera al primo freddo dell'autunno, anche lei si tinse di rosso.

 
Ragazza senza amore, Merlino ti guardi dall'edera rossa!
Guardati dal viaggiatore, Morgana che ricami mantelli.


 
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Note
  • Edera rossa” è un nome comune con cui ci si riferisce alla vite americana
  • I versi della filastrocca cui pensa Pansy sono presi (e modificati) dalla poesia “Gli occhi”:
    Negli occhi s'aprono | pensieri infiniti. | Sono due crocevia | dell'ombra. | La morte arriva sempre | da quei campi nascosti. | (Giardiniera che taglia | i fiori delle lacrime.) | Le pupille non hanno | orizzonti. | Ci perdiamo in esse | come nella foresta vergine. | Al castello dell'andrai | e non tornerai | si va per il sentiero | che comincia nell'iride. | Ragazzo senza amore, | Dio ti guardi dall'edera rossa! | Guardati dal viaggiatore | Elenuccia che ricami | cravatte. [Federico García Lorca – traduzione da “Tutte le poesie e tutto il teatro”, ed I MAMMUT]
  • Ognuna delle tre parti di cui è composta la fanfiction è lunga esattamente 500 parole.
♣ Questa fanfiction si è classificata quarta al contest "Age gap" indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP.
Sperando che questa nuova breve storia della raccolta dedicata ai caduti (veri o supposti che siano) della Battaglia di Hogwarts vi sia piaciuta, vi do appuntamento su FB per chiacchierare e per le anticipazioni sulle mie storie! ^^

 
   
 
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