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Autore: Ace of Spades    17/02/2016    8 recensioni
"Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore. Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.
Ora 0
Minuto 0
Secondo 0
L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi.
Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
(...)
Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.
Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
“Piacere, Trafalgar Law”
“Piacere un cazzo”
-
Soulmate AU con tante, troppe coppie (KiddLaw, DoflaCroc, MarAce, KillerPenguin, MihawkShanks, ZoSan)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IV








Marco si svegliò presto come ogni giorno e si recò al bar; prima di aprire diede un’ ultima occhiata ai tavoli e si assicurò che fosse tutto pulito e in ordine.
Si sistemò dietro al bancone e cominciò a preparare i primi caffè; a quell’ora c'era  un via vai di gente continuo, chi si fermava solo per un caffè o un cappuccino per iniziare bene la giornata, chi si sedeva ad un tavolo e si concedeva una pasta. Fino alle 10 circa era pieno di lavoro, poi, superato l’orario di punta, si trovava al massimo tre o quattro clienti e il bar si faceva più silenzioso. 
Dato il colpo al collo Satch e Izou, entrambi suoi fratelli, si erano offerti di aiutarlo in cucina a preparare le paste, anche se lui sapeva bene che questo slancio di generosità non era dovuto solo all’aiuto ma anche alla loro solita curiosità da pettegole cinquant'enni.

Entrò in cucina e li trovò a parlare e a lanciarsi farina.
“Oh pennuto!” esclamò Satch “il collo va meglio vero?”
“Sì, non è grave”
“Allora puoi parlarci del tuo contatore fermo”
Izou ghignò mentre si rimetteva il rossetto.
Marco sospirò. “Se parlo mi lascerete in pace?”
“Parola di boyscout!” 
“Satch, non sei mai stato un boyscout”
“Izou, su, è un modo di dire, non prendere alla lettera ogni cosa che dico, anche se mi fa piacere constatare quanto tu penda dalle mie labbra”
Il ragazzo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda gli tirò una manciata di farina in risposta.

“Allora pennuto, spara”
“È il ragazzo che mi ha tamponato”
“Ooh! Un incontro voluto dal Fato” commentò Izou rimettendo una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Non interromperlo”
“Avrà 10 anni in meno di me, è moro con le lentiggini, ha un fratello più piccolo a cui piace la carne e mi sembra simpatico”
Satch scosse la testa.
“No, no, no, qui manca qualcosa. Lui com’è?”

Marco sbatté gli occhi e fece quello che aveva evitato di fare nei giorni successivi.
Pelle non troppo chiara, collo invitante, capelli sbarazzini, adorabili lentiggini, sguardo di fuoco, sorriso che-

Devo bere” disse solo e si fiondò verso il frigorifero, sotto lo sguardo interrogativo dei due uomini.
“Marco, è la seconda bottiglietta che ti scoli” disse Izou dopo un po’ “sei sicuro di stare bene? Una visita ai reni aiuterebbe”
“Ma quale visita ai reni, per colpa sua ho i reni più sani dell’intera città!” sbottò il biondo perdendo la calma.
Quando si rese conto di quello che aveva fatto sospirò di nuovo.
“Cavolo, è la seconda volta in tutta la mia vita che ti vedo perdere le staffe” commentò Satch.
“Non capisco cosa mi sta succedendo” Marco si passò una mano tra i capelli “ogni volta che penso a lui la gola mi si secca in un modo terribile, quasi come se mi trovassi dentro un forno, e se non mi scolo almeno una bottiglia d’acqua non riesco a mantenere la calma”

Izou e Satch si guardarono.
“Che sia un riflesso incondizionato del cervello?” chiese il primo.
“Probabile, o forse è semplicemente un tick dovuto, bho, che ne so non sono uno psicologo!” esclamò il secondo.
Marco alzò gli occhi al cielo, quando sentì la campanella sopra la porta d’ingresso suonare, avvisandolo che era arrivato un nuovo cliente.

Con calma uscì e si bloccò sulla porta; data la sua immobilità i due fratelli si alzarono e guardarono attraverso gli oblò.
“Uau, che bel ragazzo, penso di non averne mai visto uno così carino” sussurrò Izou.
“Accidenti niente male” rispose l’altro.
Marco per tutta risposta fece un passo indietro.
“Devo bere, dov’è l’acqua?”
E si attaccò all’ennesima bottiglia.

I due uomini si guardarono, poi guardarono il ragazzo seduto al bancone e riguardarono il biondo.

“Mio caro, sei nei guai fino al collo, smettila di bere e vai a parlarci”
“Che culo sfacciato, la tua anima gemella è praticamente una statua greca e tu stai lì a bere? Aspetta. Ecco perché lo fai!” esclamò Satch girandosi verso di loro.
“Izou, guardalo bene. Più hot di così si muore”
L’uomo sorrise. “Too hot, hot damn
Cominciarono in coro a cantare Uptown Funk mentre lui non sapeva cosa fare.

Ok, prima di tutto era meglio andare in bagno a svuotare la vescica, poi avrebbe rinchiuso da qualche parte quei due cretini e sarebbe andato a parlarci.


 

-
 

Ace arrivò davanti all’entrata del bar indicatogli da Marco e si fermò per qualche secondo.
Non era mai stato nel suo carattere essere indeciso, ma in quel momento si sentiva tutta l’ansia che non aveva mai provato durante la sua vita gravargli sul petto.

Non è da te tergiversare in questo modo. Un bel respiro ed entra.

Poco dopo si ritrovò all’interno; il bar non era niente male, il balcone in legno davanti all’entrata e dei tavolini con poltroncine a sinistra. Il tutto gli trasmetteva un’ atmosfera casalinga, con qualche pianta qua e là; certo era che il timone di una nave attaccato al muro era un tocco di classe.
Si sedette al balcone ed aspettò.

Qualcuno uscì dalla porta che evidentemente portava alle cucina e riconobbe subito Marco dalla buffa capigliatura.
“Ciao!” esclamò rivolgendogli un sorriso.
“Ciao Ace, come va la spalla?” gli chiese con voce gentile l’altro mentre iniziava a bere da una bottiglietta.
“Bene, scusa se non sono venuto prima, ma ho dovuto mettere a posto delle cose con mio fratello”
“Nessun problema, capisco bene com’è avere dei fratelli più piccoli” commentò lanciando un’occhiata alle sue spalle.
Ace gli sorrise.
“Uhm, mentre parliamo dell’incidente, potresti prepararmi qualcosa da mangiare?”
“Volentieri, cosa desideri?”
“Non lo so… penso prenderò uno di tutto”

Marco sorrise e Ace rimase spiazzato per qualche secondo; aveva voluto metterlo alla prova facendogli intendere che era una buona - un po’ troppo buona - forchetta, e lui cosa faceva? Gli sorrideva e gli mandava in cortocircuito il cervello.

“Hai fame per caso? D’accordo, ma ci vorrà un pochino”
“Non ho fretta” rispose Ace continuando a fissargli le labbra e deglutendo.
“Bene allora” e detto questo finì la bottiglietta e si recò in cucina.

Il moro seduto al balcone inspirò profondamente cercando di fare entrare più ossigeno possibile.

Maledizione Ace, smettila di fissarlo come se volessi fartelo su questo maledetto bancone! E come faccio a smettere se è proprio ciò che voglio fare?

Il ragazzo si appoggiò con il gomito al legno e nascose gli occhi nella mano.
Cominciava ad avere sete.


 

-

 

Marco entrò in cucina e prese un’ altra bottiglietta.
“Smettila di bere” sussurrò Izou.
“Ha chiesto uno di tutto quindi smettetela di ciondolare nella mia cucina e datevi da fare” commentò Marco ignorando il commento sicuramente giusto del fratello.
Peccato non riuscisse a controllare la sua sete.

Satch gli rivolse un sorriso birichino e  andò ad aiutare il fratello a preparare dei panini.
Marco uscì di nuovo.
“Nel frattempo vuoi un caffè?”
Ace si riscosse. “Un cappuccino”
Il biondo annuì e gli diede le spalle, cominciando a muoversi meccanicamente per preparare ciò che gli aveva chiesto.

Il moro fece cadere lo sguardo sull’intera figura dell’uomo davanti a sé e si morse il labbro sperando finisse presto quel maledetto ordine.
Smettila Ace, smettila di fissargli il culo, sei un pervertito.

Marco mise la crema di latte formando un disegno geometrico e si girò piazzandogli sotto al naso la tazza.
“Se vuoi provare qualcosa di nuovo aggiungici il cacao in polvere sopra”

Il moro fece una ‘o’ con la bocca e seguì il suo consiglio; mescolò dopo aver aggiunto un cucchiaio di zucchero e si portò la tazza alla bocca.
Forse era di parte, ma quello era il cappuccino più buono che avesse mai bevuto.
Non si staccò finché non lo ebbe bevuto tutto, poi posò la tazza sul piattino.
“Era buonissimo”
Marco gli sorrise. “Sei sporco di crema qui” gli disse indicandosi il labbro superiore.
“Oh grazie” rispose tranquillamente Ace facendo passare la lingua sul labbro per pulirsi.
“Marco, stai bene? Perché bevi in continuazione?”
“Fa bene bere, fa benissimo

Va bene tutto, ma non poteva fare così, aveva una certa età e il suo cuore non poteva reggere ad un ragazzino ingenuo che mandava in tilt la sua parte razionale.

“È vero, me lo ripeteva sempre anche mio nonno, ma non gli ho mai prestato troppa attenzione. Maledetto lui e il suo pallini di farmi diventare un poliziotto”
Il biondo lo guardò incuriosito.
“Bhe ecco” cominciò il ragazzo notando il suo sguardo “non è proprio mio nonno, mi ha cresciuto lui ma non siamo imparentati.”
A quel punto fece una pausa, deglutì e si mordicchiò un labbro.
“Anche Rufy non è mio fratello di sangue, aveva bisogno di me e così…”

“Quando avevo 5 anni un pazzo che voleva rapinare la mia famiglia ha dato fuoco all’intera casa dove abitavamo. Sono l’unico sopravvissuto e ho passato anni a chiedermi il motivo per cui io sia stato migliore di mia sorella di 3 anni, di mia madre e di mio padre. Perchè io?” disse calmo guardando gli occhi neri sgranare.
“Perchè mi stai raccontando tutto questo?”
“Ho visto i tuoi occhi. Erano uguali ai miei. Non voglio che tu mi racconti del tuo passato se non sei pronto solo perché sono la tua anima gemella”

Come può aver capito come mi sentivo soltanto guardandomi?

Ace annuì e sorrise.
“Scusate se disturbiamo il vostro rito di accoppiamento, ma qui abbiamo circa una ventina di panini” esclamò Satch uscendo dalla cucina con effettivamente panini ovunque.
Il moro per poco non scoppiò a ridere a vedere un uomo con un piatto sulla testa, in perfetto equilibrio su un ciuffo che gli ricordava una banana.
Quando vide uscire anche un uomo truccato con lunghi capelli corvini non si stupì più di nulla.
Davanti a sé si trovava un sacco di cibo, avrebbe rimandato a dopo i suoi commenti.

“Peerò! Il ragazzino ha un buco nero al posto dello stomaco” disse Izou affiancando Marco che fissava la scena con un sorriso stupito sul volto.
“Per me non li finisce”
“Satch, non trasformare tutto in una scommessa”
“Bellezza, per caso hai paura di perdere?”
“È ovvio che li finisce e che tu perderai anche stavolta”
“È da vedere”

Ace si pulì la bocca con un fazzoletto e alzò lo sguardo sui tre uomini.
“Ehm, salve?”
“Ragazzino mi hai appena fatto perdere una scommessa. Comunque piacere, io sono Satch e quello lì col rossetto che ghigna perché ha vinto è Izou. Siamo i fratelli del pennuto qui presente”

Il ragazzo li guardò uno per uno e poi sorrise.
“Piacere, io sono Ace. E che cosa devi fare dato che hai perso?”
“Non lo so” commentò Izou “devo pensarci ma ovviamente qualcosa di imbarazzante”
“Potresti truccarlo da donna e ordinargli di flirtare con un agente di polizia, ad esempio Smoker” la buttò lì il ragazzo con le lentiggini sorridendo in modo strano.
“Ottima idea”
“Ma voi siete pazzi! Almeno pagatemi la cauzione dopo”
“Per caso” disse Marco “ma per caso eh, hai un problemino con le forze dell’ordine?”
Ace fece la faccia più innocente che si potesse immaginare.
“Chi, io? Solo perché Smoker mi ha arrestato un paio, no ok forse più di un paio di volte, perché ho fatto esplodere cassonetti, cestini e ho dato fuoco a delle foglie che formavano la scritta ‘prendimi se ci riesci’? No, sono sempre stata una persona integerrima”

Satch scoppiò a ridere.
“Ragazzino mi stai simpatico! E scommetto che piacerai anche al Babbo”
“A chi?”
“A nessuno, e ora voi due non avete altro da fare?” si intromise Marco spingendoli verso l’uscita.
“Ce ne andiamo. Ciao Ace”
“Spero ci rivedremo presto”

Il biondo trasse un sospiro di sollievo.
“Babbo?”

Immaginavo lo avrebbe chiesto.

“Come avrai capito loro non sono miei fratelli di sangue. Diciamo che siamo cresciuti in una sorta di orfanotrofio”
“Una sorta?”
“L’uomo che ci ha preso sotto la sua ala protettrice è molto ricco e ha comprato una casa bella grande per aiutare le persone più sfortunate, bambini ma anche adulti. Ognuno di noi gli vuole un bene dell’anima e rivede in lui una figura paterna. Ma non era un orfanotrofio, ci aiutavamo a vicenda ad andare avanti.”
“Wow! Tuo padre deve essere una persona molto gentile”
“Edward Newgate ti dice qualcosa?”
“...tuo padre, che è anche il sindaco della città, deve essere una persona molto gentile”

Marco sorrise alla faccia sorpresa dell’altro.
“Fa sempre un certo effetto dirlo”
“Sei cresciuto in un ambiente in cui ti amavano, non capisco dove sia il problema” commentò Ace sorridendo, ma lui seppe che quel sorriso non era rivolto a lui, ma a qualche ricordo che gli stava passando per la mente.
Prese un piatto con l’intento di riordinare quando il ragazzo crollò sul bancone.
Preso dal panico si precipitò a vedere se stesse bene.
“Sta… dormendo?”

Quando sentì il suo battito cardiaco premendo le dita sul collo si tranquillizzò; probabilmente soffriva di narcolessia.
Fece scorrere le dite verso l’alto e gli mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Le sue labbra erano davvero morbide, proprio come aveva immaginato.

Ace si svegliò sbattendo le palpebre e stiracchiandosi leggermente si rese conto di essere in un bar.
Ricollegò il cervello e drizzò la schiena, mentre il biondo stava trafficando davanti a lui.
“Buongiorno”
“Ehm, devo essermi addormentato, mi succede spesso”
Marco finì di pulire la macchinetta e si girò.
“Narcolessia eh? È per questo che mi sei venuto addosso con l’auto?”
Ace si grattò la nuca imbarazzato.
“Veramente no, ero solo distratto a causa di mio fratello”
“Ma noi daremo la colpa al tuo disturbo così che le assicurazioni paghino entrambi” commentò il barista facendogli l’occhiolino.
Il ragazzo aprì la bocca ma finì per sorridere; quell’uomo era una sorpresa continua.

“Grazie”
“Di cosa? La narcolessia è un problema serio”
“Ma non mi succede così spesso”
“Può essere pericoloso usare la macchina”
“Ah sì?”
“È meglio se ti do un passaggio a casa dopo, non vorrei succedesse ancora”

Ace sorrise.
“La narcolessia è un problema serissimo, esattamente come avere i reni sani”
Marco appoggiò la bottiglietta e gli fece una linguaccia.


 

-


Suonò il campanello più volte ma nessuno pareva volergli aprire.
Tamburellò con le dita della mano destra sul muro e suonò ancora, non staccandosi dal pulsante.
La porta si aprì di scatto e i suoi occhi neri incontrarono un paio di iridi gialle.
“Rosso, cosa vuoi?”
“Non mi fai entrare?”
L’uomo si fece da parte di malavoglia.

“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi Rosso, non sei un mio collega”
Il proprietario di quella casa lugubre, illuminata solo da lanterne e candele negli angoli, gli rivolse uno sguardo privo di emozione.
“Cosa vuoi Shanks”
L’uomo dai capelli rossi sorrise soddisfatto, cosa che non sfuggì a Mihawk, che roteò gli occhi.

“Sono venuto a prendere il té”
“Oggi non è giovedì”
“Lo so, ma mi andava il té”
“Sei davvero una piattola”
“Ti amo anche io”

L’uomo dai capelli neri e gli occhi dorati si allontanò senza rispondere dirigendosi verso la cucina.
Si alzò le maniche e inconsapevolmente il suo sguardo cadde sui tre zeri tatuati sul polso.
Era successo anni prima.
Versò l’acqua nella teiera e la sua mente ritornò al giorno in cui tutto era cambiato.

Al giorno in cui lui, maestro di kendo e scherma e neo-campione mondiale nell’arte della spada all’età di 20 anni, era stato sfidato da un altro ragazzo, che lo aveva attaccato senza dargli tregua.
Non riuscì a vederlo in faccia a causa della maschera calata sul volto, ma nessun combattimento lo divertì come quello.
Durò circa mezza giornata, in cui passarono in rassegna ogni stile possibile: fioretto, sciabola, spada, kendo, cercando in ogni modo di disarmare l’avversario e, alla fine, Mihawk riuscì nell’impresa e puntò l’arma sulla maschera, in un chiaro invito a vedere che faccia avesse quello che era diventato il suo rivale.
Una risata cristallina gli giunse alle orecchie; la maschera venne tolta e una massa di capelli rossi fece la sua comparsa.
“Ho perso!” esclamò sorridendogli, ma il bruciore sul polso fece sbiancare il moro.

No pensò guardando il ragazzo dai capelli rossi dirigersi verso il pubblico che si era radunato a guardarli e baciare una ragazza dai capelli verdognoli, io ho perso.
 

Il fischio lo riscosse dai suoi pensieri; alzò lo sguardo e vide Shanks seduto davanti al tavolo.
Gli diede le spalle e versò il té nelle tazze, posandone una davanti al Rosso e sedendosi di fronte a lui.

 

All’epoca non pensava che fosse possibile che la tua anima gemella potesse essere l’anima gemella di qualcun altro, ma invece era proprio quello che era successo a lui.
La sua anima gemella, colui che aveva fatto fermare il suo contatore, Shanks, aveva già il proprio fermo e aveva fatto fermare quello di una ragazza, Makino.
Si dice che al mondo ci sia più di una persona perfetta per noi, ma è estremamente raro incontrarne una, figuriamoci due.

Mihawk stava fermo nella stessa posizione da ormai minuti; Shanks lo guardò.

Aveva dovuto disarmarlo per fargli dire, dopo anni di duelli e quella che lui aveva definito una delle amicizie più forti che aveva mai avuto, che il suo contatore era fermo.
E che l’aveva fermato lui.
Era stato difficile disarmarlo senza un braccio, ma l’altro non aveva opposto molta resistenza.
Dopo che un’auto aveva investito lui e Makino era cambiato tutto.
Lei era morta sul colpo e il suo cuore si era spezzato, insieme al suo braccio sinistro che i medici non erano riusciti a salvare e avevano dovuto tagliare.

Aveva passato un mese in ospedale, combattendo con i dolori di un arto che non doveva esserci ma che c'era, con la sofferenza di aver perso l’unica donna che aveva mai amato e con la consapevolezza che il suo contatore aveva ricominciato a scandire il tempo.
Alcune volte veniva il suo vice a trovarlo, altre e molto più raramente, vedeva entrare dalla porta di quella camera bianca e spoglia il suo rivale da oltre dieci anni, Drakul Mihawk.
Non diceva nulla, si sedeva e stava lì.
Shanks apprezzava le sue visite, era come se quell’uomo lo capisse; nonostante avessero sempre comunicato con le spade e poche volte a parole, aveva l’impressione che il moro sapesse esattamente quello che doveva fare per recargli un po’ di sollievo.
Restare con lui senza fargli inutili domande su come si sentisse o se volesse parlare era una di queste.

Shanks aveva odiato il suo contatore, avrebbe voluto strapparselo a morsi quando aveva visto che i numeri scorrevano di nuovo sul suo polso.
Aveva voluto smettere di esistere quando aveva sentito la sensazione familiare di una bruciatura, nel momento esatto in cui Mihawk era andato a trovarlo per la prima volta dopo l’incidente.
Ci mise un po’ a guardarlo in faccia, sia perché non era pronto per affrontare quel discorso in quel momento, sia perché non aveva visto nessun cambiamento sul volto del moro, segno che il suo contatore non si era fermato.

Quando uscì dall’ospedale trovò l’altro fuori ad attenderlo; non gli dimostrò mai pietà, lo aiutò ma non si intromise mai, neanche quando di notte il dolore per l’arto fantasma lo costringeva a soffocare gemiti nel cuscino, lo faceva sudare e gli annebbiava la mente.
Passò a casa di Mihawk i successivi tre mesi, senza che nessuno dei due affrontasse la situazione.
Il moro non poteva sapere che il contatore di Shanks si era fermato nuovamente dopo aver ripreso a funzionare.
Il rosso non poteva sapere che il suo contatore era fermo perché l’altro portava sempre magliette con le maniche lunghe.

Vissero così nell’ignoranza per quasi un anno, parlando poco e di argomenti futili.
Questo fino a quando l’entità non decise che era abbastanza.

Non sarebbe mai successo se Shanks non avesse dimenticato le chiavi e non fosse entrato in casa nel momento esatto in cui Mihawk usciva dal bagno con solo un asciugamano stretto in vita.
Non sarebbe mai successo se Shanks non avesse abbassato lo sguardo e non avesse visto il polso scoperto di Mihawk con tre zeri sopra.

Come amava ripetere il suo amico Bugy ‘il destino ha un piano per tutti, cazzi tuoi se hai studiato chitarra’.

Mihawk era tornato in bagno a rivestirsi mentre le chiavi assumevano sempre meno importanza.
Quel giorno il moro cercò di evitarlo in tutti i modi, ma non poté farlo quando si presentò al suo dojo e lo sfidò.
Alla risposta negativa dell’uomo, lo attaccò senza dargli tempo di dire altro, mentre un ragazzo dai buffi capelli verdi mandava via tutti e chiudeva la porta della palestra, lasciandoli soli.

Shanks finì di bere il té e si appoggiò allo schienale di quelle sedie imbottite che tanto gli ricordavano delle poltrone di lusso.

Si insultarono, o almeno, lui cominciò ad urlargli contro cose senza senso, Mihawk si limitò a stringere le labbra e ad assottigliare lo sguardo.
Questo finché non si lasciò sfuggire la storia del suo contatore e del fatto che a quanto pareva, lui lo aveva fatto fermare di nuovo.
Lì, gli occhi gialli, quelli che aveva sempre visto inespressivi o taglienti, si sgranarono e, per la prima volta in vita sua, vide il moro fare un passo indietro.
Ci volle un po’ per fargli aprire bocca, gli chiese di dirgli cosa aveva, perché non lo guardasse più in faccia e perché si allontanasse da lui.
Arrivò addirittura a pregarlo.
Alla fine Mihawk cedette, forse a causa delle sue lacrime.
“La persona che ha fermato il mio contatore sei tu, è successo la prima volta che mi hai sfidato in questo dojo”
Il moro disse solo questo e si sedette per terra, lui rimase immobile per un po’, poi lo affiancò, appoggiando la testa al muro.
Rimasero in quella posizione per ore senza che nessuno dei due aprisse bocca.
La domanda che aleggiava era solo una.

E se quell’incidente non fosse mai successo, ora staremmo qui a parlare?

La risposta la sapevano entrambi, e faceva così male da farli tacere per tutta la notte.
 

Vide Mihawk di fronte a sé alzarsi per mettere a posto le tazze e sorrise.
Dopo quel giorno lui provò ad avere un dialogo con il suo tetro amico, ma ovviamente con pochi risultati.
Peccato fosse di natura un testardo - o come lo definiva il moro, ‘una piattola’ - e, giorno dopo giorno, era riuscito ad invadere lo spazio personale dell’amico, finendo per passare le notti nella stanza degli ospiti per poi venire buttato fuori il giorno dopo.
Non sapeva come definire il loro rapporto, semplicemente godevano della presenza dell’altro, a volte per una partita a scacchi, altre per un té o un film. 
Il sentimento che li legava non era amore, se lo era chiesto più volte se provasse per Mihawk lo stesso affetto che provava per Makino, ma la conclusione a cui era arrivato era che non poteva paragonare i due sentimenti.

Per la donna provava un amore incondizionato, un affetto e un istinto di protezione senza limiti.
Per lui invece sentiva una connessione mentale più che fisica; amava trascorrere il proprio tempo in sua compagnia, e si rilassava solo quando sapeva di trovarsi in quelle mura fredde e scarsamente illuminate.
Probabilmente era amore, ma era di un altro genere.

Durante tutti quegli anni non avevano mai affrontato un discorso su cosa provassero l’uno per l’altro, sarebbe stato inutile.
Visto da fuori Mihawk poteva sembrare un uomo freddo e distaccato, ma chi lo conosceva sapeva interpretare i suoi atteggiamenti e i suoi sguardi.
Era un uomo di poche parole ma il fatto che ci tenesse a Shanks era lampante.
Da cosa si vedeva che teneva a lui?
Dal fatto che non lo avesse ancora sgozzato nonostante gli avesse ripetuto diverse volte che non amava il contatto fisico e che il Rosso lo ignorasse ogni volta e lo abbracciasse quando voleva.

Si vedeva che Mihawk teneva a Shanks dal fatto che quest’ultimo fosse ancora vivo.


 

La porta d’ingresso si spalancò e si richiuse subito dopo e una ragazza dai capelli rosa raccolti in due codini alti entrò in cucina.
“Spadaccino!” esclamò per poi fermarsi e mettersi una mano sugli occhi, visibilmente imbarazzata.
“Siete due pervertiti! Almeno andate in camera!”
“Pero-chan, lo sto solo abbracciando. Magari riuscissi a portarlo in camera!” le rispose Shanks imbronciato.

“Perona, cosa c'è?” chiese Mihawk avvicinandosi mentre il Rosso si massaggiava la testa e borbottava qualcosa sul fatto che picchiare un invalido era da persone senza cuore.
La ragazza tossì e tornò seria.
“Quel cretino mi ha mandato un messaggio dicendo di essersi perso al centro commerciale, ora non posso andare a raccattarlo perché ho un impegno” 
“Dovrei andarci io?” chiese il moro alzando un sopracciglio.
“Horohorohoro!” Perona rise e se ne andò in quella che aveva eletto a camera sua.

“Rosso che stai facendo con quelle chiavi”
“Vado a prendere Zoro, no?”
“Tu non puoi guidare”
“Allora dovrai accompagnarmi”

Mezz'ora dopo erano arrivati al supermercato, avevano parcheggiato ed erano scesi alla ricerca del ragazzo dai capelli verdi, l’ultimo inquilino che viveva da Mihawk.

Era stato davvero divertente scoprire che l’uomo più freddo che conoscesse aveva due camere in più che faceva usare a due liceali, entrambi senza famiglia, ma per motivi diversi.
La ragazza, Perona, lo aiutava con le faccende domestiche e svolgeva dei lavoretti nei bar o nei ristoranti.
Il ragazzo, che rispondeva al nome di Roronoa Zoro, lo aveva sfidato qualche anno prima finendo per perdere, ma promettendo che un giorno sarebbe riuscito a sconfiggerlo e ad ottenere il dojo.
Peccato che non avesse senso dell’orientamento e che finisse per perdersi anche in casa sua.

Shanks vide una zazzara verde di fronte ad una vetrina e trascinò Mihawk.
“Ah siete venuti voi” commentò Zoro grattandosi la testa.
“Io non volevo venire” rispose Mihawk.

Il Rosso sapeva bene che Occhi di Falco - come era conosciuto nel mondo della spada a causa del suo sguardo da rapace che riusciva a mettere in soggezione chiunque - aveva accettato di allenare quel ragazzo e di dargli una casa perché vedeva in lui un futuro e degno avversario. Ma sapeva anche che quei due erano molto simili e non andavano mai d’accordo, finendo alle mani, anzi, alle lame la maggior parte delle volte.

“Su, su, non litigate! Stasera pizza, c'è anche Pero-chan” si intromise spingendo Mihawk verso l’auto e venendo seguito da Zoro per qualche metro.
“Di qua, Marimo!”
“Non chiamarmi anche tu così!” sbottò Zoro rosso di rabbia imboccando finalmente la strada giusta.

Maledizione a lui e alle sue decisioni idiote, non doveva confidarsi col Rosso!

“Va bene, va bene, poi mi racconterai”
Zoro notò lo sguardo interrogativo di Mihawk e sospirò, sollevato dal fatto che almeno lui non sapesse nulla.

Tornarono a casa e la trovarono pulita, con nuove candele e gli oggetti in ordine sugli scaffali.
Il moro guardò Perona uscire dal bagno con il bucato.
“Che c'è? Il mio appuntamento è saltato e non avevo nulla da fare, mica lo faccio per voi” commentò uscendo a stendere sulla terrazza mentre Shanks le regalava un sorriso enorme.

“Tsk, vado in camera mia” disse Zoro.
“A destra” sibilò Mihawk.
“Lo so” rispose il ragazzo tornando indietro e andando a destra.
“Non ti dispiace se vado a fare quattro chiacchiere con lui, vero?”
“Non so cosa stiate confabulando ma non voglio saperlo”
“Affari di cuore” sussurrò il Rosso per poi sparire dietro l’angolo.

Occhi di Falco sbatté le palpebre e scosse la testa.
In quell’ambito Shanks era decisamente più adatto di lui come confidente.




 



Angolo dell'Autrice:
Finalmente sono state introdotte tutte le coppie principali (ahah non è vero manca la ZoSan ma mi piace sognare)
Shanks e Mihawk avranno un rapporto abbastanza angst vi avverto, mentre al contrario Ace e Marco diventano sempre più una coppietta di nome e di fatto.
Qui ho lasciato solo loro quattro perchè si meritavano un po' di spazio anche loro; fatemi sapere cosa ne pensate, prossimo capitolo dedicato al Marimo e al Cuoco.
A presto,

Ace of Spades

  
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