Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Sofyflora98    19/02/2016    0 recensioni
Sofia è una ragazza apparentemente comune, ma un incidente avvenuto in un pomeriggio di settembre, dopo la scuola, le svelerà la sua vera natura: lei è un'Astral, una persona che riesce a rendere reale ciò che non esiste. E' stato in seguito a quell'incidente che venne coinvolta nell'Astral project, l'associazione che gestisce e tiene sotto controllo questo strano fenomeno. Tra maggiordomi diabolici, dei della morte fiammeggianti e creature mostruose, Sofia scoprirà un mondo interamente nuovo, iniziando a comprendere meglio la vera natura della fantasia umana e dei sentimenti che si può provare per qualcosa che non esiste. O almeno, che fino a poco prima non esisteva.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il silenzio regnava nella sede provvisoria dell'Astral Project. Quando i funzionari si erano alzati ed avevano iniziato il loro lavoro, come prima cosa si erano accorti che non c'erano più segnali di presenze demoniache nei paraggi. Allargando il campo, continuarono a non trovarne, fatta eccezione per qualche occasionale mostriciattolo di bassa lega, come quelli che erano abituati ad affrontare prima dell'arrivo della fantomatica Black Lady.
Erano quindi andati a svegliare il signor Simon, ma non lo trovarono. Il suo letto era vuoto. A quel punto si erano allarmati. Avevano iniziato a cercarlo per tutto l'edificio, senza successo. Man mano che perseguivano nel battere a tappeto l'ex fabbrica di vernici, anche il resto dei membri iniziò ad aprire gli occhi, a causa del loro vociare e dello scalpiccio dei loro passi pesanti ad affrettati. Anche loro si misero d'impegno per aiutarli, ma si resero conto che anche altre persone erano assenti, tra cui la Prima Astral, Sofia, un Esterno ed altri ancora.
Trovarono l'armeria più vuota di quanto fosse la sera prima. Non ebbero difficoltà a fare due più due e a capire che missione avessero intrapreso alle loro spalle. E a quel punto giunsero l'ansia e la paura. Paura che non tornassero, che la nemica avesse la meglio su tutti loro.
Cominciò la loro attesa. Controllavano nervosamente gli schermi dei computer, per vedere se qualche segnalazione cambiava, a sfavore o favore loro. Qualunque cosa era meglio di quello stato di stasi che perdurava da qualche ora.
Continuò a non accadere nulla fino a dopo pranzo. Non c'erano né demoni né altro. Non era mai accaduto, negli ultimi mesi. Avrebbero voluto prenderlo come un buon segno, ma i loro compagni persistevano nel non tornare, e già pensavano che fosse solo la quiete prima della tempesta.
Li rividero solo quel pomeriggio.
Stavano già iniziando a prepararsi ad uscire dalla loro base per vedere cosa fosse accaduto, quando sentirono un lento bussare al portone. Qualcuno si avvicinò cautamente e sbirciò attraverso la finestrella per vedere di chi si trattasse.
Gioirono nel vedere il signor Simon tornare sano e salvo, accompagnato da Kevin, William e gli altri membri della squadra. Ma la Prima Astral non era con loro, e nemmeno Black Lady e gli ostaggi da lei presi. In effetti, tutti quanti avevano un'aria abbattuta.
Fu a quel punto che un ristretto numero di membri dell'Associazione rivelò della riunione segreta che si era svolta al fine di organizzare una missione dentro al palazzo di Black Lady, e della scelta di chi avrebbe diretto e composto questa squadra.
Poi venne il turno dei suddetti membri di raccontare cosa fosse successo. Riferirono loro dei demoni radunati davanti al palazzo, della loro irruzione e di come le loro strade si fossero divise, di come Simon e Kevin fossero andati a cercare gli ostaggi, mentre Sofia e William fossero saliti in cerca di Black Lady e Grell. La voce dell'uomo di incrinò mentre narrava di come avessero scoperto della morte degli ostaggi e dell'assenza del corpo dio Giorgia, che a quel punto doveva per forza essere Black Lady sotto copertura.
Non sapevano cose fosse accaduto allo shinigami e alla guerriera in rosso, ma dalla torre lei non era mai scesa, e nemmeno Dianoia. Poi dissero di come i loro sospetti riguardo a Giorgia si rivelarono fondati quando William era sceso di corsa dal piani superiore, dicendo loro dello scontro tra Dianoia e Sofia.
Gli occhi di molte persone si erano spalancati dallo stupore quando immaginarono, seguendo le parole di Simon, la discesa dalla scalinata di Alicia, vestita di bianco e nero, i boccoli dorati lunghissimi e gli occhi verde chiaro come quando era viva, lì tra loro.
Il racconto terminò in quel punto. Nessuno aveva idea di cosa fosse realmente accaduto alle due guerriere, nella torre, anche se la comparsa della fanciulla candida diede ad intendere, ai pochi a conoscenza di tutti i dettagli, che fossero tornate in qualche modo a fondersi. Restava il mistero di dove fosse andata Alicia, quando si era smaterializzata sotto i loro occhi.
I loro rilevatori la cercarono, ma non trovarono nulla che somigliasse né a lei né alle altre due.
 
 
 
Sentivo un rumore attutito. E voci, tante voci di ogni tipo. Non avevo idea di dove fossi, e non riuscivo a dischiudere le palpebre.
Sentivo tutto il corpo intorpidito, come se avessi dormito per giorni e giorni, senza muovermi. Anche il cervello doveva aver dormito, considerato lo stato confusionale in cui si trovava. Primo, perché l’ultima vaga cosa che ricordavo, era il castello di Black Lady, e quello sotto la mia schiena non era decisamente marmo, ma piuttosto ciottoli e sassolini.
Riuscii ad un certo punto a sollevare un braccio, e portare una mano a stropicciarmi gli occhi. Molto lentamente, con fatica, raddrizzai anche il busto, e mi misi seduta. La prima cosa che notai, fu che mi trovavo all’imbocco di un vicolo che dava su una strada affollata. Una strada brulicante di uomini in marsina, donne con crinolina e corsetto, e carrozze trainate da cavalli, per l’esattezza. Da questo, dedurre che non si trattava della mia città non fu complicato.
La seconda cosa a cui feci caso riguardava il mio abbigliamento: indossavo ancora l’armatura da Astral. Andarsene in giro in minigonna in quella che pareva una città vittoriana non era proprio il caso.
Scattai in piedi, e coprendomi le gambe coperte dalle sole calze con il mantello mi imbucai più a fondo nel vicolo, fino a trovare un angolo deserto dove potermi cambiare d’abito senza dare nell’occhio. Grazie al cielo avevo ancora il mio bracciale.
Una volta che mi fui adeguatamente camuffata con strati e strati gonne e sottogonne, tornai nella strada principale. Il rumore della folla mi avvolse, mi disorientò. Continuavo a non avere idea di cosa ci facessi lì. E di dove fosse “lì”.
Un suono di campana che conoscevo bene rispose a quest'ultimo quesito. Ero il suono della campana del Big Ben, o torre dell’orologio. Mi trovavo a Londra.
Naturale. A chi non è mai capitato di ritrovarsi di punto in bianco nel centro della Londra vittoriana, mentre poco prima era nell'Italia contemporanea?
Cercai di fare mente locale. Svuotai la mente, per rievocare passaggio per passaggio gli avvenimenti, da quando avevo incontrato Black Lady. Avevamo terminato il gioco mentale, dal quale io ero uscita vittoriosa. Prima di uscire dalla dimensione virtuale che Dianoia aveva creato nella mia testa, avevo ricevuto una specie di messaggio da parte di Alicia, dove mi spiegava una serie di nozioni incomprensibili riguardo al tempo sferico, o roba del genere. Black Lady aveva capito che qualcosa doveva essere successo, e si era infuriata. Avevamo lottato corpo a corpo, e l'avevo immobilizzata, cosa non difficile considerata la sua magrezza. E dopo era arrivato Sebastian, e aveva detto quella cosa.
“Il vostro amante è già morto. Lo abbiamo ucciso subito dopo avervelo portato via.”
Serrai gli occhi, reprimendo un conato. Mi addossai al muro di un palazzo, appoggiandomi ad esso con la schiena, per non scivolare a terra. Mi sentivo il fiato mancare. Ma non devi pensarci, non ora! Devi capire come sei finita qui! mi rimproverai.
Dopo aver sentito... quelle parole, avevo ucciso Black Lady a sangue freddo. E dopo iniziava il vuoto di memoria. Una vaghissima immagine l'avevo, però. Si trattava di una sensazione corporea stranissima, come se le mie membra si fossero dissolte nel vuoto.
E anche una voce, ricordai, anche se non riuscivo ad associarla ad alcun momento di tutta quella sequenza. “Il tempo nei vari mondi scorre in modo differente, ed è indipendente l’uno dall’altro in molti casi. Siamo in pochi a sapere come cancellare qualcosa in tutti gli universi che esistono in modo definitivo”. Era una voce di ragazza, senz'ombra di dubbio. Ed era la stessa voce del messaggio che avevo ricevuto durante il gioco mentale.
“Anche lo spazio e la materia seguono le stesse regole. Soprattutto quando la materia prende forma per un collegamento mentale astratto, come nel caso degli Astral”.
Era la voce di Alicia.
“Dall’altra parte… potrebbe essere differente”
Il ricordo si fece più nitido. Una fanciulla in bianco che trafiggeva Sebastian con una specie di grande spada, che scendeva una lunga scalinata, che attraversava un portone nero. I capelli dorati erano scossi dal vento, mentre voltava la testa a dare un ultimo sguardo agli Astral increduli dietro di lei.
Ecco cos'era successo quando avevo ucciso Black Lady. Eravamo tornate a fonderci in una, ed Alicia, ora riuscii a rivedere, aveva cancellato il demone al servizio della mia nemesi.
Improvvisamente capii il significato delle parole della precedente Prima Astral. Gli Esterni non facevano tecnicamente parte del mio mondo, per cui forse la loro presenza dalla mia parte era più una specie di riflesso, mentre la loro essenza si trovava nel loro mondo. Ma questo non valeva per me, perché i mondi degli Esterni erano frutto della nostra mente, mentre il mio mondo esisteva già da sé. Ma per i demoni che lottavamo valeva eccome.
E se invece che morire sul serio, semplicemente si disintegrasse la loro immagine nel nostro mondo, e tornassero in quello da cui erano originari? Possibile.
E se fosse stato così, allora anche… mi sentii scorrere dentro un’energia del tutto nuova, e decisi subito di verificare la mia ipotesi.
Fermai una carrozza, e dissi al conducente di portarmi alla villa cittadina del conte Phantomhive. Per fortuna già all’epoca esistevano i mezzi pubblici.
Durante il tragitto, osservai l’andirivieni delle persone, strette in quei bellissimi abiti antichi che avevo sempre adorato, per quanto scomodi fossero. Se anche la mia teoria si fosse rivelata fondata, non spiegava perché io mi fossi trovata improvvisamente in quel luogo.
Ci vollero non più di venti minuti per giungere a destinazione. Pagai il conducente (i miei poteri avevano potenzialità molto varie, oltre a quelle relative al combattimento), e mi riassettai la gonna. Doveva davvero essere scocciante dover indossare quel tipo di abbigliamento tutti i giorni. Metterlo anche solo come costume per i raduni di cosplayers era sempre stato molto impegnativo. Grazie al cielo ora potevo perlomeno sfuggire alla fatica di infilarli ed allacciarli, potendo farmeli comparire direttamente addosso e delle misure esatte.
La casa era la stessa in cui eravamo stati quando Black Lady ci aveva fatti precipitare in quel mondo in precedenza
Senza esitazione, bussai alla porta con forza. All’inizio non accadde nulla, ma dopo altri tentativi l’uscio si aprì, rivelando la presenza di un uomo alto e pallido, con capelli neri e occhi cremisi. Come sospettavo: era morto solo nel mio mondo.
- Buonasera a te, Sebastian – lo salutai, senza riuscire a trattenere un risata.
Lui aggrottò le sopracciglia, scocciato. – Ah. Quindi sei tornata ad essere una sola – sbuffò. Aveva perso tutta quell’ostentata galanteria di cui era solito fare uso. Perlomeno non aveva già provato ad azzannarmi.
- Posso entrare? – domandai, divertita dalla sua reazione per nulla sorpresa.
Lui alzò le spalle. – Non c’è nessun altro oltre a me, per cui dubito che qualcuno possa essere disturbato dalla tua improvvisa irruzione –
Lo seguii dentro la villetta lussuosa, stupita dal suo atteggiamento. Avevo pensato che sarebbe stato molto più aggressivo, che mi avrebbe aggredita magari, dato che avevo visto nei miei ricordi Alicia ucciderlo. Invece niente, era solamente scocciato. Non che fosse un problema, anzi il contrario.
Mi condusse nel salotto, e si sedette su una poltrona. Io mi accomodai sul divano, facendo attenzione a non sciupare quell’assurda impalcatura che teneva la gonna aperta. Lui mi fissò, in attesa che parlassi.
- Sei vivo – dissi.
Lui inarcò un sopracciglio. – Già, sono vivo -
- Ma Alicia ti ha ucciso, se non sbaglio –
- Non ti sbagli. Pare che la nostra morte nell’altro mondo non implichi che debba avvenire anche in questo. Sarebbe stata una bella seccatura, non trovi? –
Emisi un rumore a metà tra uno buffo ed una risata. Lui sembrò rilassarsi un poco, a quel suono.
- So cosa vuoi chiedermi – mormorò. – Vuoi sapere se può essere accaduto lo stesso anche a Grell Sutcliff –
Io annuii con decisione. – Esattamente, Sebastian. Credo che sia possibile? –
Sebastian alzò le spalle. – Non ne ho idea, lady Sofia. Sono qui da poco anch’io, come te. Andare in cerca di quella fonte di problemi ambulante non era esattamente la mia prima preoccupazione, anche se… - mi lanciò un’occhiata maliziosa, a quel punto. – Anche se sembra essere la tua –
Non dissi nulla. Sapeva benissimo di avere ragione. Inutile negare che, non appena mi ero svegliata, il mio primo pensiero era stato per lo shinigami. Pensiero involontario, ovviamente, ma rivolto a lui comunque.
- Pensi di andare subito a dargli la caccia, sempre ammesso che lui sia qui nei dintorni? – chiese d’improvviso il demone. Io alzai le spalle. Non avevo idea di dove cominciare, anche se avessi avuto l’energia necessaria per intraprendere una ricerca del genere.
- Posso chiederti una cosa, Sebastian? – gli chiesi a bassa voce. Lui si scostò un ciuffo di capelli corvini dagli occhi, ed annuì piano. Accavallò le gambe, ed appoggiò il mento sul palmo della mano.
- Perché hai ucciso Alicia? E perché hai scelto di seguire Dianoia, dopo? –
Stavolta fu lui ad alzare le spalle. – Non so perché ho voluto seguire Dianoia. Tu sai perché sei così attratta dallo shinigami rosso? Immagino di no. Lei mi piaceva e basta. E poi, lei era la parte di Alicia che aveva stretto il legame con me. Riguardo al perché ho ucciso lei, la questione è molto semplice: gelosia. Tu sei la sua metà incuriosita dagli dei della morte, e dovresti sapere che lei aveva evocato Grell Sutcliff -. Fece scivolare il viso verso il basso, portandosi stavolta le mani alla fronte. – Lei era la mia Astral. Non potevo sopportare che volesse avere con sé proprio lui. Ho perso la testa –
- Non hai provato ad uccidermi, pochi minuti fa, nonostante io l’abbia uccisa –
Lui sollevò di nuovo lo sguardo. – Che senso avrebbe avuto? Siete la stessa persona. E comunque, dubito che ci sarei mai riuscito. Ora sei molto forte. Più forte di me senz’altro –
Sprofondai di più nel divano. Aveva ragione. Ora ero più forte di lui, in tutti i sensi. Da quando avevo riaperto gli occhi nella Londra vittoriana, avevo percepito fisicamente che qualcosa in me era cambiato. Mi sentivo non diversa, ma piuttosto come se ci fosse qualcos'altro dentro di me, delle parti in più. Riuscivo a sentire che l'altra parte di Alicia, in quel momento capii, era tornata al suo posto, lasciandomi però il predominio. 
- Vuoi restare qui un po’? - domandò cautamente il demone.
Io alzai le spalle di nuovo. - Per il momento sarebbe comodo. Magari domani mattina vado a cercare Grell. Secondo te da dove potrei partire? -
- Vicoli bui, East End, tetti. Oppure dove c'è qualcuno che muore. O qualche luogo dove si trovino, ah... quelli come lui – e storse il naso.
- Bah, domani vedrò. Non dovrebbe essere troppo difficile. Potrei usarti come esca – scherzai.
Lui aggrottò le sopracciglia. - Credo che tu stessa sia un'ottima esca per attirarlo, lady Sofia – mormorò. Io gli rivolsi un mezzo sorriso.
Per il resto della giornata, restai alla villa di Ciel. Io e Sebastian ci ignorammo reciprocamente la maggior parte del tempo, lui impegnato a fare dio solo sapeva cosa, ed io a cercare di racimolare più informazioni possibili sulla città e sui recenti avvenimenti tramite i sistemi informatici quasi fantascientifici del mio bracciale, stranamente adattabili a qualsiasi luogo in qualsiasi tempo.
Nemmeno per cena interagimmo molto: lui non necessitava cibo, per cui rimasi per conto mio pure durante il pasto.
Lo salutai brevemente prima di andare a coricarmi, e lì finì il dialogo del giorno.
 
 
La mattina successiva mi svegliai presto. Lui era già in piedi. O meglio, era ancora in piedi dalla sera prima. I demoni non dormivano.
Non persi troppo tempo a gironzolare per la casa, e dopo aver fatto colazione, aver riempito una borsa di un po' di tutto, ed aver ripristinato il mio camuffamento da lady ottocentesca del giorno prima, diedi un saluto a Sebastian e me ne andai.
Dapprima girovagai senza meta, tanto per dare un'occhiata alla zona. Fu interessante studiare i comportamenti della gente dell'epoca, e molto utile a migliorare il mio camuffamento. In poche ore riuscii a imparare ed imitare i modi di camminare e di parlare delle nobili signore che passeggiavano per Londra. La parte più difficile fu copiare le loro espressioni altezzose e un po' schifate, perché ad ogni tentativo dovetti dare fondo a tutte le mie energie per non mettermi a ridere spudoratamente quando passavo loro davanti.
Nessuno mi disturbò, per fortuna, nonostante in quegli anni non era molto comune che una ragazza della mia età se ne andasse in giro senza un accompagnatore o una donna della servitù con me. Beh, dovevano solo provarci. Se avessero osato dire una sola parola, li avrei fatti pentire di aver imparato a parlare.
Mi presi il mio tempo facendo una breve passeggiata al St. James’s Park, tranquillo e pacifico come nella Londra moderna, nonostante ci fossero sempre diverse persone.
Mi sedetti sul prato, ringraziando di non aver messo un vestito su cui si sarebbero potute vedere delle macchie d’erba, e cercai di fare delle prime ipotesi su dove iniziare la mia ricerca.
Se Grell era in questo mondo invece che essere morto, doveva essere da poco tempo, come me e Sebastian. Se voleva era in grado di spostarsi molto velocemente, ma non credetti che fosse il caso: doveva essere confuso quanto me, anche più di me, ed era probabile che volesse capire come mai era tornato nel suo mondo invece che sparire e basta. Restare quindi nei paraggi del luogo dove si era ritrovato, era la cosa migliore da fare.
La prima cosa a cui pensai, fu l’East End, come aveva detto Sebastian. Non avevo idea di dove potesse essere apparso, in realtà, nemmeno un indizio, ma scartai poco dopo quest’ipotesi: non avrebbe avuto alcuna ragione di recarsi lì in questa situazione.
Non riuscii a trovare nessun’idea fondata, a dir la verità, per cui dopo venti minuti totalmente futili, mi alzai in piedi, decidendo di battere a tappeto la città, magari partendo dal punto in cui avevo ripreso conoscenza io stessa.
Digitai rapidamente sul bracciale, che avevo ben nascosto sotto ad ampie maniche e guantini di pizzo, cercando di creare un piccolo sistema per rendermi invisibile. Non ci misi troppo ad elaborarlo, ed una volta completata la programmazione, mi nascosi in un angolo dove molta meno gente passava e molti più alberi potevano celarmi, ed attivai la funzione.
Provai a verificare se effettivamente funzionasse passando a pochi centimetri da una donna graziosamente seduta sul prato assieme ai figli. Le avevo quasi sfiorato il naso, e lei non mi aveva degnata di uno sguardo, quindi dedussi di essere riuscita nell’intento.
Ora che ero nascosta agli occhi della popolazione londinese, potei tornare ad indossare la mia armatura. Quando l’ebbi addosso, tirai un sospiro di sollievo. Per quanto avessi sempre trovato molto belli i vestiti ottocenteschi, erano di una scomodità ineguagliabile. La gonna pesava ed intrigava, il bustino rendeva difficile respirare, oltre che far dolere il costato, e le scarpe non erano per nulla adatte a camminare per molto tempo.
Per la seconda volta nel giro di un anno, iniziai a dare la caccia allo shinigami scarlatto.
 
Per tutta la giornata, continuai a non aver fortuna. Setacciai tutta l’area entro un chilometro quadrato dall’angolo in cui ero al mio risveglio, tornando e ritornando nei vari punti della zona innumerevoli volte, per molte ore, ma non avevo notato nulla di strano o di rosso.
Nel tardo pomeriggio, delusa e stanca, mi appollaiai sulla cima di un palazzo, intenta a dare un’ultima occhiata panoramica. Feci penzolare i piedi dal cornicione, battendo ritmicamente il pesante tacco degli stivali contro il muro.
C’era una leggera brezza, un po’ freddina, ma niente di troppo forte da non poter essere contrastato dalle caratteristiche magiche dell’armatura Astral, studiata appositamente per ogni evenienza.
- Non ti sei ancora stufata? – ridacchiò una voce alle mie spalle.
Mi irrigidii. Stavo per voltarmi ed alzarmi in piedi, il più velocemente possibile, ma quell’individuo fu più rapido, e in un istante fu a pochi centimetri da me. Avevo a malapena fatto in tempo a pensare di muovermi.
Il secondo istinto fu di sfoderare le armi. In quel mondo, solo delle creature sovrannaturali non avrebbero trovato strano vedere una ragazza in minigonna e mantello seduta su un tetto, e soprattutto solo delle creature sovrannaturali avrebbero potuto vederla (forse) quando ella si era resa invisibile.
Ma non sfoderai le armi. A fermarmi fu una cosa che mi finì in faccia nel momento in cui il proprietario di quella voce chinò la schiena, da dietro di me: una lunga ciocca di capelli cremisi. O per meglio dire, una massa indomabile di capelli rosso fuoco che mi finì sugli occhi, accecandomi per qualche attimo.
- Tu! – esclamai, quando riuscii a togliermi quella roba dalla faccia, e per poco non scoppiai a ridere. – Da quanto mi stai seguendo? –
Finalmente mi girai a fronteggiarlo. Ed eccolo lì, che si divertiva alle mie spalle, con le lacrime agli occhi dalle risate. Rosso e bianco, con quegli occhi magnetici e quasi inquietanti. Dopo tutte le ore che avevo speso a cercarlo, si faceva vivo con nonchalance, come se nulla fosse. Insopportabile idiota.
- Da un bel pezzo – rispose lui, allontanandomisi di un passo. – Pensavo che stessi fingendo di non vedermi, ma a quanto pare mi sbagliavo. Sei davvero cieca! –
Ero combattuta tra il prenderlo a pugni e il saltargli addosso e farlo tacere con un bacio. Decisi di mettere pace ad entrambi gli impulsi, per cui prima lo scaraventai a terra con un colpo ben assestato allo zigomo, e dopo lo afferrai per la testa e premetti le labbra sulle sue.
- Non farlo più, mai più! Fatti uccidere di nuovo, e giuro che verrò a tirare fuori la tua anima dagli inferi per ammazzarti con le mie mani! – sbottai, corrucciando le sopracciglia.
Lui sorrise, stavolta dolcemente. – No, non lo farò – mormorò, allungando una mano ad accarezzarmi i capelli. – Non lo farò più – mi diede un bacio sulla fronte, sulla guancia, e di nuovo sulla bocca.
 
 
 
 
…..
Qui il mio racconto giunge al termine. Le parti della storia a cui non ho personalmente assistito, come premesso quando ho cominciato a narrare, le ho raccolte successivamente dalle testimonianze di altre persone. Proprio a questo fine sono tornata, una singola volta, nel mio mondo: per conoscere i dettagli che non conoscevo. Gran parte di questi mi sono venuti direttamente dai ricordi di Dianoia, che man mano hanno cominciato a riordinarsi nella mia mente.
 
Dopo quel singolo breve viaggio nel mio mondo, ho fatti ritorno alla Londra vittoriana, e nessun portale tra una dimensione e l’altra è mai più stato aperto da me. Restai lì dov’ero, assieme al mio shinigami. Ora, immortale come lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
**********
 
Note:
Ebbene sì, questa storia finisce. Ho avuto difficoltà a scrivere quest’ultimo capitolo, non sapendo esattamente come risolvere le cose. Avevo speso settimane a pensare ad una conclusione più epica, magari, ma ho finito per optare per un finale più semplice e tranquillo: gli scontri sono finiti, e finalmente voglio poter dire che vissero tutti felici e contenti. Più o meno.
Un profondo ringraziamento a tutte le persone che hanno letto, seguito o recensito questa fanfiction!
 
 
Un bacio.
Sofyflora98
   
 
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