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Autore: Cat in a box    23/03/2009    1 recensioni
Da anni una nuova minaccia spinge sull’orlo della distruzione il popolo degli Elfi Necromanti. Creature con membra umane e animali, create grazie alla suprema Scienza di folli scienziati, assediano le terre delle Tempre d'Ombra. I popoli circostanti sono stati costretti a lasciare le proprie terre, o a perire sotto le mostruose fauci di queste creature infernali. Il Mondo sanguina. L’ultima stirpe superstite al massacro, gli Elassar, provano a fronteggiare la minaccia…ma lo scontro ne determina la morte di ambi due gli avversari. La guerra non è ancora vinta, molto presto…ne torneranno degli altri. L’unico sopravissuto è il piccolo Principe Luthien, che viene affidato alla Bianca Madre, poiché possa crescerlo e allevarlo…cossichè un giorno possa rivendicare il trono del defunto Padre , difendere i popoli attaccati e salvare la donna che ama.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi ancora, con un nuovo capitolo per la mia storia^^. Ancora una volta sono subentrati nuovi personaggi e nuovi scenari, spero che possa essere di vostro gradimento, come lo è stato per me. Ho aggiunto varie curiosità nei nomi tracciati con un (*) in fondo alla pagina, vi consiglierei di leggerli, non solo per comprendere più a fondo la storia, ma anche per scoprire qualcosa di nuovo e arcano che possa destare del vostro interesse. A proposito: i miei più sentiti ringraziamenti alla mia fedele lettrice Kirarachan, che ogni volta lascia sempre dei commenti ad ogni capitolo^^. E un grazie, anche a tutti i lettori che hanno seguito la mia storia fino adesso^^. Buona Lettura!

 

Capitolo V – La quinta Luna – Usque ad inferos

 

Le rocce erano annerite dalle lunghe lingue di fuoco, che si dipartivano dal bastione più basso, alla torre più alta delle mura. L’illusione del cielo era dato dai numerosi vapori velenosi, sprigionati dalle rocce vulcaniche, che formavano la maggior parte dell’ambiente circostante. Il finto cielo si colorava di sfumature che viaggiavano dal nero al vermiglio, e dal rosso del sangue al giallo. Il paesaggio era brullo e selvaggio. La terra era concimata di scheletri, precedentemente erano cadaveri abbastanza in carne, prima di essere divorati dai vermi. Possenti mura avvolte dal fuoco circondavano una maestosa fortificazione, nota come *Pandemonium, la città di *Gehenna. Era la città in cui dimoravano e si riunivano i più importanti Arcidiavoli del consiglio di Gehenna, per interloquire sulle questioni di massima priorità, che di solito riguardavano l’Assiah (il Mondo dei Vivi). Un’appariscente figura dalla rossa chioma e dalle maestose ali nere da pipistrello, si stava alzando in volo tra le nubi velenose di gas. Era intento a scorgere le lontane figure che si stagliavano dall’orizzonte, e si facevano a poco a poco sempre più vicine, alle mura della città. Il Demone fece un veloce dietro-front e volò dritto sulla cima di una torre, ‘ove una giovane donna, quasi umana, attendeva il suo arrivo. “Quali novità, Samael?”. Chiese. “Gli Arcidiavoli si stanno radunando, ho visto persino i *vessilli del Re dell’Inferno!”. “E così hanno deciso di riunire tutti i grandi *Re Infernali? Per quale questione sono stati convocati?”. “Nulla ti riguarda, non posso farne parola a nessuno…per ora.”. Rispose, agitando avanti e indietro nervosamente le ali, e fissando di continuo l’orizzonte. “Neanche ad una sorella del tuo stesso sangue?”. Insistette la donna, ma notando il fratello disinteressato nei suoi confronti, fece spallucce e se ne andò via, scendendo per una rampa di ripidi scalini in pietra. Questa non era una creatura alata, pur essendo un demone a tutti gli effetti e possedendo l’immortalità. La sua storia di antiche origini, inizia ai tempi dell’arrivo dei primi Angeli caduti nell’Inferno, quando in quel periodo coloro che aiutavano gli Angeli, venivano puniti severamente con il taglio delle ali. Poiché non si era ancora bene a conoscenza dell’entità di tali maestose creature del cielo, cadute all’Inferno in mezzo ai Demoni, si presero così dei provvedimenti spartani per coloro che violavano il codice demoniaco. Infatti lei fu punita per aver aiutato colei che sulla terra disseminò così tanto caos, da divenire Re dell’Inferno, costei era *Belial, uno degli Angeli caduti più potenti che l’Inferno potesse mai ospitare. Nonostante il suo aiuto nei confronti di Belial, non le era stato dato nulla in cambio, se non il taglio delle ali. Aveva sofferto tanto e si era pentita, ma l’unico modo per recuperare le sue ali perdute, era quello di prestar un fedele servizio ai Re Infernali. Solo così Adramelch avrebbe potuto ridarle le ali. Era una dei demoni femminili più belli, nonostante per le ali. Aveva una folta chioma bruna che le scendeva fin sotto ai gomiti, occhi amaranti come due fiamme accese, tipiche labbra nere poco pronunciate, pelle olivastra e perfetta in un fisico esile e slanciato. Il suo nome era *Blaenil, sorella di Samael. Erano ambi due discendenti di Nobile stirpe, una delle più note e amate nel Pandemonium, da secoli purosangue. Ella si fermò e volse lo sguardo alle nubi giallastre che si ammassavano sopra la città, e sprigionavano continue scariche elettriche. Ad un tratto un lampo vermiglio spezzò il cielo in due parti, e un suono rintronante echeggiò nell’aria, facendo tremare persino la terra. “E’ meraviglioso, non trovi?”. Soggiunse una voce, facendole distogliere lo sguardo dal cielo. Era Samael. “Già…non succedeva da secoli…dall’ultimo raduno dei Re Infernali.”. Rispose affievolendo la voce e facendosi fredda. “Ti stai rabbuiando ancora per i tuoi pensieri tormentati sorella?”. Blaenil non lo prese in considerazione, non aveva intenzione di riascoltare le prediche del fratello, per l’ennesima volta. Quindi fece spallucce e fece per andarsene. “Va bene! Non ne parlerò più…però non te ne andare!”. Blaenil esitò per qualche istante, poi prese voce. “Per quale motivo dovrei restare? Ancora una volta per contemplare le tue omelie? Non ti sopporto…”. Al demone mancò la risposta per qualche secondo, si limitò ad osservare per un po’ il suo cinico sguardo. “Adramelch mi ha chiesto di stare con te, e devo mantenere questa parola.”. La ragazza lo derise in una smorfia. “Il tuo orgoglio è nauseante quanto l’aria che si respira nei *Bassi Inferi!”. Il demone alato si limitò ad una risata, e accompagnò Blaenil ancora sulla torre più alta, ma questa volta per scrutare più da vicino il cielo.

***

 

L’alba era pronta a sorgere al di là delle montagne, e dei lontani paesaggi innevati, ancora avvolti dalla chiara foschia mattutina. Un folto manto si estendeva fino alle radici delle montagne, e si dipingeva di sgargianti colori che variavano dal rosso scarlatto, all’arancio dei peschi al giallo dei cedri. Il cielo pareva coperto da un lungo drappo di velluto, con smagliature azzurrine e violacee. L’Elfo raccolse tra le sue braccia il corpo dell’Amata, ancora dormiente. Era caduta in un sonno profondo e innaturale, che fece per un momento dubitare a Luthien, del suo risveglio entro il primo albore. Continuava a fissarla, sperando di cogliere un segno del suo risveglio ormai prossimo. Il volto era pallido quanto la luna, e i lunghi capelli biondi parevano piccoli fili di cristallo, che riflettevano ogni raggio lunare. Era un delicato fiore notturno, immacolato e bello quanto le ali di una farfalla. Era splendida. Nel fissarla si accorse che qualcosa pendeva dal suo collo, uno strano luccichio ceruleo attirò il suo sguardo, verso un ciondolo di acquamarina. Sollevò il piccolo oggetto tra le mani, e lo esaminò. “Miriam…ce l’hai ancora…”. Le sussurrò molto vicino. Non si rese subito conto, che in quel momento Eledhwen si stava svegliando. Lei cominciò a spalancare gli occhi, le prime immagini furono molto sfocate, il che la lasciò un po’ esitare. Quando aprì del tutto gli occhi, vide un volto. Un Elfo, dai lunghi capelli corvini, che scendevano lungo le spalle, marmorea pelle e occhi color dello smeraldo. Quei nostalgici occhi verdi, le ricordavano così tanto un tempo non molto lontano. Non stette a fissarlo neanche per un minuto di più, che le ultime parole che le si erano congelate in gola prima di addormentarsi, furono le prime a ritornarle. “Ysuran!!?”. Disse lei sicura, avvolgendolo tra le sue leggere braccia, e posando il capo su una sua spalla, con così tanta sicurezza che lui se ne stupì particolarmente. “Non credevo che mi avresti riconosciuto, Eledhwen.”. Rispose abbracciandola a sua volta. “I tuoi occhi…”. Rispose lei, sciogliendosi dalle sue braccia. “…sono come me li ricordavo l’ultima volta…”. Egli esitò per un attimo, fissando il suo sguardo raggiante e aggraziato. “Anche i tuoi sono come me li ricordavo…ma sapevo ugualmente che eri tu.”. Eledhwen si scostò leggermente da lui, e si mise a fissarlo. “Cosa c’è che non va?”. Domandò lui, mentre Eledhwen gli accarezzava il volto con la sua tiepida mano. “Dimmi solo che questo non è un sogno…”. L’Elfo le raccolse dolcemente la mano, e la accarezzò. “No, non lo è…”. La sua voce si affievolì e si fece pensieroso, ma per sua fortuna Eledhwen non se ne rese conto, e sprofondò un’altra volta tra le sue braccia, felice che quel momento tanto atteso fosse finalmente arrivato. Ma in cuor suo, sapeva fin troppo bene, che quella condizione non sarebbe durata a lungo. Eledhwen era ancora all’oscuro di ciò che lui era realmente, non aveva neanche idea di quale fosse il suo vero nome…era ignara delle sue intenzioni e dei sentimenti nei suoi confronti, ella non sapeva nulla. Per quanto ancora avrebbe potuto perdurare? Questo di certo non lo sapeva. Era diretto ai confini della regione, verso una città di cui Minuial aveva tanto parlato, a tre giorni di distanza da lì sarebbe giunto a destinazione. Forse avrebbe deciso di lasciare Eledhwen al sicuro, in quella città, e lui avrebbe proseguito oltre alla ricerca di Ophelia. Era troppo rischioso per la vita della sua Amata seguirlo nelle insidiose Terre del Crepuscolo. Tuttavia, i suoi pensieri erano annebbiati dal forte sentimento, che ora era più certo che mai di provare per lei, avrebbe voluto portarla con sé. D’un tratto lei si scostò nuovamente da lui, e si tolse il pendente di acquamarina che aveva da sempre portato al collo. “Questa è tua…”. Disse lei, porgendo il piccolo oggetto tra le sue mani. “Me la offristi in prestito il giorno in cui ci separammo, e mi dicesti che avrei potuto tenerla fino a quando ci saremo rivisti, il giorno in cui saresti venuto a portarmi via…”. “No…puoi tenerla, te la regalo.”. Rispose con sicurezza. “Sta meglio indosso a te.” Fece lui, rimettendole il ciondolo al collo. Dopo quelle parole, stettero in silenzio per un po’, l’uno vicino all’altra, osservando i primi raggi di luce all’orizzonte. L’Alba era arrivata.

***

 

Il rumore dei passi rimbombava per il lungo corridoio di granito e alabastro. Una scura sagoma incappucciata si stava dirigendo verso la stanza centrale del palazzo. Il suo arrivo era del tutto inaspettato. Due serve, in un bizzarro uniforme rosso e bianco, lo fermarono in prossimità della porta, dove vi si accedeva alle stanze di Ophelia. “La Signora al momento non è presentabile.”. Disse una di queste. “Presentabile o no, ho una questione importante da riferirle.”. Proferì costui con arroganza. “La Signora non vuole essere disturbata.”. Aggiunse l’altra, affiancando la compagna, che si era posta dinanzi alla porta. “Non ho tempo per subdoli colloqui con le sue sguattere!”. Rispose con tono, e le tolse di mezzo scaraventandole via in una randellata. Spalancò le porte ed entrò. Si ritrovò in una stanza, quasi completamente vermiglia. Le ampie finestre erano coperte da lunghissimi tendaggi che tendevano dall’amaranto ad un rosa molto intenso. La luce che filtrava dalla stoffa, produceva una luminescenza scarlatta, che dipingeva le pareti. Vi erano tappeti e drappeggi in velluto rosso sparsi un po’ ovunque, e petali di rose bianche e rosse che giacevano sul pavimento. La stanza pareva vuota. “Mythral! Per quale motivo sei giunto fin qui, irrompendo persino nelle mie stanze? Mi auguro che il motivo sia valido.”. Domandò una lontana voce femminile. Il drow abbassò il cappuccio, lasciando scorrere una liscia chioma bianca sulle spalle. “Mia Regina, porto notizie riguardo a Luthien…ci sono state delle attività a Oldrid.”. Proferì inginocchiandosi. “Oldrid? E chi l’avrebbe mai immaginato!? Ma certo…è una città pressoché popolata da contadini, chierici e nani…oltretutto la sua postazione, al di là delle montagne, è molto sicura dalle minacce. Che tipo di attività, mio fedele suddito, hanno udito le tue orecchie?”. “Strane luminescenze nel cielo, presenze demoniache, e un intero convento di chieriche è stato ritrovato in uno stato di morte apparente a mezzo dì. La Matrona ha avvertito degli spiriti infernali nella cattedrale, si dice che persino una giovane fanciulla sia stata rapita, era la prediletta della Matrona stessa…”. “Interessante, questo potrebbe essere un segno. Mi chiedo che cos’abbia in mente il Principe con questo rapimento…che abbia intenzione di sacrificare la sua giovane vittima ai Demoni? -Ahahahaha- sublime…”. La voce si fece sempre più vicina, finché dalla stanza accanto non comparve la regale figura di una donna. L’Elfo abbassò lo sguardo, non appena si accorse delle nudità della sua Regina, che si accingeva ad avvicinarsi tranquillamente, senza prestare molte attenzioni a quello che non aveva indosso. “Tuttavia, hai scoperto dove si è diretto?”. Domandò, non appena fu a breve distanza da lui. “E’ probabile che si stia dirigendo verso *Heryaite, appena fuori dal confine della regione, credo sia diretto verso il cuore delle Terre del Crepuscolo.”. Rispose cercando di non scomporsi. “Che cosa lo può portare nelle Terre del Crepuscolo? Mmmmh...la sua balia gli avrà probabilmente raccontato qualcosa sul suo conto, e ora sta tornando al suo Regno per vendicarsi della Morte dei suoi cari…la cosa si preannuncia più eccitante che mai!”. Rise di gusto, e poi riprese seriamente. “Tuttavia non dovremo abbassare la guardia. Raduna i tuoi uomini, e cerca di scoprire per dove è diretto e che intenzioni ha con quella ragazza. Non appena saprai qualcosa, torna subito qui.”. Disse lei sogghignando. Si avvicinò ancora di più, e prese tra le sue mani il volto del drow, e lo sollevò al suo sguardo. “Cerca di fare presto.”. Soggiunse, e posò le sue labbra scarlatte sulla fronte di lui. “Ora puoi andare.”. L’Elfo si avviò lestamente alla porta, tenendo basso lo sguardo e cercando di tenere a freno di suoi istinti. Ma non si rese conto del drappo che vi era per terra, e vi inciampò sopra. –autch!- Si guardò intorno, per fortuna Ophelia non aveva visto la sua imbarazzante caduta, ma sulla soglia della porta venne fermato dalla sua voce. “A proposito Mythral, prima che tu te ne vada…”. Lui si voltò indietro. “La prossima volta ti conviene ascoltare le mie serve, per evitare di imbarazzarti quando mi sto accingendo per il bagno.”. Dette queste parole, si fece travolgere da un’ondata di imbarazzo, che uscì subito fuori dalla stanza. Si chiuse la porta dietro, e vi si appoggiò con la schiena. “Stupido, stupido, stupido…”. Bisbigliò tra sé e sé, mentre le due serve di prima lo guardavano con disappunto.

***

 

Una pallida mano, evidenziata dai solchi delle rughe e decorsa dalle vene nettamente ingrossate per la vecchiaia, poggiava sulla liscia superficie di una sfera di cristallo. Minuial era adagiato comodamente su una sedia, e aveva lo sguardo rivolto verso la finestra. La lunga barba cenerina, era legata in un fiocco nero, e la lunga veste plumbea si confondeva perfettamente con medesima. I suoi occhi stanchi guardavano fuori, e fissavano la pioggia che cadeva incessante sul paesaggio. Pareva che stesse aspettando qualcuno. I suoi pensieri erano annebbiati. Aveva appena guardato nel futuro di Luthien, e non vi aveva visto ciò che sperava di vedere. Un presagio di morte. Stava ancora riflettendo, sostenendo il capo con il palmo della mano. Chiuse di nuovo gli occhi. Ancora quel dolce profumo di biancospino permeava nella sue narici, mentre un veloce susseguirsi di immagini scorrevano nella mente come un carro imbizzarrito. Ad un tratto tutto si fermò su uno scenario. Una fanciulla, giovane e bella, dai lunghi capelli biondi era distesa su un sepolcro. Il vestito immacolato era intriso dell’odore del biancospino, e il candore della sua pelle sfumava sul rosa chiaro. I lineamenti del viso erano distesi in un’armoniosa espressione di quiete, e pareva quasi che ella stesse dormendo beatamente in quel lugubre camposanto. A pochi passi di distanza da lei, vi era Luthien, piangente che batteva i pugni rabbioso sul terreno. I suoi occhi piangevano lacrime insanguinate, e il viso era rigato da rivoli rossastri, mentre alcune ciocche scure si erano incollate sulle gote del viso e lungo il collo. “CHE GLI DEI SIANO DANNATI!”. Bestemmiò, portandosi le mani fra i capelli, e accasciandosi chinando il capo, quasi fino a far toccare la fronte a terra. Ovunque egli si voltasse, vi erano corvi appollaiati su ogni possibile angolo del cimitero. Erano i *Testimoni. In realtà erano demoni, che sulla terra assumevano le sembianze di un corvo, nell’Inferno erano conosciuti come gli *Harab Seraphel. Parevano tutti ipnotizzati dalla mesta scena, e restavamo immobili come piccole statue, a guardare. Il Mago si avvicinò alla ragazza, notando il rivolo di sangue che si dipartiva dall’angolo della bocca fin sotto al collo, formando una piccola pozza di sangue secco. Il busto era squarciato in una profonda ferita. Tuttavia non era morta, la sua anima stava tuttora lottando per la vita invano. Notò che appeso al collo teneva un ciondolo di acquamarina, proprio lo stesso che aveva regalato a Luthien, anni prima. Lo raccolse tra le mani, e l’oggetto cominciò a brillare, finché una luce cerulea non lo avvolse. Riaprì gli occhi. Era nel suo studio, con il volto rivolto ancora verso la finestra. Ma questa volta vi scorse diverse sagome scure che si stavano dirigendo verso la porta. Chi potevano essere?

***

 

Un’immensa sala era stata preparata per accogliere il consiglio degli Arcidiavoli. Un enorme candelabro pendeva dal soffitto, emanando una tetra luce, sufficiente per illuminare la stanza. Candele viola e rosse erano sparse un po’ ovunque, sul lungo tavolo di pietra nera, che vi si trovava al centro. Pregiate sedie, tappezzate e foderate con velluto nero, erano appostate ai bordi del tavolo. Era tutto pronto, e il consiglio presto avrebbe avuto inizio. Tre nere figure si facevano largo per il lungo corridoio in pietra, che terminava nella sala. Si avvicinarono lestamente e si appostarono in un ordine a loro già ben noto. Calarono il lungo cappuccio della loro nera veste, e lasciarono intravedere i loro volti mefistofelici. “Quando arriverà il *Risplendente, Belial?”. Chiese uno di questi, al demone femminile che si era seduto alla destra del capotavola. “Non osare mai più chiamarmi per nome, con così tanta confidenza…*Asmodeo.”. Rispose in tono cinico e altezzoso. “Perdonalo, non conosce le buone maniere.”. Soggiunse l’altro demone, prima che costei potesse rispondere in qualche altra maniera sconsiderata. “Hai ragione Adramelech, quale comportamento rispettoso si potrebbe pretendere dai demoni dell’*Alto Inferno? Per giunta, è anche il capo del Galb…che vergogna.”. Disse questa in tono di sprezzo. “Non osare ingiuriare il nostro orgoglio, odiosa succube!”. Soggiunse Asmodeo, infuriato come non mai. Dalla sua schiena sprizzavano scintille rossastre e piccole lingue di fuoco, che contrastavano la liscia chioma argentea che ricadeva fino alle natiche. “Rammenta che sono stati proprio i demoni dell’Alto Inferno ad averti aiutata, quando venisti nel Mondo Infernale come Angelo caduto! Sei stata protetta, nonostante il tuo destino fosse stato ben diverso, per il codice demoniaco!”. Ella si limitò ad un ghigno divertito, fissando Andramelech nel profondo dei suoi neri occhi. “Ora basta voi due! Non siamo qui per parlare del passato, ci sono problemi ben più gravi sulla quale dovremo discutere oggi.”. Terminò il discorso lanciando un’occhiataccia a tutti e due. Ben presto si aggiunsero altri Re Infernali e Arcidiavoli, tuttavia all’appello ne mancava ancora uno. Si decisero a non aspettare più il ritardatario, poiché ormai tutti si erano convinti che non sarebbe più venuto, per il fatto che la riteneva una questione di scarso interesse personale. Adramelech prese la parola e cominciò il discorso facendo tacere tutti. “Demoni dell’Alto e del Basso Inferno, ci siamo riuniti ancora dopo ben sette secoli, per interloquire su una nuova questione che riguarda l’Assiah.”. Prese una breve pausa, scrutando le facce attonite dei suoi confratelli, eccetto per quella di Belial che pareva in qualche modo divertita. “A distanza di una settimana da quest’oggi, Samael è stato evocato sulla terra dall’ultimogenito degli Elassar…”. Non fece in tempo a finire la frase, che nella sala iniziarono ad aleggiare commenti e bisbigli. -Gli Elassar? Non dovevano essere morti?-. -Potremo chiederlo all’unico Elassar che giace nel profondo inferno!- . –Lui non vorrà parlare! Ha rinnegato gli Dei, poco prima della sua morte..:- . Adramelech riprese la parola. “Adesso basta!”. Tutti si azzittirono. “Non è degli Elassar che conoscevamo tutti noi, che sto parlando. Luthien Elassar è l’ultimogenito della stirpe, l’unico in grado di evocare Demoni sulla terra…e l’unico in grado di fronteggiare la minaccia che incombe nell’Assiah. Lord Elassar, suo unico padre, rinnegando gli Dei e così andando all’Inferno, ha in qualche modo fatto scendere una benedizione sul figlio, e gli Dei sono dalla sua parte…”. “Allora per quale motivo siamo stati convocati!? Se già gli Dei lo aiutano, per quale motivo dovremmo appoggiarlo? Quel maledetto beniamino…”. Rispose uno dei demoni maggiori seduti in fondo al tavolo, scatenando commenti di ogni genere in sala. “Per il fatto che gli Dei lo aiuteranno solo fino ad un certo punto, *Moloch signore dei *Thamiel.” Soggiunse, rinnovando il silenzio tra tutti. “E’ la prima volta che uno degli Elassar riceve una benedizione dagli Dei. Per secoli hanno vissuto come eretici, e adorato noi Demoni. Di certo non possiamo incolpare il giovane Luthien di questa benedizione, per questo dovremo aiutarlo ad ogni modo.”. “E come faremo ad assicurarci che lui non tradisca noi?”. Soggiunse Belial, stavolta con sguardo serio. “Gli Elassar non ci hanno mai voltato le spalle, per secoli la nostra alleanza è perdurata fino a questo momento…egli non ci tradirà!”. “Veniamo al dunque, sono stanco di questi preliminari…qual è il problema nell’Assiah!?”. Disse ad un certo punto uno degli Arcidiavoli che sedeva in mezzo. “*Belphegor, la tua fretta non ha limiti, vero? Tuttavia hai ragione. Non è più questione di fidarsi o meno, il problema è ben più grave di quanto ci aspettassimo…”. Ricominciò Adramelech. “I Darsial, una delle casate più influenti dell’Ovest, ha radunato uno dei più potenti eserciti che riuscirebbero a sconfiggere persino l’armata dei Supremi. Semineranno morte ovunque, dando in pasto i cadaveri e le anime, ai Ghoul. Quando non ci saranno più anime all’Inferno, l’equilibrio tra l’*Hades e l’Assiah verrà spezzato, e noi torneremo nell’oblio più profondo. Perderemo l’immortalità, i nostri poteri, e il nostro Regno…che cosa avete intenzione di fare?”. Un silenzio pervase la sala. Nessuno osò aprir bocca.

***

 

Passarono diversi giorni. Ormai si erano allontanati abbastanza da Oldrid. Il cielo e il paesaggio erano così diversi, da quelli nelle vicinanze della loro città natale. Erano lontani, e ogni giorno che passavano insieme, Eledhwen era sempre più felice di stare accanto a lui. Anche Luthien dimostrava lo stesso nei suoi confronti, anche se qualche volta l’aveva visto giù di corda e irrequieto, forse era solo un po’ nostalgico di casa. Dopotutto poteva comprenderlo. Era cresciuto in uno sfarzoso maniero, con dei veri genitori che lo amavano, e oltretutto non gli era mai mancato nulla. Verso sera giunsero ad una vivida città di pianura, che si trovava appena dopo il confine della regione, era Heryaite. Egli pareva conoscerla bene, probabilmente l’aveva studiato nei numerosi libri di geografia, che Minuial gli dava da leggere quando era piccolo. “Ci fermeremo qui per la notte.”. Disse ad un certo punto ad Eledhwen, poco dopo che varcarono la soglia della porta cittadina. Heryaite era una città fortificata da possenti mura in pietra, e questo in qualche modo le offriva sicurezza. Non era ancora capitato, che durante il loro cammino venissero attaccati dai goblin delle terre selvagge, ma la prudenza non era mai troppa per lei. Era cresciuta tra i continui ammonimenti ed esortazioni della Matrona, al riguardo dei pericoli che incombevano fuori da Oldrid. Scesero da cavallo. Luthien l’aiutò, poiché spesso la trovava ancora in difficoltà a scendere dal suo destriero. Protese le braccia verso di lei, ma Eledhwen appoggiò male il piede sulla staffa e cascò sopra di lui, facendolo cadere indietro. “Mi dispiace…”. Chiese lei, senza accorgersi della bizzarra posizione in cui era finita. -Bravi ragazzi! Dateci dentro!- Fu il commento di un contadino che aveva osservato tutta la scena, compiaciuto. Lei arrossì e si tolse da sopra di lui. “Non fa niente…”. Rispose Luthien, sorridendo anche lui divertito. “…l’importante è che non ti sia fatta male.”. Afferrò il cavallo per la briglia, e lo accompagnò nella stalla di una taverna. Fece cenno ad Eledhwen di seguirlo e vi entrarono. Sembrava un posto tranquillo, se non fosse per i nani ubriachi che sedevano attorno ad un tavolo circolare, sollevando boccali di birra, e canzonando strane storie su città sconosciute e imprese di paladini ormai dimenticati. Oltretutto vi erano diversi uomini e cavalieri che sedevano intorno al bancone, sorseggiando birra e ruttando tra una frase e l’altra, parlando di argomenti sconci. Eledhwen abbassò lo sguardo, e fece finta di non sentire, mentre seguiva Luthien alle sue spalle. “Vorremo una stanza per la notte.”. Disse lui, all’ostiere che l’aveva già notato da lontano. “Ma certo! Ho giusto rimasto una stanza con il letto matrimoniale. Per te e tua moglie dovrebbe andar bene!”. “Non sono sua moglie…”. Bofonchiò da dietro Eledhwen, ancora più imbarazzata di prima. –Ho-ho-ho! Potresti lasciarcela a noi allora! La facciamo divertire…ahahahaha!- . Si sentirono dire da un gruppo di spilorci ubriachi in fondo alla sala. “E’ mia sorella.”. Disse Luthien, per riparare l’equivoco. “Mi dispiace lo stesso, ma è l’unica camera per due persone che ho rimasto.”. Rispose l’uomo in tono gentile. “Allora la prendiamo.”. Assentì, pagando l’affitto della camera per quella notte. Dopo aver consumato la cena, si diressero verso la camera, che si trovava a uno dei piani superiori della locanda. Non era poi così male come se l’aspettavano. L’arredamento era povero, e vi erano giusto l’essenziale. Un letto matrimoniale, come aveva detto l’ostiere, un comodino e una vecchia poltrona scucita. “Non voglio imbarazzarti, io posso anche dormire sulla poltrona.”. Disse ad un tratto Luthien, fissandola. “Non ti scomodare, tu hai più bisogno di riposarti…”. Non finì la frase in tempo. “Facciamo come ho detto, va bene?”. Eledhwen non seppe più cosa rispondere, ma alla fine annuì. Dopo che si furono adagiati, uno sulla poltrona e l’altra sul letto, Eledhwen non poté più resistere. “Ysuran!?”. Chiese lei ad un certo punto. “Sì, Eledhwen?”. Rispose lui, ricambiando il suo sguardo. “C’è qualcosa che non va?”. Chiese, senza ricevere alcuna risposta per un momento. “Che cosa intendi?”. “E’ da quando siamo partiti che mi sembri molto irrequieto, hai persino quasi smesso di dormire la notte…mi spieghi che cos’hai?”. L’Elfo chinò il capo verso il basso, mentre si trovava seduto sulla poltrona. “Niente, non ti impensierire…”. Prese a dire, dopo un po’. “E’ solo che sono preoccupato per te, e non voglio che ti succeda niente, cerco solo di proteggerti…”. Disse, cercando di rendersi più convincente possibile. “E’ solo per questo che rinunci persino a dormire? Ti prego, vedrai che stanotte non succederà niente.”. “Cercherò di dormire allora, però non prima di te.”. Dette quelle parole, Eledhwen li credette invano, e si adagiò su una sponda del letto, sulla quale poco dopo vi si addormentò. “Per fortuna il tuo destino non è così crudele con te…mia Amata…”. Disse avvicinandosi a lei, e accarezzandola lievemente in viso. “Per fortuna tu non dovrai soffrire…”.

***

 

 

*Pandemonium, nota città dell’Inferno. Secondo alcuni miti antichi, dovrebbe corrispondere proprio alla città di Dite, citata nel canto X de’ L’Inferno Dantesco. Spesso usiamo frasi come “Quel posto è il Pandemonio!”. Per indicare una cosa in senso dispregiativo, come qualcosa di caotico e maligno…ma in realtà, nel contesto di questa storia, non lo sarà per nulla. Lo scoprirete più avanti! ;)

*Gehenna, questo termine si rifà alle antiche origini della religione cristiana, alla bensì più antica antenata di questa, la religione ebraica. Gehenna, si traduce letteralmente in ‘Inferno’, il luogo in cui dimorano solo i Demoni e gli Angeli Caduti (le anime si trovano in un’altra sezione dell’Inferno).

*Vessilli del Re dell’Inferno, ma non vi ricorda vagamente questa frase ‘vexilla regis prodeunt inferni’? La famosa frase che apre il XXXIV canto de’ L’Inferno Dantesco! Oh quanto lo adoro…tuttavia, è un’allusione che porta a pensare al sommo e spietato Re Lucifero *-*

*Re Infernali, vi sono diciotto Re che dimorano e comandano vari eserciti e zone nell’Inferno. I demoni più potenti sono coloro che comandano e dimorano nelle profondità dell’Inferno, tra questi vi è anche Lucifero. Sono suddivisi in una gerarchia, in base al quale i demoni maggiori hanno più ali dei demoni minori. Difatti i demoni comuni posso avere al massimo due ali, gli Arcidiavoli ne hanno tre, i Re Infernali o i Demoni Maggiori sei, e il Re degli Inferni ne ha ben dodici. Tuttavia, questo verrà spiegato meglio più avanti.

*Belial, è un demone dell’antico testamento, fu cacciata dal Paradiso insieme a Lucifero, per aver persuaso gli uomini e le donne a trasgredire al codice divino, facendoli peccare nella lussuria. Dio si infuriò, e incendiò le città in cui aveva disseminato il male, tuttora queste città sono conosciute sotto il mito di Sodoma e Gomorra.

*Blaenil, pronunciato ‘Blenil’ perché è di origine latina. E’ un antico nome demoniaco andato perduto da ormai più di sette secoli, trae le sue radici dagli antichi latini e dalle divinità romane locali, l’ho riscoperto leggendo un Grimorio.

*Bassi Inferi, ovviamente l’inferno ha una struttura a imbuto (non solo secondo Dante), ed è diviso in varie sezioni. Secondo la suddivisione del Gehenna, vi sono ben sei sezioni, dall’alto verso il basso: Tana, Stomaco, Silenzio, Porta della Morte, Porta dell’Ombra e Distruzione (noto anche come Utero dell’Inferno). Mano a mano che si procede verso il fondo dell’Inferno, le condizioni di sopravvivenza scarseggiano, cosicché solo i Demoni e gli Angeli Caduti più potenti, vi riescono a sopravvivere.

*Heryaite, città dal nome glaciale, poiché non trasmette alcuna sensazione, fuorché freddezza. L’ho trovato su uno dei tanti siti di nomi Elfici del web.

*Testimoni, se non altro saranno i miei demoni preferiti! Sono coloro che ascoltano, comprendono e giudicano le anime. Gli unici, tra tutti i Demoni, ad avere forse un cuore più simile a quello umano. Sono gli Harab Seraphel.

*Harab Seraphel, detti anche Corvi della Morte. Sono demoni muta-forma, difatti nella loro forma terrestre sono dei grandi corvi completamente neri, dagli occhi gialli. Spesso sono creature solitarie, e non viaggiano mai in gruppo, sarebbe davvero un caso raro e fortuito trovarne uno stormo. Vigilano sui morti, e cercano di evitare che i Ghoul ne divorino l’anima, destinata ad andare nell’al di là.

*Risplendente, un chiaro riferimento a Lucifero! Il soprannome l’ho senz’altro tirato fuori da una conversazione con la Vale. Scusa se ti ho rubato il nomignolo per la fic >.< ! Spero mi perdonerai, visto che non te l’ho chiesto *-*

*Asmodeo, è un demone dimorante nello Stomaco dell’Inferno. Guida i Galb, i demoni incendiari (tra cui Ehumiel, che avevamo visto nel capitolo precedente!). Asmodeo è sorprendentemente somigliante a Ehumiel, per il semplice fatto che tra tutti i Galb c’è un certo grado di parentela, che gli lega l’uno all’altro. Asmodeo è l’unico a possedere le tre ali di fuoco. Vi ricordate quando si era adirato con Belial per l’offesa ricevuta, e dalla sua schiena zampillavano piccole lingue di fuoco^^?

*Alto Inferno, usato in certi contesti potrebbe anche essere presa come un’offesa, per certi demoni. Spesso coloro che dimoravano nell’Alto Inferno (Tana, Stomaco e Silenzio), erano demoni deboli e vili, quasi quanto gli uomini.

*Moloch, signore degli spiriti di rivolta contro gli Dei. E’ uno dei demoni più rispettati. Nonostante possegga solamente due ali, è uno dei grandi Re Infernali e anche Arcidiavolo. Dimora in una delle zone più basse dell’Inferno, e proviene dalla Porta dell’Ombra.

*Thamiel, conosciuti anche come bicefali (mostri con due teste). Rispondono all’ordine di Moloch, e sono grandi battaglieri e demoni di rivolta. Sono angeli caduti, probabilmente cherubini che tradendo gli Dei, avevano perso la loro vera natura angelica. I cherubini hanno quattro facce, di cui una è umana, una di cherubino, una di leone e una di aquila. Le prime due sono state private dagli Dei, prima di spedirli all’Inferno, e ora si ritrovano con una testa felina e l’altra di un volatile.

*Belphegor, è il signore degli spiriti che hanno il compito di seminare discordia. E’ uno dei Re Infernali più avvenenti (altro che Johnny Depp…XD). Possiede ben tre ali nere piumate, di cui quella centrale è seminatrice di discordia. Dimora nella Porta della Morte.  

*Hades, è il contrario dell’Assiah, esattamente corrisponde al Mondo dei Morti. E’ il luogo in cui vi si recano le anime dannate.
   
 
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