Buona lettura!
*Act III*
– Wednesday: warm; laugh with me –
Hermione scoppiò in una risata
fragorosa e spontanea.
«Non pensavo che ti avrei mai
sentita ridere» disse divertito, osservandola. «Di certo non con me.»
«Hai detto una cosa che mi ha
fatta ridere, c’è qualcosa di sbagliato?» Chiese lei rispondendo allo sguardo.
Era quasi San Valentino e
sembrava che l’arrivo di quella festività tanto frivola avesse risvegliato gli
animi degli studenti.
Draco
scosse la testa.
«Credo che ridere sia il vero segno della libertà.»
Hermione rimase silenziosa. Draco aveva pronunciato quella
frase con estremo trasporto, un sentimento di cui lei si scoprì quasi
invidiosa.
Aveva ragione.
Lei rideva quando si sentiva bene, a suo agio, con le persone
che amava. Rideva apertamente se qualcosa la divertiva, se sentiva una battuta
o una barzelletta.
Quando rideva si sentiva libera.
In quel momento si accorse di aver compiuto un altro,
terribile passo lungo il cammino che la portava a lui.
Aveva deciso, doveva parlare con qualcuno... ma chi? Di sicuro non Ron. Ginny era fuori
discussione. Luna era in viaggio con suo padre.
Harry. Poteva parlare con lui? Poteva contare sulla sua
riservatezza? Harry riservato?
No, non se la sentiva, non ancora.
Annabeth. Quel giorno era lei a chiudere la libreria
a fine giornata. Hermione guardò l’orologio e vide che aveva dieci minuti di
tempo. Corse fuori casa e si Materializzò alla libreria.
La ragazza stava salutando gli ultimi clienti proprio in quel
momento. Decisero di cenare fuori; Annabeth chiuse in fretta la serranda –
c’era sempre qualcuno che chiedeva informazioni all’ultimo minuto – e insieme
si avviarono verso una pizzeria al limitare della zona magica.
«Di cosa mi vuoi parlare?» chiese una volta che ebbero preso
posto.
«Ho bisogno di sfogarmi, di raccontarlo a qualcuno.»
L’altra aggrottò la fronte. «Raccontare cosa?»
«Tutto.»
Una giovane cameriera prese le ordinazioni e tornò subito dopo con
le bevande e l’antipasto della casa.
Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche minuto. Annabeth
capì che Hermione aveva bisogno di raccogliere le forze e le idee e decise di
non forzarla. Di solito non parlava mai della sua vita privata, era riservata
al punto da apparire scontante e a volte fredda con gli altri.
In realtà aveva solo sofferto molto, come tutti.
Hermione chiuse gli occhi, prese un profondo respirò e iniziò a
parlare.
«È successo durante il mio settimo anno a Hogwarts» disse quasi in
un sospiro, «Harry e Ron avevano preso il diploma all’onore e non erano tornati
con me per frequentare l’intero anno accademico.»
Annabeth annuì. «Hanno iniziato subito l’Accademia.»
«Mi sentivo sola. Ero
sola» continuò Hermione. «Ero diversa, non volevo nessuno intorno a me.»
«Tesoro, è comprensibile, la guerra ha cambiato tutti noi.»
«C’è stata... una persona» sentiva un groppo in gola. «Ci siamo
avvicinati per caso. Eravamo disperati entrambi, eppure... in qualche strano
modo ci siamo aiutati.»
Annabeth ascoltò in silenzio. C’erano state delle voci su di lei;
avevano spifferato in giro come il vento che il settimo anno di scuola era
stato particolarmente difficile per la giovane eroina del Mondo Magico. In quel
periodo lei si trovava all’estero: i suoi genitori, troppo spaventati, erano
scappati dall’Inghilterra e si erano stabiliti presso un parente che viveva
nell’est Europa.
«Non è successo mai niente tra noi, ma lui... lui mi ha salvata.
Ero finita in un vortice di negatività e autocommiserazione e vittimismo
represso... lui mi ha capita e mi ha teso la mano.»
«Posso chiederti di chi si tratta?»
Sulle labbra di Hermione comparve un sorriso spontaneo carico di
tenerezza, gratitudine e amore.
«Draco Malfoy.»
Subito dopo la cameriera tornò con le pizze ordinate. Le ragazze
tagliarono le fette e diedero i primi morsi.
«Sei innamorata di lui?»
Una pausa.
«Dire di sì sarebbe riduttivo.»
Annabeth venne investita dall’intensità dei sentimenti di Hermione
e dalla loro sincerità. Se ne sentì quasi invidiosa. Amare in quel modo era
raro, se non unico. Poteva essere una fortuna o una condanna.
«Draco disse che sarebbe venuto a salutarmi dopo la consegna dei
diplomi, ma non lo fece.»
«Sai il motivo?»
«Mi ero messa con Ron.»
«Ma... Hermione!» la rimproverò l’amica. «Perché l’hai fatto?»
«Perché era giusto. Era
ciò che lui voleva e che tutti si aspettavano.»
«Tu però volevi un altro.»
«Un altro che sparì per sei mesi.»
La pizza era ottima, ma Hermione faticava a coglierne il sapore.
Aveva bisogno di continuare a parlare e tirare fuori tutto ciò che aveva nel
cuore. Tutto il dolore e l’amore che l’avevano accompagnata in quegli anni.
«Sei mesi dopo la consegna dei diplomi gli confessai il mio amore.
Lui mi chiese di lasciare Ron e quando dissi di no...»
«Sparì di nuovo?»
«Già» annuì tristemente. «Ci scambiammo qualche riga e l’estate
successiva lui mi chiese di nuovo di terminare la mia relazione con Ron.»
«Fammi indovinare: rifiutasti e lui sparì?»
«Per cinque anni.»
«Quindi vi siete sentiti di recente?»
Il cuore di Hermione si strinse nel ripensare a quel momento. «Otto
giorni fa.»
Annabeth la guardò con interesse e stupore. Ecco perché era
sembrata più strana del solito. «E cos’è successo?»
«Abbiamo litigato. Gli ho scritto, ma lui non ha più risposto.»
«Che giorno è oggi?»
«Mercoledì.»
«Numero?»
«Quattordici.»
«Mese?»
Lo guardò storto. «Febbraio. Malfoy, sicuro di stare bene?»
«Ti dice niente il quattordici Febbraio?»
Hermione ebbe bisogno di
pensarci. «È San Valentino.»
«Dieci punti a Grifondoro.»
Una rosa rossa apparve sulle
gambe di Hermione.
«Ma cosa... questa... perché?»
Era in imbarazzo. Che carina.
«Ho ricevuto un certo tipo di
educazione, Granger.»
«Ti hanno insegnato che si
regalano rose alle ragazze per San Valentino?»
«Ti sembra strano?»
«Quindi ne hai regalate a tutte
le ragazze della scuola?»
«Solo a chi doveva riceverla.»
Hermione sbuffò, spazientita.
«Questa non è una risposta.»
«Ne ho regalata una sola,
Granger.»
Draco si beò dell’espressione sul
volto della ragazza, si alzò e la lasciò da sola con la sua rosa.
Il giorno dopo, con grande sorpresa,
Draco trovò una scatola di cioccolatini sul suo banco nell’aula di
Trasfigurazione.
«Cos’hai intenzione di fare?»
Hermione scosse la testa e strinse i pugni. «Non ne ho idea.»
«Hermione...»
«Non so che fare. Qualunque cosa deciderò farà soffrire qualcuno
che amo.»
«Adesso però state soffrendo tutti, tu per prima» intervenne
Annabeth. «Conosci la soluzione, l’hai detto tu stessa.»
La ragazza alzò lo sguardo, gli occhi lucidi di lacrime che si
rifiutava di versare.
«Hermione, tu ami Draco. E lui ama te.»
Quelle poche parole colpirono forte come una cannonata.
Tu ami Draco.
Chiuse gli occhi. Non poteva mentire a se
stessa. Lo sapeva, l’aveva sempre saputo.
E lui ama te.
«Devi parlare con lui e anche se dovesse andar male...» Annabeth
si sentiva quasi in colpa, perché sapeva che la sua amica stava per affrontare
un momento difficile. Probabilmente avrebbe perso in modo definitivo una o più
persone importanti per lei. «Non puoi restare con Ron.»
Hermione trattenne a stento le lacrime solo perché si trovava in
un luogo pubblico. Sapeva di non poter fare un torto simile a Ron, accettare di
sposarlo e costringerlo a vivere con una donna che non ricambiava davvero il
suo amore – non come lui meritava.
Gli voleva bene, aveva creduto di amarlo, ma tutto svaniva in
confronto a ciò che provava per Draco. Com’era
possibile?
Tutti quegli anni senza vedersi né sentirsi... i litigi, le parole
che si erano detti... forse lui non la voleva neanche più. Forse voleva solo
chiarire la questione in sospeso da troppo tempo e andare oltre.
Forse era quello che lei stessa doveva fare.
«Li perderò entrambi» sussurrò con un filo di voce.
«Li perderai lo stesso se non sarai sincera.»
Un amaro sorriso si formò sulle sue labbra.
«La sincerità non è altro che umiltà e tu acquisti l’umiltà solo
accettando umiliazioni.»
Annabeth cercò di pensare a come aiutare la sua amica, ma non
c’era nulla che potesse fare, era una situazione che doveva affrontare da sola.
Poteva solo offrirle il suo supporto, in qualunque modo sarebbe finita.
Notò che Hermione aveva preso a giocare con il braccialetto che
portava al polso sinistro. L’aveva visto il primo giorno di lavoro: Hermione
era vestita in modo impeccabile, elegante ma non eccessivo. Quel braccialetto
di corda marrone intrecciata non si abbinava a nulla di ciò che aveva indosso.
Ricordò di averla vista giocherellare con quel braccialetto mentre
lei le spiegava come venivano gestiti gli orari del negozio, i turni, le
consegne e gli ordini dei clienti.
L’arrivo della pausa pranzo aveva dato alle due ragazze
l’occasione di conoscersi meglio e prendere confidenza l’una con l’altra: del
resto, avrebbero lavorato sempre insieme dalla mattina alla sera e il primo
impatto era stato positivo per entrambe.
Tra una forchettata di insalata e l’altra, Annabeth aveva deciso
di provare a soddisfare quella piccola curiosità.
«Grazioso» disse, indicando il
braccialetto. «L’hai fatto tu?»
Hermione si toccò istintivamente
il polso sinistro. Le sue dita sfiorarono il cuoio con una tale delicatezza,
sembrava quasi fosse una riverenza nei confronti di un oggetto sacro.
Sulle sue labbra si formò un
sorriso che nascondeva un segreto.
«No, è stato un regalo.»
Hermione stava guardando le
stelle. Era una sera tranquilla, il cielo limpido. Si sentiva serena.
Da quanto non si sentiva così?
«Lasci i tuoi sogni tra le
stelle?»
Sorrise.
«Lascio solo le mie speranze.»
«Positiva come sempre, vedo.»
Si voltò e lo raggiunse. Era già
seduto a guardare il fuoco.
«Smetterai di seguirmi prima o
poi?»
Un ghigno. «Forse.»
Hermione finse sorpresa. «Vuoi
dire che non sono più un soggetto interessante, Signor Malfoy?»
«Solo tu puoi decidere di non
renderti più interessante ai miei occhi.»
«Come mai non rispondi con una
domanda alle mie domande?»
Draco la fissò in modo quasi
serio. «Preoccupata, Granger? Temi di perdere un’abitudine?»
Temeva molto di più, ma non
gliel’avrebbe detto. Non in quel momento. Non nei prossimi momenti. Forse mai.
Qualcosa si posò sulle sue gambe.
Abbassò lo sguardo e vide un braccialetto.
Semplice cuoio marrone
intrecciato. Non c’erano disegni, ricami, ciondoli. Solo una treccia infinita.
Non c’era neanche un gancio.
«Cos’è?»
«Indossalo.»
«È troppo piccolo» lo esaminò,
non era elastico. «Come faccio a metterlo se non si allarga e non ha la
chiusura?»
Le mani di Draco entrarono nel
suo campo visivo.
Era la prima volta che si
toccavano – pelle nuda su pelle nuda.
«È un braccialetto magico,
svegliona.»
Draco strinse piano le dita
intorno al suo polso sinistro – una presa delicata, attenta, quasi
impercettibile. Con l’altra mano afferrò il bracciale e lo fece scorrere sulle
sue dita, le nocche, il dorso della mano, fino al polso.
Il cuoio si allargò e si
restrinse fino a raggiungere la perfetta misura.
«Ecco.»
Hermione non riuscì ad alzare gli
occhi su di lui. «Perché?»
«Perché hai sempre freddo.»
Si sforzò di muovere il capo e
incontrò il suo sguardo. «È un braccialetto termico?»
«Ti scalderà quando ne avrai
bisogno.»
Mi sto già scaldando. Non te ne
accorgi?
«Non dimenticare tutto questo,
Hermione.» Suonò quasi come una preghiera.
Non avrebbe mai dimenticato.
Note:
«Credo che ridere sia
il vero segno della libertà.»
René Clair
«La sincerità non è altro che umiltà e tu acquisti l’umiltà solo
accettando umiliazioni.»
Madre Teresa
di Calcutta
«Grazioso. L’hai fatto tu?»
«No, è stato un regalo.»
Tristano e
Isotta