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Autore: Kira Eyler    05/03/2016    3 recensioni
[Crossover Corpse Party Tortured Souls-Dragon Ball]
[HORROR e SPLATTER]
Alcuni personaggi di Dragon Ball, nell'ultimo anno di liceo, decidono di fare un rituale per rimanere amici per sempre. Sfortunatamente sbagliano qualcosa e vengono trasportati all'interno di una scuola elementare: Heavenly Host Elementary School.
Tra fantasmi e mostri, chi ne uscirà vivo?
Riusciranno a placare la furia di Sachiko e gli spiriti dei tre bambini?
Genere: Avventura, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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La verità (parte 2)

-Era una giornata piovosa dopo scuola. Quella mattina avevo litigato con mia madre e non volevo rivederla, così mi sono seduta sulle scale della scuola per osservare la pioggia- iniziò a raccontare Yuki, abbassando gli occhi azzurri che luccicavano di una forte malinconia –Il maestro Yoshikazu mi si avvicinò e si sedette affianco a me...-
Gli sguardi di tutti, tranne di Ryou e Tokiko, erano puntati su Yuki che con tono malinconico e disperato raccontava ciò che il giorno del suo omicidio era successo: avrebbero scoperto l’assassino quella volta, dopo tanto tempo chiusi lì dentro e dopo aver perso moltissimi dei loro amici.
-... gli raccontai ciò che era successo. Lui diceva “Uh, uh”: non sapeva parlare molto bene, ma aveva un cuore d’oro.- Yuki alzò lo sguardo e guardò uno ad uno i ragazzi davanti a lei.
Ricordar quelle cose le faceva male, terribilmente male nell’anima e nel cuore. Sentiva Ryou e Tokiko già singhiozzare, ma lei doveva cercare di essere forte ancora per qualche minuto, giusto per il tempo di raccontare.
-Mi guardò con un’espressione strana... e... poi...-
Le ultime parole erano state sussurrate, fino a diventare incomprensibili. Yuki ingoiò della saliva e unì le mani, portandosele al petto e poggiandole lì, come per cercare di non piangere e di mantenere il cuore infranto. Le labbra si separarono e cominciarono a tremare, i suoi occhi cominciavano ad inumidirsi e a farsi sempre più tristi. Alla fine non ce la fece più: scoppiò anche lei a piangere, sotto gli sguardi dei giovani che si guardarono dispiaciuti, avendo intuito ciò che fosse successo in seguito.
Vegeta si concentrò solo sulle parole dette dalla fantasmina, in particolare su un nome: quello di Yoshikazu. Era stato lui, ora ne era certo. Come aveva potuto un insegnante uccidere dei bambini così piccoli? Non aveva provato nessuna pietà o rimorso? Come aveva potuto guardarli negli occhi mentre lo faceva? A causa sua erano morte molte persone innocenti, che non c’entravano nulla con lui o con quei bambini!
Goku e Crilin si guardarono, dispiaciuti e pieni di collera per quello accaduto a quei poveri bambini, incapaci di contenere un dolore così grande che ruppe per sempre la loro infanzia e la loro vita. Uccisi in quel modo barbaro senza pietà, strappati ai loro genitori e alla vita come un fiore che viene colto dal prato: nessuno di loro si aspettava di trovare la morte in una giornata di scuola apparentemente come tante.
Flame si avvicinò a Yuki e le accarezzò i capelli castani per consolarla, una volta abbassatasi alla sua altezza. La guardò tristemente: avrebbe voluto avere sottomano quel mostro di Yoshikazu e farlo soffrire per quell’orribile uccisione e per tutte le altre che continuava a commettere, ma non poteva; e questo la faceva sentire inutile e debole.
-Quindi... è stato Yoshikzau a uccidervi?- chiese Vegeta, avvicinandosi a braccia incrociate ai tre, consapevole che quasi sicuramente non avrebbe ottenuto risposta a causa del dolore della bambina.
Yuki si asciugò le lacrime, le quali continuarono però a scendere dai suoi occhi in modo continuo, e osservò il giovane davanti a lei. Guardò poi Ryou e Tokiko come per aver un consenso e loro annuirono.
La bambina guardò i ragazzi davanti a lei e, prendendo un respiro profondo, disse: -Se volete sapere cosa successe, ve lo mostreremo-
-Mostrare?- chiesero tutti in coro, con un tono tra il curioso e lo spaventato.
Mostrare... significava vedere ciò che accadde in quel giorno? Essere lì con i bambini, oppure essere i bambini? Non potevano rischiare di fare una cosa sbagliata che li avrebbe portati alla pazzia a causa del troppo dolore.
Goku strinse i denti e osservò tutti i suoi compagni: lui e Vegeta erano gli unici che potevano provare a vedere ciò che successe, gli altri erano troppo addolorati e tristi per i loro amici deceduti per reggere altra sofferenza e non potevano perderli.
Fare ciò gli avrebbe procurato di sicuro delle sofferenze, ma doveva scoprire chi aveva ucciso quei bambini e soprattutto perché: dubitava che un insegnante da un giorno all’altro diventasse un pazzo assassino, doveva esserci una ragione, un motivo. Lo doveva a quei bambini e alle migliaia di persone morte in quella scuola, in special modo ai suoi amici che avevano perso la vita ingiustamente.
Strinse i pugni e si alzò, facendo un passo in avanti. Guardò determinato Yuki e le sorrise.
-Voglio vedere cosa accadde, Yuki- sentenziò soltanto, con voce determinata che non ammetteva repliche o ripensamenti.
Crilin scattò in avanti, guardandolo incredulo con gli occhi sgranati.
-GOKU! Sei impazzito, per caso!?- esclamò, con tono serio.
-Che cosa stai dicendo, Goku?- chiese Flame, raggiungendolo e mettendosi davanti a lui con i pugni stretti davanti al petto.
Vegeta osservava incredulo la scena: Goku voleva provare. Doveva aspettarselo da uno come lui, non sarebbe mai rimasto con le mani in mano, anche se questo significava mettere a rischio la propria vita o la propria sanità mentale; era questo a renderlo un “mito” agli occhi di tutti i suoi compagni di classe.
-Ragazzi, è inutile. Non tornerà indietro!- disse Lapis, precedendo Vegeta che stava per dire la stessa cosa.
Crilin e Flame sospirano e poi si spostarono per far passare Goku, sapendo che, purtroppo, ciò era vero. Lo osservarono preoccupati, col battito cardiaco a mille e il respiro affannoso, fino a quando non raggiunse Yuki posizionandosi davanti a lei. Regalò un sorriso sicuro ai compagni e poi alla bambina, che lo osservava senza parlare. Tutto quel coraggio da parte di un ragazzo le aveva tolto tutte le parole di bocca, prima per averla placata e ora per quello.
Abbassò lo sguardo e allungò una mano verso Goku; una luce biancastra cominciò ad avvolgerlo e i suoi amici dovettero chiudere o coprirsi gli occhi a causa della forte luce che emanava. Il giovane cominciò a chiudere gli occhi, fino a cadere a terra con un tonfo, privo di sensi.
 
 
Si svegliò.
Si trovava in una strana stanza che non aveva mai visto: i suoi occhi erano puntati sul soffitto e man mano che la vista cominciava a farsi sempre più precisa poté osservare le travi di legno che lo componevano e sulle quali era appesa una lampada ad olio, l’unica fonte di luce. Provò a muovere le mani, ma erano legate tra di loro; poi capì, dopo un attimo di confusione e smarrimento.
Si trovava legato e appoggiato a terra, su un pavimento color marrone scuro. Molte zone della stanza erano in ombra, buie, e non si riusciva a vedere cosa ci fosse. Era spaventato, doveva ammetterlo, ma non poteva tirarsi indietro ormai.
Sentì dei pianti e dei lamenti, seguiti da sospiri lunghi e respiri affannosi. Voltò il capo: accanto a lui c’era Tokiko, legata, e subito dopo di lei Ryou, nelle sue stesse condizioni.
Entrambi piangevano e tremavano, cercavano di liberarsi provocando solo dolore ai polsi e alle caviglie già arrossati a causa della corda troppo stretta.
-Mamma... mamma...- sussurrò Tokiko tra i singhiozzi, le lacrime le rigavano le guance.
Goku sentì la loro paura e, accidenti, lo faceva star male. Ryou provò ad alzarsi, ma era così spaventato da rimanere inchiodato al pavimento.
Una porta si aprì cigolando e i due bambini urlarono, dimenandosi sempre più forte. Goku provò ad osservare verso la porta per vedere chi fosse: era l’assassino, ma non riusciva a vederlo a causa dell’oscurità.
Infine, lo vide. Anzi, li vide.
Yoshikazu era lì, in piedi, con un’espressione terrorizzata e addolorata, sussurrava parole non comprensibili e a volte solo versi a caso.
Dietro di lui vi era una bambina: aveva un sorriso sadico stampato sul piccolo volto coperto dai lunghi capelli neri. I pugni serrati e portati lungo i fianchi, in una mano stringeva delle forbici affilate e pulite, grige. Era Sachiko. Ma lei era stata data per dispersa, da quello che Goku sapeva: cosa ci faceva lì?!
-Yoshikazu, uccidili- ordinò Sachiko, ridendo una volta aver concluso la frase, come se fosse una persona importante.
Yoshikazu emise un forte lamento, sentendo le urla disperate dei bambini ancora più forti, mentre il ragazzo non poteva credere a ciò che aveva sentito.
Tuttavia, subito dopo Yoshikazu prese le forbici dalle mani di Sachiko e si avvicinò a Ryou.
Goku chiuse gli occhi e si voltò, per non guardare.
Ryou spalancò gli occhi castani pieni di terrore e guardò il suo maestro: provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Le parole gli morivano in gola, come se avessero paura di uscire. Yoshikazu si inginocchiò affianco a lui e strinse le forbici nella grande mano, emettendo un ultimo verso prima di conficcarle nel ventre di Ryou.
Il bambino urlò e Goku strinse gli occhi per non spalancarli per nessun motivo al mondo: non voleva trovarsi lì, non lo voleva più. Le urla di Ryou lo stavano facendo impazzire.
-Lasciami, lasciami!- urlò Ryou con tutte le forze che aveva in corpo, mentre un altro colpo penetrò nelle carni del ventre.
Cercava di fermare il suo maestro con le parole, ma a quanto sembrava non funzionava. Lo sentiva singhiozzare e sentiva delle risate in sottofondo, appartenenti ad una bambina. Il bambino chiuse gli occhi per non guardare, sperando che almeno quello servisse a fermare il suo assassino. Tutto inutile: un altro colpo.
Ryou urlò, sputando del sangue dalla bocca che assunse un cattivo sapore.
Non capì ciò che successe in seguito: urlava sempre più debolmente e le forbiciate erano sempre più frequenti e continue. Impossibile contarle. Sentì il freddo avvolgerlo e l’udito abbandonarlo, poi un qualcosa che usciva dal suo ventre: ipotizzando cosa potesse essere, scoppiò a piangere più forte, urlando di nuovo fino a quando anche la voce lo abbandonò, a causa del maestro Yoshikazu: gli aveva tagliato la lingua.
Goku sentì il silenzio interrotto solo dai forti pianti di Tokiko: perché non poteva fare niente? Perché aveva paura di reagire, di alzarsi in piedi e di urlargli contro? Se ne stava tremante a terra, ascoltando i pianti e le grida acute dei bambini senza fare nulla... Quella bambina maledetta, Sachiko, si stava divertendo. La sentiva ridere e avrebbe tanto voluto prenderla a schiaffi.
Sachiko era già morta. Quindi l’incidente della madre e della sua scomparsa erano avvenute molto prima dell’omicidio dei bambini... e stranamente  erano collegate.
Mentre pensava che tutto fosse ormai finito, ecco le urla di Tokiko. Questa volta si voltò a guardare la scena: la bambina aveva gli occhi verdi e la bocca spalancati e tremava più forte di prima. La causa era una cosa che stupì anche Goku: Yoshikazu aveva in mano una sega. Non poteva ucciderla con una sega, non in quel modo barbaro.
Yoshikazu sembrava stesse piangendo, ma non smetteva con quell’omicidio. Tokiko deglutì sonoramente e le labbra separate tra loro tremarono; la sega cominciò ad abbassarsi su di lei. Goku chiuse gli occhi, ascoltando solo le sue grida inumane e troppo acute che gli perforavano i timpani.
-Basta, maledizione, basta...- sussurrò, sperando di poter fermare Yoshikazu.
Aveva provato ad urlare, ma non ci era riuscito a causa della paura: toccava a lui, ora. Non riusciva a pensare ad altro. Doveva morire e aveva paura, terribilmente paura.
Aprì gli occhi di scatto: Sachiko era davanti a lui, Yoshikazu, invece, si trovava in un angolo della stanza, rannicchiato su se stesso e piangeva. Sì, piangeva: aveva ucciso quei bambini contro la sua volontà.
-Tu... perché... perché, Sachiko!?- esclamò Goku, mettendosi a sedere per guardarla negli occhi neri che esprimevano solo sadico divertimento.
Sachiko era sporca di sangue, eppure non aveva ucciso nessuno. Oppure...
-Li hai uccisi tu... non è stato Yoshikazu... tu lo hai usa...-
Goku non terminò la parola: le forbici di Sachiko si conficcarono veloci nel suo occhio e lui urlò dal dolore. Il sangue cominciò a schizzare fuori e a scivolare lungo la sua guancia.
Sachiko premeva sempre più forte le forbici nell’occhio, divertendosi: al contrario di Goku, sperava che quegli attimi non terminassero mai, anzi, che si prolungassero all’infinito. Amava sentir urlare le sue vittime e sentire il loro caldo sangue sulle mani, sulle sue mani da bambina.
-Cosa ne verrà fuori, se faccio così?- chiese, più a se stessa che ad altri, anche perché non vi era quasi più nessuno con lei in grado di risponderle.
Tirò via le forbici con un gesto secco ed immediato: attaccato a loro, vi era un occhio.
 
 
Goku si rimise in piedi di scatto, lanciando un urlo; tremava ed era completamente sudato, come se si fosse risvegliato da un incubo molto reale... ed in effetti, era così, solo che era una cosa realmente accaduta a dei bambini.
Intorno a lui vi erano i suoi amici, che lo osservavano attentamente aspettando una risposta dal ragazzo. Goku guardò i bambini respirando affannosamente, pensando alla loro grande sfortuna, deglutì e poi disse ciò che tutti volevano sentire: cosa successe quella volta.
-Yoshikazu... non è l’assassino dei bambini.- annunciò, stringendo i pugni. Marcò la parola “non” con forza.
Tutti si guardarono tra loro increduli, poi tornarono ad osservare Goku: non era lui l’assassino? Cosa significava?
-Era un complice, o per meglio dire un oggetto da sfruttare.- si corresse in seguito, con sguardo serio in volto.
Sapeva che i suoi compagni non potevano credere alle loro orecchie, anche per lui che l’aveva visto era ancora strano e quasi impossibile. I tre bambini fantasma annuirono alle parole del giovane, dando loro una terribile conferma.
Flame incrociò le braccia al petto: sfruttare? Chi poteva sfruttare un insegnante per uccidere dei bambini? Eppure, i giornali che avevano trovato parlavano di Yoshikazu come l’assassino dei tre piccoli, non di complici o di altre persone. Doveva essere lui, era anche malato dopotutto.
-Che significa, Goku?- chiese Crilin, quasi a bassa voce, ancora incredulo.
Goku puntò i suoi occhi in quelli dell’amico e spiegò tutto: -Yoshikazu era posseduto da Sachiko. Sachiko, la bambina fantasma responsabile di tutte le morti in questo posto!-
Quelle parole scioccarono di più i ragazzi. Una bambina di sette anni aveva posseduto Yoshikazu... ma Sachiko era scomparsa in seguito alla morte della madre, non era morta. Come poteva averlo posseduto?
-Stai dicendo che Sachiko era morta e non scomparsa come si credeva? E anche molto prima rispetto ai tre bambini?- chiese Lapis, anche lui incredulo.
Goku annuì e i compagni strinsero i denti.
A tutti sembrava strano, ma era così. La scomparsa di Sachiko significava la sua morte, ma chi poteva averla uccisa? Yoshikazu era troppo piccolo o non era ancora nato quando Sachiko sparì, quindi non poteva essere stato lui... suo padre, il preside? No, nemmeno lui poteva averla uccisa, era una persona da escludere perché troppo buona e gentile.
Ciò significava che la morte di Sachiko e quella dei bambini tramite Yoshikazu erano collegate tra loro da qualcosa, ma da cosa?
Dovevano scoprire di più su quella storia e, quindi, dovevano dividersi, a malincuore.
Quando i bambini sparirono, decisero le divisioni e quali zone della scuola ispezionare; fu allora che Flame raccontò della seconda struttura e della stanza del preside, unica stanza che non si apriva e con la porta tinta di rosso; probabilmente, sangue.
-Dobbiamo controllare anche lì, ma dopo...- sussurrò Goku, che aveva preso le vesti di leader.
E dopo quel sussurro, uscirono dal corridoio secondo le divisioni: Goku e Vegeta verso i bagni; Flame e Lapis verso l’infermeria; Crilin verso la piscina.
Mandare una persona da sola non era una brillante idea, soprattutto se quella persona era la più debole del gruppo, ma Crilin aveva insistito: oltre a cercare altre informazioni riguardo Sachiko, Yoshikazu e la scuola, voleva anche trovare l’assassino di Lazuli e Yumi. Stare con qualcun altro l’avrebbe rallentato, oppure avrebbe cercato di fargli cambiare idea.
Non sapeva che era stato Koito ad ucciderle, quindi stava facendo una ricerca inutile.
Tuttavia, per la strada verso la piscina, incontrò Tenshinahn che stava camminando lentamente e con sguardo basso verso di lui. La sua felicità crebbe: sapeva che non era morto e questo era comunque un bene, anche se in quel momento le sue ricerche sarebbero andate in frantumi.
Gli corse incontro sorridente.
-Ten! Sei vivo!- esclamò, una volta averlo raggiunto a braccia spalancate.
Tenshinahn sobbalzò per la sorpresa e lo spavento iniziale, poi sospirò sollevato alzando lo sguardo. Al vedere lo sguardo malinconico di Tenshinahn, Crilin s’incupì di colpo.
-Cosa succede?- chiese.
La domanda più ovvia da fare sarebbe stata “cosa non succede?”, poiché in quella scuola stava succedendo di tutto e di più. Mostri assassini, fantasmi di bambini arrabbiati e in cerca di vendetta, ragazzi e ragazze completamente folli, una bambina di sette anni responsabile delle pazzie e degli omicidi che avvenivano nella scuola... non si era mai visto nulla del genere, nemmeno in un film Horror.
Tenshinahn sospirò nuovamente e distolse lo sguardo dall’amico.
-Ho trovato il cadavere di Lunch...- sussurrò con voce flebile.
Crilin strinse i denti e i pugni: perché ad ogni bella cosa se ne accavallava una cattiva?
-... e ho perso la ragione per un attimo. Ho ferito Nazos che si trovava con me e l’ho fatta correre via, nella scuola tra mille pericoli...- continuò Tenshinahn, stringendo i pugni disperato: sperava che Nazos stesse bene, non sapendo cosa le era effettivamente accaduto.
Crilin sussultò: quindi era per quello che Nazos si trovava in quelle condizioni. Come poteva dire all’amico che Nazos era, probabilmente, stata uccisa da Yoshikazu? Si sarebbe sicuramente incolpato e non poteva permettere di vedere la sanità mentale di un altro suo amico consumarsi!
Non poteva però nasconderlo in eterno...
Così, un po’ titubante e insicuro, parlò. Raccontò di Bulma, di Koito, di Yoshikazu... e di Nazos. Tenshinahn, come sospettato, non poteva credere alle sue orecchie e si sentiva veramente male e soprattutto colpevole.
Crilin narrò anche degli amici morti che avevano trovato e della visione avuta da Goku, il vero assassino dei bambini, per poi parlare del compito che si erano assegnati lui e gli altri suoi compagni. Tenshinahn, dopo aver riferito la morte di Yamcha sotto gli occhi sempre più disperati di Crilin, decise di aiutare l’amico nel compito.
Prima che potessero muovere un qualsiasi passo, successe qualcosa di inaspettato e di... terribile. Una serie di lamenti si dispersero nel corridoio e comparvero le figure di una ragazza e di un ragazzo. Il ragazzo non aveva la testa ed era trasparente, coi vestiti strappati e ferite ovunque; la ragazza non aveva un braccio e la parte sinistra della testa. Anche lei era trasparente come il ragazzo e coi vestiti stracciati. Non avevano colori, solo i contorni di un azzurro pallido.
Tenshinahn e Crilin si fermarono a guardarli: i loro lamenti si facevano sempre più forti e acuti. Man mano che si avvicinavano ai due, si vedeva che dalla loro bocca fuoriusciva un mare di sangue rosso che cadeva a terra, facendo sciogliere il pavimento come se fosse acido.
-Ma... chi sono questi!?- esclamò Crilin, tremando ed indietreggiando di qualche passo con gli occhi sgranati.
-Non ne ho idea, ma non sembrano disposti ad essere nostri amici- rispose Tenshinahn stringendo i pugni –Dobbiamo cercare di superarli.-
Crilin annuì, anche se spaventato.
Aspettarono che i due fantasmi si avvicinarono a loro ancora di qualche centimetro e poi scattarono, correndo e superandoli. Fortunatamente, andò tutto bene e l’unica cosa che udirono, senza voltarsi a guardare, fu una voce femminile dire, con tono malinconico: -Questo è il luogo della...- s’interruppe, con un altro lamento e un singhiozzo -... nta..-
Quando tutti i pericoli sembravano passati, anche perché l’ultima parola sussurrata dalla ragazza non era completa, ecco che accadde nuovamente qualcosa; era proprio quella cosa che cercava di dire la ragazza fantasma. La scuola sembrava non volerli far incontrare con i loro amici.
Una pianta, una grossa pianta, ricoperta di spine uscì dal pavimento d’improvviso e afferrò Crilin per un braccio, il quale lanciò un urlo per la sorpresa e per il dolore che le spine gli procuravano. Tenshinahn lo afferrò per una mano, mentre la pianta ritornava lentamente da dove era uscita trascinandosi dietro l’amico; era troppo forte per lui, non riusciva a farle lasciare Crilin. Erano stati entrambi colti alla sprovvista, non si aspettavano nulla del genere!
Il braccio di Crilin cominciò a sanguinare a causa delle spine che gli perforavano la pelle; la pianta gli stringeva il braccio sempre di più, cercando di trascinarselo dietro.
Puntò i piedi a terra, stringendo i denti per non urlare, e cercò di aiutare Tenshinahn camminando verso di lui.
Non servì a niente. Un’altra pianta uscì dal pavimento e gli afferrò una gamba; sembravano due tentacoli verdi ricoperti di spine.
Tenshinahn stava usando tutte le sue forze, ma non poteva nulla contro le due piante; Crilin era spaventato e, sia a causa di questa emozione, sia per il dolore, fu risucchiato nel pavimento che si richiuse, lanciando un ultimo e acuto urlo che andava man mano ad affievolirsi.
Tenshinahn si inginocchiò e osservò quel punto maledetto del pavimento: come era potuto accadere? Da dove accidenti erano uscite quelle piante? Possibile che ogni cosa dovesse diventare pericolosa in quella maledetta scuola?
-Maledetti, tutti!- esclamò adirato e triste, rivolto ai fantasmi e agli abitanti di quella scuola, mentre sbatté un pugno a terra.
 
Flame camminava con sguardo basso e afflitto. La sua migliore amica era rimasta con quel pazzo e con Yoshikazu al posto di andare con i suoi veri amici... non riusciva a non incolparsi: avrebbe dovuto afferrarla con forza e trascinarla via, ma era troppo spaventata per farlo. Quella maledetta paura, non pensava di essere così... codarda; quella scuola l’aveva cambiata tantissimo e in poco tempo, a suo svantaggio: sembrava far emergere il lato debole di tutti e non era un bene, per niente.
Tempo... quanto tempo era passato? Un giorno? Delle ore? Una notte? Non lo sapeva, gli orologi erano rotti e le lancette si muovevano solo per indicare dei pericoli nelle loro vicinanze. I loro genitori chissà se li stavano cercando, preoccupati per la loro lunga assenza... potevano però anche non essersene accorti.
-Ahi!- esclamò d’un tratto dolorante, inginocchiandosi e tenendosi il ginocchio ferito con entrambe le mani.
Aveva iniziato a farle davvero male solo in quel momento ed era strano, ma probabilmente si era infettato.
-Che succede?- chiese Lapis, voltandosi a guardarla.
Flame strinse i denti, guardandolo: erano quasi arrivati all’infermeria, poteva già notare i due cadaveri ancora lì, appoggiati al muro, e la scritta di sangue che colava lungo il muro finendo sul pavimento. Lì c’era Yoshie. Avrebbero potuto parlarle, se non fosse stato uno spirito demoniaco e assassino, riguardo a Sachiko, ma in quelle condizioni li avrebbe uccisi.
Non poteva andare in infermeria per curarsi e nemmeno starle vicino, quindi doveva stringere i denti e tenere ancora duro.
-La ferita ha iniziato a farmi molto male- rispose la corvina, abbassando lo sguardo –Ma sto bene, ora. Posso ancora camminare normalmente.-
Seguirono attimi di silenzio che sembravano interminabili. La ragazza si rimise in piedi e osservò il compagno che aveva lo sguardo puntato sull’infermeria, o per meglio dire su chi era vicino l’infermeria.
Strinse i pugni, sporchi di sangue, e gli si avvicinò.
-Stai bene? Se vuoi vado a vedere da sola se ci sono delle informazioni.- propose la giovane.
Lapis la guardò e scosse la testa, deciso.
-Neanche per sogno!- rispose, quasi offeso –Andiamo.-
Flame sospirò e scosse debolmente la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini; non voler ammettere ciò che si provava in quella scuola era spesso un male: parlare aiutava, almeno in parte, a liberarsi dalla tristezza e dall’odio, uniche emozioni lì possibili da provare.
Passarono davanti la porta dell’infermeria senza guardare i corpi di Lazuli e Yumi per non bloccarsi, ma furono fermati da una voce dolce e amichevole. Cosa strana, in quella scuola: una voce dolce e non crudele, e amichevole e non sadica?
-Entrate pure, è aperto!-
Anche se si trattava di un invito, i due non riuscirono a credere a ciò che avevano udito. Chi poteva trovarsi nell’infermeria e chi era sopravvissuto a Yoshie? La porta era chiusa, non poteva trattarsi di nessun essere umano: non poteva averli visti arrivare. L’unica spiegazione logica era un altro spettro che si fingeva amichevole, per loro sfortuna.
La loro curiosità era però molto grande. Non riuscirono a rimanere fuori, anche conoscendo il pericolo a cui erano esposti: decisero di entrare.
Aprirono la porta lentamente ed entrarono: l’ombra di una donna che scriveva veniva riflessa su una tenda e nella stanza c’era il suono di una penna che scriveva su un foglio. Tuttavia, non c’era nessuno, a parte quell’ombra.
-Quando arriveranno le vacanze, andremo a fare un viaggio tutti insieme!-
Di nuovo la voce di prima. Quando l’aria fu intrisa di risatine gioiose e infantili e la porta ricoprirsi di impronte di piccole mani insanguinati, i due ragazzi si guardarono nuovamente.
Chi parlava era quella donna seduta a scrivere e doveva essere di sicuro diventata pazza per parlare da sola. I bambini erano stati placati, chi poteva aver riso gioiosamente allora? Qualcosa non andava, doveva essere una trappola di Yoshie.
Ritornarono contemporaneamente a guardare la sagoma: per scoprire chi era, dovevano avvicinarsi. Poteva essere chiunque, ma dovevano comunque controllare: se si trattava di un’informazione? Stavano anche iniziando a considerare di aver incontrato  uno spirito buono.
Si avvicinarono molto lentamente e, stranamente, quando si avvicinarono alla scrivania non vi era nessuno seduto a scrivere; vi era solo una penna che scriveva da sola su una specie di diario. Intorno a loro, e anche sopra di loro, non c’era Yoshie o qualcun altro pronto ad uccidere o a balzare davanti a loro all’improvviso.
-Pensi che possa servirci, questo diario?- chiese Flame, guardando attentamente il diario.
-Non so, è solo un diario. Se vuoi prendilo pure.- rispose semplicemente lui, distogliendo lo sguardo dalla compagna e dal diario e puntandolo sulla tenda su cui si rifletteva ancora la figura della donna.
Flame gonfiò le guance a mo’ di bambina.
-Sei davvero d’aiuto...- sussurrò sarcasticamente, sperando che il compagno non la sentisse.
Afferrò svelta il diario e lo strinse al petto, chiudendo gli occhi: si aspettava di vedersi qualcuno addosso, ma non accadde nulla. O meglio, quasi nulla. Cominciò tutto da una lieve scossa di terremoto, che si fece man mano sempre più intensa; i mobili e tutto ciò in quella stanza cominciò a muoversi pericolosamente e il lampadario a cadere, pezzo dopo pezzo.
Entrambi i ragazzi osservarono davanti a loro: era apparsa Yoshie Shinozaki. Era circondata dall’oscurità e sembrava che il terremoto non la sfiorasse nemmeno.
Il suo sguardo, triste e colmo di odio, era puntato su di loro.
-Non ti perdonerò. Ti ucciderò.- disse, con voce più carica di odio che di tristezza.
Probabilmente quel diario era suo e non bisognava prenderlo, ma essendo di Yoshie poteva contenere qualche informazione utile riguardo la scuola e Sachiko.
Il terremoto si faceva sempre più violento, ma il fantasma rimaneva sempre al suo posto, immobile, con l’espressione affranta e ricca di odio a ripetere quelle due inquietanti frasi. I due ragazzi corsero fuori dall’infermeria, senza fermarsi all’entrata o nelle vicinanze; corsero nella direzione in cui si trovava Crilin, con la speranza di trovare quei pochi loro amici ancora vivi.
 
Goku e Vegeta, nel frattempo, si trovavano nei bagni della scuola. Il cadavere di Bulma e quello di Chichi erano spariti, stranamente: chi poteva averli presi? Solo un altro maledetto pazzo e questo li faceva arrabbiare, perché ora non potevano nemmeno piangere su un corpo.
C’erano più chiazze di sangue in quella zona, il pavimento ne era quasi interamente ricoperto. Anche fuori dal bagno, nella zona in cui vi erano Yoshikazu, Nazos e Koito, vi era del sangue a terra, il quale faceva pensare ad una reale morte della loro compagna di classe.
Vegeta si appoggiò alla parete e sbuffò, incrociando le braccia al petto.
-Non troveremo niente d’interessante qui, lo sai?- chiese, rivolto al compagno.
Goku lo fissò con espressione cupa in volto e i pugni serrati lungo i fianchi. No, non lo sapeva: sperava ci fosse qualche giornale o dei fogli per poter raccontare chi era davvero Yoshikazu Yanagihori, ma niente. Solo sangue su sangue.
Proprio mentre stava per andarsene da quel luogo, la voce di Vegeta, che ora gli sembrava fastidiosa, lo fermò.
-Poco fa sei stato veramente pazzo- disse apatico il ragazzo, seguendolo successivamente.
-Eh?!- esclamò Goku confuso, sgranando gli occhi neri.
L’amico si riferiva all’aver visto il vero volto dell’assassino, si capiva bene: poteva dare una spiegazione logica, anche molto, riguardo al perché l’avesse fatto.
-Nessuno era nelle condizioni ideali per farlo, Vegeta.- rispose, con voce e sguardo serio.
Vegeta si voltò a guardarlo, rimanendo però in silenzio.
-Se vogliamo uscire da qui dobbiamo rimanere calmi!- spiegò Goku, quasi urlando per la rabbia.
Non sembrava più il Goku buffone, allegro e un po’ tonto che era a scuola. Sembrava più ragionevole e maturo; la scuola stava facendo cambiare davvero il carattere di chi vi entrava, in peggio e in meglio.
Tuttavia, Vegeta non sperava più di uscire da lì: restare calmi? Dovevano restare calmi dopo aver visto morire i loro amici più cari? Era impossibile.
-Nessuno di quegli stupidi riuscirà a restare calmo!- sbottò infine, quasi adirato.
Goku strinse i denti ed ingoiò della saliva, per cercare di rimanere calmo per continuare il discorso che stava facendo. Però, non riuscendoci, pensò di fare una domanda sarcastica per far zittire il compagno ed andarsene da quel luogo.
-Da quando sei così pessimista?- chiese.
Fu una domanda che, in effetti, fece zittire Vegeta. Un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto di Goku, ma vi restò per pochissimi secondi; ad un suo “Andiamo”, uscirono entrambi dal bagno e da quella zona in generale.
Camminando verso la piscina, Flame e Lapis videro solamente Tenshinahn che cercava disperatamente di sollevare le mattonelle del pavimento. Si guardarono e, scambiandolo per pazzo, corsero da lui.
Flame, dopo aver letteralmente gettato il diario su Lapis, che lo afferrò prontamente, afferrò Tenshinahn da dietro, tirandolo via; il ragazzo si accorse di loro solo quando si sentì tirare. Guardò Flame, con occhi sgranati che luccicavano di tristezza, e quest’ultima non poté fare a meno di incuriosirsi alla vicenda.
Fu così che, titubante e con voce tremante, ancora sotto shock, Tenshinahn raccontò a Flame di Crilin. La corvina era sconcertata, perché ora dovevano stare attenti anche ad una pianta ricoperta di spine che fuoriusciva dal pavimento... e lì non si sapeva a che fine si andava contro. Crilin poteva essere vivo così come poteva essere morto, ma cercare di tirarlo fuori da quel posto era inutile. La fortuna non era dalla loro parte, anzi, sembrava avercela con loro per qualche strano motivo.
A loro si affiancarono poi Vegeta e Goku, felici di aver trovato anche Tenshinahn, il quale se ne stava ancora seduto sul pavimento. La loro felicità svanì quando videro gli sguardi affranti di tutti, sembrava avessero altre brutte notizie da dire e, in effetti, Tenshinahn ne aveva molte.
Il giovane lesse negli occhi di Goku e Vegeta la voglia di sapere cosa stesse succedendo e, abbassando lo sguardo sul pavimento, cominciò a parlare.
-Crilin... è stato portato giù, in questo pavimento, da una pianta ricoperta di spine.- disse, quasi in un sussurro. La voce gli morì in gola e deglutì, asciugandosi gli occhi che lacrimavano con il palmo della mano.
Goku distolse gli occhi dagli amici e strinse così tanto forte i pugni da conficcare le unghie nella carne, adirato e triste... forse. Ormai non sapeva più le emozioni che provava.
-Prima ho anche visto il cadavere di Lunch...- continuò Tenshinahn -...e portato alla morte Nazos, che mi aveva detto di aver visto morire Yamcha...-
Queste ultime due frasi furono come un pugno gelido per i suoi compagni. Flame si alzò in piedi e chiuse gli occhi, portandosi le mani alla testa: tutto ciò era assurdo, non poteva essere reale.
Anche gli altri ebbero la sua stessa reazione: erano gli unici sopravvissuti. Su tutta la classe, più una professore e una bambina, loro cinque erano gli unici che erano riusciti a sopravvivere. Ma per quanto ancora sarebbero potuti sopravvivere? Per quanto ancora potevano continuare a scappare da Yoshikazu, da Sachiko e dall’oscurità come dei codardi?
I bambini fantasma, Yuki, Ryou e Tokiko, non sarebbero rimasti buoni ancora a lungo, dovevano sbrigarsi ad uscire. Con tutte quelle notizie cattive, come potevano però?
Vegeta, girovagando con lo sguardo, notò il diario che Lapis teneva in mano. Potevano aver trovato qualcosa di interessante ed era inutile perdersi nel dolore e nella sofferenza, ancora per tanto tempo.
-Dove hai trovato quel diario?- chiese, rompendo il silenzio tombale che si era creato.
-In infermeria, prima che Yoshie ci cacciasse in malo modo. Credo appartenga a lei- spiegò il ragazzo, guardando il diario.
Se si osservava più attentamente, sulla copertina nera c’era scritto proprio il nome di “Yoshie Shinozaki”; il diario era quindi della madre di Sachiko. Non poteva esserci niente di più bello in quel momento: finalmente avrebbero scoperto cosa successe veramente il giorno dell’omicidio dei bambini e perché Sachiko era a loro collegata.
Flame sospirò e riprese il diario dalle mani dell’amico; tutti la guardarono.
-Che ne dite? Vogliamo leggerlo?- chiese ancora tristemente, forzando un sorriso.
Goku e Vegeta annuirono, mentre Tenshianhn borbottò un “Sì” alzandosi in piedi e raggiungendola, per poter leggere anche lui le pagine di diario.
La ragazza osservò ancora per qualche attimo la copertina nera: all’interno di quel diario, poteva esserci tutto e niente. Poteva essere uno stupido scherzo di Sachiko e Yoshie, oppure poteva contenere informazioni utili e altre terribili: nella Heavenly Host, tutte le cose belle venivano accompagnate da qualcosa di negativo. Alla fine si fece coraggio e aprì lentamente la prima pagina di diario, con la data 07/19/1953*.
 
 
 *le date in giapponese si scrivono mettendo prima il mese, poi il giorno e infine l'anno.

 Sììì! Il primo aggiornamento del mese di Marzo *_*
Bene gente, innanzitutto: la pianta non è di mia invenzione. Appare in "Corpse Party HB2U" e non si sa, effettivamente, cosa succeda una volta che si viene trascinati nel pavimento. Di solito vengono ritrovati dei vestiti o degli arti della persona, ma non sappiamo più nulla :D quello è il luogo dove appare più spesso, dopo l'infermeria (che luogo maledetto l'infermeria, eh?).
Ho dovuto dividere anche questo capitolo perché era troppo lungo... ed essendo troppo lungo, con la tastiera rotta, se ho fatto errori e mi sono scappati, fatemeli notare con una recensione!
Spero che il capitolo vi piaccia e se avete domande, fatele pure :)
Ringrazio chi ha letto e chi lascerà una recensione, in particolare Sasi02, felinala e pin! <3 
Alla prossima,
vostra Kira.

 
 
 
   
 
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