Avevano visto il vecchio quartier
generale di Babbo Natale
solamente da lontano, e tutto il perimetro circostante era invaso da
quei
mostri, tanto a terra quanto in aria. Non c’era dubbio che
gli Insorti avessero
preso possesso della Fabbrica e ne avessero fatto la loro base, ma quel
che
avevano saputo aveva rimesso in discussione la prospettiva
dell’attacco
diretto, facendola diventare meno allettante di quanto già non fosse.
L’ideale sarebbe stato che
i corvi riuscissero a trovare un
ingresso alternativo alla Fabbrica -uno che Ljuba non conoscesse, se
c’era!-
che riuscissero a penetrare in essa per avere un’idea di dove
fosse posizionata
la maggioranza degli spiriti ed ex
“divinità”, e che poi tutti loro
tentassero
un attacco improvviso direttamente agli Insorti.
Da quel che in quei giorni aveva
raccontato Jack su Conca De
El Sol, e sull’atmosfera che vi regnava, i più
esperti di incantesimi si erano
quasi convinti di una cosa: persone come Zeus, le
“divinità” egizie e tutta la
compagnia non potevano pendere di propria volontà dalle
labbra degli Insorti,
non fino a quel punto: c’era sicuramente qualche sortilegio
di mezzo.
Avevano iniziato a pensare che,
sconfitti gli Insorti,
magari tutto il resto del loro esercito avrebbe perso la voglia di
uccidere
l’Uomo nella Luna.
Ecco, se non altro su di lui
c’erano buone notizie: tra il
lavoro di Aiko e quello dei guaritori, ormai Manny era solamente
spossato,
senza più ferite e ossa rotte. Certo, c’era ancora
la paura, ed era un male da
cui era molto più complicato guarire. Il principe Lunanoff
aveva vissuto in
quel satellite per circa millecinquecento anni credendo di essere al
sicuro, e
ora doveva affrontare l’idea di essersi crogiolato un una
beata illusione. Non
sembrava neppure avere tanta voglia di uscire
dall’infermeria, o comunque di
farlo prima di essersi completamente ripreso.
Quello però era abbastanza
comprensibile: il fatto che gli
altri spiriti li stessero aiutando non significava che idolatrassero
Manny,
cosa che ormai era chiara anche a quest’ultimo.
Oltre a tutto ciò,
osservando il letto a due piazze ancora
intatto, Dentolina temeva che a breve avrebbe potuto aggiungersi un
altro
problema. Nell’attesa che arrivassero informazioni concrete
si erano stanziati
tutti quanti lì, nella locanda, ma la Guardiana iniziava a
chiedersi cos’avesse
preso a fare una camera matrimoniale, se Jack non c’era mai.
Ovviamente non era il momento adatto
per occuparsi di
questioni di cuore, lo sapeva benissimo, ma non poteva evitare di
chiedersi
cosa accidenti stesse passando per la testa del suo fidanzato. Quando
si erano
rivisti nel regno di Madre Natura -già, chissà se
lei e Shu Yin stavano bene!-
sembrava tutto a posto, ma le cose avevano iniziato a cambiare
già dall’arrivo
nella locanda, e nei giorni successivi sembravano essersi ulteriormente
raffreddate, specialmente dopo quel che era accaduto in infermeria.
Dentolina era rimasta di sasso. Aveva
creduto che Jack
avesse superato la cosa, ormai, e non si aspettava che andasse a
mettere in
discussione l’operato di Manny proprio in quei frangenti
tanto delicati. Ammetteva che
diverse cose erano assai
contestabili, ma…proprio ora?
Lei l’aveva zittito e poi
rimproverato per questo motivo
-evitando a Manny di dover rispondere- e la reazione non era stata
buona.
Nord e Sandman la pensavano allo
stesso modo, neppure a loro
era piaciuta la replica di Jack -tanto da aver appoggiato Dentolina
durante
quel breve scontro- e temevano anche ciò che temeva lei,
ossia qualcosa di
simile a un altro Calmoniglio. Per ovvi motivi difficilmente Jack si
sarebbe
schierato dalla parte degli Insorti -a meno di perdere il senno
un’altra volta-
ma Dentolina non voleva che il loro gruppo subisse un’altra
frattura.
Non era servito a molto dire a Jack
che sì, certamente era
degno di fare domande, non era da meno di tutti loro, solo che
semplicemente
non era il momento adatto. Cos’aveva risposto lui?
“mi piacerebbe che fosse
così, ma qualche dubbio comincio ad averlo!”, e da
quel momento aveva iniziato
a stare più con gli altri spiriti che con lei e gli altri
Guardiani. Proprio
adesso che Sandman, sconvolto per ciò che era successo a
Sandelle
-quell’Ephemeride era veramente un mostro maligno come
pochi!- avrebbe avuto
più bisogno del sostegno di tutti!
A volte il suo fidanzato si rivelava
un po’più egocentrico
del dovuto, doveva ammetterlo.
Una questione che non sapeva se
definire positiva o
negativa, invece, era rappresentata dal fatto che Pitch, nei cinque
giorni
trascorsi, non si era più visto. Non che in caso contrario
la Guardiana sarebbe
stata lieta di averlo attorno, e per tutti gli altri valeva lo stesso
discorso,
ma il punto era un altro: l’Uomo Nero era con Eve Hallows,
ovviamente assieme
alla suddetta, e quella era tutto tranne una bella accoppiata. Forse la
stava
giudicando male troppo in fretta, Dentolina non aveva
difficoltà ad ammetterlo,
ma quello spirito non aveva esattamente fatto chissà cosa
per farsi prendere in
simpatia.
Qualcuno bussò alla porta.
«avanti!»
Dalla porta fece capolino Nord.
«io salgo sopra per sentire
se Baba Yaga ha qualche novità. Sandy è
già su, credo. Tu vieni?»
«sì, tanto stare
qui è inutile» sospirò la fata, facendo
spallucce. Raggiunto Nord nel corridoio, chiuse accuratamente a chiave
la porta
della stanza.
«Jack si calmerà
presto, vedrai. Non ci lascerà soli in
momento del bisogno».
«pensavamo lo stesso anche
di Calmoniglio, ma abbiamo
bisogno di lui, e lui non c’è. Preferisce stare
con chi ci ha quasi uccisi».
Nord non replicò. Quando
aveva rivisto Ljuba al Polo Nord, e
l’aveva pregata di non mandare avanti quel conflitto, le
aveva anche detto che
l’amava ancora più della sua stessa vita, e non
aveva detto una bugia. Quindi
non era strano che ripensare a come si era dimostrata pronta a
sacrificarlo
scagliandogli contro quei grifoni mostruosi lo facesse soffrire.
“Saresti capace di
uccidermi, Ljuba?”, le aveva chiesto, e
niente da dire, sembrava proprio di sì; invece lui,
nonostante tutto quel che
era accaduto, non era ancora certo che sarebbe riuscito a farle del
male, e non
era esattamente il miglior presupposto per arrivare alla vittoria.
«tu pensi di
riuscire a combattere seriamente contro Atticus,
se…ehm…è vivo?»
«sì, se penso a
tutto quel che mi ha fatto, e poi non è che
abbia scelta. Visto come si sono messe le cose l’ultima
volta, ormai è
diventato un “o noi o loro”» senza
pensarci troppo, afferrò con delicatezza la
mano dell’amico, e la strinse. «lo so, è
difficile».
«non è solo
difficile, è di più. Fino a ultimo io pensavo
che lei si fermava».
Dentolina non fece commenti, neppure
quando entrarono in
ascensore. La maggior parte dell’edificio, incluse le camere
da letto a loro
assegnate, si estendeva al di sotto del piano terra, benché
grazie a svariati
incantesimi si avesse tutt’altra impressione. Ad un livello
superiore rispetto
al piano principale c’erano solamente
l’appartamento del Leprecauno e, da quel
che aveva sentito, la suite dove alloggiava Eve Hallows. Se
quest’ultima non lo
stava stuzzicando di continuo con strani atteggiamenti e provocazioni
varie,
probabilmente Pitch se la stava passando bene, lassù.
Chi di sicuro se la stava passando
discretamente, invece,
era April Saturnali. Harlequin aveva legato con Jack Frost, ma a lei si
era
accostato uno spirito di tutt’altro carattere. «ho
capito che sei un
gentiluomo, e lo apprezzo molto, ma non c’è
bisogno che sia sempre tu ad
offrirmi da bere».
“è il minino,
sono io che ti ho invitata”.
Sandy non aveva dimenticato Sandelle
e le sue povere mani
amputate, tanto che i primi tre giorni aveva passato molto tempo solo
nella
propria stanza o a parlarne con gli altri Guardiani più
vecchi, ma aveva infine
concluso che struggersi e strapparsi i capelli per l’accaduto
non sarebbe
servito né a lui né a lei, e che era costretto a
cercare di accantonare
temporaneamente l’accaduto.
Dunque aveva pensato che valesse la
pena cominciare a
conoscere un po’meglio qualcuno dei suoi alleati, e per
iniziare aveva scelto
April I.
Le si era avvicinato
perché cinque giorni prima aveva
apprezzato la sua discrezione e perché, contrariamente a
come poteva suggerire
il suo nome, gli era sembrata una persona seria e dai modi gentili, e
fino a
quel momento lei non gli aveva dato motivo di pensare di essersi
sbagliato. I
suoi poteri mentali, inoltre, rendevano la comunicazione tra loro molto
semplice.
“ti secca se torniamo al
discorso di prima? Dicevi di essere
indecisa se partecipare o meno alla battaglia”.
«lo ero. Prima
c’era anche l’Uomo Nero versione overpower in
gioco, ma ora che lui non rappresenta una vera minaccia non ho quasi» sottolineò
delicatamente l’ultima
parola «più remore a fare la mia parte nella
contesa».
“non ritengo Pitch un
nemico da poco, ad aprile dell’anno
scorso mi ha persino ucciso, ma penso che ci sia un motivo temi
più lui di un
esercito di circa duecento persone”.
April giocherellò un
po’col bicchiere colmo di Bellini,
osservando un punto indefinito con aria assente. Ovviamente Sandman non
aveva
sbagliato, ed era lieta che Pitch non l’avesse ancora
riconosciuta -complice
anche il fatto che in quei giorni lui ed Eve si fossero rinchiusi nella
suite a
fare chissà cosa, senza mai sortirne- ma se le cose fossero
cambiate, se quella
situazione di stasi si fosse interrotta, quanto avrebbe potuto durare?
Quanto
avrebbe impiegato l’Uomo Nero a fare due più due,
dopo averla guardata meglio e
aver riflettuto sul fatto che viaggiasse con Harlequin?
«c’è».
La ragazza si chiuse nel silenzio per
qualche attimo, e
Sandman, seppur curioso, decise di non incalzarla: sicuramente si
trattava di
ricordi dolorosi, se le serviva tempo era giusto aspettare.
«se io ti racconto di me,
poi tu farai lo stesso?» gli
chiese lei, dopo un po’.
“certo, non
c’è problema. Ma tu parlane solo se te la senti,
non sei obbligata a farlo” la tranquillizzò il
Guardiano.
«me la sento, e voglio.
Pensandoci bene non vedo perché
dovrei tenertelo nascosto. Non sono io ad avere di che rimproverarmi,
ma lui.
All’epoca io ero una bambina» fece un sospiro
nervoso «avevo solo sette anni…ma
non gli è importato».
Non prometteva nulla di buono, ma non
era neppure qualcosa
di cui Sandman potesse stupirsi: secoli e secoli prima, Pitch era ben
peggiore
di quanto fosse al momento.
«un tempo il mio nome era
Anine, e nel 1336 vivevo con mia
madre e mia nonna in un villaggio dell’attuale Danimarca.
Ricordo che fino a
quell’anno sono stata felice. Non avevamo molto, ma eravamo
benvolute da tutti
quanti, tutti ci davano una mano e…e col senno di poi penso
che non fosse
propriamente naturale».
Sandman la guardò con aria
interrogativa, ed April distolse
per un attimo abbassò gli occhi, come vergognandosi di
qualcosa.
«la telepatia non
è arrivata con l’immortalità, ci sono
nata, e l’ho ereditata da mia nonna. Solo che i suoi poteri
non erano limitati
come i miei -penso che oltre a quelli mentali ne avesse anche altri- e
credo
che lei influenzasse tutto il villaggio» disse, e la sua
precedente reazione
ovviamente era dovuta a questo «tre donne che vivono da sole,
di cui due fanno
le erboriste, nel 1336…e non vengono denunciate per
stregoneria? Improbabile,
se pensi a tutto il tempo in cui l’Inquisizione è
stata attiva».
Sandy pensò che non avesse
tutti i torti, ma non “disse”
nulla, attendendo solo che continuasse.
«capendo che ero come lei,
mia nonna iniziò a insegnarmi a
controllare le mie abilità appena raggiunsi
l’età per capire: avevo all’incirca
quattro anni. Mi disse più volte che riponeva grandi
speranze in me, perché
neppure lei aveva dato prova di possedere strane facoltà
prima dell’età dello
sviluppo» sorrise tristemente «mi ha
“fatto scuola” per tre anni, ed è sempre
in questo periodo di tempo che ho conosciuto Harlequin. Si era reso
invisibile,
ma io riuscivo a vederlo lo stesso, con suo stupore. Anche lui era
“particolare” come me, ed io ero felice di averlo
trovato. Non lo temevo, né
ero diffidente nei suoi confronti: sapevo per certo che non aveva
pensieri
“strani”, o li avrei sentiti. Diventammo amici,
come è successo a Jack Frost
con quel gruppo di bambini. Mi trattava come una sorella piccola.
Poi…»
April si interruppe per bere il
Bellini a grandi sorsi.
Sandman notò che le tremava leggermente la mano, e non
poté evitare di
dispiacersi.
«una notte in cui, a causa
del maltempo che mi impediva di
rincasare, sono rimasta a dormire da una famiglia di amici,
è arrivato lui. Pitch
terrorizzò
i miei amici...anch’io
ero spaventata, ma questo non mi ha impedito di commettere gli errori
più
grandi che potessi fare: il primo, entrare nella sua testa. Il secondo:
affrontarlo usando quel che avevo visto. A gran voce dissi che, in
verità, lui
era messo molto peggio di noi e non dovevamo temerlo. Era solo,
consumato da
rabbia e dolore, aveva perso tutti i suoi cari per colpa di altrui
ambizioni, e
un po’per il lento progresso, un po’grazie a voi,
stava perdendo potere sempre
più rapidamente. Mostrai tutto questo ai miei amici, e loro
smisero di averne
paura, tanto che non riusciva neppure a toccarli!»
Sandy annuì.
“è successo anche con i nostri amici a Burgess,
ad aprile”.
«un simile smacco per Pitch
era inaccettabile, idem che
fossi entrata nella sua mente. Mi afferrò la gola -non avere
paura di lui nel
mio caso non serviva- e mi giurò che l’avrei
pagata estremamente cara per
quegli affronti. Poi sparì. Quando riuscii a tornare a casa
raccontai tutto a
mia nonna. Siamo state guardinghe per qualche giorno, ma Pitch non si
è visto,
e da bambina ingenua -e sì, anche arrogante- quale ero,
pensai “can che abbaia
allora non morde” e mi tranquillizzai. Harlequin era di
tutt’altro avviso, ma
io ai tempi pensavo che si preoccupasse
eccessivamente…invece aveva ragione».
Stavolta fu Sandy ad abbassare gli
occhi. Ai tempi avevano
già iniziato a battersi contro Pitch, ma purtroppo non
avevano il dono
dell’ubiquità, come non l’avevano
tuttora. Facevano quel che potevano per
proteggere i bambini, ma erano consapevoli che anche impegnandosi al
massimo
non avrebbero potuto aiutarli tutti.
«se riesco a tollerare la
sua presenza è solo perché adesso
Pitch non è messo troppo bene» aggiunse la
ragazza, e aveva l’aria di voler
continuare a parlarne, ma…
«ah, vorrei
vedere!» Baba Yaga si intromise improvvisamente
nella conversazione, pur avendo sentito soltanto l’ultima
frase, e lasciò
cadere il suo vecchio e gracile corpo su una delle sedie di legno
«privo di
poteri, circondato da persone che ovviamente lo
detestano, e con due
maledizioni addosso! L’unica cosa buona è che
quella selvaggia di Hallows ce
l’abbia tolto di torno. Buona per noi. Per lui non so.
L’ho detto che quella è
selvaggia».
Sandman si lasciò sfuggire
una smorfia seccata. Baba Yaga
non era una persona gradevole, e in quel caso era stata anche priva di
tempismo!
«che vuol dire
“con due maledizioni addosso”?» chiese
April,
perplessa, alla strega.
Baba Yaga sollevò le
sopracciglia, squadrandola a lungo.
«davvero non lo sai? Proprio tu? Lascia che te lo dica,
ragazzina, tu mi perplimi».
Non fecero in tempo ad approfondire
l’argomento, perché Jack
irruppe nella sala come se lo stesse inseguendo il diavolo, e corse
verso
l’unico altro Guardiano presente, ossia Sandy. «hanno preso Sophie!!!»
gridò «gli Insorti hanno preso Sophie, Jamie
me l’ha detto ora, dobbiamo fare qualcosa!»
Sandy lì per lì
non riuscì a connettere, ma le parole di
Harlequin, sopraggiunto con molta più calma di Frost, furono
decisive. «ignoro
perché siano arrivati a coinvolgere una bambina, ma la cosa
non promette niente
di buono».
Il Guardiano impietrì.
Non era possibile, non potevano
essere caduti così in basso.
Cosa c’entrava Sophie Bennett?!
Si alzò, pronto a
raggiungere le stanze dei suoi colleghi
per avvertirli, ma Nord e Dentolina sbucarono fuori
dall’ascensore proprio in
quel momento, con perfetto tempismo.
«ragazzi, capitato
qual-»
«Galaxia
ha rapito la
sorella di Jamie!» urlò Jack, afferrando
Nord per il bavero «non possiamo
lasciargliela, dobbiamo salvarla!»
Tanto Babbo Natale, quanto Dentolina,
reagirono esattamente
come Sandman.
Avevano capito che i loro ex compagni
non scherzavano
affatto, e che non intendevano avere alcuna pietà verso chi
li avesse
intralciati, ma arrivare a coinvolgere un’innocente era
troppo persino per
loro. «p-perché?» balbettò
Dentolina «cosa pensano di ottenere con questo?! E
poi gli Insorti ormai sono persi e c’è da
aspettarsi di tutto, ma come ha
potuto permetterglielo Calmoniglio?!»
aggiunse, concitata «lui è un Guardiano, come ha
potuto appoggiare una cosa del
genere?!»
«hai proprio il cervello di
un uccellino, non c’è che dire»
commentò Baba Yaga «se anche non fosse stato
d’accordo, come pensi che avrebbe
potuto impedirglielo?»
Il soggiorno di Pitch poteva essere
sgradevole per la
considerazione che gli altri avevano di lui, ma nel caso di Baba Yaga
spesso lo
diventava per la considerazione che lei aveva
degli altri: se gli oggetti della sua mal sopportazione fossero stati
solo gli
umani, la si sarebbe potuta definire “misantropa”.
Trovava pace e persino gioia
nella solitudine, e riteneva che frequentare gli altri spiriti fosse
completamente inutile, in quanto, parole sue, “troppo
stupidi”. Ora che l’Uomo
Nero non era più una minaccia sarebbe già tornata
a casa, se non fosse stato
per Liesel -la quale al momento giocava a chemin
de fer in un’altra sala- e la sua mania di
rischiare l’osso del collo.
«avrebbe potuto
provarci!» ribatté la fata.
“non solo ha il cervello di
un uccellino, ma è anche
ostinata” pensò Heike. «chi ti dice che
non l’abbia fatto? Magari è anche morto
male per questa cosa, chi lo sa».
«non fare
l’uccello del malaugurio!» esclamò il
Leprecauno,
avvicinandosi al tavolo «comunque sia, sarebbe bene che
qualcuno vada ad
avvisare la crocerossina di Manny» ossia Nightlight, che
aveva trascorso in
infermeria il novantacinque per cento del suo tempo «che
quelli si sono mossi».
«e io credo che a breve si
faranno vivi per farcene
conoscere i perché e i percome» disse Harlequin.
«dovremmo chiamare a
raccolta anche tutto il resto del
gruppo. Qualcuno di voi sa dov’è Aiko?»
domandò April.
«e dove vuoi che sia Aiko,
sii seria? Da quel che ho visto,
eccettuate rare occasioni, se trovi Nightlight trovi anche
lei!» esclamò il
Leprecauno «mi ci gioco la pipa che prima o poi li beccheremo
a darsi da fare
da qualche parte. Tu» schioccò le dita
all’indirizzo di un cameriere lì vicino,
che aveva sentito tutto «trovameli».
«sissignore».
«nooo, Nightlight
può stare solo con Manny! Sono la mia
OTP!» affermò Harlequin «sembrano
attaccati con la colla…»
«l’Uomo nella
Luna dà l’idea di un bambino grosso e grasso,
quindi
lui, Nightlight e la ragazza possono formare una bella
famigliola» ipotizzò
Baba Yaga.
«smettete!!!»
inveì Nord «bambina
piccola è stata
rapita e voi vi mettete a dire cose stupide?!»
«e tu non eri quella che
doveva sorvegliarli?!» sbottò Jack
all’indirizzo della strega «che facevi mentre
loro-»
«non sto di continuo nelle
teste dei miei uccelli, bimbo»
disse la strega, con fare annoiato «specie perché
quasi subito distruggono
tutti quelli che mando. Riuscire a coglierli sul fatto sarebbe stato
improbabile in ogni caso».
«non sembra che quel che
è accaduto ti importi molto»
osservò Dentolina, decisamente irritata.
«perché infatti
non mi interessa proprio. Proteggere i
bambini non è compito mio».
«ma
vaffanculo!»
esclamò Frost prima di tutti gli altri.
«condivido appieno,
Jack» disse Dentolina «ma ti prego, modera
il linguaggio…»
«non me ne frega nulla del
linguaggio al momento, e quasi
sarebbe da mandare a quel paese anche te!» sbottò
il ragazzo.
«sentimi bene, sapere del
rapimento stressa me quanto te, ma
non credere di potermi maltrattare soltanto perché sei
nervoso!» ribatté la
fata «altrimenti puoi andarci tu di corsa, a quel
paese!»
Dentolina aveva pazienza, ma non ci
stava a farsi
maltrattare in quel modo, specie da qualcuno che l’aveva
evitata per giorni.
Perché, perché doveva
andare tutto
male di nuovo?, pensò, mentre lei e Jack si scambiavano
un’occhiata dura.
La tensione venne spezzata da due
persone ormai date quasi
per disperse che comparvero improvvisamente di fianco a Frost, e non
sembravano
affatto di buonumore.
«…ma certo, tu
vai ad uccidere chiunque ti capiti a tiro e
devo rimetterci anch’io!»
«io
non volevo farlo,
sono stata usata! Non l’ho fatto!»
«sì, come no!
Ammetti di aver preso gusto a farne fuori uno
dietro l’altro, e falla finita!»
Una delle suddette persone era Emily
Jane, arrabbiata e,
come rivelava il suo volto livido, anche spaventata; l’altra
invece era Shu
Yin, e nessuno di coloro che la conoscevano l’aveva mai vista
così
evidentemente terrorizzata e confusa.
Il loro arrivo inaspettato
causò non poco scompiglio tra gli
astanti, che si domandarono con cos’altro avrebbero dovuto
fare i conti, oltre
al rapimento della bambina; nulla nelle frasi delle due era
incoraggiante, e
sembrava ci fosse di mezzo un altro omicidio!
«voi siete vive
allora!» esclamò Nord «perché
non siete
venute qui prima, e cos’è successo? Chi ha ucciso
cosa?!»
Solo allora l’attenzione di
Emily Jane, dapprima totalmente
rivolta a Shu Yin, iniziò a rivolgersi
all’ambiente circostante. Non solo
quest’ultimo le era familiare, ma oltre a quelli dei
Guardiani vide diversi
altri volti a lei noti, e non era del tutto convinta che la cosa le
facesse
piacere.
«salve Emilia, è
un po’che non ci si vede» esordì
Harlequin.
No, d’accordo, non le
faceva piacere proprio per nulla. «sì,
e non penso che ti sia dispiaciuto poi così tanto, per cui
evita i convenevoli
ipocriti».
«visto, April? È
rimasta la solita simpaticona».
«non stuzzicarla, abbiamo
già problemi a sufficienza»
ribatté April, senza dare minimamente spago al
“fratello” «e la ragazza sembra
del tutto sconvolta».
Tanto sconvolta che Jack, a causa
dell’effetto che lei gli
provocava, sulle prime non riuscì a resistere
all’istinto di avvicinarsi a lei
con fare premuroso. «Shu Yin, cos’è
successo?! Tu tremi!»
“ci mancava solo
questo” non poté fare a meno di pensare
Dentolina, con una certa amarezza.
«io non l’ho
fatto» disse ancora la ragazza «non l’ho
uccisa. Diglielo, Jack!» non ci voleva molto a capire che era
piuttosto fuori
di sé, perché non si era mai comportata in quel
modo, né avrebbe cercato il
sostegno di Jack -che comunque non poteva dire proprio niente sulla
questione-
in condizioni normali.
«no, certo che non
l’hai uccisa» ripeté docilmente il
Guardiano, facendole eco «certo che…no, un
momento» si riscosse «ma di chi
parliamo? Shu Yin, per favore, cerca di tornare in te, qui nessuno sta
capendo
niente».
«mi sa che serve un
bicchiere di liquore a tutte e due»
commentò il Leprecauno «a te il Grain Whisky piace
ancora, Emily Jane?»
Dopo un’esitazione
piuttosto lunga, la donna si avvicinò al
bancone. «un bicchiere ben colmo mi servirebbe
proprio».
«non sapevo vi
conosceste» disse Dentolina, sinceramente
stupita.
«non vedo perché
avresti dovuto saperlo» ribatté Madre
Natura.
«severo ma
giusto» disse Baba Yaga.
Allertati dal cameriere, Nightlight e
Aiko raggiunsero
finalmente gli altri. «con quel che hanno fatto, gli Insorti
hanno passato ogni
limite!» affermò il guerriero
«non-»
«taglia corto, Albino
Numero Due» lo interruppe Baba Yaga «mi
sa che abbiamo anche un altro problema».
«può darsi che
sia senza “mi sa”» confermò
Shu Yin, una
volta che le venne consegnato il liquore «io ho paura che
quel che è successo
avrà conseguenze molto gravi, ma ve lo giuro, mi ci sono
trovata coinvolta
senza capire bene né come né
perché» sollevò il viso ad osservare i
Guardiani
«Calmoniglio mi odierà più di quanto
abbia mai odiato qualcuno, quando lo saprà.
Questo è quel che è
successo…»
*** poco
prima ***
Erano cinque lunghissimi giorni che
non si muoveva niente. Cinque!
Quella tensione sembrava
così promettente, e invece no, era
sfociato tutto in una noia mortale. Viaggi in giro per il pianeta a
parte, Tanith
aveva passato quei giorni a fare la spola tra Fabbrica, locanda e
attico di
Larry Hagman, nell’attesa che succedesse qualcosa, ed era
rimasta profondamente
delusa: erano tutti troppo cauti gli uni verso gli altri per fare
qualunque
mossa.
Neppure il fatto che il coniglio
bianco e nero e la donna bionda
fossero partite per rapire una bambina riusciva a divertirla,
perché quella
mossa rischiava di far finire tutto in un nulla di fatto, privandola di
tutto
il dolore che avrebbe potuto ricavarne. Gli Insorti erano stati
intelligenti,
ma in quel caso per lei era
controproducente.
“guarda cosa deve fare una
povera Ephemeride per mangiare un
po’…” o magari anche più di
un po’ perché, Secondo Tanith, i pasti che faceva
erano soddisfacenti solo di rado “quanto mi mancano i bei
vecchi tempi!” pensò,
lasciandosi sfuggire un sospiro “una volta bastava dire la
cosa giusta alla
persona giusta per dare inizio a tutto, ora invece non giova neppure
mutilare
qualcuno!”.
Era un’Ephemeride e dunque,
di natura, una vera e propria
parassita. Alla luce di questo alcuni avrebbero potuto considerarla tra
gli esseri
più infimi della galassia, e se si fosse trattato di altre
Ephemerides forse
non avrebbero neppure avuto torto, ma Tanith era qualcosa di diverso:
le sue
simili si nutrivano del dolore che trovavano, o al massimo lo
alimentavano coi
loro sussurri, ma non giocavano a fare Dio, non si lasciavano ritrarre
dai
mortali, e non li ragguagliavano su alcune delle loro usanze per essere
citate
in qualche libro.
Tanith soffriva di manie di
protagonismo -per i canoni della sua razza-
e le
suddette “manie” erano il motivo per cui in passato
si era degnata di dare
degli “aiutini”
a coloro che riteneva
opportuno, e che secondo lei avevano il giusto atteggiamento.
Peccato che attualmente non ci fosse
nessuno con tali
requisiti, neppure la ragazzina orientale, sebbene avesse fatto la sua
parte.
Ed era proprio Shu Yin che in quel
momento stava
abbandonando la terrazza dov’era posizionato
l’idromassaggio.
Il tempo trascorso non aveva reso
molto più semplice la sua
convivenza con Madre Natura, tanto che l’unico miglioramento
era rappresentato
dal fatto che questa non la insultasse più tutte le volte
che apriva bocca, e
si limitasse a farlo solo nell’ottanta per cento dei casi.
Non aveva fatto passi avanti neppure
con un qualsivoglia
piano per fermare gli Insorti: gliene erano venuti in mente diversi,
come
rapirli uno a uno sfruttando il cristallo e intrappolarli ognuno in un
posto
diverso, ma anche quelli che più si avvicinavano
all’essere plausibili le erano
sembrati fiacchi ad un secondo esame, ed Emily Jane, col suo criticare
tutto
senza proporre nulla, non l’aveva aiutata affatto.
Shu Yin si era fatta l’idea
che la sua compagna di sventura
avesse solo voglia di prendersela con qualcuno per la perdita di padre
e casa,
e lei era la vittima sacrificale. Se non era ancora andata da Jack
Frost e gli
altri Guardiani era stato soltanto perché sapeva che non
sarebbe stata ben
accolta neppure da loro. Quindi preferiva sopportare Emily Jane, che
quantomeno
non avrebbe mai tentato un assalto a sfondo sessuale nei suoi confronti.
«capisco che non voglia
stare nella stessa vasca con me, ma
è assurdo che pretenda che io me ne vada quando è
in costume» mormorò la
ragazza, piuttosto seccata.
Tanith, invisibile, alzò
gli occhi al soffitto e rise
silenziosamente. Non dubitava che a Shu Yin quella pretesa di Madre
Natura
sembrasse frutto di puro e semplice snobismo portato
all’estremo, ma lei era di
tutt’altra opinione.
“ho ancora un
po’di tempo” pensò.
Attraversò la parete e
uscì in terrazza, proprio mentre Emily
Jane lasciava cadere vicino a sé l’asciugamano.
Era l’imbrunire, ma Tanith
riusciva a distinguere
perfettamente le cicatrici di quattro grandi e orribili sfregi sulla
schiena
pallida della donna. Era incredibile che fossero ancora lì,
specie perché Emily
Jane era diventata da moltissimo tempo un’immortale con
relative capacità di
guarigione, ma forse la presenza di quei segni sulla pelle era lo
specchio del suo
stato emotivo. Certe ferite non se ne andavano mai del tutto.
“il titano Typhan che ti ha
accolta non era male, ma lo
stesso non si può dire della moglie, vero?”
pensò la donna serpente, sfiorando
le cicatrici con le dita.
Emily Jane trasalì.
«chi…chi
c’è?! Chi sei?!»
Si guardò attorno, ma non
vide nessuno. La piccola ipocrita
era da escludere a priori, visto che era appena rientrata in casa.
“che sia stato il fantasma
di…no. Che idiozia. Mio padre non
si è curato di me quando era vivo, perché
dovrebbe tornare da fantasma e farlo
da morto?” si disse, e pensò che comunque il
fantasma di Pitch non avrebbe
potuto tornare neppure volendo, non in quel periodo
dell’anno. Nessuno l’aveva
toccata, si era solo fatta influenzare da tutto quel che stava
succedendo e da
un’ingiusta vergogna per quelle cicatrici.
Dopo ciò Tanith la
lasciò entrare nella vasca senza darle
ulteriore fastidio e si allontanò, rientrando
nell’attico. Aveva una missione
da compiere, e una marionetta da
procurarsi.
“io temo proprio che dopo
oggi…” avvolse le proprie spire
attorno all’ignara Shu Yin, e avvicinò un indice
al suo esile collo “la tua
reputazione peggiorerà visibilmente”.
Se le cose non intendevano evolversi
per conto proprio,
allora ci avrebbe pensato lei. Aveva impiegato del tempo per decidere
come
muoversi, ma complice l’ultima idea degli Insorti era
riuscita a trovare,
infine, un’idea soddisfacente.
Dalla seconda falange nacque una
sottile lama d’ossa, con la
quale Tanith sfiorò appena la cordicella cui era appeso il
cristallo.
“credo sia
l’ora”.
Shu Yin si rese a malapena conto che
il ciondolo le era
scivolato via dal collo, perché l’istante
successivo il mondo attorno a lei
perse ogni parvenza di senso. Capì solo di essere stata
presa e sollevata in
aria, e tutto quel che riusciva a distinguere erano insiemi di scie
luminose
inframezzati da momenti di buio quasi completo. Non riuscì
neppure a gridare,
perché qualcosa le aveva tappato la bocca sin da subito, e
le aveva avvolto
braccia, mani, torace e collo in una morsa stretta.
Se il modo in cui Tanith teneva
“prigioniera” Shu Yin fosse
stato visibile, diversi sarebbero rimasti disgustati dallo spettacolo:
l’Ephemeride sembrava quasi essersi
“fusa” con la ragazza tramite le proprie
ossa -braccia con braccia, mani con mani, dita con dita- come fossero
state una
particolare versione di gemelle siamesi.
A un certo punto quel folle viaggio
rallentò di molto, e Shu
Yin si trovò a svolazzare sopra una cittadina che le
sembrava familiare. Cercò
di divincolarsi, tentò di parlare, ma chiunque
l’avesse presa la stava
imprigionando con qualcosa che non le permetteva di riuscirci.
Tutto ciò che si leggeva
al momento negli occhi della
ragazza, di solito così controllata, era terrore allo stato
puro, perché non
riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo. Un conto era avere a
che fare
con nemici che conosceva -o che almeno riusciva a vedere- un altro
essere presa
e portata via da chissà chi e per chissà quale
motivo.
Tentò di congelare
quelle…cose invisibili…che
la stavano trattenendo per poterle spezzare più
facilmente, ma fu inutile, come fu inutile utilizzare
l’oscurità, o qualsiasi
altra cosa.
“chi
sei?! Cosa vuoi?!”
pensò la ragazza.
Venne fatta chinare in avanti,
così che potesse guardare in
basso. Ebbe un sussulto quando riconobbe la via che stava sotto di lei
e al suo
rapitore, e soprattutto quando riconobbe la casa cui si stavano
avvicinando:
era senza alcun dubbio quella di Jamie, il bambino amico di Jack.
Questo la indusse ad agitarsi con
forza ancora maggiore,
perché di sicuro chi l’aveva presa non aveva buone
intenzioni, e Shu Yin iniziò
a temere che potesse fare -o farle fare-
del male a quel bambino, o forse sia a lui che a tutti gli altri. Non
poteva
permettere una cosa del genere, e non solo per la considerazione
già pessima che
gli altri avevano di lei. Aveva fatto delle cose di cui non andava
fiera, che
in certi casi le pesavano sulla coscienza, ma c’era sempre
stato un motivo, o
la necessità. Essere costretta a fare del male a qualcuno
così a caso era molto
diverso, e lo sarebbe stato ancor di più se la sua teoria si
fosse rivelata
esatta.
All’improvviso il volo
subì una brusca virata, e in un
battito di ciglia Shu Yin si trovò nascosta a lato di una
casa.
“…che sia il
fantasma di Atticus, o di Pitch?” pensò
assurdamente, e ciò non fece che aumentare la sua paura. Se
fosse stato davvero
così allora avrebbe dovuto da aspettarsi il peggio del
peggio, soprattutto nel
secondo caso.
«lo sai Jamie, mi sembra
ancora strano pensare che Jack sia
su Facebook».
Shu Yin venne fatta affacciare appena
appena, così che
potesse vedere Jamie e Pippa in arrivo, ma il suo rapitore
lasciò che il suo
sguardo restasse puntato su di loro solo per poco; subito dopo,
infatti, fu
costretta ad osservare un coniglio bianco e nero che si muoveva da un
posto
nascosto all’altro.
“Galaxia?”
pensò
la ragazza “perché è qui?”
«non dirlo a me.
L’unica cosa buona è che almeno i loro
nemici non si sono fatti vedere».
«già…beh,
Jamie, se vieni a sapere qualcosa dimmelo subito,
ok? Non mi piace questo silenzio».
Neppure a Shu Yin piaceva il silenzio
di chi l’aveva portata
lì. Se almeno avesse detto qualcosa, qualunque
cosa!
«lo farò di
sicuro, tranquilla. Ci vediamo, Pippa».
«Jamie,
Jamie!»
La bambina piccola. Si ricordava
anche di lei, benché
l’avesse vista ancor più di sfuggita rispetto ai
ragazzini più grandi.
«Sophie! Non puoi uscire di
casa senza cappotto, se no poi
chi la sente mamma? Dai, rientriamo».
Vide Jamie rientrare, e Sophie
avviarsi dietro a lui, ma…
«pssst!
Ehi!»
Galaxia era uscita dal suo
nascondiglio, e Shu Yin temette
di aver iniziato a capire come mai si trovava a Burgess.
Era quasi convinta che i suoi simili
che non avrebbero mai
coinvolto chi non c’entrava, ma si era sbagliata.
«ciao».
«ciao, Sophie».
«tu sei la fida…fidanzatina…del
Coniglietto di Pasqua?»
«ehm. No. Ma siamo amici. E
anche la Donnina del Sonno è mia
amica, te la ricordi? Quella tutta d’oro».
«sì!
Bella e
buona! Mi ha aiutata!»
«anche lei si ricorda di
te. Ti piacerebbe rivederla?»
Sì, purtroppo ci aveva
visto giusto. Galaxia non sembrava
particolarmente felice di quel che stava facendo, ma Shu Yin
immaginò che
questo non l’avrebbe fermata. Più che altro la
stupì che fosse da sola. Che ci
fossero anche gli altri, un po’più a distanza?
«posso portarti da lei per
un pochino, e farti conoscere
anche altri amici».
«sì! Portami
dalla Donnina del Sonno!»
Vide la bambina lasciarsi prendere
docilmente in braccio da
Galaxia, che se la strinse al petto.
«Sophie!!!»
Jamie era tornato fuori, ma poco
importava, non sarebbe
riuscito a fermarla.
«ci dispiace, credimi, ci
dispiace!» esclamò Galaxia, e poi
corse via.
Era veloce, ma Shu Yin non avrebbe
potuto perderla di vista
neppure volendo, perché il suo rapitore lo era molto, molto
di più.
«Ljuba!
Ce l’ho!»
«otlichno!
Ottimo!
Andiamocene!»
Questo se non altro rispondeva alla
sua domanda precedente,
si disse, vedendole spiccare il volo. Più si andava avanti
meno riusciva a
comprendere. L’aveva portata lì per mostrarle cosa
stavano facendo gli altri
Insorti? A che pro?!
Emise un grido soffocato quando venne
fatta schizzare a sua
volta verso il cielo, di nuovo tanto velocemente da non distinguere
ciò che
aveva attorno: temeva che l’avrebbe scoperto a breve.
Che l’intenzione fosse
quella di mandarla a morire? Se si
trattava davvero del fantasma di uno di quei due, era perfettamente
plausibile.
L’arresto fu, ancora una
volta, improvviso e brusco.
«ma cos-»
«Shu
Yin!...Galaxia,
addormenta la bambina!»
Nonché precisamente
davanti alle due Insorte.
Shu Yin sentì la propria
schiena chinarsi in avanti nel classico
saluto orientale senza che lei riuscisse a opporsi in alcun modo.
Sì, ormai non
aveva più dubbi: era stata mandata a morire.
O forse no, visto il modo in cui il
suo rapitore le fece
evitare i primi colpi di Ljuba.
La ex compagna di Babbo Natale non
aveva detto altro dopo
aver dato quell’ordine a Galaxia, lasciando che le azioni
parlassero al posto
suo. Intendeva ferirla e nient’altro: il resto sarebbe venuto
dopo, una volta
che l’avesse portata al Polo Nord dagli altri ed avessero
deciso di comune
accordo cosa fare di lei. Non aveva una voglia pulsante di ucciderla, e
Atticus
aveva molto più diritto di lei a procedere ad
un’eventuale esecuzione.
“cosa fa qui, proprio oggi
e proprio ora?” pensò la donna. Che
i Guardiani fossero già venuti a sapere di quello che
avevano fatto, e l’avessero
mandata lì apposta?
Per un attimo pensò che
sarebbe riuscita a centrarla con
quell’ultima scarica infuocata, ma non fu così: la
sua avversaria si spostò all’ultimo
secondo, quasi come se avesse voluto prenderla in giro. E dire che la
sua
velocità non era neppure merito del cristallo,
perché non glielo vedeva
brillare al collo!
“non la ricordavo
così svelta”.
Tanto svelta da evitare non solo i
suoi colpi, ma anche
quelli di Galaxia, che al momento sorreggeva l’addormentata
Sophie con un solo
braccio e utilizzava l’altro per tentare di fare qualcosa di
concreto.
«ma perché non
stai ferma?!» gridò.
Tanith, di rimando, fece fare a Shu
Yin una piroetta. Probabilmente
avrebbe potuto farle fare tutto il balletto del Lago dei Cigni senza
che
venisse colpita una sola volta, ma a dirla tutta iniziava
già ad annoiarsi.
“d’accordo, ho
indugiato abbastanza: è tempo di fare quello
per cui sono qui”.
Accostò le dita della
propria mano destra, e di conseguenza
della mano di Shu Yin, l’una all’altra. Le ossa che
le circondavano crebbero e
si fusero tra loro, dando forma ad una sporgenza tanto dura quanto
acuminata,
di un candore perlaceo che sembrava quasi brillare. Tanith scelse di
rendere
quell’arma visibile, oltre che tangibile, e si
deliziò dell’esclamazione
soffocata della sua prigioniera quando portò il suo braccio
in posizione d’attacco.
Quel che accadde dopo fu tanto veloce
che nessuno, anche
intuendolo, sarebbe riuscito a evitarlo.
Un attimo prima Galaxia aveva visto
Shu Yin a diversi metri
di distanza, e quello dopo invece eccola lì, davanti a lei,
a guardarla con…occhi lucidi e
pieni di paura?!
Era strano, ma l’Insorta
non ebbe tempo di arrovellarcisi su.
Le parve d’intravedere un
movimento del braccio destro di
Shu Yin, e sentì qualcosa di liquido e caldo colare lungo il
pelo.
Il dolore arrivò solo
dopo, quando Shu Yin mosse di nuovo il
braccio, stavolta verso il basso.
Galaxia emise un gemito soffocato nel
rendersi finalmente
conto di cos’era accaduto. Strinse la bambina in modo quasi
convulso, e abbassò
lo sguardo su uno squarcio che non lasciava speranze di sopravvivenza.
Cercò di sollevare il
braccio sinistro, così da tentare di
non far fuoriuscire ulteriormente le interiora, ma non ci
riuscì. Alzò gli
occhi, e fu allora che la vide: una
donna serpente che aveva intrappolato Shu Yin -la quale ormai piangeva
senza
ritegno- con delle strane cose bianche.
Galaxia se ne sarebbe andata
definitivamente, ma l’avrebbe
fatto senza portare rancore a Shu Yin per la propria morte, conscia che
non era
lei la vera colpevole. Aprì la bocca per dirle che lo
sapeva, per dire anche a
Ljuba che in quel caso non era Shu Yin il vero nemico, ma
riuscì a far uscire
dalla gola solo un suono strozzato privo di significato.
Shu Yin scomparve dalla sua vista, e
lei iniziò a cadere. Sentì
dapprima il grido di Ljuba in lontananza, come ovattato; poi
percepì che
qualcuno aveva interrotto la sua caduta,
delle parole e delle grida sempre più distanti.
La sua vista sempre più
annebbiata riconobbe il volto di
Ljuba: era lei che l’aveva presa e che la stava toccando.
Negli istanti di vita
che le restavano, il suo ultimo sprazzo di lucidità le
permise di passare alla
sua amica di sempre tutto il potere che aveva. Lei stava per morire, ma
la sua ultima
azione sarebbe stata fare quel che era nelle sue possibilità
per il bene della
sua famiglia, come sempre.
Ormai non vedeva più
nulla, non udiva più nulla, ma un
ultimo pensiero le balenò in mente.
“Aster”.
Sarebbe stato male, in quei giorni si
erano riavvicinati.
Dopo quell’ultima triste considerazione, Galaxia spirò, e se ne andò in un luogo dove nessuna sofferenza terrena avrebbe potuto raggiungerla.
Salve!
Come vedete non sono morta, e sono
intenzionata a continuare
questa storia.
Il mio ritardo di oltre un mese e
mezzo non ha
giustificazioni, se non che ho passato tutto questo tempo a scrivere,
riscrivere, cancellare e modificare questo capitolo, che definire
“un parto” è
poco, e vi dirò di più: sono convinta che senza
l’aiuto di vermissen_stern
sarei ancora in alto mare. L’idea che è riuscita a
“sbloccarmi” sul punto dove mi ero arenata, e a permettermi di scrivere
la seconda parte
del capitolo -che poi è quella che conta davvero!- si deve a
lei, e per questo
va ringraziata…sia da me che da tutti quanti! :D
Ok, diciamo “da tutti
quanti eccetto Galaxia”. Non vi
nascondo che uccidere lei per prima mi è dispiaciuto!
Se mai aveste voglia di farmi
conoscere la vostra opinione
in merito a questo capitolo, all’intera storia, o abbiate una
qualsiasi domanda
da farmi a riguardo, sono e sarò sempre disponibile ad
ascoltarvi :)
Alla prossima,
_Dracarys_