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Autore: edoardo811    09/03/2016    3 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 9: ... O FORSE NO

 

Si risvegliò sopra un pavimento di piastrelle marroni, in un luogo che non conosceva. Di nuovo.

Tossì, mettendosi a sedere. La testa le girava ancora un po’, ma se non altro ora riusciva a ragionare in maniera lucida e a mettere a fuoco con la vista.

Quella attorno a lei era una stanza minuscola, di pochi metri quadrati, completamente spoglia. Un ronzio proveniva da sopra la sua testa, dove una lampadina penzolante attaccata al soffitto buttava della fioca luce sulle pareti realizzate interamente in mattoni.

Una porta di ferro si trovava di fronte a lei, chiusa e senza alcun foro per guardare al di fuori di essa.

Rachel si alzò, continuando a guardarsi attorno; le sembrava di trovarsi in una specie di segreta. Di una cosa, se non altro, era certa: era viva.

La prima cosa che fece fu quella di mettersi una mano nella tasca posteriore. Trattenne il fiato per un momento, poi espirò rasserenata. La foto di lei e sua madre c’era ancora.

Decise di meditare sull’accaduto. L’ultima cosa che ricordava erano quegli inquietanti individui che uscivano da ogni angolo buio della casa in cui aveva cercato di passare la notte. Uno di loro l’aveva colta alla sprovvista e l’aveva messa fuori gioco usando l’unico sistema possibile con una come lei, ossia drogandola. E poi... l’uomo che aveva visto prima di svenire. Non aveva visto né Lucas né Tara nella camera da letto, però. Sperò che stessero entrambi bene, così come Ryan e Amalia.

E ora si trovava in quella stanza, senza sapere né dove si situasse con esattezza, né da quanto tempo vi fosse. Sicuramente erano stati gli stessi individui vestiti di nero a portarla lì.

Fece una smorfia. Si sentì un’emerita idiota per come si era fatta catturare, con i poteri che si ritrovava. Tuttavia, ora che l’effetto del la droga era passato, sentiva l’energia oscura dentro di lei di nuovo disponibile.

Osservò la porta di ferro. Se davvero speravano che quella sarebbe bastata a tenerla chiusa lì dentro, allora si sbagliavano di grosso. Sarebbe uscita e avrebbe scoperto dove si trovava e, soprattutto, sei i suoi compagni stavano bene.

Sollevò una mano e la puntò contro l’unico ostacolo tra lei e l’uscita. Stava per farlo saltare in aria, quando un rumore metallico proveniente proprio da esso la fece esitare; qualcuno stava per entrare. Udì i meccanismi della serratura muoversi uno dietro l’altro, fino a quando non cessarono con un ultimo clack. Dopodiché, la porta si aprì con un lento cigolio.

Rachel piegò le gambe, pronta ad attaccare chiunque gli si parasse davanti.

«Non fare stupidaggini, Conduit.»

Una voce parlò all’improvviso, facendola trasalire. Il timbro era basso, offuscato, come se chiunque avesse detto quelle parole avesse avuto qualcosa di fronte alla bocca.

La porta si aprì del tutto, permettendole di vedere due figure che la fecero sussultare.

La prima era sicuramente uno di quegli individui che aveva visto. Un uomo interamente vestito di nero, con un lungo cappotto che gli copriva il corpo fino alla vita, dei calzoni del medesimo colore e degli stivali. Indossava un cappello a tesa larga, sempre nero, e una maschera che gli copriva il volto. Rachel rimase shoccata quando la vide. Era a forma di becco, argentata, con due soli fori per gli occhi. Maschere come quella le aveva viste solamente nei libri di storia, sul volto di quei medici che durante la peste del 1300 tentavano invano di curare le persone.

Subito dopo la corvina notò l’altra figura, che l’uomo stava stringendo a sé tenendogli una pistola premuta contro la tempia: Ryan.

Rachel si portò una mano di fronte alla bocca, sconvolta. Il ragazzino teneva gli occhi chiusi e la testa abbandonata verso il basso. Tracce di sangue ormai secco gli coprivano il labbro superiore e parte del naso. Emetteva dei gemiti e di tanto in tanto muoveva il capo di scatto, come se avesse le convulsioni. Quel particolare permise alla ragazza di assicurarsi che almeno era vivo.

«Sappiamo che puoi uscire da qui in qualsiasi momento...» disse un altro individuo entrando in quel momento. Questo era vestito proprio come l’altro, ma indossava una maschera diversa, con tutti i tratti fisici del volto umano, completamente bianca. E la sua voce era quella di una donna.

«... ma per il bene dei tuoi amici ti sconsigliamo di provarci» concluse il primo, premendo con più insistenza l’arma sulla tempia di Ryan, facendolo mugugnare di dolore.

La corvina rimase interdetta, facendo vagare lo sguardo dalle due figure al ragazzino ferito. Non ci mise molto a mettere insieme i pezzi.

«Chi siete?!» domandò, stringendo i pugni. «Cosa volete da noi?!»

«Vieni con noi senza fare storie, e lo saprai.»

I due individui uscirono dalla stanza, trascinandosi dietro il rosso. Rachel serrò la mascella, ma non le restò altro che obbedire. Avevano Ryan come ostaggio, e probabilmente avevano anche Lucas e gli altri. Avrebbe potuto scappare senza problemi, come gli stessi individui avevano detto, ma non poteva rischiare che qualcuno si facesse del male a causa sua. Non lo avrebbe sopportato.

Uscì dallo stanzino, trovandosi in un corridoio freddo e pieno di spifferi d’aria, con pareti di mattoni e pavimento di marmo grigio. Diverse file di lampadine illuminavano l’ambiente.

Ad attenderla c’erano altri uomini vestiti di nero, ognuno con un fucile o una pistola in mano e una maschera sopra il volto... e infine i suoi amici.

Tara, Lucas, Amalia e ora Ryan erano lì, nel corridoio, ognuno di loro circondato, immobilizzato e con un’arma puntata addosso. Le due ragazze sembravano illese. Parecchio sconvolte, ma illese, mentre Lucas era conciato anche peggio del fratello di Komand’r. Era chiaro che avesse opposto non poca resistenza, prima di arrendersi.

Non appena la videro uscire, tutti loro sgranarono gli occhi, e lo stesso fece lei. «Ragazzi!» esclamò. Avrebbe voluto andare da loro e abbracciarli uno per uno, anche Tara, ma si ritrovò con decine di armi puntate addosso in tempo zero, e le fu intimato di mantenere la calma.

Rachel si rabbuiò. Odiava quella sensazione, essere con le mani legate, costretta ad agire contro il proprio volere. Incrociò lo sguardo di Lucas, ma lui non disse nulla. Non le rivolse nemmeno un cenno, niente. Il suo sguardo... era spento. La guardava, ma non sembrava che la vedesse davvero. Era la prima volta che Corvina lo vedeva così... abbattuto. Fu una pugnalata al cuore per lei. Giurò a sé stessa che sarebbero usciti da quella situazione, in un modo o nell’altro, e che nessuno si sarebbe fatto del male.

Solo... non in quel momento. Prima doveva inventarsi qualcosa.

Iniziarono a guidarla lungo il corridoio, seguendola con attenzione con lo sguardo e tenendo sempre sotto tiro i suoi compagni, che quasi venivano trascinati di peso dagli uomini mascherati.

Più li osservava e più quelli le ricordavano i Mietitori. O gli Spazzini. E forse anche i Primogeniti. Insomma... a quanto pareva, Empire non era l’unica città in cui si erano formate delle bande. La sgradevole teoria che Rachel aveva avuto si rivelò veritiera. Anche Sub City celava le sue insidie.

Non riusciva a spiegarsi il perché di tutto ciò. Perché anche quella città possedeva una banda? Anche lì era esplosa una bomba? Quante metropoli erano state colpite, allora? E quali altre bande erano presenti?

Le tornò in mente il manifesto che aveva visto, con quell’uomo mascherato sopra. Che ci fosse un collegamento con tutto quello?

Rimase così immersa in quei pensieri che nemmeno si accorse della strada che le fecero percorrere. Continuò semplicemente a camminare, fino a quando non riuscì a scorgere in lontananza una porta tagliafuoco.

Quando giunsero in prossimità di essa, due degli uomini la spalancarono. Rachel rimase senza fiato.

Un’amplia sala si estendeva di fronte a tutti loro. Al suo interno, decine, centinaia, forse migliaia di quegli uomini vestiti di nero, tutti in piedi e armati. Erano divisi in due grossi gruppi ai lati della sala, disposti in modo da lasciare uno spazio in mezzo a loro, dove Rachel fu scortata.

Passò accanto a tutti loro, in quella sorta di corridoio improvvisato. I cappotti che avevano indosso erano tutti identici, così come i loro cappelli, ma le maschere erano quasi tutte diverse le une dalle altre. C’erano quelle a becco, quelle bianche inespressive, quelle veneziane color oro, altre nere, altre ancora grigie. C’era perfino chi, non possedendone una, portava mascherine bianche da dottori e occhialoni spessi, da aviatore, per restare anonimo.

Oppressa da tutti i loro sguardi, Rachel spostò lo sguardo sul fondo della sala. Qui vide un palco, su cui si trovavano altri quattro individui in nero, disposti due a due accanto ad una specie di trono, su cui era seduto un altro individuo.

L’attenzione di Rachel si focalizzò su quest’ultimo. Era vestito come tutti gli altri, con un lungo ed elegante cappotto nero che gli arrivava alle ginocchia. Era chiuso nella regione toracica, ma non dalle gambe, sulle quali era posato un paio di pantaloni del medesimo colore nero, che terminavano con degli stivali, sempre neri. Una cintura con la fibbia argentata brillava sotto le luci penzolanti della sala.

Teneva il capo chinato e il grosso cappello nero a cilindro impediva di scorgere ulteriori dettagli del suo volto. Tra le mani stringeva un lungo bastone da passeggio, alla cui estremità si trovava una sfera color oro.

Corvina e compagni furono scortati fino a quando non giunsero di fronte all’intero gruppo di uomini in nero, poco distanti dal palco. Qui furono disposti uno accanto all’altro, formando una specie di fila parallela.

«Benvenuta, demone di Empire City.»

Rachel trasalì. L’uomo seduto sollevò il capo, incollando lo sguardo proprio su di lei. «Ti stavo aspettando.»

Il suo volto era scoperto da qualunque tipo di maschera, ed era bianco, nel vero senso della parola. Probabilmente era coperto da pittura. I suoi occhi erano di un verde scuro penetrante, ciocche di capelli castano chiaro, quasi biondi, scivolavano sulla fronte, al di fuori della visiera del copricapo. Osservandolo meglio, era chiaro che quello non era un uomo, era impossibile. Era molto più giovane.

Le labbra sottili erano dipinte di bianco, con disegnate sopra diverse righine nere verticali, che si assottigliavano man mano che si giungeva alle estremità di esse. Andavano poi a piazzarsi sopra a due linee orizzontali che si accentuavano verso l’alto, lungo le guancie, facendo sì che sembrassero i prolungamenti di un inquietante sorriso. Il naso era dipinto di nero, la zona intorno agli occhi era violacea. Pareva quasi che avesse due lividi.

Era quasi... attraente, nonostante tutto. Rachel si sorprese di pensare una cosa del genere, ma era la verità. Quell’individuo, quel... ragazzo, possedeva un qualcosa, nei suoi tratti, nel suo sguardo, perfino in quelle zone di volto truccate, che impediva letteralmente alla corvina di staccargli gli occhi di dosso. Era... magnetico, non c’era altro termine per descriverlo.

E fu osservandolo in quel modo che realizzò la scioccante verità: era lui la figura che aveva visto prima di svenire, quella che le aveva rivolto quel ghigno.

«Finalmente ho l’opportunità di conoscerti di persona» disse ancora lui, alzandosi.

Cominciò a camminare, aiutandosi con il bastone da passeggio anche se non ne aveva alcun bisogno. La sua voce era molto diversa da quella degli uomini che l’avevano condotta di fronte a lui. Era molto più mite, quasi cordiale.

Scese dalla struttura attraverso una rampa di gradoni laterali e la raggiunse, seguito dai suoi uomini. Per tutto il tempo non separò gli occhi da lei. Sembrava le stesse leggendo nell’anima.

La ragazza si sentì soffocare sotto quell’ennesimo sguardo. Migliaia di domande frullavano nella sua testa, ma alla fine scelse la più banale. «Chi sei tu?»

Una leggera risata fuoriuscì dalle labbra di lui. «Immaginavo una domanda simile da parte tua. Non temere, ogni cosa a suo tempo. Prima, però, lascia che ti illustri come stanno le cose... Rachel, giusto?»

La corvina schiuse le labbra. «Come sai il mio nome?»

«Come mi giungono le informazioni a te non interessa. Sappi solo che in questo momento tu e i tuoi amici vi trovate nel mio impero, nella mia casa.» Il ragazzo allargò le braccia, rivolto all’enorme platea di fronte a lui. «Quelli che vedete qui, queste persone vestite di nero, sono miei amici. Sono miei fratelli.» Cominciò a camminare, passando accanto a ciascuno dei ragazzi intrappolati, osservando loro uno per uno negli occhi.

«Uomini, donne, giovani, anziani, riuniti qui con un obiettivo comune. Stanchi di essere oppressi, stanchi di essere comandati. Visionari, sognatori, guerrieri, desiderosi di cambiare le cose, di cambiare il mondo, di...»

«Risparmiati il curriculum, stronzo...» sbottò Lucas all’improvviso, interrompendolo. «A nessuno frega un...»

«Silenzio!» L’uomo che gli puntava contro la pistola lo colpì con il calcio sulla tempia. Il moro mugugnò di dolore e tossì. Rachel sussultò, così fecero tutti i suoi altri amici. Volle intervenire, ma mantenne i nervi saldi non appena notò la canna dell’arma di nuovo premuta sul lato della testa del suo partner. Non poteva fare nulla, o gli avrebbero sicuramente sparato.

Il ragazzo vestito di nero, nel frattempo, si parò di fronte a colui che lo aveva interrotto. Lo osservò per quelli che parvero decenni, non una sola emozione trapelò dal suo volto, poi sorrise quasi intenerito da lui. «Ne ho conosciuta di gente come te, sai? Gente che finge di essere forte, agguerrita, che cerca di far credere di non avere paura di nulla, che nulla possa anche solo sfiorarli...» Avvicinò il viso a pochi millimetri da quello dell’interlocutore. «Ma credo che tu sappia meglio di me il perché di questo vostro comportamento, ho ragione? Dimmi... quanti abusi hai subito da bambino?»

«VAFFANCULO!» sbraitò Lucas avventandosi addosso a lui, venendo trattenuto all’ultimo momento per le braccia. Cominciò a divincolarsi e a scalciare, ma l’altro non parve minimamente impressionato.

 «Tu non sai niente di me! NIENTE! Come cazzo ti permetti di...» Lo colpirono ancora, questa volta con molta più forza. Il ragazzo tacque con un lamento, abbassando la testa e tossendo nuovamente.

Rachel fu costretta a distogliere lo sguardo da lui, prima di farlo ammazzare agendo d’impulso. Tara si lasciò scappare un gemito spaventato, mentre Amalia chinò la testa, i suoi lunghi capelli neri le coprirono il viso, rendendo impossibile capire cosa stesse pensando.

«Ehi, ehi, stai tranquillo...» Il ragazzo carezzò con il dorso della mano la guancia di Lucas, sussurrando quelle parole con tono rassicurante. Era chiaro che fingesse, eppure... sembrava quasi che cercasse davvero di tranquillizzarlo. Era dannatamente bravo a parlare. «... ora è tutto finito... quelli sono giorni lontani, vero? Ora sei grande, sei forte, niente e nessuno possono intimorirti...»

Red X non rispose. Rimase immobile, a lasciarsi accarezzare. A lasciarsi umiliare. Rachel lo conosceva abbastanza per capire che in quel momento doveva sentirsi davvero da schifo. Ma le alternative quali erano, farsi picchiare ancora, o peggio?

«Bene. Qualcun altro ha intenzione di interrompermi?» chiese l’individuo, allontanandosi dal moro e voltandosi verso le tre ragazze. «Tu, forse?» domandò ad Amalia, puntellandola con il bastone da passeggio. La ragazza strinse con forza i pugni, ma non rispose. 

«Saggia decisione. Mi sarebbe dispiaciuto parecchio uccidere tuo fratello di fronte a te, dopotutto.»

Komand’r drizzò la testa di colpo, osservando con occhi spalancati prima il fratellino ancora semisvenuto, poi il ragazzo di fronte a lei. «Se provi solo a sfiorarl...»

L’uomo dietro di lei le premette il piatto di un coltello contro la gola, costringendola a serrare la mascella e a non dire più nulla. Rachel si morse un labbro fino a farlo sanguinare, pur di tenere a freno le mani. Accanto a lei, Tara singhiozzò terrorizzata.

«Già...» fece l’individuo, scuotendo la testa quasi deluso. «Lo immaginavo. Dunque, stavo dicendo...» Riprese il discorso, incurante dello stato d’animo di coloro a cui stava parlando. «Noi tutti siamo sognatori, siamo visionari, desideriamo un mondo migliore, un mondo libero da oppressioni, soprusi, tiranni. In questo momento potremmo sembrarvi i cattivi della situazione, ma non è così. Non è affatto così. Noi siamo i buoni e agiamo contro coloro che da anni si credono i padroni di questa città.»

Appoggiò a terra il bastone con un colpo secco, che rimbombò per tutta la sala. «Perché noi non siamo dei vigliacchi, noi desideriamo un mondo migliore e lottiamo per averlo, noi sappiamo per quale motivo siamo stati messi al mondo.» Si posò una mano sul petto, sorridendo quasi con orgoglio. Tutte quelle parole suonarono sgradevolmente familiari a Rachel.

«Noi siamo Visionari. E io sono Il Visionario per eccellenza. Sono un sognatore, un guerriero, poco più che un adulto, certo, ma con il cuore di un eroe. Il mio nome di battesimo non ha importanza alcuna, voi potete chiamarmi Dreamer. Jeff Dreamer, Il Visionario. Ed è un onore...» chinò leggermente il capo, abbassando la visiera del cappello con la punta delle dita, rivolto proprio verso di Rachel. «... fare la tua conoscenza, Demone.»

«Perché?» domandò Rachel. «Perché vuoi conoscermi? Come fai a sapere che sono una Conduit? Come facevi a sapere che ero qui a Sub City?!»

«Mi pare di aver già detto che come mi giungono le informazioni non è affatto affar tuo, Demone.» Jeff posò entrambe le mani sulla sfera del bastone, il sorriso cominciò a svanire dal suo volto. «Sappi solo che in questa città i conduit come te non vivono a lungo. Ed è proprio per questo motivo che ti ho fatta portare qui. Voglio farti una proposta.»

«Una... una proposta?»

«Alleanza, per meglio dire.»

La corvina cominciò a non capirci più nulla. «Perché?!»

«Perché coloro che vedi qui, accanto a te, me compreso, sono la tua, la vostra, unica possibilità di sopravvivenza, qui a Sub City. Delle teste calde come voi non durerebbero molto a lungo. Wilson è intransigente su certe cose.» Dreamer sogghignò. «Obbedire o morire... ti dice nulla?»

Rachel sgranò gli occhi. Improvvisamente tutto le fu chiaro. La realtà delle cose fu una doccia gelata per lei.

«Ormai siete qui, a Suburb City. Andarsene è praticamente fuori discussione. Ciò che entra, qui, non esce più. A meno che non arrivino ordini... dall’alto.» Jeff indicò il soffitto, ridacchiando, per poi tornare serio quasi immediatamente. «Noi abbiamo deciso che questa storia deve concludersi. Ma è con profonda amarezza che ti dico che con le nostre sole forze non possiamo riuscire a realizzare ciò che desideriamo. Il nostro avversario è troppo potente, perfino per noi. Ed è per questo motivo che ci servi tu...»

Il ragazzo cominciò a camminare e a gesticolare, distogliendo lo sguardo da lei. «Vedi, avere un conduit dalla nostra potrebbe giovarci parecchio. Riusciremmo a sorprendere i nostri avversari, potremmo perfino rimescolare tutte le carte in tavola. Potremmo detronizzarli. Siamo sullo stesso fronte, Rachel. La città è sotto la tirannia degli Underdog, e dal momento stesso in cui ci siete entrati, anche voi lo siete. Secondo loro avete due possibilità: obbedire o morire. Noi invece ve ne concediamo una terza: combattere. Per la libertà. Una guerra sta per scoppiare, Rachel. A me piace chiamarla Guerra dei Cambiamenti. E tu ci aiuterai a raggiungere la vittoria.»

Rachel ascoltò interdetta tutte quelle parole, come in trance. Una follia, ecco cosa le sembravano. «E se io mi rifiutassi?» domandò, osservandolo con aria di sfida, anche se purtroppo già sapeva dove sarebbero andati a parare.

Dreamer ridacchiò. «Beh, nel caso in cui ti rifiutassi, o nel caso in cui accettassi e poi decidessi all’improvviso di voltarci le spalle...» Rivolse un cenno del capo ai suoi uomini. Quelli colpirono i suoi amici, uno per uno, anche le ragazze. Urla di dolore si sollevarono nell’aria. Ognuna di esse fu una pugnalata per la corvina.

Il Visionario osservò la sua reazione, e sorrise compiaciuto. «Come vedi non hai molta scelta...»

«Non farlo, Rachel...» mugugnò Lucas, sputando una macchia di sangue a terra. «Non darla vinta a questi bastardi...»

L’individuo dietro di lui sollevò la pistola. Fece per abbatterla nuovamente su di lui, ma si bloccò dopo un cenno di Dreamer. «Aspetta.» Si parò di nuovo di fronte al ragazzo, e lo scrutò con molta attenzione, piegando il capo. Red X ringhiò di rabbia, ma non mosse un muscolo. Mantenne i nervi saldi e lo sguardo fisso su di lui. Corvina ammirò la sua forza interiore.

«Coraggio, continua» lo incalzò Jeff. «Che cos’hai da dire alla tua amichetta?»

Lucas serrò la mascella, poi proseguì, continuando a guardare il Visionario di fronte a lui. Gli soffiò letteralmente in faccia quelle parole, con disprezzo. «Questi tizi sono come i Mietitori. Sono senz’anima, dei mostri. Non appena lascerai questi porci entrare nella tua vita, loro non se ne andranno mai più. Pur di obbligarti a restare con loro ci tortureranno tutti, uno ad uno, fino a quando non moriremo.»

«Lo sai che se non lo fa voi morite comunque, vero?» domandò Dreamer, sollevando il bastone e premendo un tasto sopra la sfera. Una lunga lama comparve all’estremità dell’asta e andò a sfiorare la gola di Lucas. Il moro digrignò i denti e sollevò il capo, per cercare di non farsi graffiare o tagliare.

«Io credo proprio di no, Jeff.»

Dreamer si voltò verso Corvina. «Come hai detto?»

Rachel strinse i pugni, chiudendo le palpebre. «Ho detto...» Riaprì gli occhi, diventati completamente bianchi. «Che non moriranno!»

Allargò le braccia di scatto. Un’ondata di energia nera si riverso fuori dal suo corpo e come un enorme boato scaraventò a terra tutti i presenti nella sala, i suoi amici e Dreamer compresi. Le pareti tremarono.

Non fu un attacco di grande impatto, più che altro era servito come sotterfugio per far guadagnare alla conduit un po’ di tempo. Gli uomini vestiti di nero cominciarono a rialzarsi quasi subito, ma Amalia fu più rapida di loro, perfino di Rachel.

La mora si rimise in piedi, tenendo tra le mani una pistola che probabilmente aveva raccolto da terra, e si fiondò su Dreamer. Lo sollevò da terra avvolgendogli un braccio attorno al collo, poi gli premette la canna della pistola contro la tempia. «Tutti fermi o lo stronzo muore!» esclamò.

Il ragazzo era quello che per primo era rimasto sorpreso da quell’azione così repentina, ma l’espressione sbigottita durò poco sul suo volto. Scoppiò a ridere. «Accidenti a te, sotto l’aspetto da gattino nascondi una pantera, non è vero?»

«Vai a farti fottere!» esclamò la sorella di Ryan, colpendolo con forza sulla tempia e mettendolo a tacere con un verso soffocato.

Rachel rimase a bocca aperta di fronte a quella scena. Quello non era proprio ciò che aveva in mente, ma poteva funzionare comunque.

L’esercito di uomini si rimise in piedi, sollevarono tutti le armi contro di loro. Rachel piegò le gambe e si preparò a combattere.

«State indietro, schifosi!» gridò ancora Amalia, premendo con ancora più forza l’arma sul suo ostaggio. «Allontanatevi! O il pavimento si bagnerà del cervello del vostro capo!»

I Visionari esitarono, alcuni di loro abbassarono perfino il fucile.

«Giù le armi, forza. E allontanatevi» ordinò Dreamer, con tono di voce ancora divertito. «Obbedite.»

Gli uomini abbassarono le armi, chi più convinto chi meno e si allontanarono dai ragazzi, che uno dopo l’altro si misero accanto ad Amalia.

«E ora che si fa?» domandò Tara, aiutando Ryan a stare in piedi.

«Ah, se non lo sai tu...» replicò Jeff, continuando a ridacchiare sommessamente, prima di beccarsi un’altra legnata da Amalia.

«Usciamo da qui. Amalia, tu vai per prima. Se vedi uno solo di loro muoversi di un millimetro, aprigli un buco in testa» ordinò Lucas, indicando Dreamer.

Komand’r annuì con determinazione, poi cominciò a muoversi, trascinandosi dietro di peso l’ostaggio.

«Fatevi tutti da parte» esclamò Red X, mentre il gruppetto avanzava. «E se qualcuno di voi prova a seguirci, vi ritroverete senza capo.»

«Avete sentito il signore? Tutti immobili!» fece ancora una volta eco l’ostaggio, sghignazzando. Amalia lo colpì ancora, ma Rachel dubitò che tutto ciò servisse davvero a qualcosa, con lui.

Uscirono dalla sala, sotto gli sguardi di tutti gli uomini inermi, poi Lucas si fermò sulla soglia, per ripetere: «Avete capito? Se vedo solo uno di voi venirci dietro, ammazziamo quello stronzo di Dreamer!»

Affrettarono il passo. Obbligarono il capo dei Visionari ad indicare loro la giusta strada per uscire, minacciando di farlo fuori nel caso li avesse condotti in una trappola, e nel frattempo Lucas continuò ad assicurarsi che nessuno li seguisse.

«Volete andarvene senza nemmeno riprendervi le vostre valige?» domandò Jeff, mentre percorrevano l’ennesimo corridoio.

«Le valige?» domandò Rachel, perplessa.

Il ragazzo annuì, sogghignando. «La roba che avete lasciato in quella bella casetta... l’abbiamo presa noi e messa in un nostro deposito. Non la rivolete indietro? Ecco, è proprio lì.» Ed indicò una porta di ferro sulla destra. «La porta è aperta.»

I ragazzi si fermarono e si guardarono tra loro, perplessi. Rachel cercò lo sguardo di Lucas, come usava fare in casi come quello, ma il ragazzo sembrò volerla evitare. Anzi, fu proprio lui ad andare a controllare la porta. Non appena la aprì, si voltò verso di loro. «È vero. C’è la nostra roba qui.»

«Visto?» domandò Jeff, con tono innocuo, mentre Ryan, ripresosi da poco, e Lucas iniziavano a tirare fuori zaini e borsoni dallo stanzino.

«Perché ce l’hai detto?» lo interrogò Rachel, ancora diffidente.

«L’ho già spiegato. Io sono il buono, qui. E lo scoprirai non appena tu e i tuoi amici metterete piede nelle strade della città.»

«Un buono non rapirebbe mai delle persone!» esclamò Tara, pestando un piede a terra. Si passò una mano sulla guancia, dove un piccolo taglio si era aperto, poi gli mostrò il suo palmo macchiato di sangue. «E non le farebbe di certo malmenare!»

Il Visionario sospirò, questa volta sembrava abbattuto. «Purtroppo abbiamo dovuto agire alla svelta, prima che fosse Wilson ad arrivare a voi per primo. Non saremmo mai stati così grezzi con voi, se avessimo avuto altra scelta. E inoltre dovevo accertarmi che tu avessi avuto modo di udire la mia proposta, Rachel. Ma... non avrei mai potuto immaginare che la vostra scaltrezza potesse arrivare così in alto. Sono sorpreso, in senso positivo. Davvero» concluse lui, ridacchiando di nuovo. «L’uscita è al prossimo bivio, a destra. Prendete la vostra roba e andatevene. Nessun male vi sarà fatto, ve lo prometto. A fare ciò ci penseranno gli Underdog non appena vi troveranno a bazzicare nel loro territorio.»

«No invece» rispose Rachel. «Perché noi lasceremo la città.»

«Questa l’ho già sentita» ribatté Dreamer, cominciando a ridere di gusto, gesto che irritò parecchio Amalia.

«Devi smetterla di ridere, hai capito?! O giuro che...»

«Santo cielo, certo che voi ragazze amanti del sesso debole siete davvero insopportabili...» si lamentò lui, interrompendola.

«Come?!» La voce della mora si alzò di un’ottava. Lo spintonò via, facendolo ruzzolare a terra, osservandolo con aria sconvolta. «Ma che diavolo stai dicendo, razza di maniaco?!»

Il Visionario si rialzò ridacchiando e spolverandosi. «Come non detto...»

«Dammi un buon motivo per non aprirti un buco in fronte ora, dopo quello che ci hai fatto e dopo che hai anche minacciato di uccidere Ryan!» esclamò Komi, puntandogli la pistola e abbassando il cane.

«Lui cosa?!» domandò il rosso, scioccato, mentre lui e Lucas terminavano di portare fuori dal deposito i loro pochi averi.

Dreamer sollevò le mani in segno di resa. «Darò ordine ai miei uomini di non cercarvi. Ma se mi elimini... allora rastrelleranno tutta la città pur di trovarvi e farvi pentire di tale scelta. E vi posso assicurare che non vi servono altri nemici.»

«Come posso credere che tu davvero darai quell’ordine?!»

«Una settimana.»

«Che cosa?»

Dreamer sorrise. I suoi occhi scintillarono sotto la luce delle lampadine. Il suo sguardo sembrava quello di una persona molto sicura di sé, come se anche in quel momento stesse agendo secondo i suoi piani. «In questo momento esatto potrei obbligarvi con le sole parole a restare qui ed aiutarmi. Con un solo sguardo posso capire tutto di voi. I vostri segreti, le vostre ossessioni, le vostre paure. Con una sola parola potrei rievocare i vostri demoni interiori, quelli che da sempre vi tormentano. Ve ne ho già dato un assaggio, poco fa’. Avrei perfino potuto uccidere la vostra amica, mentre mi puntava contro la pistola. Ma non l’ho fatto.

«Vedete, vi ho fatti catturare anche per conoscervi. Volevo studiarvi più da vicino, e con quel poco che ho visto, sono riuscito a capire molte cose. Siete forti, ma non abbastanza per Wilson. Tuttavia, la vostra forza è sufficiente per permettervi di sopravvivere il tempo necessario per capire che io sono la vostra unica possibilità. Perciò potete stare tranquilli: avete sentito la mia proposta, e dunque potete essere certo che io sarò qui ad attendervi, quando realizzerete di non avere altra scelta se non quella di accettarla.

«Non serve che io ordini ai miei uomini di cercarvi, perché tornerete ad implorare il mio aiuto entro una settimana. Ve lo posso garantire. Ammesso che Wilson non vi catturi prima e vi usi come cavie per i suoi esperimenti.»

Rachel dischiuse le labbra, lo stesso fece Amalia. Le due ragazze rimasero immobili, ad osservare il volto bianco di Jeff.

«Noi da soli non possiamo sconfiggere Wilson, e lo stesso ha valenza per voi. Solamente unendo le forze le nostre possibilità si fanno più concrete. Pensavate che l’inferno fosse ad Empire? Oh no, mie care. L’inferno è ovunque. E lo è anche qui.»

Corvina fece per parlare ancora, interdetta, ma Lucas arrivò all’improvviso, anticipandola. «Ora basta. Lasciatelo perdere, con lui abbiamo finito. Andiamocene. Ma prima...»

Scattò di colpo verso il ragazzo, per poi sferrargli un potentissimo gancio destro sul volto. Scaraventò Jeff a terra, procurandogli una vistosa perdita di sangue da labbra e naso. Il Visionario mugugnò di dolore, portandosi una mano sulla parte di volto martoriata.

Lucas sollevò il pugno con le nocche macchiate di rosso, fissando con odio il nemico. «... hai ancora voglia di parlare di cose che non ti riguardano?! Ah, e comunque, il face painting era il mio marchio, stronzo!»

Dreamer lo guardò mentre era sdraiato a terra, cercando di ripulirsi del sangue che grondava inesorabile. Per un attimo sembrò davvero infuriato con lui, ma poi tutto svanì con l’ennesima risata. Rovesciò il capo all’indietro e rise, rise e rise ancora.

Red X serrò la mascella. Parve quasi volergli saltare addosso, ma all’ultimo gli diede le spalle. «Andiamocene, presto.»

Corvina osservò il proprio partner, seriamente preoccupata per lui. Tuttavia non disse nulla, visto che quello non era affatto il momento giusto. Afferrò il suo zainetto e insieme a tutti i suoi amici corse via, il più lontano possibile da quel luogo maledetto e quell’individuo che ancora non aveva smesso di ridere.

 

 

 

 

Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta. Citazione semicasuale.

Allora, rieccomi. La settimana di inferno non è ancora finita, ma sono già a buon punto. Perciò, ecco a voi uno dei capitoli a cui ho lavorato più minuziosamente e che ho anche modificato numerose volte.
Spero che vi sia piaciuto!
Per la serie dei personaggi che ancora dovevano entrare in scena, ecco che si aggiunge allo schieramento dei meno conosciuti il Visionario.
In questo caso potrei anche dire "sconosciuti", ma direi che meno conosciuti si sposa bene con costui, visto che... no, non lo dico, altrimenti che gusto ci sarebbe?
Ora avrete capito che Sub City è una città proprio come Empire, che possiede anche le sue bande di criminali, con l'unica differenza che, questa volta, le bande sono inventate da me.
Questo riportato qui di seguito è il prestavolto di Dreamer, anche se questo ha i capelli castani. Non l'ho disegnato io, tutt'altro, è una fan art raffigurante un cantante (Mark Crozer) che si è truccato così in una sua prestazione dal vivo, a cui mi sono ispirato, appunto, per l'aspetto del Visionario. Anche i Visionari sono ispirati alla band di questo medesimo cantante, i quali hanno suonato nel medesimo evento con queste maschere a forma di becco.
Il suo nome invece è formato per metà dalla parola "sognatore", la quale si sposa bene con la sua indole da visionario, per l'appunto, mentre il nome Jeff è ispirato da uno dei miei wrestler preferiti, ossia Jeff Hardy. In teoria, anche Dreamer è il nome di un wrestler, ma sorvoliamo.
Naturalmente questo è solo un alias, il suo nome vero deve ancora arrivare, e credo che sarà una bella sorpresa. Spero di averlo presentato bene, questo sarà un personaggio su cui voglio puntare, proprio come feci con Metalhead ed Edward all'epoca (chi dimentica è complice).

Ok, ho concluso. Spero davvero di ricevere qualche opinione in merito, non solo, ovviamente, su Jeff, ma su tutto quanto in generale. Ho gettato le basi per ciò che verrà più avanti, e sarà un qualcosa di grosso. Segnalatemi anche gli errori se ne trovate, e se vi va di farlo, naturalmente.

Alla prossima!



   
 
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