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Autore: Mia addams    13/03/2016    2 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Si torna a casa... o forse no?


« Ehi, Potter!
Erano i Serpeverde.


Io e Alex ci voltammo verso di loro, quest'ultimo sempre molto tranquillo, come se nessuno di davvero poco desiderato l'avesse importunato. Durante le nostre chiacchierate e i nostri incontri gli avevo raccontato di Halloween e dei vari episodi in cui io e Serpeverde eravamo entrati in contrasto e notai che espresse il suo turbamento solo durante il racconto dell'episodio dell'attacco a Bellatrix, in cui era rimasto pensieroso e di tanto in tanto aveva annuito col capo mandandomi in lieve confusione. Avevo l'impressione che lui sapesse più di quanto ci tenesse ad ammettere.
« Avete bisogno di qualcosa? » sbottai, rivolta verso i Serpeverde che, in simultanea, avevano incrociato le braccia al petto e ci lanciavano velenose occhiatacce. Nott si era posizionato al centro tra Mulciber e Dolohov e dietro di loro, statuario, vi era il piccolo Jugson, inutile quanto un cavolo a merenda.
« Ti diverti, vero, Potter? » fece Nott con una velata ironia, mentre Mulciber al suo fianco ridacchiava mostrando i denti storti e orribili. « Ti sei trovata un nuovo amico, vedo. » si rivolse ad Alex, che continuava a fissarlo in modo tranquillo, quasi altezzoso. « Se continui a fartela con queste persone ti aspetteranno guai molto grossi, Olsen. »
« Osi minacciare? » inveii, scendendo con un balzo dalla fredda pietra e facendo dei passi avanti verso i Serpeverde che colsero al volo la mia mossa impulsiva per avvicinarsi a loro volta, minacciosamente.
Sentii delle nocche schioccare.
« Quanto vorrei sistemarla io stesso per le feste. » disse Mulciber, un attimo dopo.
« Certo. Come con Bellatrix, vero? » buttai lì, senza rendermene conto.
Ci fu un attimo di silenzio. Alex, al mio fianco, si era voltato verso di me con espressione concentrata; i Serpeverde si voltarono l'uno verso l'altro manifestando profondo disorientamento.
« Come hai detto? » chiese Dolohov, di scatto. La sua voce era bassa, profonda, quasi sibilante: mi aveva sempre turbata. « Come hai detto, brutta babbanofila? »
Non ci fu tempo per pensare al motivo per cui sembravano tutti terribilmente allarmati: Dolohov aveva sfoderato prepotentemente la bacchetta, e così fecero subito gli altri tre. Dal mio canto, li imitai senza perder tempo e Alex Olsen fece lo stesso. In un attimo, ci trovammo entrambi a tenere testa ai Serpeverde con le bacchette puntate contro di loro.
« Cosa diavolo sai di Bellatrix, lenticchia? » chiese Nott, furibondo.
« Oh, io so molte cose. » mentii, sfrontata. Non avevo idea del motivo per cui volli marciare su una bugia ma da quello che avevo potuto analizzare insieme a mio cugino in quel momento mi era sembrata una mossa piuttosto astuta. E il loro turbamento non faceva che accentuare il mio desiderio di far leva su quella menzogna. « La più importante? Non sono stata io ad attaccarla, nessuno qui ad Hogwarts l'ha attaccata, nessuno qui al castello avrebbe mai osato torcerle un capello. »
« Taci. » disse Jugson, con una vena che pulsava nella tempia.
« Calmati, Jugson. » replicai, facendo un sorrisetto sadico. « La tua amichetta sta benissimo adesso, no? So che ha avuto una ripresa davvero veloce. »
Ci fu un altro attimo di smarrimento tra di loro.
« E per fortuna! » aveva sbottato Nott qualche secondo dopo, cercando di riparare agli errori che avevano come stupidi commesso. « Sappiamo tutti che tu e i tuoi cugini ci siete dentro fino al collo e state cercando di svincolare. »
« No. » si intromise Alex, precedendomi con calma.
Gli occhi dei Serpeverde furono su di lui. Vidi Dolohov ancora all'erta, teso, e Nott non abbassare la bacchetta ma, al contrario, puntarla con più forza verso di noi.
« Io non credo affatto che lei stia cercando di svincolare o che qualcuno qui nel castello possa c'entrare qualcosa con l'attacco alla vostra amica. » il ragazzo fece una pausa, ridendo in modo così beffardo che i sorrisi malefici dei Serpeverde si afflosciarono come un fiore appassito mentre Alex continuava a schernirli. « Forse dovreste avvertire i vostri superiori di fare più attenzione. »
Profondamente toccati dal colpo basso, osservai i Serpeverde sbiancare in volto e ebbi un cattivo presentimento. Non sapevo a cosa Alex si stesse riferendo ma il pensiero che sapeva più di quanto non avesse ammesso si fece sempre più concreto nella mia mente.
« E tu... » disse in un mormorio Nott, paonazzo da spavento. « Tu da dove diavolo sei sbucato, razza di... »
« Non vorrete davvero ferirmi in questo modo. » rise Alex, rilassato come se stesse intavolando una cordiale conversazione. « Credo che abbiate... »
« Sectumsempra! »
Alex, repentino, mi spinse via prima che l'incantesimo di Dolohov ci colpisse, gettandomi a terra con un tonfo che fece tremare il pavimento. Si aspettava quanto me di essere attaccato da un momento all'altro ma al contrario mio aveva avuto una notevole prontezza di riflessi. Ancora a terra e sbalordita dall'ennesima dimostrazione di codardia da parte dei nostri nemici viscidi, puntai la bacchetta contro Dolohov e attaccai in rimando.
« Stupeficium! »
« Sectumsempra! »
Rotolai a terra mentre l'incantesimo colpiva il pavimento e mi alzai velocemente, per quanto la situazione e le mie condizioni me lo permettessero. Anche Alex era lievemente arruffato ma, come me, si era rialzato in fretta.
« Marcisci all'inferno, Potter! » aveva sibilato Mulciber.
In men che non si dica, cominciammo a duellare. Lampi di luce rossa e blu colpivano pareti e pavimenti, rimbalzavano sulle finestre, sul soffitto del corridoio e balenavano davanti ai miei occhi.
Eravamo due contro quattro.
« Expelliarmus! »
« Incarceramus! »
« PROTEGO! » urlai, con forza. L'incantesimo di Nott colpì la barriera protettiva, che svanì immediatamente.
« Reducto! »
« CONFRINGO! »
L'incanto lanciato da Nott colpì una parete e subito dopo una finestra, facendola esplodere con un rumore assordante. Pezzi di vetro e di ferro vennero sparati in aria e io mi coprii il capo con le braccia mentre Alex mi trascinava lontano dal pericolo dietro ad una colonna di marmo. Ci fu un attimo di silenzio di tomba, poi nel corridoio si udirono passi veloci e sussurri di persone: gli invitati alla festa di Lumacorno stavano accorrendo.
« Sei ferita. » aveva constatato Alex, notando un pezzo di vetro nel mio braccio. Rabbrividii quando me lo tolse con delicatezza, lanciandolo via tra le macerie della finestra. « Ti fa male? »
« Per nulla. » mentii, mettendo a fuoco l'orda di persone che affollavano il corridoio.
Alex non sembrava convinto. « Sei sicu... »
« Per la barba di Merlino! » la voce a dir poco sconvolta di Lumacorno proruppe nell'aria. « Cosa sta succedendo qui? »
« LILY! ALEX! »
Lo strillo di Dominique sarebbe stato riconoscibile anche a metri e metri di distanza. Volsi un'altra occhiata verso la folla e notai che tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di noi mentre mormoravano turbati tra di loro. Intercettai Scamander, in piedi in prima fila: sembrava traboccare di collera, rabbia e preoccupazione. Nei suoi occhi si poteva a stento intravedere il desiderio di correre, correre verso di me, ma qualcosa glielo stava impedendo, probabilmente la presa delicata di Alex sul mio polso.
Dominique rivolse ai suoi compagni di classe e di casa un'occhiata carica di forte disprezzo mentre correva spedita verso me e Alex.
« Siete feriti? » chiese, alternando lo sguardo da noi ai Serpeverde con rabbia.
Lumacorno era spaesato. « Ma... io non capisco... »
« Dobbiamo chiamare la Preside, professore! » si sentì urlare qualcuno nella calca studentesca.
« Siete feriti? » insistette Dominique, furibonda.
Feci cenno di no, accettando la sua mano per alzarmi da terra. Mi rialzai a fatica a causa del lieve dolore al braccio e distolsi i miei occhi dalla folla per incrociare quelli di Lumacorno, lucidissimi alla luce delle candele...
« Nell'ufficio della McGranitt. » disse l'insegnante, con voce tremante.
« Ma professore... » intervenne Nott.
« Tutti e sei. Immediatamente! »




Il mattino successivo, giorno della partenza per casa, scoprii che l'episodio della sera precedente era sulla bocca di tutti. Tutto il castello sapeva che io e Alex avevamo duellato con i Serpeverde e tutte le studentesse, invece, che io e il ragazzo eravamo rimasti soli soletti in un corridoio deserto e che dopo aver passato del tempo insieme ci eravamo ritrovati a duellare con i Serpeverde. Una versione precisa ma non nel modo in cui lo intendevano loro. Nessuno, comunque, a parte i diretti interessati, seppe cosa successe nell'ufficio della McGranitt. Lumacorno, profondamente in collera, non ci aveva rivolto la parola per tutto il tragitto fino all'ufficio della Preside e, lasciatoci lì, era defilato via per continuare imperterrito la sua festicciola di Natale. La McGranitt, come il vecchio Luma, ci rivolse la parola solo per informarci di aver ricevuto una punizione da adempiere una volta ritornarti al castello e per intimarci di andare subito nei rispettivi dormitori, accompagnati e sorvegliati dal custode Armando.
Fortunatamente, mi sarei occupata della punizione e dei Serpeverde solo dopo Natale: in quel momento, stavo tranquillamente issando il mio baule a bordo del treno, aiutata da Hugo, che era l'unico a cui avevo raccontato nei minimi particolari cosa fosse accaduto la sera precedente.
« Serve una mano? »
Fred fece un balzo fuori dal treno, atterrando accanto a me con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
« Coleman sta facendo un sacco di storie per... »
« Coleman? » lo interruppi, bruscamente.
« Sì, Coleman. » rispose Fred serio, sistemandosi il berretto sul capo. « Guardalo, quell'idiota. »
Mi voltai di scatto e individuai il mio odiato insegnante di Trasfigurazione in lontananza che intimava con la sua solita autorità a tutti gli studenti di salire a bordo del treno.
Hugo diede voce ai miei pensieri mentre mi lanciava un'occhiatina penetrante. « Dov'è Hagrid? » chiese, sospettoso.
Fred fece una smorfia smarrita. « Sembra sia partito. »
« E tu come lo sai? » volli sapere, stranita.
« L'ho sentito dire agli insegnanti. Forse si smaterializzava con uno di loro diretto a Londra, non ne ho idea. » rispose Fred, facendo spallucce. « Muoviamoci, adesso. Non vorrai passare il Natale qui ad Hogwarts in compagnia di Coleman, no? »
« Come se non chiamassi forze dell'ordine, l'intero Ministero, la squadra Auror e perfino la polizia Babbana per farmi recuperare da qui. » replicai, con non poca ironia.
Una volta issati i nostri bauli sul treno, mi chiusi lo sportello alle spalle, decidendo che potevo occuparmi del mistero di Hagrid una volta arrivata a casa. Ci lasciammo guidare da Fred verso la coda del treno dove avevano preso posto Dominique e il resto della banda. Sentii sussurri e risolini mentre passavo tra i vari scompartimenti, in particolar modo da parte delle studentesse, che si guardavano intorno aspettandosi di vedermi in compagnia di Alex.
« Sbrigati a trovare posto, Potter! » esordì imperioso William Baston, picchiando sul distintivo da Caposcuola.
« Sì, Capitano. » risposi meccanicamente, senza battere ciglio.
Udimmo la voce di Dominique provenire dalla carrozza accanto a quella di Baston e ci affrettammo a unirci a lei e agli altri. Quando aprii lo sportello dello scompartimento, mi trovai mia cugina di faccia con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
« Ti davamo per dispersa. » mi accolse, in tono abbastanza squillante, in piedi all'entrata come una sentinella.
Ebbi l'impressione che ci fosse qualcosa fuori posto.
« Ti stavamo aspettando. » disse mia cugina con lo stesso tono acuto di un attimo prima, facendosi da parte con tutta la fretta e l'aria di chi aveva ficcato il naso in faccende che non la riguardavano.
Come volevasi dimostrare, spostandosi alla sua sinistra per lasciar passare Fred, Dominique aveva rivelato un ospite davvero poco desiderato all'interno di quello scompartimento: Scamander in persona. Realizzai solo dopo lo spostamento schematico e pianificato di Dominique che in quel momento mi trovavo senza alcuna barriera, che fino a pochi secondi prima era stata mia cugina, di fronte al ragazzo, che non osava guardarmi in faccia nonostante stessimo a neanche un metro di distanza.
Lui, che alla festa di Natale di Lumacorno aveva mandato al diavolo quei pochi centimetri di distanza che c'erano tra di noi per baciarmi, in quel momento evitava abilmente i miei occhi.
Con un'occhiataccia a mia cugina, dichiarai con tutta freddezza che ebbi l'audacia di esternare: « Mi siedo altrove, non ti preoccupare. » le parole uscirono dalla mia bocca in modo forzato, come se qualcuno mi avesse costretta a dirle.
« Me ne vado io, Dominique, grazie ancora per l'invito ma non dovevo comunque restare. »
Scamander, come mi aspettavo, non aveva tardato ad intervenire. Lo vidi lanciare un rapido sguardo a mia cugina, che sembrava piuttosto allarmata e decisamente impreparata, per poi compiere un piccolo passo verso di me, verso l'uscita dello scompartimento. Inutile dire che il cuore cominciò a battermi così forte e in modo così fastidioso che quasi avrei voluto strapparmelo dal petto. Pensai di non riuscire affatto a mettermi da parte per lasciarlo passare, sembravo bloccata come una statua di marmo. Il ragazzo volse per un attimo i suoi brillanti occhi su di me e io mi accorsi, in piena delusione, che non erano affatto gli occhi dolci e gentili di chi avevo imparato a conoscere, ad apprezzare. Era come se mi dicessero: « ti vuoi spostare? » e fu solo allora che feci dei passi indietro per lasciarlo passare.
Mi mossi di soli pochi centimetri quando mi trovai Cassandra Smith e Alex Olsen di faccia.
Sentii qualcuno sbuffare nello scompartimento e un rumore di qualcosa che si spostava. La testa di Dominique era prontamente sbucata da dietro le spalle di Scamander come da vedetta ad eventuali conflitti.
« Oh, sei qui. » esordì Cassandra Smith, individuando la sua preda e civettando in maniera fastidiosa.
Vidi Scamander faticare per mostrarsi lieto di vedere la ragazza e la cosa non mi dispiacque per niente.
« Alex ed io ci siamo incontrati nei corridoi e abbiamo fatto piacevolmente strada insieme. » disse Cassandra, provocando una smorfia di fastidio da parte del biondino e una confusa da parte di Alex. « Non mi aspettavo di trovarti qui, sinceramente... »
Neanche io, sinceramente.
« Vieni con me? » propose la Smith, con la solita vocina stridula e insinuante che dava sui nervi. « Ti ho conservato il posto in uno scompartimento. »
Dominique si fece largo e, senza dire una sola parola, sparì nel vagone accanto. Non prima di aver scosso i morbidi capelli rossi facendo sì che Cassandra Smith se li ritrovasse tutti quanti sotto al naso. Osservai con sconcerto la scena che mi si presentava dinanzi agli occhi mentre i restanti sani di mente nello scomparto avevano tutta l'aria di aver assistito a qualcosa di più assurdo dell'assurdo.
La Smith fece finta di non aver visto in primo piano i capelli di mia cugina e uscì marciando dietro ad un non poco irritato Scamander.
« Quella ragazza ha qualche rotella fuori posto. » fu il commento di Alex, una volta che i due furono spariti.
« Qui tutti hanno qualche rotella fuori posto. » aveva sbottato Fred, alzando un sopracciglio in maniera confusa. « Ma dov'è andata tua sorella? »
Louis fece spallucce. « In bagno? »
« O ad attendere Cassandra Smith fuori la carrozza per strapparle i capelli. » propose Frank, perspicace.
Dal mio canto, mi sedetti accanto a quest'ultimo, facendo posto ad Alex. Vidi Fred fissare l'entrata dello scompartimento con la stessa confusione con cui era rimasto un attimo prima e Louis lanciare un attento sguardo ad Alex. Alice, invece, stava fissando imbambolata Hugo, che era ancora in piedi sotto l'arco dello scomparto, ed era scalata di un posto, indicando con gentilezza il sediolino.
« Siediti... » disse in un sussurro appena udibile la ragazzina, il viso diventato paonazzo.
« Non qui. » rispose mio cugino liquidandola in fretta e facendo spostare Fred per sedersi accanto al finestrino.
La piccola Paciock fece un sospiro piuttosto abbattuto. « Vado dalle mie amiche. » decise, e corse fuori in tutta fretta sotto lo sguardo interdetto di tutti.
Con la sfera emotiva del solito cucchiaino di famiglia, Hugo esordì: « Qualcuno potrebbe dirmi cosa sta succedendo? »
Guardai fuori dal finestrino: me lo stavo chiedendo anch'io.




Arrivammo in perfetto orario alla stazione di Londra. Tutti gli studenti e i miei cugini si fiondarono con una velocità sorprendente fuori dal treno, tutti tranne me, che non nutrivo affatto il desiderio di stare a contatto ancora una volta con quella faccia tosta di Scamander. Quest'ultimo, come potevo notare dal finestrino dietro al quale ero abilmente appostata, era in piedi accanto alla mia famiglia per i consueti saluti e per quelli che, di certo, erano inviti a passare qualche giorno di festa insieme.
Trascinai il mio baule fuori dal treno per ultima, aiutata da Alex.
« Grazie. Vieni a trovarmi qualche volta. » dissi, felice al solo pensiero che potesse farlo davvero. « Ricorda: Godric's Hollow, la casa isolata accanto al cimitero. »
Alex mi sorrise: il suo sorriso era semplice, sereno. « Sei da brividi. » fu il suo commento, prima di annuire. « Aspettami, allora. »
« Ci conto. Passa buone vacanze! » lo salutai con un occhiolino mentre lui sorrideva e si allontanava verso la barriera del binario, diretto da solo verso casa.
Rimasi ancora qualche secondo a fissarlo e, non appena sparì dal mio campo visivo, mi avviai lentamente verso la mia famiglia che ancora si attardava in chiacchiere con la famiglia Scamander. Vidi Luna, la mia carissima madrina, farmi un sorriso radioso mentre mi avvicinavo a loro e, con la coda dell'occhio, intravidi l'espressione di panico mista a paura dei fratelli Scamander. Mi chiesi che cosa avessero udito di tanto impressionante ma decisi che in quel momento non mi interessava affatto. Mi interessava, piuttosto, l'espressione entusiasta di Dominique. E sapevo bene che qualunque cosa mettesse euforia a mia cugina non era affatto una buona cosa.
Qualcosa non stava andando come previsto...
« Ciao a tutti. » salutai, volgendo un sorrisino finto e stiracchiato intorno e stando ben attenta a non orientarlo in una zona in particolare.
Mio padre mi strinse in un caloroso abbraccio e mi chiese, una volta divincolata dalla sua presa: « Ti stavamo aspettando. »
« Chiacchieravo con un amico. Ciao, Luna! Rolf. »
« Chi? » chiese mio padre in tutta fretta, mentre la mia madrina mi abbracciava e mi baciava con dolcezza.
« Non fare l'Ouror anche qua, Arrì! » si intromise Fleur, con tono di rimprovero.
« Sta facendo il suo dovere, cara. » la riprese immediatamente zio Bill, mentre Louis al suo fianco sorrideva.
« Un nuovo studente, il figlio di nessuno che conosci. » risposi, stando ben attenta a tener alta la voce. Lanciai un'occhiatina a sottecchi a Scamander e mi accorsi che stava sbuffando, fingendo di non ascoltare la conversazione in atto nonostante sapessi benissimo a cosa stesse pensando. « Si chiama Alex Olsen, l'ho invitato a passare del tempo a casa nostra durante le vacanze. »
Dominique fece una risatina così divertita che mi fece desiderare di incastrarla tra le rotaie dell'espresso.
« Non credo si possa fare, cara. » rispose mia madre, tranquillamente.
« Che cosa? » sbraitai, inaugurando la prima lite dopo mesi e mesi di pausa. Dominique scosse il capo con estrema pazienza, soffocando il riso. Non volli neanche voltarmi alla mia destra per scoprire l'espressione di Scamander, ma sentivo chiaramente dell'agitazione all'interno della cerchia. « Ma mamma! È un bravissimo ra... »
« Conosciamo Alex, e conosciamo benissimo anche i suoi nonni. » intervenne mio padre, per placare il mio animo alquanto burrascoso. « Lavoravano al Ministero e spesso e volentieri ci danno una mano. Sono stati degli Auror davvero straordinari. »
Le parole di mio padre mi colpirono come uno schiaffo in pieno volto: Alex non mi aveva mai detto che lui e i suoi nonni conoscevano la mia famiglia. Non capivo il motivo per cui il ragazzo non me ne aveva mai parlato... ma quello non mi sembrava affatto il momento di pensarci. Avevo cose assai più importanti che mi frullavano per la testa.
« Non vedo dove sia il problema. » mi intestardii, cercando di mantenere la calma.
« Semplicemente, non passerai le vacanze di Natale a casa. »
Mi voltai di scatto verso Hugo, che mi fece un segno di diniego col capo e una smorfia di avvertimento comparve sul suo viso debolmente scombussolato.
« Posso sapere che cosa ho fatto per meritare...? » cominciai.
« Io e tuo padre partiamo per una vacanza e tu passerai le tue vacanze a casa di Luna e Rolf. »
Se il mondo avesse potuto crollarmi addosso l'avrei stoicamente abbracciato, lasciandomi schiacciare come un moscerino, senza un minimo lamento e accettando la mia sorte in piena coscienza. Capii, dunque, in un attimo l'espressione di avvertimento di Hugo, quella sbigottita dei fratelli Scamander e anche quella di Dominique, che in quel momento mi fissava con un sopracciglio alzato e un riso malefico sulle labbra.
Mi avevano appena lanciato una bomba a mano, sarei potuta svenire da un momento all'altro e senza imbarazzo dinanzi all'intera banchina colma di studenti. Anzi, quasi quasi... crollare per terra e non rinvenire fin quando non sarei stata adagiata comodamente e tranquillamente sul letto di casa mia non mi sembrava affatto una cattiva idea.
Se avrei dovuto passato le vacanze di Natale coi Scamander, avrei dovuto passato le vacanze di Natale trovandomi ventiquattro ore su ventiquattro a contatto con il ragazzo che neanche venti ore prima mi aveva baciata.
La risatina compiaciuta di Dominique mi destò dai miei pensieri.
« Temo... di non aver capito bene... » dichiarai, balbettando come una deficiente.
« Adesso andiamo a casa, prepari la tua roba e ti accompagniamo a casa di Luna. » disse mio padre, succintamente. « Passerai le vacanze coi ragazzi, esattamente come hai fatto in estate. »
Dominique fece una nuova risatina soddisfatta mentre io impallidivo dal mio canto. Guardai ancora una volta mio cugino come se con la forza dello sguardo potesse aiutarmi ad uscir fuori da quella faccenda.
Mi schiarii la voce. « Io sono... davvero onorata ma non vorrei disturbare, insomma, potevo benissimo stare da Hu... »
« Ron ed Hermione partono con noi. » mi ammutolì mia madre, facendo un sospiro spazientito. « Le Delacour hanno gentilmente invitato tutti e quattro in Francia. Hugo e Rose staranno da Bill, Dominique li ha invitati con estremo piacere prima che tu arrivassi. »
Naturalmente, chiaro. Brutta figlia di buona donna.
« E Luna ha deciso di ospitare te, dato che avevi già passato le vacanze con loro ha pensato potesse farti piacere. »
« Mi fa molto piacere. » mi uscì, con la voce che si arrampicava sulle note dell'isteria totale. Feci un altro colpetto di tosse, sperando che il mio tono tornasse in qualche modo umano. « Ma molto molto piacere, Luna, sei stata gentilissima ad ospitarmi. Grazie mille anche a te, Rolf, non dovevate affatto, davvero, non... »
Sembrava che le cose stessero pian piano andando a rotoli.
« Non c'è bisogno che ringrazi. » disse Rolf, facendomi un sorrisino timido e impacciato che somigliava tanto a quello del figlio.
« Nessun disturbo per noi, cara, te lo posso garantire. » prese a rincuorarmi Luna, con il solito tono estasiato che la contraddistingueva. « Se ti fa sentire meglio, puoi anche invitare il tuo nuovo amico a casa nostra, per noi non ci sono... »
« Aspetta, che cosa? »
L'urlo rauco di Scamander sarebbe stato ben udibile anche alle orecchie di un sordo. Ci voltammo tutti quanti verso di lui, con espressione confusa e allarmata. Tutti tranne Dominique, che continuava a ridacchiare come chi la sapeva più lunga di tutti quanti messi insieme e sembrava trovasse la situazione divertente da morire. Il ragazzo, di rimando, era occupato a fissare la madre con occhi spalancati quasi quanto la tomba mentale in cui stavo letteralmente sprofondando io. Prima di sprofondare in una profonda fossa da me scavata con tanta dedizione, si capisce.
« Sì, caro, per noi non ci sono affatto problemi. » riprese il discorso Luna, in maniera semplice e tranquilla, zittendolo. Si rivolse a me, con un sorriso pimpante e come se nessuno l'avesse interrotta in modo così brusco urlandole nelle orecchie. « Ti aspettiamo per cena, non occorre che ringrazi. »
« Eh? Oh, sì... senz'altro... » borbottai, mentre il biondino, paonazzo come un pomodoro, contemplava il vuoto dinanzi a lui.
Luna mi diede un bacio su una guancia e prese con delicatezza il figlio per un braccio, salutando tutti con una mano mentre si avviava insieme alla sua famiglia verso la barriera del binario. Con un'occhiata sbieca ai Scamander, mi incamminai anche io verso la barriera. Salutai miseramente mio cugino e rifilai uno sguardo così infuriato a Dominique che mi sorpresi di vederla ancora viva.




La presenza di una grossa croce di bronzo ad inizio del viale mi avvertì che avevo appena varcato il cortile di casa. Reprimendo la voglia di unirmi alle anime che popolavano il cimitero di Godric's Hollow, marciai su per le scale di casa mia con andatura da soldato tedesco, cercando di non pensare a quello che mi attendeva da lì a poco.
Mandai momentaneamente al diavolo mia madre e mio padre, i quali avevano deciso di ripetermi più di dieci volte di seguito di preparare la mia roba e non tardare, e mi avviai impettita nella camera di mio fratello Albus, udendo delle voci piuttosto rumorose provenire da lì. Come mi aspettavo, i miei due fratelli erano insieme. Come, invece, non mi aspettavo, li ritrovai entrambi in un viluppo di coperte mentre producevano suoni strani e sinistri.
« Ah... mi fai male... James! »
« È incastrato! Lo capisci o no? Mi sembra di parlare con un bambino di tre anni, Merlino porco! »
« Ah, quindi il porco sarebbe Merlino, eh? » esordii in saluto, sopprimendo una risata. « Vi siete mai visti tutti e due, ultimamente? »
Le teste dei miei due fratelli sbucarono da sotto alle coperte. I capelli di James erano cresciuti parecchio in quei pochi mesi e in quel momento erano sparati in maniera inumana in tutte le direzioni. Anche quelli di Al, curati e lucidissimi, apparivano arruffati come non mai. Sembrava fossero sopravvissuti alla guerra del Vietnam ma non me la sentivo affatto di indagare sulle loro condizioni critiche.
« Sei tornata. » esordì Al imbarazzato, puntandomi gli occhioni verdi brillanti addosso e abbozzando un sorriso.
« In tempo per lo spettacolo, vedo. »
« Frena. » disse precipitosamente James, puntandomi contro la bacchetta con aria di minaccia. Che non mi scalfì neanche lontanamente. « Noi non stavamo... oh, ma insomma! Nulla contro i tuoi attrezzi, fratello. »
« Lascia perdere i miei nobili attrezzi e quello che pensa nostra sorella di te. » rispose Al che, come al suo solito, ci teneva ad uscirsene pulito dalle situazioni di panico. « Relascio! »
Scoppiai a ridere indecentemente. « Che state combinando? » mi ritrovai a chiedere, a mio discapito, tra il riso.
« Il coglione. » ci tenne a sottolineare James, indicando il fratellino con un cenno del capo mentre lanciava via le coperte. Il malcapitato assunse un'espressione offesa e sbuffò, sibilando qualcosa tra i denti. « ha pensato bene di farmi arrabbiare proprio quando stavo infilando l'orologio nuovo. La cinghia deve essere difettosa e ci siamo incastrati mentre lo malmenavo. »
« Ho solo fatto una semplice domanda e tu hai cominciato a fare il violento. » ci tenne a precisare acidamente Al, incrociando le braccia al petto.
« Non hai fatto una semplice domanda. Hai fatto una domanda stupida. » lo corresse James, piccato.
« Sarebbe? » cinguettai, sprofondando con poca grazia sul letto di mio fratello e abbracciando velocemente entrambi i ragazzi.
« Gli avevo chiesto se durante le vacanze di Natale avrebbe passato più tempo insieme alla sua ragazza. » Albus fece spallucce ma sotto i baffi comparve quello che doveva essere un ghigno degno di nota.
« Oh. » esalai, confusa. « La bionda o la bruna? »
« Quella rossa. » rispose Albus soave, beccandosi un gancio destro sulla spalla da James. « Ahio! Ma la smetti? »
« Aspetta, ne hai una nuova? » mi sorpresi, fissando il volto timoroso di mio fratello James.
Albus ritenne necessario spostarsi ad un metro dal raggio d'azione del fratello e annunciò con diplomazia: « Diciamo che la rossa c'è sempre stata ma il nostro caro fratellino... »
Nonostante la distanza che li separava, James spinse nostro fratello giù dal letto con un calcio che avrebbe potuto mandare al tappeto qualsiasi lottatore di arti marziali. « Vuoi tacere, razza di idiota? »
« Vedo che andate sempre d'accordo, voi. » commentai, mentre Al tirava fuori epiteti ed insulti rivolti verso la demenza di nostro fratello che furono, ovviamente, ricambiati con altrettanta stima e affetto. « Ringraziate che non mi interessa sapere dove infilate i vostri gufi quando io non ci sono. Pensando a cose più importanti, voi due verrete con me a casa di Luna, vero? »
« Neanche per idea. » rispose James, dandosi una sistemata allo specchio.
Albus fece altrettanto, cercando di ritrovare il decoro momentaneamente perduto. « Io sapevo che zio Ron aveva insistito tanto per farti stare da zio Bill ma zio Bill aveva solo un posto libero in casa sua, quindi... »
« ... quindi Dominique ha pensato bene di ospitare Hugo invece che me cogliendo al volo il fatto che Luna non avesse problemi a tenermi con lei, mettendomi di conseguenza con le spalle al muro. Grazie tante, Al. » conclusi, furibonda.
« Di nulla. » rispose tranquillamente mio fratello. « Io vado da Fred e Roxanne. James a Grimmauld Place insieme a Victoire e Ted, che sono appena arrivati dalla Francia. Mamma ha pensato che non fosse intelligente lasciarti insieme a James, per questo ha evitato di lasciarti con lui a Grimmauld Place. E io sono d'accordo. »
« Naturalmente. » sbuffai, piuttosto abbattuta. Avevo sperato che almeno i miei fratelli mi avessero seguita o che almeno sarei stata insieme a James.
« Lo so, sorellina. » mi lesse nel pensiero James, lanciandomi un'occhiata complice. « Non preoccuparti, ci vedremo tutte le volte che vorrai. » fece un sorrisetto, indicandomi delle logore scarpette da tennis. « Passaporte illegali... sono così utili. Informati sulla casa, di solito l'incanto di protezione non permette l'accesso di passaporte ma non si sa mai nella vita. »
« Non fate idiozie. » si intromise precipitosamente Albus, le cui guance si erano colorate di rosa acceso. « Possiamo benissimo incontrarci a pied... »
Io e James scoppiammo a ridere e ci scambiammo uno sguardo di intesa.
Albus aveva cominciato ad inalberarsi. « Io preferisco i miei piedi, se nostra madre e nostro padre scoprono che abbiamo utilizzato delle passaporte illegali finiamo in guai davvero... »
« Rilassati. Non lo scopriranno mai. » dissi, con nonchalance.
James stava per dire qualcosa di parecchio offensivo ma si interruppe, cacciando da sotto al letto un birra babbana.
« Ah, ecco dove era finita. »
« Tu bevi birra babbana, Al? » chiesi a mio fratello, mentre James si attaccava alla bottiglia.
« Certo che no. » rispose il diretto interessato, facendo una smorfia. « Quante altre birre nascondi sotto il mio letto, deficiente? »
« Vuoi un sorso? »
« James. » intervenne nuovamente Al, piccato. « Nostra sorella deve partire per casa di zia Luna, vuoi davvero farla ubriacare? »
Scrollai le spalle e annuii, afferrando la birra babbana che James mi aveva lanciato sotto lo sguardo esasperato di Albus.




Salutai i miei fratelli e i miei genitori, che mi augurarono di passare delle piacevoli vacanze di Natale...
Sì, sicuramente...
... e fui accolta con parecchio entusiasmo da Luna in casa sua. Ad accompagnare sua madre c'erano i due gemelli Scamander, uno con l'aria di chi ci teneva a stare alla larga dai miei scherzi e l'altro con una faccia da cui non riuscivo a percepire una sola emozione. Rolf era nel suo studio e Lorcan, dopo avermi dato il benvenuto in casa, corse in cucina per scrivere una lettera ad una biblioteca per farsi mettere da parte un libro sulle creature fantastiche che cercava da mesi.
La casa di Luna non era per niente cambiata e c'erano attrezzi strani sparsi in ogni angolo.
« Caro, aiuta la nostra ospite a sistemare la sua roba. » disse Luna, serenamente. « Io intanto preparo la cena. Spero ti piaccia il riso coi plimpi d'acqua dolce. »
« Oh... ma certo. » risposi, imbambolata come una deficiente in mezzo alla casa, una scia maleodorante di birra stantia che mi stavo trascinando da casa mia. Luna mi fece un luminoso sorriso e corse ai fornelli, canticchiando.
Respirai a fondo e mi ritrovai puntati addosso gli occhi di Scamander, che mi perforavano da parte in parte. Non mi ero mai sentita così scomoda, con l'inadeguatezza a mille quasi quanto il desiderio di farmi inghiottire senza rimorsi dalla terra.
Come diavolo mi sarei dovuta comportare?
« Questo lascialo a me. Vieni. » disse lui con distacco, alzando il baule sulle spalle e incamminandosi verso le scale. Gli fui immediatamente dietro, facendo un'enorme fatica a non fissargli la schiena e i muscoli in tensione per lo sforzo. Dovevo ammetterlo: erano proprio un bello spettacolo visti dal basso. Specialmente sotto effetto di birra. « Dormirai nella camera di Lorcan. A breve parte per una vacanza studio di una decina di giorni insieme ad alcuni amici e ti ha ceduto la camera. Lui dorme con me. »
« Grazie. » mi limitai a dire, sottovoce.
« Devi ringraziare lui, non me. »
Gli feci una smorfia alle spalle e sbuffai.
« Abbiamo messo tutto il necessario per te lì dentro ma qualora ti servisse qualcosa sai dove trovarci... »
Annuii con uno scatto della testa.
« Penso che anche mia madre e mio padre staranno via. » disse dopo qualche secondo il ragazzo, con estrema cautela. Arrivato in cima alle scale aveva posato il baule sul pianerottolo, fissandomi in un punto preciso del volto che non fossero gli occhi. « Nel periodo natalizio trovano sempre del tempo e il loro spazio per le esplorazioni nelle foreste. »
Con tutta l'aria agitata del momento e presa alla sprovvista, feci un colpo di tosse: dovevo aspettarmelo, Luna e Rofl erano dei naturalisti e ricercatori. Ma mai mi sarei aspettata tutte quelle notizie, una dopo l'altra, proprio il giorno del mio trasferimento.
« Quindi staremo da soli? » non potetti fare a meno di chiedere.
« Sì. » rispose lui, smettendo immediatamente di fissarmi le lentiggini sul naso. Dal mio canto non riuscivo a pensare a nient'altro che non fosse Scamander che passeggiava tranquillamente per casa con solo un berretto natalizio indosso. Soltanto quello. E basta. « Ecco la camera di Lorcan. Sistema la tua roba con calma, cambiati, se vuoi... ti chiamo io per la cena. »
Annuii senza degnarlo di una sola occhiata e mi precipitai con urgenza nella mia nuova camera, chiudendomi altrettanto velocemente la porta alle spalle. Feci un lungo sospiro di sollievo una volta al sicuro tra le quattro pareti e sprofondai nel letto morbido di Lorcan con un altro sospiro e il cuore che sarebbe esploso fuori dal petto da un momento all'altro.
Io e il biondino saremmo stati da soli in casa? Il destino mi voleva morta. Non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto, come lui si sarebbe comportato con me, come io mi sarei comportata con lui, se avremmo parlato, discusso. Anche se, a pensarci, cosa ci sarebbe mai stato da discutere? Era tutto piuttosto limpido. Forse ci saremmo detestati di più di quanto non facessimo al castello.
Feci un terzo sospiro affranto e sobbalzai quando dal mio cellulare vecchio modello partì la suoneria Per Elisa di Beethoven. Aprii il baule in cerca del cellulare, lanciando gonne, pantaloni e mutandine per aria, e dopo qualche minuto lo trovai sotto una logora shirt delle Holihead Harpies.
Era Dominique.
« Con quale audacia? » fu la mia acida risposta, dopo aver premuto il tasto verde.
« Sei a casa Scamander? » la sentii chiaramente ridacchiare dall'altra parte del telefono.
« Fai pure la spiritosa, so benissimo che l'hai fatto di proposito. » accusai, gesticolando in maniera pericolosa come se si trovasse dinanzi a me e inscenando la sua morte lenta e dolorosa per mano mia.
« Ma ti pare? » fece lei, con tono innocente.
« Ma ti pare? » la scimmiottai, imitando la sua vocina irritante. « Passami quell'altro imbecille di cugino che mi ritrovo. » ordinai, furibonda a dir poco.
« No, prima parli con me. » rispose lei, sadica. Diedi un cazzotto nel muro e sibilai una bestemmia per il dolore che seguì un attimo dopo. « Vuoi darti una calmata? Hugo sta sistemando la sua roba in camera di Louis e si sta cambiando per la cena. Smettila di fare la melodrammatica. »
« La melodrammatica? La melodrammatica! Tu ti sei praticamente bevuta il cervello, non c'è niente di cui divertirsi. Mi hai buttata senza alcuna decenza nella fossa dei l-LYSANDER! » strillai, facendo saltare il mio cellulare per aria, che finì ai piedi del biondino.
Esattamente dove erano finiti i miei pantaloni e le mie mutandine...
Arrossii violentemente.
« Mi era sembrato di sentire... ti serve qualcosa? » chiese il ragazzo, con assoluta discrezione.
« No, io stavo solo... parlando al cellulare... » balbettai, nervosa.
« Questo coso funziona qui? » volle sapere, raccogliendo dal pavimento il cellulare da cui fuoriusciva in maniera fin troppo limpida la risatina di scherno di Dominique che faceva eco nella stanza. La sua espressione sospettosa si tramutò in espressione di panico e imbarazzo una volta notate le mie mutandine rosa a pochi centimetri dai suoi piedi.
Marciai verso di lui per recuperare il cellulare e coprire in fretta la fonte del suono, non prima aver fatto sparire le mie mutande con un calcio.
« L'ho modificato con la magia. » risposi, elencando mentalmente parolacce senza fine nei confronti di mia cugina che ancora non la smetteva di ridacchiare.
« Oh. Quindi non era me che volevi. »
Detta in quel modo...
« No, non era te che volevo. » confermai. La risatina di Domi si fece ancora più acuta e la mia espressione ancora più disperata.
Scamander sembrava confuso ma decise di non indagare oltre, così annuì.
« Penso che la cena sia pronta. » disse, in seguito ad un rumore dai piani inferiori. « Scendi? »

   
 
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