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Autore: Blue Eich    15/03/2016    2 recensioni
[Chiunque non abbia iniziato la nona stagione stia lontano da questa storia, lo dico per il suo bene.]
È stato Mark, in passato, ad insegnare qualcosa a Lexie. Adesso è arrivato il suo momento di ricambiare.
1. «Ragazzi, io sono qui!» urlò di nuovo, indicandosi ed avvicinandosi con passo frenetico alla sua migliore amica, che aveva un'aria distrutta. «Callie, guardami! Sono io, Mark!»
2. «L'ho salvato…» ripeté, sottovoce. Poi un riso, esasperato e liberatorio, le uscì dalla bocca. «L'ho salvato! Ho salvato una vita!»
3. Questi furono i loro pensieri sinceri e concisi, poi fu un attimo: Lexie ritrasse fulmineamente la mano e Meredith tirò via la foto dal pavimento, rialzandosi.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ellis Grey, Lexie Grey, Mark Sloan, Meredith Grey
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
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Our life is gonna change

3

3. Terza lezione.

[Rivista sui fenomeni paranormali di papà del '55, numero trentasette, pagina quattro, ultime righe.]

 

 

«Non ho mai visto una toracotomia fatta così male.» Ellis Grey teneva le braccia incrociate in modo ferreo, camminando avanti e indietro per la galleria, con passetti corti e nervosi. C'erano degli specializzandi seduti a prendere appunti, oppure con lo sguardo fisso al vetro per seguire le mosse del chirurgo che stava operando nella sala di sotto. «Meredith, giuro che se ti azzardi a fare anche tu un lavoro del genere ti disconosco» commentò tra sé e sé, scuotendo il capo in modo rassegnato. Avrebbe dato qualunque cosa per poter prendere di nuovo in mano un bisturi ed essere la stella più luminosa di una sala. Le saltavano i nervi al vedere persone incompetenti che avevano le possibilità e non le sfruttavano, facendo dei lavori penosi, vergognosi. Fece uno sbuffo spazientito ed attraversò velocemente la porta chiusa, per andarsene, alla ricerca di un intervento più interessante e fatto in modo più competente, magari.

Si fermò davanti al tabellone spostando le braccia sui fianchi. Lesse con rapidità riga dopo riga, per poi lasciarsi andare ad un altro sbuffo. Mattinata di calma piatta e di Richard ancora nemmeno l'ombra.

 

«Chi è la bambina più bella dell'asilo? Ma è Sofia!» fece Mark, con voce un po' sciocca, ricevendo in cambio un gorgoglio entusiasta. Era emozionato di essere così vicino alla sua piccola e di poterle parlare.

Sofia era seduta sull'orlo di un tappeto e teneva nella manina una costruzione di gomma, agitandola con un sorriso a dir poco adorabile. Poi fece un altro basso gorgoglio ed allargò le braccine verso di lui.

Mark si ammutolì e il suo sorriso scemò, mentre l'avvertimento chiaro e meccanico che gli aveva rivolto Lexie prima di entrare gli risuonava in testa. “ Rivista sui fenomeni paranormali di papà del '55, numero trentasette, pagina quattro, ultime righe: se i fantasmi toccano una persona viva, le provocano brividi di freddo o pelle d'oca e al loro passaggio, se l'aria è umida, si condensa creando una scia di fumo.

Spostò lo sguardo sulla marea di pezzi dai colori primari sul tappeto per distrarla, appoggiando la mano su uno di essi, senza toccarlo però per davvero, altrimenti l'avrebbe trapassato.

Sofia sembrò rimanerci male, perché anche il suo sorriso vitale si spense e tornò con gli occhi fissi sui giocattoli, come stavano facendo anche altri bambini piccoli come lei in quella stessa area.

Mark chinò il capo, rimanendo inginocchiato. Sentiva una grandissima rabbia pervaderlo, al pensiero che la sua bimba gli aveva appena chiesto di essere presa tra le sue forti braccia sicure e lui aveva dovuto dirle di no, perché non poteva più farlo. Udiva soltanto distrattamente i versetti degli altri bambini e i rumori della vita che scorreva in quella stanza con lentezza, tant'era perso a guardare il visetto paffuto e gli occhietti piccini di Sofia, concentrata nell'impugnare una nuova costruzione che aveva catturato casualmente la sua attenzione in mezzo alle altre.

Poco distante, Lexie era seduta al tavolo di plastica dove Zola stava tranquillamente disegnando, nello sgabellino vuoto accanto al suo.

«Ma che brava!» esclamò, con sincero entusiasmo, inclinando il capo cosicché la sua chioma di capelli ricadesse di lato, per osservare meglio quello che a prima vista sembrava uno scarabocchio di linee informi. «Potresti fare l'artista da grande, sai?»

Il viso di Zola s'illuminò di un sorriso birichino e cercò di avvicinare il pastello alla faccia di Lexie, ma lei si tirò indietro ridacchiando e fingendosi sorpresa. La tentazione di darle una carezza affettuosa era forte, ma si tratteneva, sapendo di non poterlo fare.

Poi il suo sguardo cadde fuori dal vetro che separava il nido dal corridoio e si accorse di Ellis, con le braccia conserte e lo sguardo fisso su Zola. Le capitava di vederla, ogni tanto, tuttavia non aveva mai avuto il coraggio di oltrepassare – letteralmente – quella soglia. Forse non sentiva il bisogno di essere conosciuta e sapeva che non sarebbe stata una brava nonna. Voleva semplicemente controllare, tutto qua, immobile come una statua, senza sbattere le ciglia o respirare, abitudini umane ed inutili a cui ormai si era disabituata. Si voltò indietro, decisa, sparendo aldilà del primo muro che vide dietro di sé, senza mai cambiare la dura espressione scolpita nel suo volto.

 

«Ciao, tesoro! La mamma è venuta a prenderti!» mormorò Callie, chinandosi verso Sofia, che quel giorno indossava una graziosa tutina rosa a pois bianchi. La prese in braccio, cullandola leggermente, mentre con dolcezza le parlava.

«Mi raccomando, tieni d'occhio le mamme» disse Mark, mandando alla piccola un bacio.

Lei attese qualche istante, ignorando la parlantina mielosa e sussurrata di Callie. Poi imitò goffamente il suo gesto d'affetto, portandosi la mano alla bocca per poi toglierla veloce.

«Oddio, Lexie!» chiamò Mark, con gli occhi luccicanti dall'emozione. «Hai visto? Sofia mi ha mandato un bacio!»

«Davvero?» domandò la ragazza, girando velocemente il capo. Zola ne approfittò di nuovo per cercare di pitturarle la faccia, ma il pastello le passò dentro al viso senza sfiorarlo. «Cavolo, me lo sono perso!»

«Mia figlia è un genio!» esclamò Mark, allargando le braccia da quant'era meravigliato. «Ti amo tanto, piccola!» gridò, salutando con la mano, mentre Callie incurante di tutto portava fuori la bambina che si era avvinghiata al suo collo come un pigro koala.

Un sorriso solcò le labbra di Lexie, perché vedere Mark comportarsi così era buffo e davvero tenero. Certo, la vita che avevano adesso era incomparabile a quella di prima, ma almeno erano insieme e potevano vegliare sui loro amici, anche se loro non lo sapevano. Ma soprattutto adesso niente li avrebbe mai separati, perché l'amore che provavano l'uno per l'altra era così forte da aver superato anche la morte.

 

-

 

Era passata una settimana, ormai, da che Mark aveva preso a vivere come anima. Il tempo adesso assumeva un significato diverso, sembrava tutto più lungo. Potevano stare anche delle ore al buio di una stanza, l'uno accanto all'altra sullo stesso letto, con le mani intrecciate, senza stancarsi; a volte anche in silenzio, se non sentivano il bisogno di tirare fuori degli argomenti.

Gran parte del tempo lo passavano nelle sale operatorie, alle spalle dei medici, oppure li seguivano nei giri di visite. Era divertente vedere come si affannassero gli specializzandi del primo anno per poter dire una risposta, mentre altri – che in qualche modo a Lexie ricordavano April al suo esordio – balbettavano e sembravano sull'orlo di svenire.

«Spero che Jackson faccia un bel lavoro» commentò risolutamente Mark, con le braccia conserte. «Altrimenti non gli darò pace.»

«Non è difficile, no?» asserì Lexie, alzandosi sulle punte dei piedi per sbirciare da dietro le spalle di Meredith, che teneva una cartella tra le mani e guardava senza batter ciglio il paziente che presentava una brutta ustione di secondo grado in vista sul braccio. «L'avete fatto molte volte, insieme.»

«Insieme, infatti» proseguì Mark, in tono scettico, parlando sopra alla voce composta di Avery che nel frattempo spiegava al paziente come avrebbero dovuto operarlo. «Ma dovrebbe cavarsela, gli ho insegnato bene.»

I due, al termine della spiegazione come da protocollo, si congedarono velocemente, perché avevano casi più interessanti da controllare di quello.

«Faceva un po' troppo freddo, là dentro» commentò Meredith, distrattamente, mentre camminava. Avery la seguiva a ruota, poco più indietro.

«Già» si limitò a rispondere, cercando di scacciare qualsivoglia pensiero non riguardasse la medicina. Gli metteva sempre addosso angoscia rientrare in quella camera, la stessa dove si era seduto ogni giorno per trenta giorni accanto al corpo incosciente del suo mentore, raccontandogli i casi e rispondendo al posto suo, finché non l'aveva visto morire.

Andarono alla reception, per posare le cartelle vecchie compilate e cercarne di nuove. C'era silenzio, nell'attesa, perché entrambi non avevano nulla da dirsi.

Meredith frugò d'istinto nell'ampia tasca sinistra del camice, alla ricerca di una penna a sfera per alcune firme dell'ultimo minuto. Quello che si trovò a tastare, però, non aveva affatto la forma di una penna: era qualcosa di sottile e liscio. Lo strinse lievemente, per poi tirarlo fuori. Era una foto… Ma non una foto qualsiasi. Come aveva fatto a dimenticarla lì?

«Meredith, tutto okay?»

La voce preoccupata di Avery la fece sussultare e per sbaglio le sfuggì la presa sulla fotografia. Essa cadde a pochi passi da loro, con la grazia e la calma di una foglia autunnale che si stacca dall'albero.

«Scusa, non volevo spaventarti» disse lui, sorpreso di averla scossa tanto.

Meredith finse un sorriso di cortesia. «Non preoccuparti.»

Lexie, poco distante con Mark accanto, si pietrificò. Ricordava chiaramente quella foto. Era stata scattata alla festa per la gravidanza di Callie, mentre dipingevano le magliette per Sofia. Meredith teneva in mano un tubetto di colore blu ed un sorriso le illuminava il volto. Lei le era accanto, con la testa sporta a guardare con leggera curiosità nella stessa direzione. Ad accomunarle c'era la medesima acconciatura: due sbarazzine code basse, che lasciavano libere alcune ciocche di ricadere sulle loro fronti, seppur non ci fosse somiglianza alcuna tra quel castano chiaro e quel moro intenso. Meredith indossava soltanto la divisa cerulea, mentre Lexie anche il camice, con le maniche tirate su quel tanto da mostrare l'orologio che – così come la sorella, solo da una parte opposta – teneva al polso. Alle loro spalle s'intravedevano solo palloncini verde brillante, giallo pallido e arancione chiaro, grossi almeno il doppio dei loro capi. Bastava guardare un istante quel frammento perfettamente immortalato, per farle rivivere la scena sulla pelle.

Sei ancora cieca?
Mi piace, è astratto!

La risata cristallina e contenuta di Meredith mentre premeva insistentemente al centro del tubetto, le dita sporche di colore fresco, lo zuccheroso profumo dei cupcake nell'aria, le voci sovrapposte delle altre persone… Un periodo che adesso sembrava così lontano, così felice.

«Che fai?»

Ignorò la domanda di Mark e si chinò accanto alla foto, precedendo Meredith di pochi secondi. Quest'ultima aveva lo sguardo impassibile, spossato, mentre vi posava sopra la mano per raccoglierla. Lexie fece lo stesso, sfiorando volutamente le sue dita.

Meredith ebbe un brusco sussulto per il gelo inaspettato ed alzò istintivamente lo sguardo. Proprio nel punto in cui stava guardando c'era Lexie che le rivolgeva un sorriso mellifluo, con gli occhi lucidi, ma non poteva vederla. I pochi istanti in cui avvenne quel contatto surreale sembrarono durare un'eternità.

Ti voglio bene.

Mi manchi.

Questi furono i loro pensieri sinceri e concisi, poi fu un attimo: Lexie ritrasse fulmineamente la mano e Meredith tirò via la foto dal pavimento, rialzandosi. Si sistemò il camice con un gesto distinto, riponendo con cura la foto, che ormai considerava un piccolo tesoro, in tasca.

Anche Lexie si rialzò lentamente, per poi rivolgere a Mark – che aveva osservato tutto in silenzio – un sorriso splendente. Sarebbero stati insieme per sempre, dandosi forza l'un l'altro.

 


 

Angolo Autrice
Eccoci giunti alla fine di questa mini-long! Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita :)
Ho scelto questo tipo di finale perché ho sempre trovato tenero il rapporto di Meredith e Lexie, che avrei voluto fosse più profondo, quindi ho voluto tributarlo così. Spero che vi sia piaciuto e che mi lascerete una recensione, anche piccola, per farmelo sapere e spronarmi a continuare con altre Slexie :D 
Alla prossima!
-H.H.-
 
   
 
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