Disclaimers:
Niente mi appartiene. Queer as Folk è di
proprietà della Cowlip e della
Showtime.
Titolo
della shot: Piccoli (anzi, grossi) problemi di cuore
Rating:
Giallo
Genere:
Introspettivo, Sentimentale
Avvertimenti:
Missing Moments, Slash
Timeline:
(Molto) Post 5x13
Prompt
utilizzato:
10. I cuori non saranno mai
una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili.
Vi
auguro buona lettura! -Martina-.
PICCOLI (ANZI, GROSSI)
PROBLEMI DI CUORE
Sdraiato
a pancia sotto sulla costosa moquette bianca del salotto, giocherelli
con la
matita che hai in mano, sovrappensiero. Fissi la pagina del libro di
matematica
senza vederla realmente, come se fossi in trance, e i numeri che vi
sono
stampati sopra, ai tuoi occhi distratti, risultano sfocati. Trattieni a
stento
uno sbuffo e prendi a mordicchiare nervosamente la matita, continuando
a
fissare quella maledetta pagina – su cui proprio non riesci a
concentrarti –
con sguardo vacuo, perso in chissà quale altro universo
parallelo. Una mano ti
afferra improvvisamente la spalla, provocandoti uno strano brivido di
paura
all’altezza dello stomaco. Sollevi di scatto la testa e,
stringendo gli occhi in
due fessure, guardi subito male la faccia della persona che ti ha
causato
quella sottospecie di spavento.
«Cristo
santo, papà! Mi hai quasi fatto venire un
infarto!», esclami, tirandoti su a
sedere.
Lui ride
di gusto e si siede sul divano, di fronte a te.
«Volevo
accertarmi che fossi ancora vivo», alza un angolo della
bocca, beffardo, e
punta l’indice in direzione del tuo libro.
«È da più di un quarto d’ora
che sei
sulla stessa pagina. Ti serve aiuto?»
«Sì.
Cioè… n-no!», rettifichi, farfugliando.
Tuo
padre inarca un sopracciglio, confuso e curioso al contempo, e sbuffa
una
risata dal naso.
«Sì
o
no, Gus?»
«No»,
scuoti la testa con poca convinzione e chiudi il libro, appoggiandolo
sul Mies
van der Rohe. «Quando torna Justin?», gli domandi
all’improvviso, e la tua voce
assume un tono piuttosto ansioso.
«Credo
che sarà qui tra qualche minuto», ti risponde lui,
dando un’occhiata
all’orologio che porta al polso sinistro, poi ti guarda con
fare sospettoso.
«Hai bisogno della sua testolina da, cito, ‘millecinquecento
punti al test di ammissione’ per i
compiti?»
«No.
Cioè… s-sì», farfugli di
nuovo, impacciato, e decidi di prendere un profondo
respiro per cercare di calmarti. «Sì, voglio che
mi dia una mano, ma non con la
matematica. Devo parlargli di un problema più…
grosso.»
«Puoi
parlarne anche con me, se vuoi», ti rassicura, dandoti un
buffetto sulla testa
e facendoti l’occhiolino, furbo. «Dopotutto, sono
un esperto quando c’è di
mezzo qualcosa di grosso.»
Cogli
immediatamente il suo sottilissimo
doppio senso ed alzi gli occhi al soffitto, fingendoti esasperato.
«Papà!»,
esclami, e ti lasci andare ad una risata divertita.
«Me
l’hai servita su un piatto d’argento,
figliolo», afferma, intrecciando le dita.
«Allora, di che problema si tratta?», ti chiede a
bruciapelo, senza la benché
minima intenzione di lasciar cadere l’argomento.
«Non
posso dirtelo», svii la sua domanda ed un ghigno malizioso
piega le tue labbra.
«Sei troppo vecchio per questo genere di cose.»
Vedi tuo
padre spingere la lingua contro l’interno della guancia
– in uno dei suoi
tipici modi di fare che tu stesso hai ereditato – e i suoi
occhi, ora
leggermente assottigliati, sembrano volerti incenerire sul posto.
«Vecchio?»,
sbotta, e tu noti subito la
punta di repulsione con cui pronuncia quella terrificante parola.
«Apri bene le orecchie, piccolo moccioso
arrogante: il sottoscritto ha solo quarant’anni
e…»
«Quarantasei», lo
correggi subito, con un
sorrisetto alquanto compiaciuto. «Non affaticarti a barare
sull’età, altrimenti
rischi che ti vengano le rughe per lo sforzo», aggiungi,
continuando a
prenderlo amorevolmente in giro.
«Come
vuoi, stronzetto, ne ho
quarantasei…», concorda, contrariato.
«Esatto,
ne hai proprio quarantasei», rimarchi il concetto, annuendo
con vigore. «È la
cruda e dura realtà dei fatti, mio caro vecchietto.»
Tuo
padre accavalla una gamba sopra l’altra ed incrocia le
braccia sul petto.
«Non
avevo ancora finito», puntualizza, inarcando le sopracciglia.
«Ne ho quaranta
più sei, ma ne dimostro
molti
di meno e, per tua informazione, sono ancora il frocio più
sexy di tutta
Pittsburgh», esclama, vittorioso.
«Chi
sarebbe il frocio più sexy di tutta Pittsburgh?»,
la voce di Justin invade
improvvisamente il loft, interrompendo così il vostro
ironico battibecco, e
guardate subito nella sua direzione, mentre lui chiude la grossa porta
di
metallo dell’ingresso ed appoggia le borse della spesa sul
bancone della
cucina.
«Naturalmente
sono io, splendore», gli risponde tuo padre. «Di
chi altro credevi stessimo
parlando?»
Justin
ride, scuotendo il capo, e vi raggiunge in salotto.
«Ciao,
marito più sexy dell’universo», lo
saluta, canzonandolo e dandogli un bacio
leggero sulla bocca, prima di voltarsi verso di te e scompigliarti
affettuosamente i capelli. «Ciao anche a te, Gus.»
«Ciao,
pa’», lo
saluti di rimando e le sue
labbra si distendono in un sorriso intenerito, perché sai
che non si è ancora
abituato a sentirsi chiamare così da te, nonostante tu abbia
cominciato a farlo
dall’età di otto anni. «Finalmente, e
sottolineo finalmente, sei arrivato!»
Justin
ti fissa un secondo, confuso, poi guarda tuo padre con cipiglio severo,
le mani
sui fianchi.
«Brian,
che cosa hai combinato?»
«Io
non ho combinato proprio un bel niente», alza le
mani come per dichiararsi innocente, poi ti indica con un pollice.
«Questo
mocciosetto ha un problema e vuole assolutamente
parlarne con te e non con me a causa della mia vecchiaia dilagante.»
«Credo
di essermi espresso male», intervieni, schiarendoti la gola.
«Ti ho detto che
sei troppo vecchio per certe cose perché tu avevi
già trent’anni quando ti sei
innamorato… anche se, a detta di mamma Melanie, a
quell’epoca eri un vero e
proprio cinico bastardo senza cuore per ammettere una cosa simile e non
ti
meritavi un ragazzo come Justin.»
Tuo
padre piega le labbra in un sorriso tirato, per niente divertito.
«La
prossima volta che incontro la cara
Melanie, la rispedisco a Toronto direttamente a calci nel culo,
così le
risparmio il biglietto aereo», dice, con fare sprezzante.
«E senza possibilità
di ritorno.»
Ridacchi
ed incroci meglio le gambe sulla moquette, ritornando subito serio.
«Non
volevo parlarne con te perché, semplicemente, non avevi
diciassette anni come
me e Justin quando hai scoperto l’amore», ti
tormenti nervosamente le mani
sudate. «Per questo volevo un suo parere. Ma la mia ragazza,
o forse dovrei
dire…»
«Ti
sei
innamorato, allora!?», ti blocca Justin, sorpreso, ed
annuisci in segno di
risposta, facendogli aumentare a dismisura il sorriso. «Ma è
stupendo!»
«Ma
è
terribile!», salta su tuo padre, e tu e Justin lo guardate
sbigottiti,
sbattendo ripetutamente le palpebre. «Ho appena scoperto di
avere un figlio
etero», vi spiega, allargando le braccia come se fosse una
cosa ovvia. «Dovrei
forse esserne felice?»
«Brian,
tu sei il peggior eterofobo, se non
l’unico, che io abbia mai conosciuto.»
«Ti
ringrazio per il complimento, splendore, lo apprezzo molto»,
si alza dal divano
e vi guarda entrambi. «Ora, se volete scusarmi, vado a
prendermi una bottiglia
di Chivas Regal, così che io possa ubriacarmi e non pensare
a mio figlio che
lecca quella… cosa»,
annuncia, con
fare teatrale, dirigendosi verso il carrello degli alcolici.
Justin
alza gli occhi al soffitto, roteandoli, poi si siede sul divano e ti
rivolge
uno sguardo radioso.
«Chi
è
questa ragazza? La conosco?»
«No,
non
la conosci… e credo non lo farai mai», sospiri,
afflitto.
«E
perché?»
«Perché…»,
ti fermi, prendendo l’ennesimo profondo respiro della
giornata, e decidi di
partire dal principio. «Tu e papà siete i primi a
sapere di lei… non ne ho mai
parlato neanche alle mamme, perché non credevo potesse
diventare una cosa
seria, e invece…», lasci in sospeso la frase e
sorridi con malinconia. «Lei si
chiama Shayla. Ci siamo conosciuti a scuola... quest’anno
frequenta la mia
stessa classe e siamo anche compagni di banco. Era molto timida,
all’inizio, ma
poi abbiamo cominciato a parlare e abbiamo scoperto di avere un sacco
di cose
in comune. Così, dopo qualche mese, ci siamo messi insieme
e… e quando ho
capito di essermi davvero innamorato di lei, ho deciso di raccontarle
tutto, di
rivelarle che ho due mamme e due papà», abbassi lo
sguardo, deglutendo a vuoto.
«Lei mi ha compreso, dicendomi che non cambiava nulla fra di
noi, ma… ma quando
l’ha riferito ai suoi genitori, loro ne sono rimasti
sconvolti, schifati, e le hanno subito
proibito di
continuare a vedermi prima che la mia famiglia
deviata
potesse infettarla e così è stata costretta a
lasciarmi…», una
lacrima sfugge al tuo controllo e ti copri il volto con le dita, come
se ti
vergognassi di star piangendo.
«Non
fare così, Gus», la mano di tuo padre, che era
rimasto in disparte ad ascoltare
il tuo racconto, ti accarezza dolcemente la testa. «Quella
gente di merda non
si merita le tue lacrime e…»
«Vorrei
non avere questo stupido cuore!», esordisci, a costo di
sembrare un bambino che
fa i capricci, rialzando di colpo il viso ed asciugandoti violentemente le guance col palmo delle mani. «Se non lo avessi, non mi sarei mai
innamorato e ora non
starei soffrendo!»
«Se
non
avessi il cuore, non saresti nemmeno vivo», ti contraddice
Justin, cercando di
sdrammatizzare. «Il cuore non è una cosa pratica,
Gus. È irrazionale e fa un
po’ quello che vuole, a discapito di ciò che dice
la ragione… è lui che
comanda, che decide di chi ti innamorerai, anche se è la
persona sbagliata»,
sostiene, sorridendo amaro. «E, soprattutto, non è
infrangibile. Può rompersi,
spezzarsi, finire a pezzi, ma è sempre
meglio…»
«…
ragionare col cazzo piuttosto che col cuore», si interpone
tuo padre, saccente,
ritornando a sedersi sul divano.
Justin
gli rifila una gomitata nel fianco.
«Brian,
la vuoi smettere? Sto cercando di aiutarlo.»
«E
come?
Impartendogli un discorsetto da perfetta regina
del dramma su
quanto sia bello avere un cuore nonostante faccia male alla
salute?», esclama, sarcastico, poi ti guarda dritto negli
occhi. «Sai che ti
dico, figliolo? Dovresti mandarla a fanculo per sempre
e…»
«No!»,
lo interrompe immediatamente Justin.
«Significherebbe mollare!»
«Significherebbe
semplicemente lasciar perdere quella
ragazzina», controbatte, con fare da saggio.
«Ragazzina che ha preferito dare
ascolto a dei genitori omofobi e che non ha pensato, neanche per un
fottuto
secondo, di star ferendo i sentimenti di mio figlio!»
«Ma
io la amo, papà», ribadisci, mordendoti il labbro
inferiore, e lui ti guarda con un’aria indecifrabile.
«E vorrei poter ritornare
con lei.»
«Allora
fallo», ti incita Justin, scompigliandoti di
nuovo i capelli.
«Sì,
ma… i suoi genitori...»
«Che
si fottano i suoi genitori», esclama,
stringendosi nelle spalle. «Gus, ascolta: mio padre era ed
è tuttora uno
stronzo cronico. Non ha mai accettato la mia omosessualità
e, di conseguenza,
non ha mai accettato Brian, perché lo ha sempre ritenuto l’orco
cattivo
che mi ha portato sulla via della perdizione. Così
il nostro rapporto ha cominciato ad incrinarsi e, col passare degli
anni, è
peggiorato… mi ha addirittura fatto arrestare»,
scuote la testa, rassegnato, e
tu sgrani gli occhi. «Ma il suo disprezzo nei miei confronti
non mi ha comunque
impedito di continuare ad amare tuo padre e a combattere per noi», gli
rivolge un’occhiata piena
d’amore ed intreccia le dita tra le sue, ritornando subito a
guardarti dritto
negli occhi. «Perciò, Gus, se tieni davvero a
questa ragazza, combatti per lei
e per il vostro amore. Perché sono certo che anche lei, ora,
sta soffrendo e
non aspetta altro che tu vada a riprenderla», conclude,
accarezzandoti
dolcemente una guancia.
«Che
parlantina inesauribile, Signor Petulanza», lo
apostrofa tuo padre, la voce colma di
sarcasmo. «Che ne diresti di impiegare quella bella lingua
lunga in attività
più produttive e piacevoli?»
Justin
sospira e gli pianta un indice sul petto.
«Persino
questo essere freddo, spudorato e
maledettamente narcisista è provvisto di un muscolo
cardiaco», ti dice, con un
sorriso strafottente. «Avere un cuore, anche se non
è infrangibile, non è poi
così male», ti conforta, facendoti
l’occhiolino.
«Grazie,
pa’», gli sorridi, grato, e finalmente ti
senti più sereno, tranquillo.
«Va
bene, basta con tutte queste smancerie da lesbiche
in amore», si lamenta tuo padre, fingendosi disgustato.
«Ho sopportato in
silenzio e credo proprio che, considerata la mia ormai veneranda
età,
mi sia appena salito il livello di diabete.»
«Se
continui di questo passo, tra poco dovrai
ricorrere alla pillola blu», lo scherzi, facendo ridere di
gusto Justin.
«E
tu, invece, stronzetto impertinente che non sei
altro, dovrai ricorrere alle stampelle, perché ti
avrò preso a calci nel culo
talmente forte che non riuscirai più a camminare per una
settimana intera»,
replica lui, sollevando le sopracciglia, mentre un sorriso ben poco
benevolo
gli increspa le labbra.
Ridacchi
alla sua minaccia del tutto assurda e ti
rimetti in piedi, afferrando il libro di matematica sul tavolino in
vetro
pregiato.
«Vado
a fare una doccia.»
«Questa
frase mi ricorda qualcuno quando cerca
disperatamente di fuggire dalle conversazioni
profonde», Justin incrocia le braccia sul petto, sorridendo
furbo, e rivolge
un’occhiata eloquente a tuo padre. «Vero,
Brian?»
Lui, in
segno di risposta, alza gli occhi al soffitto e sbuffa leggermente. Li
guardi
scuotendo divertito la testa e ti incammini verso la zona notte,
accompagnato
dai loro bisticci spiritosi ed allegri. Sali i piccoli gradini e
raggiungi il
letto, su cui è deposto il tuo zaino di scuola. Lo apri,
infilandoci dentro il
libro di quella materia che tanto detesti, e poi lo richiudi con cura.
Ti
massaggi la nuca, stanco, ed è in quel preciso istante che
ti accorgi che nel
loft è piombato un silenzio strano. Muovi qualche passo per
la stanza e,
appoggiandoti al bordo in legno del separé, ti sporgi in
avanti con la testa.
Tuo padre e Justin sono in piedi, al centro del loft, che si stanno
baciando
come due ragazzini alla loro prima cotta, con dolcezza e premura.
Rimani lì, a
guardarli di nascosto, finché non si separano. Li vedi
sorridersi a vicenda
prima di appoggiare la fronte contro quella dell’altro. Ti
ritrovi a sorridere
anche tu davanti a quella scena da film romantico e provi quasi una
sorta di
invidia nei loro confronti. Li osservi ancora per qualche secondo e,
sentendo
un senso di determinazione montarti dentro, decidi di combattere per
te, per
lei, per quel noi che eravate.
Combatterai, desideroso di vivere un amore forte e sincero come quello
che lega
i tuoi due fantastici papà.