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Autore: EternallyMissed92_    21/03/2016    13 recensioni
L'amore non è mai una cosa semplice, si sa. Può fare male, causare dolore e dispiaceri, ma può anche resistere a tutto: ad una malattia inaspettata, ad un tradimento adolescenziale dettato dall'egoismo, alla cattiveria di chi non accetta la diversità altrui, alla paura di ritornare sui propri passi, alla lontananza che consuma il tempo e rende ciechi di rabbia. Perché il vero amore, nonostante tutto, non conosce ostacoli.
[Questa mini-raccolta ha partecipato al Contest "Segui il sentiero dorato" sul forum di EFP indetto da Shizue Asahi - poi valutata dal Giudice sostitutivo i love ace 30 - classificandosi al Secondo Posto ed aggiudicandosi il premio speciale come Miglior Storia Per Caratterizzazione].
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Ethan Gold, Gus Kinney, Justin Taylor, Victor 'Vic' Grassi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers: Niente mi appartiene. Queer as Folk è di proprietà della Cowlip e della Showtime.
Titolo della shot: Piccoli (anzi, grossi) problemi di cuore
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Avvertimenti: Missing Moments, Slash
Timeline: (Molto) Post 5x13
Prompt utilizzato: 10. I cuori non saranno mai una cosa pratica finché non ne inventeranno di infrangibili.
Vi auguro buona lettura! -Martina-.

 

 
 
 

PICCOLI (ANZI, GROSSI) PROBLEMI DI CUORE

 
Sdraiato a pancia sotto sulla costosa moquette bianca del salotto, giocherelli con la matita che hai in mano, sovrappensiero. Fissi la pagina del libro di matematica senza vederla realmente, come se fossi in trance, e i numeri che vi sono stampati sopra, ai tuoi occhi distratti, risultano sfocati. Trattieni a stento uno sbuffo e prendi a mordicchiare nervosamente la matita, continuando a fissare quella maledetta pagina – su cui proprio non riesci a concentrarti – con sguardo vacuo, perso in chissà quale altro universo parallelo. Una mano ti afferra improvvisamente la spalla, provocandoti uno strano brivido di paura all’altezza dello stomaco. Sollevi di scatto la testa e, stringendo gli occhi in due fessure, guardi subito male la faccia della persona che ti ha causato quella sottospecie di spavento.
«Cristo santo, papà! Mi hai quasi fatto venire un infarto!», esclami, tirandoti su a sedere.
Lui ride di gusto e si siede sul divano, di fronte a te.
«Volevo accertarmi che fossi ancora vivo», alza un angolo della bocca, beffardo, e punta l’indice in direzione del tuo libro. «È da più di un quarto d’ora che sei sulla stessa pagina. Ti serve aiuto?»
«Sì. Cioè… n-no!», rettifichi, farfugliando.
Tuo padre inarca un sopracciglio, confuso e curioso al contempo, e sbuffa una risata dal naso.
«Sì o no, Gus?»
«No», scuoti la testa con poca convinzione e chiudi il libro, appoggiandolo sul Mies van der Rohe. «Quando torna Justin?», gli domandi all’improvviso, e la tua voce assume un tono piuttosto ansioso.
«Credo che sarà qui tra qualche minuto», ti risponde lui, dando un’occhiata all’orologio che porta al polso sinistro, poi ti guarda con fare sospettoso. «Hai bisogno della sua testolina da, cito, ‘millecinquecento punti al test di ammissione’ per i compiti?»
«No. Cioè… s-sì», farfugli di nuovo, impacciato, e decidi di prendere un profondo respiro per cercare di calmarti. «Sì, voglio che mi dia una mano, ma non con la matematica. Devo parlargli di un problema più… grosso.»
«Puoi parlarne anche con me, se vuoi», ti rassicura, dandoti un buffetto sulla testa e facendoti l’occhiolino, furbo. «Dopotutto, sono un esperto quando c’è di mezzo qualcosa di grosso
Cogli immediatamente il suo sottilissimo doppio senso ed alzi gli occhi al soffitto, fingendoti esasperato.
«Papà!», esclami, e ti lasci andare ad una risata divertita.
«Me l’hai servita su un piatto d’argento, figliolo», afferma, intrecciando le dita. «Allora, di che problema si tratta?», ti chiede a bruciapelo, senza la benché minima intenzione di lasciar cadere l’argomento.
«Non posso dirtelo», svii la sua domanda ed un ghigno malizioso piega le tue labbra. «Sei troppo vecchio per questo genere di cose.»
Vedi tuo padre spingere la lingua contro l’interno della guancia – in uno dei suoi tipici modi di fare che tu stesso hai ereditato – e i suoi occhi, ora leggermente assottigliati, sembrano volerti incenerire sul posto.
«Vecchio?», sbotta, e tu noti subito la punta di repulsione con cui pronuncia quella terrificante parola. «Apri bene le orecchie, piccolo moccioso arrogante: il sottoscritto ha solo quarant’anni e…»
«Quarantasei», lo correggi subito, con un sorrisetto alquanto compiaciuto. «Non affaticarti a barare sull’età, altrimenti rischi che ti vengano le rughe per lo sforzo», aggiungi, continuando a prenderlo amorevolmente in giro.
«Come vuoi, stronzetto, ne ho quarantasei…», concorda, contrariato.
«Esatto, ne hai proprio quarantasei», rimarchi il concetto, annuendo con vigore. «È la cruda e dura realtà dei fatti, mio caro vecchietto
Tuo padre accavalla una gamba sopra l’altra ed incrocia le braccia sul petto.
«Non avevo ancora finito», puntualizza, inarcando le sopracciglia. «Ne ho quaranta più sei, ma ne dimostro molti di meno e, per tua informazione, sono ancora il frocio più sexy di tutta Pittsburgh», esclama, vittorioso.
«Chi sarebbe il frocio più sexy di tutta Pittsburgh?», la voce di Justin invade improvvisamente il loft, interrompendo così il vostro ironico battibecco, e guardate subito nella sua direzione, mentre lui chiude la grossa porta di metallo dell’ingresso ed appoggia le borse della spesa sul bancone della cucina.
«Naturalmente sono io, splendore», gli risponde tuo padre. «Di chi altro credevi stessimo parlando?»
Justin ride, scuotendo il capo, e vi raggiunge in salotto.
«Ciao, marito più sexy dell’universo», lo saluta, canzonandolo e dandogli un bacio leggero sulla bocca, prima di voltarsi verso di te e scompigliarti affettuosamente i capelli. «Ciao anche a te, Gus.»
«Ciao, pa’», lo saluti di rimando e le sue labbra si distendono in un sorriso intenerito, perché sai che non si è ancora abituato a sentirsi chiamare così da te, nonostante tu abbia cominciato a farlo dall’età di otto anni. «Finalmente, e sottolineo finalmente, sei arrivato!»
Justin ti fissa un secondo, confuso, poi guarda tuo padre con cipiglio severo, le mani sui fianchi.
«Brian, che cosa hai combinato?»
«Io non ho combinato proprio un bel niente», alza le mani come per dichiararsi innocente, poi ti indica con un pollice. «Questo mocciosetto ha un problema e vuole assolutamente parlarne con te e non con me a causa della mia vecchiaia dilagante
«Credo di essermi espresso male», intervieni, schiarendoti la gola. «Ti ho detto che sei troppo vecchio per certe cose perché tu avevi già trent’anni quando ti sei innamorato… anche se, a detta di mamma Melanie, a quell’epoca eri un vero e proprio cinico bastardo senza cuore per ammettere una cosa simile e non ti meritavi un ragazzo come Justin.»
Tuo padre piega le labbra in un sorriso tirato, per niente divertito.
«La prossima volta che incontro la cara Melanie, la rispedisco a Toronto direttamente a calci nel culo, così le risparmio il biglietto aereo», dice, con fare sprezzante. «E senza possibilità di ritorno.»
Ridacchi ed incroci meglio le gambe sulla moquette, ritornando subito serio.
«Non volevo parlarne con te perché, semplicemente, non avevi diciassette anni come me e Justin quando hai scoperto l’amore», ti tormenti nervosamente le mani sudate. «Per questo volevo un suo parere. Ma la mia ragazza, o forse dovrei dire…»
«Ti sei innamorato, allora!?», ti blocca Justin, sorpreso, ed annuisci in segno di risposta, facendogli aumentare a dismisura il sorriso. «Ma è stupendo!»
«Ma è terribile!», salta su tuo padre, e tu e Justin lo guardate sbigottiti, sbattendo ripetutamente le palpebre. «Ho appena scoperto di avere un figlio etero», vi spiega, allargando le braccia come se fosse una cosa ovvia. «Dovrei forse esserne felice?»
«Brian, tu sei il peggior eterofobo, se non l’unico, che io abbia mai conosciuto.»
«Ti ringrazio per il complimento, splendore, lo apprezzo molto», si alza dal divano e vi guarda entrambi. «Ora, se volete scusarmi, vado a prendermi una bottiglia di Chivas Regal, così che io possa ubriacarmi e non pensare a mio figlio che lecca quella… cosa», annuncia, con fare teatrale, dirigendosi verso il carrello degli alcolici.
Justin alza gli occhi al soffitto, roteandoli, poi si siede sul divano e ti rivolge uno sguardo radioso.
«Chi è questa ragazza? La conosco?»
«No, non la conosci… e credo non lo farai mai», sospiri, afflitto.
«E perché?»
«Perché…», ti fermi, prendendo l’ennesimo profondo respiro della giornata, e decidi di partire dal principio. «Tu e papà siete i primi a sapere di lei… non ne ho mai parlato neanche alle mamme, perché non credevo potesse diventare una cosa seria, e invece…», lasci in sospeso la frase e sorridi con malinconia. «Lei si chiama Shayla. Ci siamo conosciuti a scuola... quest’anno frequenta la mia stessa classe e siamo anche compagni di banco. Era molto timida, all’inizio, ma poi abbiamo cominciato a parlare e abbiamo scoperto di avere un sacco di cose in comune. Così, dopo qualche mese, ci siamo messi insieme e… e quando ho capito di essermi davvero innamorato di lei, ho deciso di raccontarle tutto, di rivelarle che ho due mamme e due papà», abbassi lo sguardo, deglutendo a vuoto. «Lei mi ha compreso, dicendomi che non cambiava nulla fra di noi, ma… ma quando l’ha riferito ai suoi genitori, loro ne sono rimasti sconvolti, schifati, e le hanno subito proibito di continuare a vedermi prima che la mia famiglia deviata potesse infettarla e così è stata costretta a lasciarmi…», una lacrima sfugge al tuo controllo e ti copri il volto con le dita, come se ti vergognassi di star piangendo.
«Non fare così, Gus», la mano di tuo padre, che era rimasto in disparte ad ascoltare il tuo racconto, ti accarezza dolcemente la testa. «Quella gente di merda non si merita le tue lacrime e…»
«Vorrei non avere questo stupido cuore!», esordisci, a costo di sembrare un bambino che fa i capricci, rialzando di colpo il viso ed asciugandoti violentemente le guance col palmo delle mani. «Se non lo avessi, non mi sarei mai innamorato e ora non starei soffrendo!»
«Se non avessi il cuore, non saresti nemmeno vivo», ti contraddice Justin, cercando di sdrammatizzare. «Il cuore non è una cosa pratica, Gus. È irrazionale e fa un po’ quello che vuole, a discapito di ciò che dice la ragione… è lui che comanda, che decide di chi ti innamorerai, anche se è la persona sbagliata», sostiene, sorridendo amaro. «E, soprattutto, non è infrangibile. Può rompersi, spezzarsi, finire a pezzi, ma è sempre meglio…»
«… ragionare col cazzo piuttosto che col cuore», si interpone tuo padre, saccente, ritornando a sedersi sul divano.
Justin gli rifila una gomitata nel fianco.
«Brian, la vuoi smettere? Sto cercando di aiutarlo.»
«E come? Impartendogli un discorsetto da perfetta regina del dramma su quanto sia bello avere un cuore nonostante faccia male alla salute?», esclama, sarcastico, poi ti guarda dritto negli occhi. «Sai che ti dico, figliolo? Dovresti mandarla a fanculo per sempre e…»
«No!», lo interrompe immediatamente Justin. «Significherebbe mollare!»
«Significherebbe semplicemente lasciar perdere quella ragazzina», controbatte, con fare da saggio. «Ragazzina che ha preferito dare ascolto a dei genitori omofobi e che non ha pensato, neanche per un fottuto secondo, di star ferendo i sentimenti di mio figlio!»
«Ma io la amo, papà», ribadisci, mordendoti il labbro inferiore, e lui ti guarda con un’aria indecifrabile. «E vorrei poter ritornare con lei.»
«Allora fallo», ti incita Justin, scompigliandoti di nuovo i capelli.
«Sì, ma… i suoi genitori...»
«Che si fottano i suoi genitori», esclama, stringendosi nelle spalle. «Gus, ascolta: mio padre era ed è tuttora uno stronzo cronico. Non ha mai accettato la mia omosessualità e, di conseguenza, non ha mai accettato Brian, perché lo ha sempre ritenuto l’orco cattivo che mi ha portato sulla via della perdizione. Così il nostro rapporto ha cominciato ad incrinarsi e, col passare degli anni, è peggiorato… mi ha addirittura fatto arrestare», scuote la testa, rassegnato, e tu sgrani gli occhi. «Ma il suo disprezzo nei miei confronti non mi ha comunque impedito di continuare ad amare tuo padre e a combattere per noi», gli rivolge un’occhiata piena d’amore ed intreccia le dita tra le sue, ritornando subito a guardarti dritto negli occhi. «Perciò, Gus, se tieni davvero a questa ragazza, combatti per lei e per il vostro amore. Perché sono certo che anche lei, ora, sta soffrendo e non aspetta altro che tu vada a riprenderla», conclude, accarezzandoti dolcemente una guancia.
«Che parlantina inesauribile, Signor Petulanza», lo apostrofa tuo padre, la voce colma di sarcasmo. «Che ne diresti di impiegare quella bella lingua lunga in attività più produttive e piacevoli?»
Justin sospira e gli pianta un indice sul petto.
«Persino questo essere freddo, spudorato e maledettamente narcisista è provvisto di un muscolo cardiaco», ti dice, con un sorriso strafottente. «Avere un cuore, anche se non è infrangibile, non è poi così male», ti conforta, facendoti l’occhiolino.
«Grazie, pa’», gli sorridi, grato, e finalmente ti senti più sereno, tranquillo.
«Va bene, basta con tutte queste smancerie da lesbiche in amore», si lamenta tuo padre, fingendosi disgustato. «Ho sopportato in silenzio e credo proprio che, considerata la mia ormai veneranda età, mi sia appena salito il livello di diabete.»
«Se continui di questo passo, tra poco dovrai ricorrere alla pillola blu», lo scherzi, facendo ridere di gusto Justin.
«E tu, invece, stronzetto impertinente che non sei altro, dovrai ricorrere alle stampelle, perché ti avrò preso a calci nel culo talmente forte che non riuscirai più a camminare per una settimana intera», replica lui, sollevando le sopracciglia, mentre un sorriso ben poco benevolo gli increspa le labbra.
Ridacchi alla sua minaccia del tutto assurda e ti rimetti in piedi, afferrando il libro di matematica sul tavolino in vetro pregiato.
«Vado a fare una doccia.»
«Questa frase mi ricorda qualcuno quando cerca disperatamente di fuggire dalle conversazioni profonde», Justin incrocia le braccia sul petto, sorridendo furbo, e rivolge un’occhiata eloquente a tuo padre. «Vero, Brian?»
Lui, in segno di risposta, alza gli occhi al soffitto e sbuffa leggermente. Li guardi scuotendo divertito la testa e ti incammini verso la zona notte, accompagnato dai loro bisticci spiritosi ed allegri. Sali i piccoli gradini e raggiungi il letto, su cui è deposto il tuo zaino di scuola. Lo apri, infilandoci dentro il libro di quella materia che tanto detesti, e poi lo richiudi con cura. Ti massaggi la nuca, stanco, ed è in quel preciso istante che ti accorgi che nel loft è piombato un silenzio strano. Muovi qualche passo per la stanza e, appoggiandoti al bordo in legno del separé, ti sporgi in avanti con la testa. Tuo padre e Justin sono in piedi, al centro del loft, che si stanno baciando come due ragazzini alla loro prima cotta, con dolcezza e premura. Rimani lì, a guardarli di nascosto, finché non si separano. Li vedi sorridersi a vicenda prima di appoggiare la fronte contro quella dell’altro. Ti ritrovi a sorridere anche tu davanti a quella scena da film romantico e provi quasi una sorta di invidia nei loro confronti. Li osservi ancora per qualche secondo e, sentendo un senso di determinazione montarti dentro, decidi di combattere per te, per lei, per quel noi che eravate. Combatterai, desideroso di vivere un amore forte e sincero come quello che lega i tuoi due fantastici papà.

   
 
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