Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Charlie Winchester    03/04/2016    3 recensioni
La storia è una Greek mythology AU, è stata ispirata da un'immagine che ho trovato su Facebook di cui poi vi linkerò l'autrice.
Riprende il mito di Ade e Persefone e nella mia storia Magnus è Ade, mentre Alec è Persefone.
Ovviamente ho dovuto cambiare alcuni elementi del mito perché Alec che viene rapito mentre raccoglie fiori mi sembrava un po' ridicolo.
Buona lettura!
***
–Vedo che hai conosciuto Chairman Meow.
Alec lo guardò stupito. La vipera si arrampicò sulla gamba del dio e gli salì sulla spalla.
–Quello è tuo?
–Sì. È la mia vipera.
–Perché Meow?
–Ho sempre desiderato un gatto.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PICCOLA PREMESSA:
 
Ciao ragazze!
Mi sono accorta di un errore che ho fatto, nel mito Persefone era una dea (figlia di Demetra e Zeus), una dea minore ma pur sempre una dea. In questa storia Alec invece è umano come credo di avervi fatto capire. È stato un mio errore, ero quasi certa che lei fosse umana, poi oggi mentre cercavo informazioni su di lei ho scoperto che era una dea. Ho deciso comunque che non cambierò il fatto che Alec sia umano nella mia storia per due motivi: il primo è che dovrei riscrivere tutto ma la storia mi piace così e non la cambierò, il secondo è che ho già pensato a qualcosa…
Non vi anticiperò niente e per il momento vi lascio alla lettura di questo capitolo che spero vi piaccia!
Non siate timide di dirmi quello che pensate, liberissime di criticare la mia scelta o qualsiasi altra cosa pensiate abbia sbagliato, buona lettura!





 
You'll come to me

 
 


Alec si stava dimenticando di come fosse stare alla luce del sole, la sua carnagione gli sembrava più chiara, Magnus gli aveva fatto diversi complimenti paragonandola all’avorio e alle porcellane più raffinate ma Alec preferiva non rispondergli.
Non era preoccupato per la sua pelle, semplicemente gli mancava quella sensazione di calore che provava quando usciva a cacciare e restava fuori per giornate intere.
La sera quando tornava era sempre un po’ rosso in viso e  suo padre lo prendeva in giro.
Quanto gli mancava la sua famiglia, aveva vissuto sempre con suo padre ed era stato lui a insegnarli l’arte di cacciare con l’arco, anche se esistevano armi da caccia sempre più moderne, suo padre era rimasto fedele al suo vecchio arco, che apparteneva alla famiglia di Alec da generazioni.
Sua madre invece… Non la vedeva spesso ma era una donna così buona e così bella, aveva gli occhi celesti e i suoi capelli erano lunghi e neri come la pece, Alec gli assomigliava tantissimo, non solo di aspetto fisico ma anche di carattere.
Entrambi adoravano la pace e la serenità ed entrambi erano testardi e diffidenti. Il ragazzo cominciò a immaginare cosa stessero facendo, chissà se qualcuno mi starà cercando.
Non gli piaceva vivere là, quella ‘’gabbia’’ in cui passava gran parte del suo tempo senza far niente non poteva essere chiamata vita.
Alec scrutò la sua stanza, era sdraiato con la schiena leggermente sollevata per evitare di addormentarsi.
Evitava di appisolarsi inutilmente da quando un giorno si era svegliato di soprassalto e aveva trovato Magnus seduto nella poltrona di fronte al letto, intento a osservarlo.
 
–Che diamine ti è saltato in mente? Che cosa stavi facendo?
–Mi piace guardarti dormire. Hai un’espressione rilassata e sembra che tu non possa odiarmi.– fu la risposta del dio.
 
Lo odiava eccome, invece. Ne era certo. Continuava a non capire il motivo della sua scelta. Perché proprio lui? Avrebbe potuto rapire chiunque. Decise di non scervellarsi più di tanto, era impossibile capire Magnus.
Fissò la poltrona nera davanti a lui e poi il suo sguardo ricadde su tutti gli oggetti poggiati nell’angolo della stanza.
C’erano tele bianche, tempere, strumenti musicali, libri, tutti doni che gli aveva fatto Magnus per attirare la sua attenzione, senza successo.
Qualsiasi cosa avesse chiesto sarebbe apparsa, ne era certo, ma lui non desiderava altro che poter tornare dalla sua famiglia. Quella era una delle poche cose che il dio non gli avrebbe mai dato. E il suo arco.
Alec decise di divertirsi un po’.
–Vorrei che la poltrona davanti al letto fosse blu cobalto.–Esclamò a voce alta. Non sapeva se il dio stesse ascoltando ma tentò ugualmente.
In pochi secondi la poltrona nera venne avvolta da una nube blu e quando questa si dissolse nell’aria aveva cambiato colore.
Alec scrutò i quadri appesi al muro, anche quelli erano altrettanto monotoni e spettrali.
Uno in particolare raffigurava una foresta spoglia in una notte di luna piena.
­–Vorrei che il quadro della foresta sparisse.– il quadro scomparve e venne sostituito da uno di un paesaggio di campagna in primavera, con tanto di fiori e alberi verdi.
Alec pensò che Magnus non avesse niente da fare per assecondare desideri così banali.
Improvvisamente un varco si aprì nella parete, Alec pensava si trattasse del solito portale verso la sala del trono ma era ancora troppo presto per la cena, ormai aveva imparato a riconoscere gli orari della giornata proprio grazie alla puntualità del varco, incuriosito si alzò dal letto e indossò i suoi anfibi neri. Indossava un paio di jeans e una maglietta nera con scollo a V.
Passò in mezzo al portale e si ritrovò in un lungo corridoio scarsamente illuminato. Dietro di lui il varco si era chiuso e Alec non aveva la più pallida idea di come farlo riaprire.
Sulle mura di pietra vi erano delle fiaccole ma queste illuminavano poco e niente, non avendo la più pallida idea di come rientrare in camera sua il ragazzo decise di avventurarsi nella semioscurità, per orientarsi tastava le pareti e ad un certo punto si trovò davanti a una biforcazione, nonostante i corridoi sembrassero uguali Alec decise di andare comunque nella parte che considerava più illuminata. Non che avesse paura del buio ma non era mai stato al di fuori dei suoi alloggi o della sala del trono e non voleva rischiare di cacciarsi nei guai.
Quel posto era come un labirinto che pareva non finire mai. Stava camminando da molto, se ne accorse perchè le gambe cominciavano a fargli male, non era più abituato a fare lunghe camminate. Si fermò un momento a riposare e si poggiò contro il muro.
Un varco si aprì dietro di lui e lo risucchiò nella parete. Alec cadde in terra e si ritrovò in una stanza apparentemente vuota.
Si alzò e si spolverò i pantaloni. Non c’erano arredi ma sulle pareti vi erano affreschi rappresentanti scene della mitologia greca. Dei che lottavano contro i titani, cavalli alati, ninfe e satiri. Quella stanza era stranamente illuminata, molto più di quelle in cui stava di salito, due lampadari di cristallo pendevano dal soffitto e creavano dei magnifici giochi di luce che ricordavano i raggi solari.
Alec sorrise, rimase incantato a guardarli e si chiese come facessero a funzionare.
Probabilmente con la magia.
Era così distratto da quello spettacolo che non si accorse che qualcosa veniva, o più precisamente strisciava verso di lui.
–O cavolo.– all’improvviso vide davanti a sé una vipera nera, il ragazzo istintivamente indietreggiò fino a sbattere contro la parete. Aveva visto centinaia, se non migliaia di vipere nella foresta e non ne aveva paura, ma questa era più grossa e sopratutto viveva negli Inferi.
Il serpente davanti a lui sibilava e strisciava sempre più velocemente.
Morirò nel regno dei morti. Che ironia. Fu il pensiero di Alec.
–Ciao zuccherino.– gli disse una voce all’orecchio. Alec la riconobbe subito, Magnus si era materializzato affianco a lui. Indossava una vestaglia di velluto rosso e ai piedi portava un paio di ciabatte blu notte sopra le quali vi era la scritta: king of hell
Non era truccato, notò Alec e non appena era apparso la vipera si era accovacciata a un metro da loro, dando segno di non voler più attaccare.
–Vedo che hai conosciuto Chairman Meow.
Alec lo guardò, confuso. La vipera si mosse, si arrampicò sulla gamba del dio e gli salì sulla spalla.
–Quello è tuo?
–Sì. È la mia vipera.
–Perché Meow?
–Ho sempre desiderato un gatto ma mio fratello Valentine è un tale rompiscatole. La legge è legge. –Magnus lo disse imitando quella che sarebbe dovuta essere l'espressione di suo fratello.– Posso tenere solo creature infernali come questa. È una vipera del Tartaro*.

Alec inizialmente sorrise ma poi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata. Il dio lo guardò e alzò un sopracciglio, era sorpreso da quella reazione, non aveva mai visto Alec ridere, il ragazzo si limitava a qualche sorriso ma quasi mai era sincero. Per tutto il periodo in cui l’aveva osservato, prima di rapirlo, Alec gli era sembrato un po'apatico, poi continuando ad osservarlo giorno per giorno Magnus si era reso conto che le persone a cui rivolgeva un sorriso sincero e con cui si apriva un minimo si potevano contare sulla dita di una mano. Suo padre, sua madre, sua sorella Isabelle e il suo fartellastro Jace. Mai però l’aveva visto ridere in quel modo, nemmeno con loro.
Era così perfetto, con la testa leggermente ripiegata all’indietro e la vena del collo evidenziata per la risata. Quel suono era così limpido e profondo che Magnus avrebbe voluto congelare il tempo in quel preciso istante e rimanere là a guardarlo per sempre.
Magnus lo guardava stregato, i suoi occhi erano socchiusi, i suoi denti perfettamente dritti e bianchi erano in bella mostra. Non voleva interrompere quel momento, era stato lui la causa di quella risata e voleva godersi quella sensazione ancora un po’.
–Vuoi conoscere il mio cerbero*?
 
–Che cos’è un cerbero?
–È il mio cane da guardia.– spiegò Magnus. Questo fece ridere ancora Alec.–Non sto scherzando. È davvero un cane da guardia, ha tre teste e si chiama Church.
Alec si rilassò e per la prima volta da quando era stato rapito provava qualcosa diverso dall’odio e dalla rabbia. Paradossalmente questa nuova sensazione era stata causata proprio dal responsabile delle prime due.
Magnus posò Chairman Meow a terra e la vipera sparì come inghiottita dal pavimento.
–Dov’è andata?
–Torna nel Tartaro. Non può stare troppo a lungo nel mio palazzo.
–E Church invece?
–O no, lui sta all’ingresso degli inferi. Deve impedire che ospiti indesiderati varchino le porte del mio regno. Te lo farei conoscere ma ho l’impressione che lui ti vedrebbe solo come uno spuntino.
Magnus aprì un portale e fece cenno ad Alec di seguirlo.
Si ritrovarono nella sala del trono. Questa volta il lungo tavolo apparecchiato non c’era e il centro della sala era completamente vuoto. C’era solo il trono del dio degli inferi appoggiato contro la parete dietro di loro.
–Siediti Alexander.
Magnus fece apparire due poltrone rosse dall’aspetto molto comodo. Quella camminata aveva stancato così tanto Alec che si sedette senza ribattere. In realtà sarebbe potuto crollare su una sedia qualsiasi, voleva solo riposare le gambe. Uno schiocco di dita e un calice di cristallo colmo di vino rosso apparve nella sua mano destra.
Il dio lo osservava attentamente, ogni volta che Magnus lo guardava in quel modo Alec si sentiva strano, come stesse cercando di vedere dentro di lui.
In realtà Alec si sentiva sempre strano in presenza di Magnus, non sapeva mai come comportarsi con lui, non era sicuro che trattarlo con odio sarebbe servito a qualcosa perciò si limitava a parlare poco e a ringraziarlo ogni volta che gli faceva un regalo, anche se quest’ultimo non era gradito. Bevve il bicchiere di vino tutto d’un sorso, un po’ perché aveva sete e un po’ perché era sicuro che l’alcol l’avrebbe fatto sentire meno a disagio.
Anche Magnus si sedette e accavallò elegantemente le gambe.
–Perché prima stavi facendo quelle richieste assurde? Non fraintendermi, sono felice che tu mi abbia chiesto finalmente qualcosa, stavo cominciando a chiedermi se avessi rapito una statua. Non sei molto di compagnia.
–Credo che... Volevo solo vedere se stavi ascoltando. Tutto qua.
Alec alzò le spalle. Magnus gli sorrise. Era già qualcosa, finora non era mai capitato e anche se Magnus non era uno a cui piaceva aspettare sapeva di non poter forzare Alec ad amarlo.
–Alexander, c’è una cosa che voglio chiederti, ti ho fatto molti doni ultimamente. Non è un problema ovviamente ma sembra che tu non gli gradisca.
–Ti ho sempre ringraziato.
Magnus roteò gli occhi al cielo e fece apparire un bicchiere di nettare tra le sue mani.
–Non è quello il punto. Non c’è bisogno che mi ringrazi. Vorrei solo sapere cosa ti piace. Vorrei imparare a conoscerti ma sembra che tu abbia costruito un muro tra noi. So che in parte mi odi perché ti ho rapito e non capisci le mie motivazioni ma…­– Magnus venne interrotto da Alec che senza neanche rendersene conto esclamò: –Spiegamele allora.– il dio lo guardò confuso con un sopracciglio alzato, allora Alec si spiegò meglio: –Dimmi perché mi hai rapito. Voglio sapere le tue motivazioni.
Alec maledette il vino con tutte le sue forze. Non era abituato a bere e quella piccola quantità era bastata per scollegare il cervello dalla bocca.
 

 

*La parola Tartaro (dal greco Τάρταρος), indica il luogo dove, nella mitologia greca e latina, Zeus aveva rinchiuso i Titani. Tuttavia la vipera del Tartaro è roba inventata da me.

*
Cerbero nella mitologia greca era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso degli inferi, su cui regnava il dio Ade. È un mostruoso cane a tre teste.


 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Charlie Winchester