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Autore: Cami1507    04/04/2016    2 recensioni
Alexia Reed non è una ragazza come le altre: lei non parla. Ha smesso di parlare dodici anni prima, quando, a sette anni, ha avuto un incidente. Da allora la sua vita è avvolta nel silenzio.
Ma è a Manhattan, città in cui i suoi genitori hanno deciso di trasferirsi per lavoro, che Alexia comincerà a capire di essere speciale, di avere un dono. Un dono che lei non vuole possedere perché l'unica cosa che vorrebbe è essere una normale ragazza dell'ultimo anno.
Invece deve fare i conti con un passato che sente non appartenerle e un destino che non vuole avere.
E non le importa se ci sono altri quattro ragazzi a condividere con lei lo stesso destino.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Quando il campanello suonò andai ad aprire.
«Qualcuno ha ordinato la pizza?».
Mi vidi il cartone della pizza a due centimetri dal naso, perciò mio ritirai, istintivamente. Dietro al cartone c’era Richard — che aveva parlato — che se la rideva insieme agli altri.
«Entrate», li invitai, sorridendo. Li guidai verso camera mia e lì lasciarono tutti le loro borse.
Decidemmo di cenare sul tappeto di camera mia, visto che i miei genitori erano già usciti e non avrebbero potuto rimproverarci.
«Allora, Alex, di solito quando qualcuno prova a baciarti la tua reazione è quella di ieri sera?», rise Riky. 
«Mah, non lo so. Vuoi provarci?», lo presi in giro. «Magari stavolta incenerisco qualche sopracciglia!».
Tutti scoppiarono a ridere e Riky mi fece la linguaccia. «Certo, certo… Non faresti mai del male a questo bel faccino», ribatté lui. Allungò la mano verso di me, aprì il palmo verso l’alto e fece crescere davanti ai miei occhi una rosa rossa.
«Ma smettila di fare il cascamorto!», gli diede una spintarella Jason. 
«E perché?», chiesi io, prendendo la rosa che Riky mi porgeva. Lui si giro verso l’amico e alzò le sopracciglia, con sguardo fiero. Mi strinsi il fiore al petto. «Non lo sai che io prima di addormentarmi mi chiedo sempre m’ama». Presi un petalo e lo staccai. «Non m’ama». Ne staccai un altro. «M’ama, non m’ama», continuai, staccando ogni volta un petalo di rosa.
«Ehi, ehi, ehi!», disse Richard. «Non si fa con la rosa, piccola! Si fa con la margherita questo!». Ruotò il polso e il fiore che tenevo in mano si trasformò in una margherita.
«Sbruffone», disse Matt, alla mia destra. Allungò la mano e strappo quasi tutti i petali dalla margherita, poi portò il pungo davanti alla bocca e soffiò, aprendo la mano, in direzione di Richard.
«No!», urlò quest’ultimo. «Non sulla pizza». Ma ormai era troppo tardi.
Tutti risero del broncio che aveva messo Riky.
«Te lo sei meritato», intervenne Caroline, tra una risata e l’altra.
Riky fece spallucce e prese un altro pezzo di pizza. «Non è male», disse con la bocca piena.
Scossi la testa e addentai il pezzo che avevo in mano.
«Quindi vediamo se ho ben capito: tu», dissi indicando Car che era seduta di fianco a me. «hai il potere dell’acqua e come amuleto hai una collana con uno zaffiro», lei mi sorrise e annuì. «Tu invece hai il potere del fuoco e hai un anello con un rubino come amuleto», dissi indicando Jason, che annuì anche lui. «Mentre tu, Matt, hai l’aria, ma qual è il tuo amuleto?».
Il ragazzo biondo tirò fuori dal colletto della maglietta grigia una collana con una pietra ovale dal colore bianco perlato. «È una pietra di luna», annunciò.
Annuii. «E tu?», chiesi rivolgendomi a Riky.
Lui mi mostro un braccialetto con incastonato uno smeraldo.
«Ma la terra non dovrebbe essere un elemento femminile?», chiesi d’impulso.
Car, che stava bevendo dell’acqua, la sputò addosso a Jason, che le stava davanti, perché colta di sorpresa da una risata. Jason quasi non se ne accorse perché, come Car e Matt, stava anche lui piegato in due dalle risate.
«Stai attenta, ragazzina!», mi minacciò Riky puntandomi addosso il pezzo di pizza che aveva in mano.
Io mi morsi le labbra, per tentare di nascondere il sorriso, e alzai le spalle, come se non sapessi perché se la prendeva così tanto. «Cosa ho detto di male?», chiesi con aria innocente.
«Chiedi scusa o te ne pentirai», minacciò lui.
Io distolsi lo sguardo. «Non so proprio di cosa parl…».
Non feci in tempo a finire che lanciai un grido. Riky mi era piombato addosso e adesso ero distesa per terra, con lui che mi teneva inchiodata al pavimento. Con le mani cominciò a darmi pizzicotti sui fianchi e io presi a dimenarmi sotto di lui, cercando di spostarlo o, almeno, di allontanargli le mani. Ma non ci riuscii, quindi non feci altro che strillare.
«Chiedi scusa», diceva lui, mentre gli altri ridevano.
«No», dissi tra un urlo e l’altro.
Mi contorcevo sotto di lui, il solletico era qualcosa che non ero mai riuscita a sopportare, lo soffrivo tantissimo.
«Bene, allora continuo».
«Va bene, va bene, scusa!», strillai.
Subito dopo Riky si spostò, con un sorriso soddisfatto. «Vedi, non ci voleva tanto», disse aiutandomi a rimettermi a sedere e poggiando un braccio sulle mie spalle.
Io mi liberai e mi alzai in piedi. Poi gli diedi una spinta e mi misi a sedere dove era lui a sedere prima che mi piombasse addosso — tra Caroline e Jason. «Un girono avrò pieno controllo sui miei poteri e quel giorno mi vendicherò», lo minacciai. 
«Se vuoi ti insegno a bruciare le sue piantine», mi propose Jason e io gli sorrisi.
«Ma fino a quel giorno… Mi mangio la tua pizza», presi una fetta e me la portai alla bocca.
«No, non la mia pizza!», si lagnò Riky, ancora. 
Finita la pizza decidemmo di vederci un film. Io e Car ci opponemmo, ma alla fine vinsero i ragazzi — erano tre contro due — per un film dell’orrore. Matt e Riky si erano seduti per terra, appoggiati ai piedi del letto, mentre Jass e Car erano distesi a pancia in giù sul letto, con la testa al posto dei piedi, in modo che, posizionando il computer tra i primi due si potesse vedere tutti il film.
«Pop-corn?», chiesi. Se il film non mi doveva piacere potevo almeno affogare i miei dispiaceri negli snack!
Tutti esultarono. «Aspetta, ti faccio vedere un trucchetto!», mi fermò Jason. Lo vidi alzarsi dal letto e raggiungermi.
In cucina tirai fuori due pacchetti di pop-corn al microonde. Poi guardai Jass e, sorridendo, ne aggiunsi un altro, certa che i ragazzi avevano ancora tanta fame. Lui ricambiò il sorriso.
«Facciamo una gara?», chiese.
«Una gara?».
«Sì: vediamo chi riesce a fare più velocemente i pop-corn».
Inarcai le sopracciglia, ma acconsentii. Non avevo idea di come avrebbe fatto a cuocerli più velocemente del microonde, in padella ci mettevano più tempo e non riuscivo mai a non bruciarli. «Bene, e se vinco io, cosa ottengo?», chiesi, innocente.
«Me», disse lui con uno sguardo che avrebbe dovuto essere sexy.
«Ma per favore», lo allontanai con una spinta.
«Va bene, allora… Farò tutto quello che vuoi che io faccia, per una settimana», propose.
«Un mese!», lo sfidai.
Jass sgranò gli occhi. «Cosa? Un mese?! Assolutamente no!».
La sua reazione mi fece capire che non era per niente sicuro di vincere. «Mh mh, prendere o lasciare», lo provocai.
Si porto una mano alla testa e se la passò tra i capelli. «Va bene, ma se io riesco a preparare una porzione di pop-corn più veloce di quanto ci metti tu a prepararne una allora dovrai essere tu a fare tutto quello che voglio che tu faccia per un mese!», disse lui porgendomi la mano.
«Preparati a essere gentile», affermai, mentre gliela stringevo.
Quando tentai di ritirarla lui la strinse più forte e mi tirò più vicina a sé. «Attenta, ogni promessa è debito!», mi sussurrò all’orecchio. Poi mi lasciò andare e mi sorrise. «Dai te il via», disse indicando i pacchetti.
Ci preparammo tutt’e due. «Pronti, attenti… Via!», dissi, infilando rapidamente il sacchetto dentro il microonde che avevo già impostato. Mi girai e vidi che lui aveva il pacchetto ancora in mano. Inarcai un sopracciglio, mentre nella stanza risuonavano gia i pop pop degli snack.
Gli diedi le spalle, con un sorrisino soddisfatto: sarebbe stato facile vincere la scommessa. Gli scoppiettii diventarono sempre più frequenti e nella stanza si diffuse un odore stuzzicante di burro, segno che mancava più o meno un minuto alla fine della cottura, mi voltai verso di lui, per dirgli che tanto aveva perso, ma la frase mi rimase intrappolata in gola.
Sul bancone della cucina c’era un sacchetto gonfio di pop-corn pronti e un’altro, quasi pronto era sulla mano di Jason.
«C-co-come…?», non riuscito a capire.
Il ragazzo posò anche l’altro pacchetto sul bancone qualche secondo prima che il timer del microonde suonasse. Poi avvicinò la mano — che adesso aveva il mignolo e l’anulare piegati, in modo da formare una pistola — alla bocca e soffiò su una piccola striscia di fumo che usciva dalle due dita.
Mi sentivo come se la mascella mi fosse caduta sul pavimento.
«Ho vinto», disse Jason con un sorriso soddisfatto, mentre si portava le due dita — sempre piegate a mo’ di pistola — alla cintura, come se stesse rinfoderando l’arma.
«Ero convinta che tu non fossi certo di vincere», fu l’unica cosa che riuscii a dire.
«Sai… Dovresti imparare a bluffare», sogghignò, facendomi l’occhiolino. «Ora dovrai fare tutto quello che ti dico io, per due mesi!».
«Ehi, aspetta frena!», dissi io. «Due mesi?».
«Sì. La scommessa era che se io riuscivo a preparare una busta più veloce di te avrei vinto un mese. Però ne ho preparate due, quindi uno più uno…».
Restai a bocca aperta, senza riuscire a dire niente. Era vero, aveva usato proprio quelle parole, era stato chiaro, in modo da potermi fregare.
Richiusi la bocca e versai gli snack in due ciotole grandi, in silenzio e mi voltai per tornare dagli altri, indispettita.
«Non tenermi il muso, dai!», scherzò Jason. Girai la testa dall’altra parte, per ignorarlo. «Ogni promessa è debito», ripeté lui. « quindi se ti dico di non tenermi il muso…».
Alzai gli occhi al cielo e con un sospiro di rassegnazione gli feci un sorriso tirato. Lui storse la bocca e scoppiò a ridere. «Dovremo lavorarci su», mi prese in giro, mentre entravamo nella mia stanza.
«Su cosa dovrete lavorarci?», chiese Matt.
«Niente», risposi subito io.
«Alex adesso è la mia schiava per due mesi», ribatté invece Jass, fiero.
«Cosa?», scattò su Car.
I ragazzi scoppiarono a ridere. «Vai così, amico!», si complimentò Riky, dandogli il cinque. Sempre indispettita, mi lasciai cadere a terra con una ciotola di pop-corn, tra Matt e Riky, pensando che Jass mi avrebbe voluto il posto sul letto.
«Cosa fai lì?», chiese lui.
«Ti lascio il posto sul letto», risposi.
Lui si mise a sedere sul bordo e scosse la testa. «No, voglio che tu venga qui», annunciò picchiettando sul piumone accanto a sé.
Sconcertata, mi alzai e mi misi accanto a Caroline, dove Jass aveva indicato, poi anche lui si sdraiò accanto a me.
«Non giocare con me», mi lamentai con lui a bassa voce, dopo qualche minuto che il film fu iniziato, mentre Car, Riky e Matt discutevano animatamente dell’ambientazione del film.
«Oh, piccola, ho appena cominciato a giocare con te», mi sussurrò lui all’orecchio, facendomi salire un brivido sulla schiena che mi scosse tutta.
Car era troppo immersa nella conversazione, ma Jason se ne accorse, perciò scoppiò in una risata soddisfatta. Io abbassai gli occhi, con le guance che mi andavano a fuoco. «Car ha ragione», disse a tutti, come se fosse stato sempre a parlare del film. «Un bosco è un po’ scontato per un horror».

   
 
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