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Autore: Northeast    04/04/2016    0 recensioni
Alec ha diciotto anni, e ha appena detto alla sua famiglia di essere gay ma non l'hanno presa esattamente come si aspettava. Questo l'ha reso un po' debole, un po' stupido e un po' rotto.
Magnus Bane suona la chitarra da quando aveva sei anni, ed è appena entrato a far parte di una band di ragazzini. Ha sempre un sorriso sulle labbra ed un'esuberanza non comune. Sembra perfetto, sembra che niente possa scalfirlo, ma è davvero così?
Malec!AU
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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HELLO, IT'S ME. Continuo a non essere Adele, purtroppo *argh*
Beh, che dire, mi spiace per l'attesa ma avevo scritto questo capitolo tipo una settimana dopo il primo, doveva solo essere corretto quand'ecco che il mio fantastico pc decide che la ventola deve rompersi yuuu. Ho dovuto riscriverlo, quindi, ovviamente segue la linea generale dell'originale ma non è come quello TwT. Quello mi piaceva un sacco e questo buh. 
In questo capitolo c'è anche un piccolo spazio Magnus/Ragnor di cui ho adorato scrivere (BROTP)
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, non mordo, tranquille.
(a fine capito c'è un regalo per tutte voi, mi amerete, lo so)
Baci 
Nordest



Come as you are.
CAPITOLO II – starlight
 

Far away
This ship has taken me far away  
Far away from the memories

Of the people who care if I live or die
Starlight, Muse  
 


 
Quello che aveva davanti era forse il ragazzo più particolare che avesse mai conosciuto.
Era alto, qualche centimetro più di lui, e la sua figura era snella ma sembrava anche tonica. Le gambe affusolate era coperte da un pantalone di pelle nera, indossava anche una camicia larga color petrolio con degli intarsi oro e delle rouches sul colletto. Il tutto era completato da una giacca nera, anch’essa con dei ghirigori dorati. Ma ciò che più di tutto Alec trovò particolare furono gli occhi: il taglio era vagamente orientale e gli sembrarono verdi, ma non avrebbe saputo dirlo con sicurezza data la scarsa illuminazione nella stanza, avevano un non so ché di vagamente felino. Ed era bello.
“Magnus” si presentò porgendogli la mano. Ed Alec, afferrandola, pensò che anche il suo nome fosse particolare.
Lo sguardo di Magnus, però, lo metteva a disagio: era così profondo. Così voltò la testa, in imbarazzo e guardò sua sorella che li osservava come se sapesse esattamente cosa stesse succedendo, come se avesse tutto sotto controllo.
Così Alec la guardò, con uno sguardo quasi supplicante e sperò che Izzy capisse che significava: Non so cosa tu abbia in mente, ma qualsiasi cosa sia, ti prego non farla!
Izzy ghignò.
Stronza.


Isabelle conosceva suo fratello meglio di qualsiasi altra persona, meglio di se stessa. Sapeva che quando era nervoso si torturava le mani e quando era imbarazzato arrossiva e spesso si passava una mano dietro la nuca, sapeva che se era felice, la mattina faceva colazione con un cappuccino e se era triste con un caffè amaro. Sapeva, di lui, molte più cose di quante ne sapesse Alec stesso.
Sapeva anche che in quel momento Alec stava soffrendo più di quanto potesse immaginare. Lo dimostravano le spalle leggermente incurvate che sembravano sostenere un peso immane e gli occhi tristi e spenti.
Ma aveva visto il suo sguardo sorpreso quando aveva guardato Magnus e aveva anche notato che era leggermente arrossito. Era chiaro che suo fratello trovasse quello sconosciuto, dai vestiti leggermente eccentrici e bellissimi, bello.
E voleva regalargli una distrazione, perché ora più che mai ne aveva bisogno.
Quindi colse la palla al balzo.
Era dietro suo fratello di un passo e, quando Jace si riavvicinò al loro gruppo, lo spinse leggermente. Jace perse l’equilibrio ma si mantenne su Alec, che preso alla sprovvista  aveva rischiato di cadere sul ragazzo davanti a se che, inaspettatamente lo sostenne tenendolo per le ascelle.


Alec lo guardava dal basso con gli occhi blu leggermente spalancati, e le guance arrossate.
“Stai bene, fiorellino?” gli chiese.
Alec si tirò su, lanciò un’occhiataccia a Jace, e gli disse “Sì, scusa.”
Poi si incamminò verso la terrazza.
Alec si era poggiato con gli avanbracci alla ringhiera che circondava la terrazza. Notò che quella notte, seppure facesse leggermente freddo, il cielo era limpido e si riuscivano a scorgere le stelle.
Erano stupende, così distanti, così irraggiungibili.
Alec si ritrovò a pensare quanto gli sarebbe piaciuto essere distante, lontano da dove era ora. Si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto essere una stella, immobile il cui unico compito era splendere.
“è bellissimo il cielo stanotte, vero?” gli chiese una voce alle sue spalle. Alec voltò leggermente la testa ed osservò Magnus che si avvicinava ancora di più alla ringhiera dove lui era poggiato.
“Sì” sussurrò Alec.
Ci furono diversi minuti di silenzio, ma non un silenzio imbarazzante, anzi, era quasi rilassante. Però Alec si sentì in dovere di romperlo e, non avrebbe saputo dire perché neanche lui, parlare con quello sconosciuto.
“Non pensi mai di voler essere come le stelle?”
Magnus ridacchia prima di esclamare “ma lo sono già” per smorzare la tensione. Alec sorride.
“Perché vuoi essere come le stelle? Sono così lontane e irraggiungibili.”
“Perché splendono.”
“Lo sai che le stelle, per produrre la luce che tu vedi bruciano idrogeno ed elio a migliaia di gradi?”
“Sì, lo so.”
“Beh, vedi non splendono soltanto. Per splendere bisogna bruciare.”
Alec si girò verso Magnus, leggermente confuso.
Il ragazzo notò il suo sguardo e disse “Probabilmente se le stelle non bruciassero non sarebbero così splendide. È la sofferenza che ci forma, fiorellino.”
Alec voltò di nuovo il capo verso il cielo ed annuì distrattamente non dando peso al nomignolo che il ragazzo gli aveva dato. Pensò che forse aveva ragione, che forse prima o poi anche lui avrebbe trovato la forza di splendere. Poi la voce di Magnus lo distrasse dai suoi pensieri ancora una volta.
“Dovrei proprio andare, vado a cercare il mio amico. A presto Alec.”
Alec annuì ancora in direzione di Magnus, sorridendogli lievemente e cercando di ignorare quello strano senso di delusione che aveva provato appena Magnus gli aveva detto di doversene andare.
“A presto” sussurrò Alec non si sa bene a chi dato che Magnus era già andato via.

La mattina seguente Magnus si era svegliato di buon umore e con un sorriso quasi sognante che Ragnor non potette fare a meno di notarlo. Così, quando entrambi si sedettero a tavola per la colazione cercò di indagare.
“Perché sorridi così?” chiese sedendosi sulla sedia di fronte all’amico.
“Ho visto il ragazzo più bello di sempre, con gli occhi più belli di sempre” sussurrò Magnus “e non è soltanto bellissimo, è anche profondo e non sembra per niente stupido.”
Ragnor alzò gli occhi al cielo “mai possibile che ogni volta che andiamo ad una festa trovi qualcuno di estremamente bello da farti?”
“Non me lo sono fatto, questo è il punto!”
Ragnor parve sorpreso “non te lo sei fatto?!”
“No, abbiamo solo parlato un po’.”
“Parlato?!” sussurrò Ragnor, sempre più stupito.
“Sì, una strana conversazione sulle stelle” disse vagamente Magnus agitando una mano mentre con l’altra reggeva una fetta di pane imburrata.
“Stelle” ripeté Ragnor ancora più sconvolto.
Magnus ridacchiò leggermente per poi lanciargli contro una delle mele che tenevano nel cestino sul tavolo in legno accompagnato da un “togliti quell’espressione dalla faccia.”
Ragnor afferrò la mela al volo cominciando ad addentarla “il fatto che tu abbia solo parlato con un bel ragazzo mi lascia perplesso. Non pensavo ne fossi in grado, complimenti” ridacchiò passandosi una mano tra i capelli così biondi da sembrare quasi bianchi.
“Smettila, mi fai sentire una puttana” borbottò Magnus mettendo il broncio.
Effettivamente ciò che Ragnor diceva non era esattamente errato. Ogni qualvolta andavano ad una festa Magnus trovava sempre qualcuno con cui pomiciare o su cui strusciarsi e se era dell’umore riusciva anche a fare un home run.* Il fatto che avesse parlato con qualcuno ad una festa senza doppi fini era, effettivamente, strano. Doveva ammetterlo e dar ragione a Ragnor. Odiava dar ragione a Ragnor.
Il ragazzo biondo rise e Magnus riuscì a distinguere un “lo sei” tra le risate.
E allora prese tutto il cestino della frutta e glielo lanciò contro.

Alec era stato svegliato da una piccola peste che si era fiondata su di lui alle dieci di quel sabato mattina. “Max” biascicò Alec ancora mezzo addormentato “com’è andato il campeggiò?”
E il suo fratellino si lanciò in un racconto dettagliato di quelli che erano stati i suoi tre giorni in campeggio riuscendo a svegliare Alec completamente.
Quando Max ebbe finito con il suo racconto e dopo aver spiegato al maggiore come montare una tenda nel dettaglio, Alec prese Max sulle spalle e si diresse in cucina per la colazione.
Fu sorpreso di trovare già tutti lì, di solito erano Izzy e Jace gli ultimi e invece erano già comodamente seduti sulle loro sedie intorno al bancone apposito per la colazione. Izzy aveva in mano il cellulare e sembrava molto presa da qualsiasi cosa stesse facendo, ma appena avvertì la presenza di Alec gli sorrise, esattamente come faceva ogni mattina ma stavolta era più un incoraggiamento che un buongiorno. Infatti i suoi genitori erano lì, suo padre era seduto, come sempre alla destra di un Jace assonnato. Di solito alla destra dell’uomo c’era lui ma quella mattina il posto era stato occupato da Isabel. Alec guardò suo padre leggermente deluso, non lo aveva degnato di nessun tipo di attenzione quando era entrato nella stanza, non aveva neanche alzato gli occhi dalla sua tazza di latte e cereali. Sua madre, al contrario, lo fissava come se lo stesse studiando: come se fosse qualcosa di nuovo.
Si sedette di fronte ad Isabel e accanto a Max. Se non fosse stato per il più piccolo di famiglia, probabilmente, si sarebbero chiusi in un imbarazzante, scomodo e – per Alec – triste silenzio.
Alec si odiò per come li aveva ridotti tutti.

Quel pomeriggio Isabel andò nella camera di Alec, che era concentrato sul libro di chimica.
“Dovresti proprio smetterla di stare sempre chino su questi libri” gli disse afferrando il libro e chiudendolo.
“ehy!” esclamò suo fratello, in una debole protesta “stavo cercando di studiare!”
“E io di parlare con mio fratello” replicò sedendosi sul letto.
Alec girò la sedia in modo da guardare Izzy “di cosa vuoi parlare?”
“Come stai?” L’espressione sul volto di sua sorella era di sincera preoccupazione.
Scrollò le spalle “prima o poi passerà, immagino.”
“Mi dispiace tanto – mormorò con il capo chino, sconfitta – non avrei dovuto spingerti a fare qualcosa per cui nessuno di noi era pronto.” Ed era chiaro non si stesse riferendo solo ad Alec, ma anche ai loro genitori.
“Sarebbe successo prima o poi. Non preoccuparti, davvero” le rispose alzandosi dalla sedia per sedersi sul letto accanto a lei e, notando il suo sguardo ancora leggermente triste, le accarezzò una guancia. Isabel gli sorrise e sembrò rianimarsi.
“Allora, quel ragazzo alla festa…” cominciò con un sorrisino malizioso
“Magnus?”
“Magnus… interessante, non trovi?”
Alec arrancò, portandosi una mano dietro la nuca “uhm…ehm sì, era…uhm particolare”
“Particolare? Era un gran figo!”
Alec arrossì e balbettò qualcosa che non fu chiaro neanche a lui e Isabel rise, perché suo fratello non lo avrebbe mai ammesso ma non ce ne era bisogno.
“Magari potresti venire con me, domani, alle prove del gruppo” propose con sguardo complice
“Uhm ci penserò” le rispese un Alec con le guance ancora arrosate.
Izzy ridacchiò ancora una volta e poi gli scoccò un bacio sulla guancia prima di uscire dalla sua stanza.





*gli americani identificano con dei principi del baseball cose come le pomiciate, i rapporti orali e il sesso, nell'ordine: 
prima base è il bacio
seconda base : riuscire a palpare il corpo della ragazza
terza base : sesso orale 
home run : rapporto completo




u ready?




AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH *MUORE*
  
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