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Autore: SabrinaSala    08/04/2016    13 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 – Ti amo, Oscar… Ti ho sempre amata
 
 
«André! Ma dove sei finito André! »
La fragile voce della nonna si era fatta aspra e tenace. Quasi perentoria.
André terminò di lavarsi, ravvivò i capelli, strinse accuratamente il nastro blu alla base della nuca e indossò la camicia appesa al forcone.
La notte trascorsa nelle scuderie gli aveva lasciato un leggero indolenzimento all’altezza dei reni. Ma di entrare in casa, chiudersi nella propria stanza, guardare il soffitto o rigirarsi nel letto, pronto a cogliere il minimo movimento di Oscar non sarebbe stato meno angoscioso.
«André!», chiamò di nuovo un’inviperita Marie Grandier, affacciandosi alla finestra nella luce rosata dell’alba «Se non ti fai vedere subito, passerai un mare di guai, ragazzo! » minacciò.
Il ragazzo si palesò.
«Che cosa succede, nonna? » domandò varcando la soglia di palazzo con un largo e accomodante sorriso.
Mani sui fianchi, la donna lo fulminò con lo sguardo.
«Non fare il gradasso, figliolo! » lo redarguì severamente. «Vai subito nello studio del Generale. Madamigella Oscar ha chiesto di te!»
Afferrandolo bruscamente per un braccio, Marie lo invitò a non indugiare.
«Sbrigati e cerca di non farla arrabbiare, la mia Oscar! » continuò imperterrita.
«Credo non abbia passato una buona serata, povera la mia bambina!»
André sollevò impercettibilmente un sopracciglio e senza opporre resistenza si diresse verso lo studio, prima a passi decisi, poi rallentando man mano che vi si avvicinava.
Si rabbuiò. Non aveva cambiato idea e non aveva alcuna intenzione di cambiarla.
Qualunque fosse stato l’umore di Oscar, l’avrebbe affrontata.
Strinse i pugni e di nuovo aumentò il passo. Deciso. Cos’era successo, in fondo? Le aveva semplicemente dichiarato il proprio amore. Perché non doveva esserne almeno lusingata? Baciarla era stato forse azzardato. L’aveva colta di sorpresa e a lei non piaceva essere presa alla sprovvista. Lei, che pretendeva di avere sempre il controllo su tutto. Soprattutto su se stessa. Sorrise e si accorse di sorridere. Ebbene sì, l’aveva sentita fremere di rabbia e con quella rabbia avrebbe dovuto fare i conti, adesso.
Ma cos’era successo in fondo? si ripeté.
Raggiunse lo studio e si fermò davanti alla porta chiusa. La luce fredda dell’alba percorreva blanda il lungo corridoio riccamente ammobiliato. Gli sguardi di “lor signori”, imprigionati nei ritratti di famiglia, erano tutti puntati su quel giovane uomo bruno. Severi e forse un po’ sdegnati.
Bussò con decisione.
Il silenzio.
Di nuovo un sorriso gli piegò le labbra. Era proprio da Oscar, tenerlo sulle spine. Abbattersi su di lui con quei prolungati silenzi.
«Mi cercavi, Oscar? » domandò sornione, varcando la soglia e fermandosi subito dopo averla oltrepassata, pronto all’inevitabile scontro.
«Chiudi la porta, André».
Seduta alla scrivania del generale suo padre, Oscar continuò a scrivere senza sollevare lo sguardo sul proprio attendente.
Smorzando sul nascere un sospiro, André obbedì, poi si volse nuovamente a guardarla, impegnata nella stesura di un qualche documento, tornata nei panni abituali, le lunghe ciocche bionde sciolte sulle spalle, il volto accigliato.  E quando i suoi occhi, affamati di lei,  intercettarono le labbra dalla piega amara, un intenso calore gli pervase lo stomaco. La loro consistenza, il loro sapore sembrarono non aver mai abbandonato le sue. Il petto largo e profondo avvertì chiaramente la dolce pressione di quel corpo tonico e snello, come se ancora la tenesse stretta tra le braccia e avvampò, quando gli occhi di Oscar, sollevatisi inaspettatamente, lo trapassarono, inchiodandolo a terra.  
Sussultò. Dissimulando un lamento. Un mesto mugolio. Ma sapeva dal suo sguardo tagliente e attento che nulla le era sfuggito.
«E’ meglio che te ne vada, André».
La voce roca di Oscar riempì improvvisamente  la stanza.
«Mi hai chiesto tu di venire» rispose lui, accennando un sorriso, pronto ad accettare la sfida.
Un attimo di silenzio e di nuovo quella voce inconfondibile a fendere l’aria.
«Lascerai palazzo Jarjayes oggi stesso»
Oscar non sorrideva. Non sorrideva affatto, notò.
Il tono distaccato delle sue parole e la spietata tranquillità del suo sguardo gli tolsero il fiato.
Schiuse le labbra, inspirando profondamente.
«Tu non…» ma non c’erano parole che potessero reggere il confronto con l’espressione di Oscar.
«Non ti preoccupare per mio padre» proseguì lei, atona,  senza lasciargli il diritto di replica. «Inventerò io una scusa», concluse tornando ad occuparsi di quello che stava facendo.
Disperazione e orgoglio si mescolarono sul volto di André in un’unica espressione. Liquidato!
Tutto si sarebbe aspettato, tranne di essere allontanato in quel modo.
Tutte le sue congetture, la sua baldanza, le sicurezze…
Oscar lo aveva umiliato e affondato in un colpo solo. Il più crudele.
Gli occhi sgranati, André se ne restava immobile e incredulo. Lo sguardo incollato a quella testa bionda, china sul foglio, forse le sue dimissioni.
Possibile fosse così crudele, Oscar? Così distaccata e indifferente? Che fosse in grado di cancellare in un battito di ciglia gli anni trascorsi insieme?
Arrabbiati, Oscar! Prendimi a pugni! Colpiscimi! Non mi ribellerò, non ti fermerò! Ma non punirmi così… gridò la sua anima persa.
Ma non disse nulla di tutto questo. Non diede voce ai pensieri. Non sarebbe servito se non a umiliarsi ancora di più…
Si sentì mancare il respiro. Avvertì forte il desiderio di portare una mano alla gola per liberarla dalla morsa soffocante della disperazione.
Poi comprese. Reclinò leggermente la testa sul petto. L’aria riprese a circolare gradualmente. Sorrise e fu l’ira a impossessarsi di lui, per un attimo.
No, non era affatto indifferente, Oscar. Non era distaccata e fredda come avrebbe voluto far credere. Non era crudele… Era disorientata. Irritata. Terrorizzata.
Riconosceva il suo modo di agire. Oh, certo che lo riconosceva.
«Hai ragione tu, Oscar… Come sempre» disse con la voce più convincente che riuscì a modulare. «Hai ragione. Non potremmo andare avanti così, semplicemente ignorando quanto è successo… » la squadrò, cinico, cogliendo il suo leggero sussulto nonostante si intestardisse a non guardarlo e a scrivere chissà quali inutili e maledette parole.
«Me ne vado», asserì. «Ma lascia che ti dica una cosa… una soltanto. Poi non ne parleremo più…» si umettò le labbra, sollevando orgogliosamente il mento «Ti amo, Oscar. Ti ho sempre amata. Non so nemmeno da quanto» si fermò un istante, il tempo di un respiro. «Puoi mandarmi via, Oscar» riprese lentamente, senza smettere di guardarla «Ma questo non mi allontanerà mai da te» concluse voltandole bruscamente le spalle e abbandonando la stanza. 


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E siamo al terzo capitolo!
Qualcuno forse si aspettava la reazione di Oscar... qualcuno sarà rimasto decisamente deluso. Ma la storia, a questo punto, non è che all'inizio... A voi, care lettrici che avete deciso di seguirmi anche questa volta e che vivrete con me questo "esperimento" (un giorno saprete perché lo definisco tale, anche se, dalle mie precedenti note e premesse qualcosa vi ho già accennato), il compito di ipotizzare il futuro dei nostri eroi... Due parole sull'immagine che accompagna il capitolo: questa volta, giusto per cambiare un po', mi sono divertita con la colorazione digitale. La uso di rado, perché AMO quella tradizionale. Ma ogni tanto ci vuole, no?

A presto, su questi lidi o sul fandom "storico", 

Sabrina 
   
 
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