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Autore: Piccola1204    03/04/2009    1 recensioni
Noemi, ragazza dal corpo perfetto ma con la testa sulle spalle vive una vita tranquilla e spenzierata, quando l'ultimo anno di scuola superiore arrivano due ragazzi...i più belli che avesse mai visto che stravolgeranno completamente la sua vita di diciasettenne e quella della sua migliore amica Emily... °°Le ReCeNsIoNi SoNo GrAdItE =)=)°° ScUsAtE Ho ApPoRtAtO MolTe MoDiFiChE Al PrImO CapItOlo CoMe POi FaRò CoN tUtTi GlI AlTrI pERcHè NoN mI tOrNaVAnO alCuNe CoSe... ScUsAtEmI SpERo ChE vI PiACcIa UgUaLmEnTE... LaScIaTe MoLtE ReCeNsIOnI =)
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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"Odio le feste soprattutto quelle dove non ci si diverte!”dissi mentre fissavo...
«Hey ma quella è Emily e sta ballando con Matthew Carrol! Che fortuna!»
Avevo organizzato una festa meravigliosa tutti si stavano divertendo tranne io. Avevo deciso di fare la festa in maschera e quindi non riuscivo a riconoscere nessuno.
Samuel non era ancora ritornato, forse non mi aveva notata, ma come poteva non avermi vista, indossavo un lungo vestito azzurro molto ampio, i capelli raccolti in uno chignon dal quale usciva una ciocca di capelli che scendeva sul collo. Sul viso portavo una maschera dello stesso colore del vestito.
Erano le dieci passate e la festa era cominciata da un ora. Seduta su una poltrona guardavo le altre persone ballare mi stavo annoiando a morte. Se entro dieci minuti Samuel non si fosse presentato me ne sarei andata, al diavolo le congratulazioni per la festa.
I dieci minuti passarono molto lentamente. Guardai l’orologio le dieci e dieci precise e di Samuel nemmeno l’ombra.
Mi alzai, ero arrabbiatissima, decisi definitivamente di andarmene.
Stavo per uscire quando mi ricordai di Emily dovevo avvertirla non potevo andarmene senza dirle nulla. Andai da lei mi dispiaceva interromperla ma dovevo.
Le misi una mano sulla spalla e la feci girare.
«Scusa Emily se ti interrompo ma Samuel non è tornato, evidentemente aveva ben altro da fare questa sera io vado a casa!»
«Come non è tornato, vuoi che ti accompagni io?»
«No, andrò a piedi non è molto distante da qui».
«Sicura?»
«Si, te continua a divertirti. Ciao!»
«Ciao!»
Mi diressi verso l’uscita, quella era la peggior serata della mia vita, non avrei mai più rivolto la parola a Samuel come aveva potuto lasciarmi da sola dopo che mi aveva invitata alla mia prima festa dell’anno? No, non glielo avrei mai perdonato.
Immersa nei miei pensieri aprì la porta ma, non appena tentai di uscire un ragazzo mi dette una spallata spingendomi di nuovo dentro alla festa.
Inciampai nel vestito, stavo per cadere, quando un ragazzo si girò di scatto, mi prese con una mano dietro alla schiena e non mi fece finire a terra. Lo guardai era proprio un bel ragazzo, alto, biondo, ma non riuscivo a distinguere il colore degli occhi mi sembravano verdi.
Sul viso portava una maschera che nascondeva la sua identità.
«Stai più attenta». disse il ragazzo sorridendomi.
«Scusa è che mi hanno fatta cadere!»
Mi fece rialzare, notai che i suoi occhi non erano verdi, erano di un colore bellissimo, un azzurro intenso che si abbinava al colore blu del suo vestito.
Sembrava un principe, come maglia portava: una lunga tunica blu, sotto dei pantaloni di cotone sempre del colore blu, e infine alle mani aveva dei guanti bianchi.
Ci fissammo per alcuni secondi, ma ruppe la magia l’arrivo di Isabel Chippendale una ragazzina che mi aveva aiutata ad organizzare la festa visto che Rachel aveva rifiutato.
«Dobbiamo iniziare la scelta del re e della reginetta di stasera quindi tutti si devono mettere a coppie e ballare e… vedo che voi due… – ci guardò e subito dopo ci attaccò dietro la schiena due numeri uguali, eravamo la coppia numero dodici, ci spine in mezzo ad altre persone che già stavano ballando – dai cominciate a ballare è probabile che verrete eletti re e reginette della festa».
Erano le dieci e mezzo in punto e ci trovavamo al centro della pista da ballo.
Il ragazzo misterioso mi guardò negli occhi, pochi secondi dopo si inchinò e molto dolcemente mi chiese:
«Mi vuoi concedere questo ballo?»
Sorrisi ero un po’ imbarazzata, mi prese la mano, la avvicinò a se e l’appoggiò su petto, quell’altra me la mise intorno alla schiena e io sulla spalla.
Avevano messo una musica lenta per creare un po’ più di atmosfera.
Cominciammo a ballare, era davvero bravo, mi fece fare un giro.
«Lo sai hai degli occhi davvero meravigliosi, potrei restare a guardarli per ore e perdermici per sempre!»
Lo guardai intensamente e arrossì per la prima volta nella mia vita, nessuno mi aveva mai fatto un complimento simile.
«Perché prima te ne stavi andando le ragazze non dovrebbero uscire la sera da sole!»
«Un ragazzo mi aveva invitata a questo ballo è andato a casa sua per cambiarsi i vestiti e non è tornato».
«Perché non è tornato? Certo che i ragazzi di oggi sono tutti senza cervello!».
«Che cosa vorresti dire con questo?»
«Che non sa quello che si è perso!»
Mi fece fare un altro giro ma, per sbaglio gli pestai il piede.
«Scusa non volevo!»
«Non importa non mi hai fatto niente».
«Non mi era mai capitato di essere maldestra, ma è da un periodo di tempo che lo sono».
«Sarà solo un caso, o forse c’è un ragazzo che ti piace e tutte le volte che lo vedi non capisci più nulla e sei maldestra».
Feci un sorriso.
«No, per ora nessun ragazzo è riuscito a conquistare il mio cuore.”
«Bene allora ho campo libero».
«Può darsi».
Forse quel ragazzo non mi era del tutto indifferente, altro che Mark, Emily aveva proprio sbagliato.
Insieme ci mettemmo a ridere.
«E come si chiama questo ragazzo che mi ha reso così felice?»
«Samuel Tylor!»
«Samuel Tylor?»
«Si, lo conosci?»
«Si, è diventato capitano della squadra di calcio della scuola».
«Giochi a calcio?»
«No, ma mi piacerebbe molto, ma, la cosa che mi piace di più è praticare le arti marziali!»
«Pratichi arti marziali? È sempre stato il mio sogno imparare a difendermi!»
«Se vuoi ti insegno, non per fare il modesto ma sono molto bravo».
«Grazie, mi piacerebbe molto».
«Prego per me è un piacere!»
Il ragazzo misterioso mi prese con le mani intorno alla vita, mi alzò pochi centimetri da terra e mi fece fare un giro, doveva essere molto forte se era riuscito ad alzarmi così senza alcun minimo sforzo.
Mi mise di nuovo a terra e mi fece fare un casque.
Ci guardammo negli occhi, i miei si confondevano nei suoi, era davvero bello, il cuore cominciò a battermi forte, non era regolare, solo Mark mi aveva fatto questo effetto ed ora ecco un altro ragazzo che riuciva a conquistarmi...Ma cosa mi stava prendendo?
Si avvicinò, voleva baciarmi, cosa dovevo fare? Non lo conoscevo nemmeno per me era un estraneo. Il cuore accelerò i battiti, in quel momento mi venne in mente Mark, mi ricordai del primo giorno di scuola, ma perché pensai a lui io lo detestavo.
Le nostre labbra erano vicine e a sfiorarsi, ma io girai il volto dall’altra parte.
Lui mi rialzò, scosse le spalle, si allontanò di pochi passi e inchinandosi mi richiese di ballare.
Accettai.
«Come sarebbe il tuo tipo di ragazzo ideale?» mi chiese il ragazzo misterioso.
Rimasi meravigliata, quel ragazzo era sfacciato, ma ero rimasta davvero colpita da quel comportamento così dolce ma sicuro di se.
«Non saprei, di sicuro dolce, coraggioso e protettivo!»
Dopo un minuto di silenzio gli chiesi:
“E… la tua…”
Aspettai qualche secondo e vidi che lui non rispondeva.
Forse non mi aveva sentita o forse non voleva semplicemente dirmelo.. che stupida avrei sperato che dicesse qualcosa del tipo: molto simile a te o te… ma evidentemente per lui ero solo una storiella passeggera, quindi perché sprecarsi, perché rovinare la serata basta mi dovevo solo divertire.
Ballammo e parlammo per tutto il tempo. Non avevo mai passato dei momenti così felici, quel ragazzo riusciva a farmi sorridere senza farmi ogni secondo un complimento.
In gara erano rimaste solo due coppie, la numero dodici formata da me e il ragazzo misterioso, e la numero undici formata da Emily e Matthew.
«Sono ormai le undici passate e è ora di eleggere il re e la reginetta della festa!» disse Isabel
Rullo di tamburi.
«I vincitori sono?»
«A proposito non mi hai ancora detto il tuo nome!» chiesi.
«Giusto!»
Mi lasciò le mani, si schiarì la voce. «Piacere io sono M…»
«La coppia numero DODICI!»
Non riuscì a sentire il resto del nome. Una luce fortissima ci travolse, in pochi secondi ci trovammo circondati da tantissime persone. Tutti i ragazzi ci spinsero sul palco, dove volevano proclamarci re e reginetta.
«Congratulazioni avete vinto!» urlò Isabel
Si avvicinò al ragazzo, gli mise la corona. Si avvicinò a me ma, lui la fermò, prese la corona, si avvicinò a me mi spostò i capelli dagli occhi e delicatamente mi sistemò la corona.
«Ecco ora sei ancora più bella!»
Prese la mia mano la sua stretta era così sicura, sapevo che se mi fosse successo qualcosa di brutto lui sarebbe stato li accanto a me.
«Bacio, bacio» iniziarono ad urlare tutti quelli presenti nella sala.
Mi girò verso di lui, mi guardò negli occhi e molto lentamente si avvicinò.
“Hai davvero un buonissimo profumo…” disse sussurrando.
Si avvicinò alla guancia e senza toccarmi la pelle mi dette un bacio.
«Ora dovete svelare le vostre identità perché qui nessuno ha capito chi siete giusto?»
«Si, si, via la maschera!» urlarono in coro.
«Vogliamo svelare le nostre identità?»chiese il ragazzo.
«Va bene almeno sapremo chi siamo!»
Insieme ci levammo la maschera. Tutta la sala rimase colpita nel vedere chi fossimo.
Molto lentamente ci girammo a guardarci. Quando ci ritrovammo l’uno di fronte all’altro rimasi meravigliata.
Non ci potevo credere!
«Tu sei il ragazzo misterioso?»
“Si!”
«Mark sei davvero tu?»
«Si, chi vuoi che sia!»
Sconvolta da quella scoperta scesi dal palco e andai via.
Nella sala si sentì un enorme confusione di parole.
“La nostra bellissima Noemi si vuole far desiderare!”
Mi diressi verso la porta ma, non appena prima di uscire mi girai a guardare un ultima volta Mark che nonostante lo odiassi quella sera mi aveva fatta divertire.
La sera ormai era calata e non si riusciva a vedere nulla, apparte le luci che emanavano i lampioni, faceva freddo, tentai di riscaldarmi mettendo le braccia sulle spalle ma niente.
«Noemi!»
Mi sentì chiamare, mi girai, ma non vidi nessuno così continuai a camminare quando mi sentì afferrare per un braccio, quella stretta, me la ricordava bene, mi sembrò che il tempo si fosse fermato.
Mi girai sperando di trovare dietro di me una persona sola, l’unica che avrei voluto vedere in quel momento. Infatti Mark era proprio li che mi guardava.
«Cosa ci fai qui?»
«Volevo dirti che a scuola abbiamo cominciato con il piede sbagliato e questa sera è servita a chiarirci… poi ti volevo dire che stasera mi sono molto divertito con te, spero che lo sia anche per te!»
«Si, anche io mi sono divertita!»
Da li si sentiva la musica della festa, era una musica molto dolce.
“Sappi che io fin dall’inizio sapevo che te eri la ragazza misteriosa…. Ti riconoscerei tra mille Noemi…sei importante per me…”
Stranamente arrossì.
Lentamente si avvicinò al mio orecchio, e mi sussurrò:
«Ora che conosci la mia identità se ti chiedessi di ballare te accetteresti?»
Mi tese una mano e io senza pensarci due volte delicatamente gliela afferrai.
Lui mi avvicinò a se e cominciammo a ballare.
«Prima avevi detto di voler imparare le arti marziali».
«È vero, mi piacerebbe molto conoscerle, allora me le darai davvero delle lezioni?»
«Si certo».
«Prima ti avevo chiesto quale fosse il tuo tipo di ragazza ideale e te non mi hai risposto, ora me lo sapresti dire?»
Perché gli avevo rivolto di nuovo quella domanda le parole mi erano uscite di bocca, non è da me essere così curiosa e sfacciata.
Si avvicinò a pochi centimetri dal mio visto sentivo il suo respiro sulle mie labbra era una bellissima sensazione.
«Molto simile a te!»
Abbassai lo sguardo, e pensare che pochi minuti fa credevo di odiarlo. Allora non mi considerava una semplice storiella… ero davvero felice.
Mi brontolò lo stomaco, quasi non lo sentì nemmeno io.
«Vedo che hai fame!» disse Mark sorridendo.
«Sì un po’!»
«Conosco un ristorante ottimo non molto distante da qui che è aperto tutta la sera… ti va di andarci?»
«Si, ma non ho i soldi».
«Non ti preoccupare per stasera sei mia ospite».
Mi prese per una mano e cominciammo a camminare, non mi sentivo a mio agio con la mia mano nella sua ma, mi piaceva. In meno di cinque minuti arrivammo. Lasciai la sua stretta.
Il ristorante era molto carino assomigliava di più a una tavola calda.
Aveva le pareti colorate di rosa pesca, le tende erano rosse a quadretti che si abbinavano alle tovaglie che erano di un rosso acceso. Sulla destra del ristorante c’era il bancone per le ordinazioni, era tutto molto accogliente.
Ci sedemmo ad un tavolo, non c’era molta gente, però notai una coppia di ragazzi seduti ad un tavolo non distante dal nostro.
Si girò anche Mark a guardarli, quando si alzò e si avvicinò al ragazzo. Era Matthew.
«Cosa ci fai qui?» chiese
«Potrei farti la stessa domanda».
«Noemi, cosa ci fai qui?» chiese la ragazza che era al tavolo con Matthew.
«Emily ciao, Mark mi ha portata qui a mangiare un boccone e te? Vedo che ti trovi davvero bene con Matthew!»
«Si, te lo avevo detto, pensa che anche lui conosce la storia dei Pharrel lo sai?».
«Davvero?»
«Si e ha detto che dopo mi porterà alla casa e me la farà visitare!”
“Dici sul serio?»
«Si!»
Mi alzai di scatto dal tavolo e mi avvicinai a Matthew. Sapevo di non essergli simpatica ma volevo essere sicura di una cosa.
«Scusate se vi interrompo per la seconda volta, hai detto a Emily che dopo la avresti portata a casa Pharrel?».
«Si, le è molto piaciuta la storia su quella casa e così ho deciso di fargliela visitare» disse lui con tono scocciato.
Vidi Mark che guardava Matthew.
«La conosco anche io la leggenda» disse Mark.
«E non mi dici nulla?» chiesi ingenuamente.
«Te non me lo hai chiesto!».
«Possiamo venire con voi due vorrei anche io visitare la casa!».
«No, non credo che sia una buona idea».
«E dai Matthew per una volta potresti essere più gentile con Noemi- disse Emily- vi porteremo con noi, ma prima mangiamo qualcosa».
Ognuno ritornò al proprio tavolo. Poco dopo arrivò una cameriera che prese le ordinazioni.
«Perché ti interessa così tanto la leggenda sui Pharrel?».
«Pochi giorni fa mentre ero nel bosco dove c’è la casa, l’ ho vista e mi sono interessata alle sue origine. Michael mi ha raccontato la leggenda ma io volevo vederla all’interno per vedere come era e per capirne di più della sua storia».
«Cosa ci sarà mai da capire, in quella casa sono morte due persone e basta le leggende non hanno mai interessato nessuno a indagare sul loro passato!» mi rispose molto freddamente.
Perché era cambiato così all’improvviso, forse le storie di paura o leggende non gli piacevano. Per il resto della cena non parlammo. Ero dispiaciuta non volevo farlo arrabbiare.
Insieme ad Emily ed a Metthew iniziammo a camminare verso casa Pharrel. Non ne potevo più di quel silenzio. Mi stava facendo impazzire.
Aspettai che Emily e Matthew fossero pochi passi più avanti di noi e mi fermai. Mark notò subito che mi ero fermata e così si fermò anche lui.
«Perché ti sei fermata?».
Abbassai lo sguardo. Avevo un groppo in gola, non mi riusciva parlare. Mark si avvicinò.
«Mi dispiace tantissimo, non volevo farti arrabbiare!» dissi a bassa voce.
Mark mi prese la mano e la strinse nella sua.
«Non sono arrabbiato. Come potrei arrabbiarmi con una persona dolce come te!»
Subito alzai lo sguardo, come era dolce.
Tenendo sempre la mano nella mia raggiungemmo gli altri.
«Posso farti una domanda?».
«Certo dimmi!».
«Perché porti sempre i guanti?». Mark si guardò le mani.
«Sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto».
«Se non vuoi rispondere non importa!».
«No, porto sempre i guanti perché da piccolo mia madre aveva messo a cuocere un toast io avevo troppa fame e non avevo voglia di aspettare così presi una sedia mi arrampicai sul mobile e presi il toast. Mentre lo prendevo mi bruciai con il metallo che lo avvolgeva e così mi sono rovinato le mani».
«Mi dispiace!».
«Non fa niente oramai ci ho fatto l’abitudine!».
Doveva essere proprio una brutta bruciatura se non voleva farla vedere a nessuno. Non molto più tardi arrivammo dietro la scuola.
Attraversammo il bosco, sembrava che Matthew sapesse bene dove si trovasse la casa.
Arrivammo, non vedevo l’ora di entrare, strinsi ancora di più la mano a Mark.
«Hai paura?»
«No, non vedo l’ora di entrare e vedere l’interno della casa» Mark fece un sorriso malizioso.
Matthew aprì il cancello, senza problemi, la catena che c'era il giorno prima era aperta,forse io ed Emily non avevamo guardato bene e era aperta...non capivo più niente, ma in quel momento ero troppo eccitata all’idea di entrare che non ci feci molto caso.
Attraversammo il giardino e ci trovammo davanti alla porta della casa.
Mark mi lasciò la mano e andò davanti alla porta di ingresso. Con un enorme spintone la aprì muovendo molta polvere all’interno.
La casa era grandissima, davanti a me c’era un enorme camino con ai lati due ampi scaloni che conducevano al piano superiore. A destra accanto all’entrata c’erano due archi, uno portava alla sala da pranzo, il secondo portava ad una stanza grandissima forse li ci tenevano delle feste.
Cominciai a girare per la casa, era bellissima su tutte le pareti erano appesi dei dipinti. Ero affascinata da tanto splendore entrai nella stanza enorme a sinistra dell’ ingresso, quando sentì una melodia molto dolce suonata da un pianoforte.
Mi lasciai trasportare e cominciai a ballare. Però mi mancava una cosa, l’accompagnatore, seguì il suono ed arrivai al punto da dove proveniva la musica.
Mark era ad un pianoforte e stava suonando. Era bravissimo. Mi avvicinai lentamente e mi sedetti su una poltrona. Mi guardai un po’ intorno quando vidi che la stanza in cui ci trovavamo era quella che aveva visto pochi giorni prima. Mark finì la sua melodia.
«Sei molto bravo a suonare il pianoforte!»
«Grazie, era una mia composizione».
«Davvero?Allora posso farti sentire una canzone io?».
«Sai suonare?».
«Si, non bene come te ma lo so suonare!».
Mi avvicinai al pianoforte, mi sedetti vicino a Mark e iniziai a suonare. Mi guardò e sorrise, poche note dopo anche lui cominciò a suonare. Stavano facendo la stessa melodia a quattro mani. Tentai di fare qualche nota in più per renderla più bella e sorprendere Mark, ma lui ne fece altre ancora più belle. Mi stavo divertendo tanto.
Fummo interrotti dall’arrivo di Matthew e Emily. Mark si alzò e andò da Matthew.
«Perché non ci suoni uno dei tuoi brani più belli?».
«Non so se mi riescono più è da tanto che non li suono».
«Prova!»
Mi alzai volevo lasciare Emily e Matthew soli, così continuai a visitare la casa. Entrai nella stanza accanto alla sala del pianoforte, era la sala da pranzo.
In mezzo alla stanza c’era un tavolo molto lungo forse fatto per ospitare tante persone e ai lati della stanza c’erano degli scaffali colmi di piatti e bicchieri decorati a mano.
Iniziai a guardarmi intorno. Attirò la mia attenzione un quadro, era una donna, molto bella, aveva dei lineamenti molto delicati.
Sotto al quadro c’era una targhetta in argento con scritto “Emma Pharrel”, sentì una presenza nella stanza, qualcuno era entrato.
Mi girai e appoggiato al muro c’era Mark che mi guardava con il suo solito sguardo, lo stesso che la colpì il primo giorno di scuola.
Abbassai la testa e poi continuai a guardarlo fisso negli occhi, non mi era accorta che mi stavo avvicinando sempre di più a lui. Mark invece se ne era accorto e mi venne incontro. Ci fermammo l’uno poco distante dall’altro.
«Ti va se ti faccio da guida per la casa?»
Annuì, gli occhi di Mark mi avevano incantata. Mi prese per mano, e mi fece salire le scale. "Questo piano era occupato dalle camere. Sulla sinistra c’è la camera dei Pharrel e due camere per gli ospiti. A destra dopo aver percorso un lungo corridoio c’è la camera del figlio dei Pharrel più uno studio"
"Dove andiamo?"
Mi porto all’interno di una stanza.
«Questa era la camera di Emma ed Eric Pharrel».
«è bellissima!».
Era una camera da letto molto grande e lussuosa aveva un letto a baldacchino con delle tende che cadevano vicino al letto di colore bianco panna. Le lenzuola erano di seta rosse.
Davanti al letto infondo alla stanza c’era una porta finestra che dava su un terrazzo. Ai lati della stanza c’erano degli scaffali pieni di libri e accanto ad essi delle poltrone. Ero incantata, mi avvicinai alla libreria e lessi alcuni titoli dei libri:
«Animali e malattie».
«Noi e gli animali: come comunicare con loro».
«Sono titoli davvero insoliti ma, interessanti».
«Si, i signori Pharrel volevano scoprire come salvare gli animali.”
“Che persone sensibili».
«Non direi!»
«Perché?».
Non rispose alla mia domanda.
«Vieni ti faccio vedere un’altra stanza».
Capì che Mark non voleva rispondermi. Mi sa che faceva parte del giro per la casa, di sicuro me ne avrebbe parlato più tardi.
«Quale?».chiesi insoddisfatta.
«La stanza del piccolo Nicolas il bambino dei Pharrel».
Camminammo in direzione dell’altra stanza, sembrava molto più lontana da quella dei Pharrel, solitamente le camere dei bambini sono più vicine a quelle dei genitori per sentire se aveva bisogno di qualcosa durante la notte.
Stavamo attraversando un lungo corridoio. Il pavimento era fatto in marmo grigio e le pareti erano ornate con quadri di tutti i membri della casa.
Mi fermai a guardare un quadro, era Emma Pharrel, sembrava il quadro cha avevo visto prima ma lei era diversa, aveva sempre gli stessi capelli e gli stessi occhi ma, il colore della pelle era diverso, la sua espressione era completamente diversa.
La pelle era molto chiara quasi sembrava bianca, e sotto gli occhi aveva delle occhiaie molto evidenti, sembrava che non dormisse da giorni prima di ritrarla in quel quadro.
Il sorriso era cambiato, era più cattivo non più il sorriso dolce e caloroso che aveva visto nel quadro.
Il quadro accanto a quello era strappato, forse perché troppo vecchio, invece sembrava proprio stappato.
Alzai un pezzetto dell’immagine, era un uomo, assomigliava vagamente a Mark, solo che era diverso da lui, era castano con gli occhi marroni, aveva solo l’espressione uguale, no, non poteva essere, guardai il nome scritto sotto il quadro «Eric Pharrel», Mark non poteva essere loro figlio, se si chiamava Nicolas.
«Noemi cosa aspetti a venire?»
Distolsi lo sguardo dal quadro.
«Arrivo».
Lo guadai un ultima volta Eric assomigliavano troppo a Mark. Cominciai a camminare verso il punto dove avevo sentito Mark che mi chiamava. Lo vidi… era in piedi davanti ad una porta, aveva uno sorriso che mozzava il fiato.
«Dovrei farti qualche domanda».
Mi fissò, arrossi, abbassai lo sguardo nel tentativo di sottrarmi ai suoi bellissimi occhi azzurri.
«Cosa mi vuoi chiedere?»
Vidi Mark che si avvicinava ad uno scaffale e afferrò un oggetto. Sembrava avesse preso una statuetta a forma di angelo.
«Sei tu…».
Non feci in tempo a finire la frase che Mark mi lanciò l’oggetto. Rimase immobile, non credevo che l’oggetto mi colpisse, non credevo che Mark volesse farmi del male, ma non appena vidi con quanta velocità e potenza veniva verso di me mi spostai facendolo finire a terra.
«Cosa fai? Hai deciso di uccidermi?»
«Volevo vedere se avevi dei buoni riflessi, e sembrerebbe di si».
«Cosa ti interessa saperlo?».
«Se dovrò darti lezioni di arti marziali vorrei vedere se sarai all’altezza».
«Ne dubiti?».
«Lo vedremo!».
Capì che si trattava di una sfida, ma come potevo attaccarlo o muoversi liberamente, avevo un vestito enorme, non ci sarei mai riuscita.
Mark vedendomi in difficoltà cominciò a correre verso di me. Non riuscì a seguire i suoi movimenti era velocissimo. Non ce la feci nemmeno a spostarmi che lui mi afferrò un braccio e me lo immobilizzò dietro la schiena.
«Cosa mi stavi chiedendo prima?».
Tentai di liberarmi dalla sua presa, ma non ce la facevo era troppo forte.
«Sei tu il figlio dei Pharrel?»
Mark allentò la presa, sembrava che la mia domanda l’avesse confuso ma, subito dopo si mise a ridere.
Lo guardai male, cosa aveva da ridere?
«Tu hai pensato che io potessi essere il figlio dei Pharrel!?»
«Si perché, assomigli tantissimo ad Eric».
«Allora io dovrei avere più di cento anni, chiamarmi Nicolas ed essere mezzo vampiro e mezzo licantropo?» continuò a ridere.
Diventai tutta rossa, ero imbarazzatissima, non riuscivo più a guardarlo. Gli detti le spalle da quanta vergogna provavo in quel momento.
Mark vedendomi smise di ridere, si avvicinò, mi prese la mano, mi girò e molto dolcemente mi abbracciò.
Mi sentì pietrificata da quell’abbraccio, il cuore non riusciva a smetterle di battermi forte. Mi vennero le lacrime agli occhi, ero emozionantissima, voleva rimanere così per sempre tra le sue braccia, voleva che quel momento non finisse mai.
«Capita di sbagliare» disse dolcemente.
Mi allontanai, quella espressione mi aveva irritata…
«A tutti capita, ma non a me, prima d’ora io non ero mai arrossita non avevo mai sbagliato, ma, quando ci sei tu vicino a me e mi guardi, io non sono più me stessa, sei la prima persona che mi abbia mai fatto provare un emozione forte».
Restammo pochi secondi in silenzio quando, Mark tentò di avvicinarsi.
«Noemi…».
Lo allontanai ancora.
«No Mark fermo, dimentica tutto quello che ti ho detto».
«Ma…»
«No, non siamo venuti qui per parlare di noi, ma per i Pharrel».
«Va bene.»
«Comincia a raccontarmi cosa sai!».
Entrammo in camera di Nicolas, lui si mise a sedere su una poltrona vicino ad una finestra, così che potesse entrare un pochino di luce lunare visto che la corrente in quella casa non c’era.
Guardai la stanza, quella era una camera da bambini normalissima con un letto ed una scatola piena di giochi.
Mark mi fece cenno di sedermi su una poltrona vicino la sua.
«Sarà una storia molto lunga è meglio che ti siedi, non vorrai rimanere in piedi».
Mi sedetti e cominciai a guardare Mark in attesa che cominciasse a parlare.
«Tutti quelli che conosco la leggenda sui Pharrel affermano che sia stato Nicolas ad uccidere i genitori perché era l’unico che si trovava insieme a loro, i Pharrel non avevano amici e quindi era l’unico che poteva ucciderli all’interno della casa.
Emma ed Eric Pharrel non erano delle persone deliziose anzi erano spietati. Ti racconterò la loro storia da prima che venissero ad abitare in questa casa.
Emma era una vampira ed era la prediletta del capo perché spietata e bravissima nel compiere le missioni che le venivano assegnate, nessuno osava mettersi contro di lei.
Eric invece era un licantropo e figlio del capo quindi il favorito.
I vampiri e i licantropi sono in lotta da molto tempo per determinare chi delle due casate sia la più forte.
Quando si creava un conflitto tra un vampiro ed un licantropo veniva risolto con una lotta fra i due. Chi vinceva aveva vinto la causa e chi perdeva doveva essere eliminato. Ben presto però i vampiri e i licantropi furono costretti ad allearsi per sconfiggere un male maggiore, ancora più forte di loro: gli entis. Gli entis sono nati prima dei vampiri e licantropi infatti sono molto più forti e bravi nel manipolare la mente. Sono molto difficili da individuare perché quando si trasformano non subiscono mutazioni a livello fisico ma solo nel volto: il colore degli occhi diventa giallo, cambia la forma della pupilla, la lingua muta e diventa biforcuta e infine gli unici due denti che hanno sono affilatissimi e impregnati di veleno non per questo il loro nome deriva da serpentis in latino... e sia per convenzione che per non farsi riconoscere si fanno chiamare entis.
Gli entis avevano cominciato ad avere sempre più seguaci e a diventare sempre più forti e, questa cosa non andava bene perchè il loro obbiettivo era diventare imbattibili.
Così le due casate decisero di mandare il più forte dei vampiri e il più forte dei licantropi alla ricerca del capo degli entis. Mandarono così Emma ed Eric alla loro ricerca. Quella sera il capo avrebbe cercato dei seguaci alla festa in città che si teneva ogni anno il 15 di novembre per festeggiare il patrono di Standwood. Si mescolarono con la folla e lo cercarono, ma non lo trovarono, forse gli avevano fatto credere che il capo si trovasse li ma invece non lo trovarono. Emma era molto affranta per il suo fallimento, lei che era la migliore come poteva aver fallito, mentre camminava in mezzo alla gente urtò un uomo facendolo cadere a terra. Era Eric. Un licantropo aveva avuto ordine dal padre di Eric di seguirlo per essere sicuro che non si trovasse in pericolo.
Il licantropo che aveva assistito alla scena vedendo Eric a terra credette che Emma volesse sfidarlo perché aveva intralciato le sue ricerche. Corse subito dal suo capo e lo informò dell’accaduto ma non sapeva realmente come erano andati i fatti. Subito Emma lo aiutò a rialzarsi fosse stata in altre circostanze non lo avrebbe mai fatto. Eric rimase colpito dall’enorme bellezza di Emma ed ebbe subito l'imprinting con lei, cominciarono a parlare.
Lui la invitò nel bosco dove ci troviamo noi e le fece vedere questa casa. Le disse che il suo desiderio più grande era andare a vivere lì. La sera tardi tornarono a “casa” e lì li informarono che presto si sarebbe svolta una lotta tra il discendente dei licantropi e la migliore vampira. Nessuno dei due aveva capito il motivo. Nel frattempo Emma ed Eric continuarono a frequentarsi. Arrivo il giorno del combattimento, tutti e due erano sicurissimi di vincere ma non appena si trovarono l’uno di fronte all’altro rimasero meravigliati.
Cominciarono a combattere ma non usarono tutta la loro potenza anzi avevano paura di fare male all’altro, ma non potevano deludere le persone che credevano in loro. Emma ricevette un pugno che la stese per terra, Eric poteva benissimo eliminarla e aggiudicarsi la vittoria, ma non lo fece. «Io mi arrendo!» disse Eric convinto delle sue azioni. “Perché figlio mio?” chiese suo padre con che capo. «Mi sono innamorato di lei!». «Emma che cosa aspetti è il tuo momento! Avanti uccidilo!» urlò il capo dei vampiri. «Mi arrendo anche io!». «No, Emma non puoi farmi questo, non mi dire che provi qualche cosa per lui?» «Si!». Il capo dei vampiri se ne andò indignato. Da quel giorno gli fu impedito di vedersi finchè un giorno non scapparono e andarono a rifugiarsi in questa casa. Qui scoprirono che potevano vivere nutrendosi degli animali, Emma in un primo momento non fu molto soddisfatta della proposta perché lei si nutriva di sangue umano no di animali, ma capì che se voleva rimanere con Eric doveva adattarsi.
Cominciarono la loro vita dentro questa casa con il cognome di Pharrel.
Ben presto si sposarono e ebbero un figlio Nicolas che in lui racchiudeva sangue vampiro e licantropo, di giorno era un licantropo e di notte un vampiro… però diversamente dai vampiri lui poteva morire di vecchiaia anche se cresceva molto lentamente per lui un anno di vita erano otto nostri.
Gli entis però non si davano pace e continuavano ad avere sempre più seguaci. Il pericolo si faceva sempre più vicino e più forte, allora i vampiri e i licantropi decisero di allearsi per sconfiggerli. L’unico modo per sconfiggere il capo e così anche i suoi seguaci era unire in un unico corpo il discendente dei vampiri che in questo caso era Emma perché il capo non aveva avuto ancora un figlio da poter mandare in guerra, e dei licantropi Eric . Arrivò il giorno della morte di Emma ed Eric Pharrel, quella sera furono uccisi dal capo degli entis prima che potessero essere informati del piano dei due capi delle casate. I Pharrel dopo anni di ricerche erano riusciti a trovare una medicina che potesse uccidere gli entis. Temendo che potessero usarla un giorno contro di loro per sconfiggerli decisero di farli fuori. Quando i due capi andarono a casa Pharrel in cerca di Emma ed Eric li trovarono morti, loro non sapevano del bambino. Gli entis lo avevano rapito per poterci fare degli esperimenti e per poter ricreare altri esseri come lui... perchè era più forte di qualsiasi altra creatura. I capi decisero ugualmente di unire in un unico corpo un vampiro e un licantropo. Misero su un esercito e andarono a combattere contro gli entis.
Fu una guerra lunga ed estenuante, nella quale non riuscirono ad eliminare il capo dei vampiri perché era molto più forte di loro ma riuscirono ad indebolire il loro esercito. Mentre perquisivano il loro quartiere generale trovarono il piccolo Nicolas in un primo momento cedettero che fosse un entis invece scoprirono che era il figlio di Eric ed Emma perché aveva sia il sangue vampiro che licantropo.
Decisero di bruciare tutti quello che era nel loro quartiere generale così che se un giorno fossero tornati avrebbero dovuto ricominciare tutto da capo.

Ero sbalordita…non avrei mai immaginato che questa casa potesse avere queste origini.
Un brivido mi percorse la schiena ero senza parole. Passò un minuto di silenzio sia Mark che io non aprimmo bocca.
«Ti ha messo paura questa storia?»
«No, mi è piaciuta, non sapevo che esistessero queste altre forme di vita!»
«Non credi ai vampiri Noemi?»
«No, o almeno fino ad ora».
«Bè questa storia ne è la conferma!»
“È solo una leggenda!Nient’altro!»
Mark rimase in silenzio.
«Te ci credi?»
«Io credo che niente deve essere dato per scontato!»
«Posso farti una domanda?»
«Certo!»
«Come fai a conoscere questa storia?»
Mi sorrise con il solito sorriso malizioso che mi levava il fiato.
"é una leggenda la conoscono tutti!"
"Si, ma stranamente io non la conosco!"
"Basta documentarsi... alla libreria è pieno di libri che parlano dei Pharrel!"
«Mark, Noemi correte Matthew ha la febbre!»disse Emily entrando nella camera urlando.
«La febbre?» chiesi
Mi alzai e mi diressi verso la stanza dove si trovava Matthew, era ancora seduto al pianoforte.
«Matthew hai la febbre?» chiesi preoccupata.
Lui non rispose nemmeno. Perché Matthew mi rispondeva sempre male, forse gli stavo antipatica ma non riuscivo a capire il motivo. Poco dopo arrivò anche Mark.
«Ho provato a dire che non avevo niente e che era la mia normale temperatura corporea ma non mi ha dato ascolto».Disse Matthew rivolto a Mark
Sembrava preoccupato, aveva per caso paura di Mark?
«Io pensavo che tu avessi la febbre, scusa se mi sono preoccupata!» disse Emily abbattuta.
Uscì dalla stanza, Matthew non si meritava tutte le attenzioni che gli dava Emily… lei era dolcissima e lui un ragazzaccio se mai la farà soffrire non la passerà liscia.
Tornai nell’ingresso e notai uno splendido orologio a pendolo posto vicino al camino. L’orologio segnava le quattro e mezzo di notte, evidentemente si era fermato, guardai il mio e vidi che era mezzanotte passata… era tardissimo dovevo tornare a casa.
All’improvviso sentì una sensazione vicino all’orecchio e una voce mi sussurrò:
«Devi tornare a casa?»
«Si». Rispose lei capendo chi fosse.
«Vuoi che ti accompagni?»
«No, non importa, tornerò a casa con Emily».
«Va bene, ma un' ultima cosa».
Mi afferrò la mano e mi girò verso di lui.
«Questa sera è stata davvero magica, e poi volevo dirti di non fissarti molto su questa casa e sulla sua storia, come hai detto te, è solo una leggenda!»
Sorrise.
Anche io sorrisi, gli lasciai la mano e andai a chiamare Emily.
«Emy è tardi, mi sa che dobbiamo andare a casa!».
«Va bene…». Era seduta accanto a Matthew erano così carini insieme.
«Buona notte Emily». Disse Matthew guardandola.
«Buona notte Matt"
Insieme ci incamminammo alla porta di ingresso per uscire e tornare ognuna alla propria casa.
  
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