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Autore: Biohazard    21/04/2016    2 recensioni
Uno scintillio poco lontano catturò la sua attenzione. Tenendo i sensi all’erta, si diresse verso quel luccichio dorato, domandandosi di cosa potesse trattarsi. Mano a mano che si avvicinava, la curiosità lasciò lo spazio allo stupore: si trattava di un albero, un albero d’oro. Harry era totalmente rapito da quell’immagine, allungò le dita per poterlo toccare, ma in quel momento una voce risuonò direttamente dentro la sua testa.
“Aiutami.”
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Lost Memories
 
 
 
 
 
Si erano smaterializzati di nuovo in albergo per prendere le loro cose. L’appuntamento era tra un’ora davanti all’ingresso dell’abbazia di Trèhorenteuc. Nonostante fosse notte fonda, Harry non voleva attendere oltre, non dopo quello che aveva scoperto. Il patronus di Malfoy era una cerva e lui non riusciva ancora a metabolizzare quell’informazione. Quando l’incanto si era dissolto, Malfoy era semplicemente uscito di corsa dalla stanza, senza incrociare lo sguardo di nessuno. Piton era l’unico Mangiamorte in grado di produrre l’Incanto Patronus e lo aveva insegnato a Malfoy. Perché? Forse come Silente aveva visto qualcosa di buono nel Serpeverde? E la cerva? Quella era sempre stata la forma del suo patronus oppure era mutata a seguito di qualche sconvolgimento emotivo, proprio com’era accaduto a Tonks?
Harry non aveva risposta per nessuna di quelle domande e di certo non poteva porle al diretto interessato senza beccarsi una fattura languelinga. Appena smaterializzati, Ron aveva iniziato a straparlare, ma tutta l’attenzione di Hermione era concentrata su Harry e sembrava seriamente preoccupata. Il Grifondoro dal canto suo si era congedato con un semplice “Vado a prendere lo zaino” ed era scivolato fuori dalla stanza dei suoi amici. Con due o tre colpi di bacchetta aveva appellato tutto il necessario e adesso se ne stava sul letto steso a pensare.
Cosa doveva fare? Era scombussolato ed irritato e, ancora una volta, si sentiva come se fosse stato tenuto all’oscuro di qualcosa. Quante cose Piton e Silente avevano taciuto? A distanza di anni questo quesito tornava a tormentarlo. Anche Draco era stato una pedina?
“Dannazione!”
Si alzò di scatto da letto, camminando avanti e indietro per la stanza, passandosi una mano tra i capelli.
 
“Sai, può darsi che tu abbia dimenticato qualcosa…”
 
Harry si girò di scatto e per la sorpresa e lo spavento cadde sul pavimento, afferendo istintivamente la bacchetta. Davanti a lui c’era la figura evanescente di una donna. Indossava una lunga tunica bianca, aveva lunghi capelli biondi e due affiliati occhi grigi, decisamente simili a quelli di Malfoy. No forse erano proprio uguali.
“Chi sei?”
 
“Non è questa la domanda che devi porti, Harry.
Lo scoprirai a tempo debito,
ora devi ricordare quello che hai dimenticato.”
 
 
Muoveva le labbra, ma come per le altre volte, la voce partiva direttamente dalla sua testa. Vide la donna puntare un dito verso di lui, non ebbe neanche il tempo di alzare un sortilegio scudo che tutto divenne buio.
 
 
 
 
"Quella bacchetta procura più guai di quel che vale » concluse Harry. Poi voltò le spalle ai dipinti. Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù. “E sinceramente” aggiunse, “ho passato abbastanza guai per una vita intera”. [1]
Ron continuava a guardarlo incredulo, mentre Hermione annuì con un sorriso sulle labbra.
“Professore, c’è un posto nel suo studio dove possa nascondere la bacchetta fino a quando non l’avrò riposta nuovamente nella sua tomba?”
“Certamente ragazzo mio.” rispose Silente e, con uno scatto, il dipinto si aprì, rivelando l’apertura nascosta nella quale Piton aveva riposto la vera spada di Godric Grifondoro all’insaputa di Bellatrix. Harry vi depose la Bacchetta di Sambuco.
“Domani farò in modo che torni dove stava” disse Harry, rivolgendosi al ritratto dopo che si fu richiuso, poi si avvicinò alla scrivania per riprendere la sua bacchetta e fu allora che il suo sguardo cadde su quella di biancospino; la bacchetta che aveva sconfitto Voldemort; la bacchetta di Draco Malfoy. La prese delicatamente tra le mani, continuando ad osservarla: adesso che aveva nuovamente la sua, non aveva più bisogno di possedere quella di Draco.
“Hermione, ti devo chiedere un favore” disse rivolgendosi all’amica «Potresti mandare un patronus a Kingsley chiedendogli di venire qui? Ovviamente da solo. Desidero sistemare ultima faccenda prima di riposarmi» Hermione e Ron guardarono Harry con sguardo interrogativo, ma nessuno dei due mosse repliche al riguardo.
“Expecto Patronum” una lontra argentea si sprigionò dalla bacchetta di Hermione e con un semplice balzo, uscì dall’ufficio.
“Cos’hai in mente Harry?” chiese dubbioso Ron.
“Devo dire a Kingsley di non arrestare i Malfoy, credo che al momenti basti solo una sorveglianza per Lucius.” rispose semplicemente, lasciandosi scivolare mollemente su una sedia lì vicino; gli facevano male tutti i muscoli.
“Ma sei impazzito?” disse Ron con voce acuta, guardando Harry come se fosse pazzo; anche Hermione era rimasta basita “Ti rendi conto di chi stai parlando? Sono i Malfoy! Dopo tutto quello che hanno fatto, hai intenzione di scagionarli?”
Harry capiva benissimo la reazione dell’amico e sapeva di dovergli delle spiegazioni, così cominciò a raccontare di com’era tornato al castello e, direttosi al pensatoio, aveva visto i ricordi di Piton: aveva scoperto che il tanto odiato professore di Pozioni, in realtà, aveva sempre cercato di proteggere Harry, di come aveva amato sua madre fino alla fine e che Harry stesso era un Horcrux. Hermione piangeva e Ron guardava per terra con aria colpevole, entrambi soffocati dal senso di colpa nei confronti di Piton. Continuò raccontando di come si era diretto alla Foresta Proibita, del Boccino e della Pietra della Resurrezione, di com’era “morto” e del suo incontro con Silente; Ron aprì la bocca più volte con l’intenzione di formulare delle domande, ma Hermione interrompeva all’istante ogni tentativo. Harry le fu grato per questo; con stanchezza e fatica, continuò, fino ad arrivare al momento del suo risveglio.
“Narcissa Malfoy mi ha salvato la vita. Se non avesse mentito sulla mia morte, adesso non sarei qui con voi. Credo che alla fine, dopo aver visto tutti gli orrori di cui Voldermort era capace, abbia capito da che parte stare, solo che lei e la sua famiglia, non potevano uscirne tanto facilmente. Perfino Lucius” aggiunse “desiderava fermare la battaglia per avere la possibilità di cercare Draco. Per quanto spregevole e doppiogiochista possa essere, nella Stamberga Strillante ho visto un altro uomo; ho visto un padre preoccupato per la sorte del proprio figlio.” si fermò un attimo per osservare la reazione dei due amici: Hermione guardava in un punto imprecisato della stanza con sguardo pensieroso; probabilmente le parole di Harry l’avevano fatta riflettere. Ron, invece, camminava avanti e indietro, con espressione corrucciata e dubbiosa.
“E inoltre vorrei ricordarvi che Draco ci ha salvato la vita a Villa Malfoy. Mi aveva riconosciuto subito, sapeva che eravamo noi, ma non ha detto niente a Bellatrix, rimanendo sul vago. Non poteva negare pienamente, perché avrebbe messo in pericolo la sua vita e quella dei genitori, ma allo stesso tempo ci ha coperti”
“Harry ha ragione, Ron” disse Hermione, finalmente convinta “Alla luce di quello che ci ha raccontato, credo che dovremmo essere più comprensivi.”
“Comprensivi?” sbottò Ron “Dopo tutto quello che hanno fatto, dici che dobbiamo essere comprensivi?” Harry sapeva che l’amico non avrebbe accettato facilmente la sua decisione. Il rancore nei confronti di Draco, il dolore per la scomparsa di Fred, Remus e Tonks rendevano tutto più difficile.
“Ron” Harry si alzò faticosamente, andando verso il suo migliore amico. “Capisco che per te non sia facile accettarlo, ma ricordati quello che diceva Silente: tutti hanno diritto ad una seconda opportunità e Piton ne era la prova vivente.”
Aspettò che le parole facessero il loro effetto; anche Hermione si era avvicinata al neo-fidanzato con espressione d’ incoraggiamento. Lo sguardo di Ron passò da Hermione ad Harry e infine, con grande gioia dei due amici, il suo volto si aprì in un sorriso malamente stiracchiato. Hermione lo abbracciò con trasporto.
“Ehi calma!» il tono era scherzoso adesso “Questo non vuol dire che diventerò pappa e ciccia con i Malfoy!”
Harry sorrise all’amico e in quel momento, dalla porta dell’ufficio, Kingsley fece il suo ingresso.
“Scusa Harry se ci ho messo un po’, ma come puoi ben immaginare, non è stato facile liberarsi da giornalisti, Auror e impiegati del Ministero.”
Kingsley si avvicinò ai tre. Aveva la veste strappata in più punti, da cui erano ben visibili svariate ferite.
“Posso immaginare, soprattutto adesso che sei stato nominato Ministro della Magia” disse Harry “Complimenti!”
“No, i complimenti vanno a te, Harry. Sei stato incredibile.” disse sorridente, poi continuò “Perché hai chiesto di vedermi? Cosa posso fare per te?”
 “I Malfoy sono ancora in Sala Grande?” chiese.
“Sì, tra poco saranno scortati insieme agli altri Mangiamorte ad Azkaban in attesa di processo.” spiegò con tono pacato.
Hermione lanciò uno sguardo preoccupato ad Harry.
“Kingsley, i Malfoy non andranno ad Azkaban e saranno scagionati da tutte le accuse. Garantisco io per loro”.
Harry udì il gemito di disappunto di Ron, ma non vi prestò attenzione.
Sul volto del nuovo Ministro comparve la stessa espressione di incredulità che aveva attraversato quello di Ron.
“Scortateli nella Sala Comune di Serpeverde dove potranno cambiarsi e rifocillarsi, domani parlerò io con loro e poi ti spiegherò le mie motivazioni”.
Kingsley sembrava molto indeciso sul da farsi, ma il tono fermo e sicuro di Harry lo convinse
“Non posso negarti questa richiesta, non dopo quello che hai appena compiuto. Silente credeva fermamente in te e nel tuo giudizio e per me vale la stessa cosa. Domani mi racconterai tutto,” poi aggiunse, “adesso devo tornare in Sala Grande a rilasciare delle dichiarazioni. Ci vediamo presto ragazzi” e con un cenno di saluto, uscì dall’Ufficio.
“Ragazzi, non so voi, ma adesso non vedo l’ora di farmi una bella dormita”.
Ron e Hermione annuirono sorridendo.
 
*****
 
Quando Harry si svegliò, la prima cosa che percepì furono i borbottii sommessi del suo stomaco. Aprì gli occhi gettando un’occhiata alla finestra: era il crepuscolo, dovevano essere all’incirca le sei del pomeriggio. Si alzò, constatando di non essere l’unico insieme a Ron ad essere crollato dopo la battaglia: c’erano anche Dean, Seamus e Neville. Sarebbe potuta sembrare una mattina qualunque di un giorno di lezione qualunque, ma il calar della sera e le ferite recenti sui volti dei suoi compagni tradivano la dolce illusione di Harry. Si infilò una maglietta nera, un paio di jeans comodi e, con il mantello dell’invisibilità a portata di mano, uscì dal dormitorio. Non si sentiva pronto ad affrontare una folla di persone che lo acclamava come Salvatore del Mondo Magico, avrebbe come minimo dovuto tenere un discorso, ma l’idea non gli andava ancora a genio, non quando il dolore per la morte di tanti amici era ancora così intenso.
La Torre di Grifondoro, constatò, era una delle poche ale del castello ad essere rimasta intatta dopo l’attacco. Lungo i corridoi, di solito ghermiti di studenti, regnava un silenzio innaturale: molti muri erano crollati e benché buona parte delle macerie fosse stata rimossa, c’era ancora una grande quantità di ciottoli e polvere. Chissà se Hogwarts sarebbe tornata quella di un tempo?
Certamente sì.
Insegnati e addetti del Ministero avrebbero ricostruito tutto, Harry lo sapeva. La cara, vecchia Hogwarts, che da millenni si ergeva come pietra miliare dell’istruzione magica ed era rimasta nel cuore e nei ricordi di tante persone, sarebbe rinata, sarebbe diventata il simbolo della fine di una lotta dura e sanguinosa, della speranza e della rinascita.
“Credo proprio che dovranno stampare una nuova versione di Storia di Hogwarts” pensò Harry sorridendo. Arrivò davanti ad un familiare quadro con sopra raffigurato un cesto di frutta, solleticò appena la pera e la porta delle cucine si aprì all’istante.
«Padron Harry!» Kreacher corse subito nella sua direzione, mentre un centinaio di elfi domestici si girava nella sua direzione. «Cosa posso fare per lei?»
«Avrei bisogno di mangiare qualcosa, sto morendo di fame»
«Subito padron Harry! È un onore per me servire il Salvatore!» gracchiò felice e insieme agli altri elfi corse a preparare il cibo.
Ad Harry si attorcigliò lo stomaco: sapeva già che sarebbe stato oggetto di ovazioni, interviste, foto e molto altro ancora, ma non era pronto, neanche un po’. Non quando i corpi dei suoi amici giacevano ancora distesi in Sala Grande.
“Ecco padron Harry!” l’elfo gli porse un vassoio colmo di cibo.
“Grazie Kreacher.” Rispose Harry con un sorriso stiracchiato, trattenendo un  conato, mentre il pensiero di Dobby irrompeva prepotentemente nella sua testa. Non aveva più fame.
“Kreacher, puoi portare il vassoio alla Torre di Grifondoro?” almeno gli altri avrebbero trovato qualcosa di buono al loro risveglio.
“Certamente padron Harry!” e l’elfo si smaterializzò.
Il Grifondoro, con un macigno piantato alla bocca dello stomaco, indossò di nuovo il mantello dell’invisibilità, dirigendosi verso la Sala Grande. Doveva vederli, salutarli e lo doveva fare da solo. Camminava spedito, cercando di evitare di scontarsi con Auror, professori e altri studenti. Quando arrivò davanti alla Sala Grande, ornata di numerosi drappi neri. Harry aprì piano la porta, cercando di non attirare l’attenzione, e si lasciò scivolare all’interno. Trattenne il fiato quando i suoi occhi caddero sulle figure stese una accanto all’altra, coperte fino al volto da altrettanti teli neri. Uno spettacolo agghiacciante.
“Sono così tanti…”
Si tolse il mantello dell’invisibilità, lasciandolo scivolare tra le dita. Non sapeva dove guardare: c’erano visi, più o meno familiari, ma molti di loro, forse troppi, erano ragazzi. Quando lo sguardo cadde sulla figura minuta di Colin Canon, gli occhi cominciarono a bruciare.
“Harry! Harry! Posso scattarti una foto?”
Il viso di Colin era sereno e disteso. Sentì le lacrime scivolare lungo le guance.
“Mi dispiace tanto…” sapeva che non era colpa sua, ma il dolore era talmente forte da soffocare ogni barlume di razionalità.
Poi si avvicinò a Remus, Tonks, Fred e Piton. Si lasciò andare ad un pianto liberatorio, mentre doloro, rabbia, gioia e sollievo lo travolgevano come un fiume in piena. Era tutto finito, ma a quale prezzo?
Il cigolio della porta lo fece sobbalzare e, istintivamente, appellò il mantello dell’invisibilità. Rimase sorpreso nel vedere Draco Malfoy. Era pallido, molto più di quanto ricordasse; aveva due profonde occhiaie violacee ed era dimagrito molto, rendendo i suoi lineamenti ancora più affilati. Si guardava intorno spaesato e terrorizzato. Lo vedeva avanzare con passo incerto al centro della Sala, con lo sguardo cercava qualcuno e sembrò averlo trovato, quando si diresse a passo svelto nella sua direzione e fermarsi davanti al sudario di Piton. Il labbro di Malfoy tremò impercettibilmente, mentre si inginocchiava vicino al professore di pozioni. Harry si avvicinò cauto, guardando una singola lacrima solcare il volto emaciato del Serpeverde, altrimenti privo di qualunque emozione.
“Grazie…Grazie di tutto.”
Harry si sentì a disagio, come gli era capitato più volte stava assistendo ad un momento intimo e, sebbene si trattasse di Malfoy, anche lui aveva il diritto di piangere i propri morti. Tuttavia, sentiva che qualcosa gli stava sfuggendo, perché in realtà che cosa sapeva di Severus Piton, l’uomo che aveva denigrato per sette anni e che invece, nonostante le ingiurie era sempre stato dalla loro parte? E che cosa sapeva di Malfoy?
Per un solo momento immaginò se stesso e Malfoy come le due facce di una stessa medaglia: il Salvatore e il Mangiamorte. L’orfano e il bambino viziato e coccolato. Il ragazzo che aveva fatto tutte le scelte giuste e quello che le aveva fatte tutte sbagliate.
Draco Malfoy era stato la sua nemesi fin dal primo anno ed era stato il primo  mago a cui aveva rivolto la parola tanto tempo prima, nel negozio di Madama Mc Clan, eppure, adesso, mentre piangeva sul corpo di Piton, Harry vedeva solo un ragazzo spezzato da una guerra di cui non aveva considerato la portata. Ricordava il suo volto terrorizzato quando Voldemort gli aveva chiesto di cruciare Avery o quando, sull’orlo delle lacrime aveva tentato, senza successo, di uccidere Silente.
Sussultò, colpito da una piccola scarica elettrica: era la bacchetta di biancospino.
“Chi c’è?”
Draco si era alzato di scatto ed Harry decise di rivelarsi, lasciando cadere il mantello. Non gli importava se aveva ancora gli occhi e il naso arrossato, era giusto, visto che per primo aveva violato l'intimità del Serpeverde.  Malfoy rimase impassibile, mantenendo un’espressione glaciale.
“Potter, chissà perché non sono sorpreso.” Lanciò uno sguardo al mantello “Ora mi spiego il tuo stupido scherzetto al terzo anno.” Disse monocorde.
“Touché.”
Caddero di nuovo nel silenzio. Harry si avvicinò a Malfoy ancora accanto al corpo di Piton e guardò il volto cinereo dell’ex professore.
“Ci ha salvati tutti.”
“Anche tu.”
Harry si voltò di scatto, alzando lo sguardo sul Serpeverde.
“Ho qualcosa per te.”
Malfoy lo guardò stupito e i suoi occhi si spalancarono quando videro la bacchetta di biancospino. Harry lo vide allungare una mano tremante e afferrare la bacchetta. Non appena la lasciò, Malfoy chiuse gli occhi con un respiro di sollievo. Poi tornò a rivolgere lo sguardo verso Harry e senza preavviso, lo afferrò per il polso. Il Grifondoro non ebbe neanche il tempo di reagire che Malfoy lo strinse forte a sé, Harry era troppo sorpreso per elaborare anche un solo pensiero logico.
“Mi hai salvato due volte e hai aiutato la mia famiglia, dopo tutto quello che ho fatto… E adesso questo. Sei proprio un patetico, sentimentale, stupido Grifondoro…” così detto appoggiò le sue labbra su quelle di Harry. Fu un contatto dolce e delicato e bastò a far avvampare Harry che spinse via il Serpeverde con un unico spintone. Era confuso e spaesato, perché sul viso di Malfoy c’era un sorriso dolce e sincero, il primo che vedeva stampato sulla sua faccia al di fuori del solito ghigno strafottente.
“Grazie…”
Harry si chiese se stesse sognando.
“Non preoccuparti Potter, questo non sarà mai accaduto per te, andrai avanti come l’Eroe del mondo magico, sposerai Weasley femmina e probabilmente sfornerai un sacco di bambini. Io avrò sempre un debito di vita con te, che un giorno ripagherò, lo giuro davanti a questi eroi caduti.”
Harry lo vide alzare la bacchetta verso di lui.
“Oblivion!”
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA: Lo so, sono una persona orribile, ci metto un mucchio ad aggiornare e sì, ho già il cilicio! Mea Culpa. Allora questo capitolo è stato un parto, ma la mia beta mi ha dato il benestare e siccome mi fido del suo giudizio, pubblichiamo, che è meglio!
 

[1] Harry Potter e i Doni della Morte.
  
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