Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Mue    11/05/2016    3 recensioni
Quando il Ministro della Magia indice una nuova edizione del Torneo Tremaghi, il Capo Auror Harry Potter dà le dimissioni in segno di protesta. Questo, però, non ferma il suo diligente, remissivo e pacato secondogenito: Al Potter, disobbedendo per la prima volta al padre, parteciperà al torneo e andrà a Durmstrang.
I Malfoy, invece, accolgono il Torneo come un'occasione di riscatto e gloria sebbene Scorpius, pessimista e impulsivo, sia spinto nel pericolo più dal suo desiderio d'indipendenza e dalla volontà di dimenticare Rose Weasley che dall'orgoglio del sangue.
Ma a contendere il posto di campione c'è anche il peggior avversario possibile: il geniale Stuart Dunneth, amico e rivale di Albus. Irrequieto e tormentato da sogni innaturali, si sente irresistibilmente attratto dall'Est, da Durmstrang.
Tra le creste gelate degli Urali, otto ragazzi di Hogwarts saranno coinvolti in antiche faide di Clan, delitti misteriosi, attrazioni fatali e, soprattutto, le terribili prove del Torneo.
-----
«Non lasciatevi soli.»
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
I. Verso Est
 
 
 

L'espresso di Hogwarts scivolava sulle rotaie come un sinuoso serpente rosso: il vapore dei suoi motori si confondeva nei banchi di nebbia e nelle nubi gonfie di pioggia che alternavano scrosci d'acqua a squarci di sole nel cielo bizzoso.
Il paesaggio tutto intorno, però, non era la consueta campagna inglese e scozzese: abeti rossi e faggi costellavano i lati dei binari e di tanto in tanto occhieggiava dagli spazi tra le chiome qualche edificio dal tetto scosceso.
«Guarda, Stuart, il Danubio!», esclamò Al seduto al suo fianco.
Stuart, il capo pesante di sonno appoggiato a un braccio, si riscosse: oltre il fogliame irto di aghi che sfilava davanti al finestrino intravide snodarsi un nastro blu scuro. Il fiume.
«Tra poco saremo a Vienna» commentò Stuart languidamente, tornando a posare stancamente la testa sul braccio. 
Sospirò e si chiese ancora una volta cosa ci facesse lì.
Io non dovrei essere qui. Dovrei essere a Hogwarts, al Banchetto di Halloween, seduto tra Drilla ed Emily, o magari anche Lorcan Scamandro… dovrei essere lì ad ammonire Ian contro Quebec, a spiegargli di non andare ai banchetti dei fantasmi senza avere già lo stomaco pieno, di non avvicinarsi al Platano Picchiatore durante la caduta delle foglie perché diventa irascibile, a…
Scosse la testa.
No, doveva smettere di pensarci: aveva preso la sua decisione e ora era lì, in viaggio. Per il Torneo Tremaghi.
Sì, Stuart ce l'aveva fatta, era stato ammesso tra gli otto studenti di Hogwarts che sarebbero andati a Durmstrang per mettere il loro nome nel Calice di Fuoco e diventare campione.
Il numero circoscritto di ragazzi che partivano era stato voluto dal Preside e dal Ministero, a causa dei guai dell'edizione precedente, quando Harry Potter era finito tra i candidati senza nemmeno avere l'età per partecipare.
“Questa volta” aveva detto il Preside McKinnon a Hogwarts al banchetto d'inizio anno, quando aveva annunciato ufficialmente il Torneo, “è stato deciso di fare una preselezione, affinché il nome che uscirà dal Calice di Fuoco appartenga solo a uno degli studenti scelti dagli insegnanti e dal Preside stesso e che avranno i requisiti necessari per partecipare. In questo modo il campione designato non sarà valido se non apparterrà a questa ristretta cerchia. Il Torneo Tremaghi si svolgerà a Durmstrang, e gli studenti che vi si recheranno per conto di Hogwarts saranno otto, due per ogni Casa.»
Al e Stuart, dai rispettivi tavoli -Grifondoro e Corvonero- si erano lanciati un'occhiata e Al, pallido, gli aveva fatto un cenno d'assenso. Stuart ricambiò: sapeva che la decisione dell'amico era presa. Così come la sua.
“Iscriverti al Torneo?” aveva esclamato Drilla quando aveva annunciato la notizia a lei e ad Emily, le sue compagne di dormitorio. “Tu sei pazzo! Hai sempre detestato essere al centro dell'attenzione! Lo sai che cosa significa farsi ammettere tra quegli otto aspiranti suicidi? Un sacco di fama, oltre che guai a non finire! E tu odi la fama, l'hai sempre detto!”
Emily era stata più pacata -come sempre, peraltro.- Si era morsa un labbro dicendo: “Non so, Stuart, non mi convince granché. Che cosa vai a fare laggiù? Non c'è niente da guadagnare tranne una coppa e qualche galeone, ma tu non ne hai bisogno, no? E poi come farai a studiare per i M.A.G.O.? Insomma, sono importanti: rischi di rovinarti la media di sei anni.”
Stuart aveva scrollato le spalle a Drilla, aveva sorriso teneramente a Emily ed era andato da Ravenscar, il suo Direttore di Casa, a consegnare la sua candidatura.
E così eccolo lì, a più di mille chilometri da casa, diretto verso una remota zona del nord che nessuno sapeva precisamente dove si trovasse.
Era tradizione recarsi sul luogo con il mezzo più rappresentativo della scuola: nel loro caso, l'Espresso di Hogwarts per l'appunto.
Stuart aveva creduto, da quello che aveva sentito, che Durmstrang si trovasse in una zona settentrionale, magari la Scandinava, ma quando il treno, seguendo la linea dell'Orient Express -i Babbani non lo sapevano, ma era la ferrovia più trafficata d'Europa di treni di Maghi e Streghe- era passato per Parigi, Strasburgo e Monaco, proseguendo per Vienna, aveva capito che le credenze inglesi su Durmstrang erano del tutto errate.
«Dove credi che si trovi?» domandò Al, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Durmstrang?» Stuart scrollò le spalle. «All'inizio pensavo in Germania, ma l'abbiamo superata. L'Austria mi sembra un'improbabile candidata. Proseguendo su questa linea ferroviaria potremmo arrivare ovunque, da Budapest a Praga, fino all'Ucraina o addirittura alla Russia. Ma quello nato in una famiglia magica sei tu, dovresti conoscere meglio di me le scuole magiche europee.»
Al scosse il capo. «Non ne ho idea. Tutte le scuole sono Indesignabili e gli studenti e gli stati stanno sempre molto attenti a mantenere il segreto. E Durmstrang è la scuola più misteriosa di tutte: ha studenti di parecchi paesi diversi, non come Beauxbatons che è frequentata quasi solo da francesi e Hogwarts da anglofoni. Mia zia Herm mi ha raccontato che tra gli studenti venuti a Hogwarts lo scorso Torneo ce n'erano di bulgari, di polacchi, di russi e altro ancora.»
«Dovunque sia» li interruppe con una smorfia una ragazza dai capelli neri raccolti in una coda. «Non sarà per niente confortevole.» Era Rhiannon Hobbs, Grifondoro e compagna di classe di Al, che sedeva sul divanetto del tavolo successivo al loro.
Viaggiavano su quello che solitamente era il vagone dei Prefetti e dei Caposcuola, ben diverso da quelli a scompartimenti riservati agli studenti normali: più che in un treno, là dentro pareva di stare in un salotto con le rifiniture retrò, i tavolini, le sedie e le poltroncine e pure un tavolo da scacchi magici.
«E come fai a dirlo?» replicò un ragazzo seduto appunto a quest'ultimo tavolo scostandosi i capelli lunghi rasta dal viso color ebano. Leo Macnair era di Serpeverde ed era alto quasi quanto Stuart.
«Be', a te sembra che sia piacevole un posto da cui vengono tipi che hanno della pelliccia come divisa scolastica?» lo rimbeccò Rhiannon.
«Più che il freddo, a me spaventa il fatto che fino a pochi anni fa ci insegnavano le Arti Oscure» si intromise con la sua voce bassa Virginia Marlowe, che invece era compagna di Stuart a Corvonero e aveva guance tonde e sempre arrossate. «Chissà che cosa sono disposti a fare gli studenti di quella scuola per vincere.» E rabbrividì.
Stuart sbuffò a quell'affermazione: Virginia non gli era mai andata a genio negli anni che avevano fatto a Hogwarts e quando aveva saputo che era lei la seconda candidata scelta nella sua Casa, non ne era stato affatto contento.
Avrebbe desiderato tanto avere Drilla con lui: Drusilla Cook, la più inarrestabile, scatenata, sfrontata strega che conoscesse; gli aveva fatto passare parecchi guai ma questo non aveva fatto altro che farlo affezionare di più a lei.
Drilla, però, non aveva voluto saperne del Torneo e aveva cercato di fermalo in ogni modo, e così anche Emily. Stuart non si era reso conto dei risvolti dolorosi della sua decisione finché non si era trovato alla porta della Sala Grande con il baule pronto per il viaggio.
Emily aveva grandi lacrimoni sulle guance e Stuart, per un attimo, aveva avuto la tentazione di abbracciarlia cedendo alla tenerezza che da sempre lei gli ispirava -quella stessa tenerezza che aveva scalfito lo scudo di freddezza che aveva eretto al terzo anno, quando era stato sotto l'effetto della maledizione elfica. Tuttavia sapeva che l'avrebbe solo messa in imbarazzo e si era trattenuto.
Drilla aveva il volto asciutto, invece, ma Stuart la sapeva lunga e non gli era sfuggito il tic nervoso che sembrava avere agli occhi. La ragazza gli aveva dato una pacca forte su una spalla. «Rendici fiere di te, capito?»
«E stai attento» aveva mormorato Emily. Poi, sorprendendolo, aveva compiuto il gesto che lui un attimo prima si era costretto a soffocare: gli aveva buttato le braccia intorno al collo, affondandogli la faccia nella spalla.
C'erano voluti alcuni minuti per calmarla, salutare ancora e voltare le spalle andandosene ma a Stuart parve che tutto passasse in un lampo mentre agiva come un automa.
In un batter d'occhio era fuori e arrancava insieme ad Al e gli altri sei studenti sotto la pioggia, verso le carrozze.
Stuart non si era voltato indietro. Sapeva che i compagni di classe e suo fratello Ian lo stavano guardando e che ancora non capivano il motivo della sua decisione. Lui non aveva raccontato a nessuno dei suoi sogni: non voleva che credessero che fosse di nuovo sotto l'influsso di qualche magia.
Ancora non capiva nemmeno lui che cosa fosse: aveva cercato nei libri ma nemmeno l'immensa miniera di Hogwarts aveva saputo dargli una risposta; non sapeva nemmeno se andare a Durmstrang sarebbe stata la mossa giusta o no: dopotutto poteva non c'entrare niente, il sogno poteva venire da qualsiasi altro luogo o magari essere solo un sogno, una qualche fissazione incomprensibile del suo subconscio.
Ma ogni volta che mormorava tra sé il nome di quella scuola lontana, avvertiva come una risposta dai meandri della sua mente. E adesso, pensò mentre il sole si abbassava sull'orizzonte e il treno filava a tutta velocità, avrebbe scoperto se quella risposta poteva spiegare il sogno che lo tormentava.

Neve, dappertutto. E sangue, un sentiero scuro che punteggiava quella superficie immacolata.
«Dove sei?»
Stuart non vedeva ancora la sorgente di quel mormorio ma sulla sua pelle sentì una vibrazione, come di qualcosa di elettrico che si avvicinava.
«Stai arrivando?»
Lui sussultò: era la prima volta che la voce gli mormorava una frase diversa. 
«Stai venendo da me?»
Stuart aprì la bocca per parlare ma non ne uscì suono: l'emozione gli faceva mancare la voce. 
Avrebbe voluto chiedere chi era, cosa voleva, dove si trovava. Avrebbe voluto ma...
Un rollio delle rotaie più forte degli altri lo svegliò di colpo e Stuart si tirò su a sedere di scatto.
Il treno rotolava avanti con le sue lievi oscillazioni e nella cuccetta sopra la sua Al respirava pesantemente nel sonno.
Stuart si mise in piedi, infilò le scarpe e una felpa e uscì silenziosamente dalla cabina che era stata assegnata a lui e Al nel vagone-dormitorio dei maschi. Attraverso il corridoio ed entrò nella carozza che fungeva da soggiorno e mensa, dove gli otto ragazzi passavano la maggior parte del loro tempo.
Non era vuota.
Seduto su un divanetto, un braccio teso lungo lo schienale e un giornale in mano c'era Scorpius Malfoy.
«Sonno leggero, Dunneth?» gli grugnì quando lo vide entrare.
Stuart scrollò le spalle. «Irrequieto, direi. E tu?»
Lo sguardo di Malfoy brillò di comprensione, ma l'unica risposta a cui si limitò fu uno sbuffo che poteva significare tutto o niente.
Vedendo che immergeva di nuovo l'attenzione nel suo giornale, Stuart si gettò a sua volta su una poltroncina, recuperando da una pila di libri il manuale di Aritmanzia del settimo anno; lo sfogliò distratto, più per abitudine che per voglia di studiare.
«Sarebbe meglio Pozioni Avanzate» lo sorprese un borbottio di Malfoy. «Pagina settecentonove.»
Stuart alzò lo sguardo, perplesso, ma l'altro aveva ancora gli occhi concentrati sul suo giornale. Incuriosito, fece come gli aveva suggerito, prese il testo di Pozioni e trovò la pagina indicata: Preparare un Decotto Calmasogni.
Sbalordito, alzò lo sguardo sul Serpeverde. «Sai il libro di Pozioni a memoria?» domandò, scrutandolo per la prima volta con attenzione.
Malfoy era un ragazzo dai colori chiarissimi, robusto e di corporatura ben piantata, forse eccessivamente rigido; non era granché alto né aveva lineamenti che attiravano l'attenzione.
Stuart non aveva mai scambiato più di un saluto con lui, a Hogwarts, ma lo sapeva per fama scorbutico, di modi bruschi e di umore bizzoso e pessimista. Si diceva che aprisse bocca solo per professare fatalità o muovere critiche più acide di Whiskey Incendiario scaduto.
Vedendo che l'altro non gli rispondeva e teneva gli occhi ostinatamente fissi sul giornale, domandò a bruciapelo: «Perché hai deciso di andare a Durmstrang?»
Malfoy alzò lo sguardo su di lui senza tradire il benché minimo stupore per quella che Stuart sapeva essere una domanda invadente.
«Per scappare da quella.» rispose laconico.
Stuart aggrottò le sopracciglia. «Intendi la scuola?»
«Non solo.» E rialzò il giornale come una barriera tra sé e Stuart che, recependo il messaggio implicito, si alzò.
«Buonanotte» disse tornando con il libro di Pozioni sottobraccio verso il vagone-dormitorio.
Un grugnito.
E quello fu il primo approccio amichevole che ebbe con Malfoy in sette anni di scuola insieme.

*

Il gufo raggiunse e lasciò il treno senza lettere anche quel mattino.
Al gli pagò la copia della Gazzetta del Profeta mentre il tè in infusione propagava il suo aroma e dopo aver chiuso il finestrino dietro al pennuto si trovò a fissare le volute di colore che galleggiavano nell'acqua bollente della sua tazza.
Sospirò, incerto tra la tristezza e il sollievo nel capire che i suoi genitori non gli avrebbero scritto ancora per un po': dovevano ancora perdonarlo.
Era sempre stato il figlio diligente e tranquillo, quello che si impegnava in tutto e che non aveva mai dato motivo a Harry e Ginny di stare in pensiero. Persino i brutti voti di Pozioni gli erano prontamente perdonati tutte le volte: papà, ridendo, ne attribuiva tutta la colpa al DNA di famiglia. «Non temere, Al. Io sono diventato Auror con la pagella piena di T in Pozioni, e se vorrai lo farai anche tu» gli ripeteva incurante.
Ma Al non riusciva a “non temere”; e non riusciva nemmeno a far capire al padre cosa temesse. A stento era riuscito a chiarire le idee a se stesso.
Al sapeva che sarebbe voluto diventare Auror fin da che avesse memoria; credeva di averlo nel sangue.
Almeno fino a poche settimane prima. Una soleggiata giornata di luglio, mentre guardava i suoi genitori e Lily percorrere le vie di Diagon Alley davanti a lui e la gente fermarsi a salutare Harry, tutto d'un tratto s'era ritrovato spiazzato da un pensiero. Era piombato su di lui come un fulmine, come uno specchio che si frantuma in mille pezzi quando di colpo cede il chiodo che lo regge. Così, senza preavviso.
Il pensiero che Al non era suo padre; lui non era Harry. E che non voleva esserlo.
Improvvisamente Al si era reso conto di quanto tutti i suoi desideri, le sue aspettative, le cose che faceva e che gli piacevano, persino il suo aspetto, tutto coincideva con Harry Potter. Il grande Harry Potter, l'eroe, la leggenda, il Capo-Auror... Harry Potter. 
Non Albus Severus. Non Al. No, Harry.
Davvero lui voleva essere solo l'ombra di suo padre? Davvero non c'era niente di diverso, di meglio che lo aspettasse se non restare la sua pallida imitazione -perché, Al lo sapeva, i tempi bui erano passati e non avrebbe mai avuto l'occasione di fare qualcosa di grande come e più di suo padre: niente profezie, niente Lord Voldemort, niente Destino con la “d” maiuscola per lui con relative profezie; sarebbe rimasto uno studente discreto, un Auror discreto, un figlio di Qualcuno. Non sarebbe diventato Qualcuno lui stesso.
No, s'era detto, non è così che voglio che vada.
Era per questo che Al aveva deciso di andare a Durmstrang: aveva bisogno di scrollarsi di dosso la vecchia Storia del Mondo Magico, la vecchia leggenda di Potter, i vecchi desideri. Basta con Harry Potter: da qualche parte doveva esserci qualcosa per Al Potter, ma non lì dov'era. Doveva cambiare, doveva andare via e cercarsi la sua strada; doveva superare i confini della sua vecchia scuola, della sua vecchia vita.
«Abbiamo superato il confine russo» annunciò come lontanissima la voce di Rhiannon.
Al guardò fuori dal finestrino, ma il paesaggio piatto e desolato non gli parve cambiato molto.
«Promettente» commentò con un sorriso vedendo una mucca magra e malconcia osservare con aria vacua l'Espresso che le passava accanto.
Rhiannon Hobbs rise e Fay Stone, seduta al tavolino di fianco con il compagno di Tassorosso Owain Axwell-Smallwood, le fece eco.
«Spero che a Durmstrang ci sia un campo di Quidditch» disse poi la Tassorosso, che faceva parte della squadra della sua Casa. «Ho portato apposta la scopa da Hogwarts.»
«Penso proprio di sì» la rassicurò Al. «Ai tempi dei miei genitori il campione di Durmstrang era Krum, un membro della squadra nazionale bulgara.»
«Wow! Quello che adesso è presidente della Lega Internazionale di Quidditch?»
«Quello brutto?» intervenne Virginia Marlowe, che stava leggendo la copia del Settimanale delle Streghe che le aveva recapitato il gufo quella mattina.
«Alcuni hanno troppe doti per possedere anche un bell'aspetto, signorina Marlowe» interloquì una voce profonda.
Il Preside di Hogwarts, McKinnon, era entrato nel vagone-soggiorno chinandosi per passare attraverso la porta. Era un uomo imponente, altissimo, dalle spalle larghe e il fisico asciutto, con capelli nerissimi, scuri quasi quanto gli occhi. Il volto abbronzato era squadrato, la mascella solcata da diverse cicatrici annerite, tracce di terribili maledizioni oscure.
Al era sempre stato intimorito da lui, sebbene lo ricordasse vagamente quando, da piccolo, andava a trovare suo padre all'ufficio Auror.
«Buongiorno ragazzi» aggiunse sedendosi su una poltrona vicino al tavolo di scacchi magici. «Spero che abbiate passato una buona nottata.» Al guardò Stuart con la coda dell'occhio: era dall'inizio del viaggio che si era accorto che l'amico aveva un sonno agitato ma quando aveva provato a chiedergli qualcosa in proposito Stuart aveva dato la colpa all'agitazione per il Torneo.
«Da qui in poi siamo sotto la giurisdizione del Ministero Magico Russo e di Durmstrang» stava intanto proseguendo McKinnon. «Questo significa che dovremo rispettare le norme che vigono in questi luoghi. 
«Mi preme comunicarvi soprattutto che in questo Paese sono ammessi i Duelli Magici anche al di fuori delle società autorizzate ma questo non vi redime dalle regole di Hogwarts: voi non ne prenderete parte, per nessun motivo.» L'uomo guardò gli otto studenti uno per uno, attentamente. 
«In secondo luogo sono ammessi a Durmstrang famigli di specie, come dire, inusuali, ma anche su questo non transigo: nessuno di voi cercherà di introdurre nell'Espresso di Hogwarts o di portare al ritorno a casa lupi, Spleipnir, cinghiali dorati, orsi o altro.»
«Cos'è uno Sleipnir?» non riuscì a trattenersi dal chiedere Fay, che era Nata Babbana.
«Un cavallo a otto zampe» spiegò succinto McKinnon. «A Durmstrang esistono delle scuderie per questo tipo di grossi animali domestici; a Hogwarts, con solo il capanno di caccia e il vostro professor Weasley di Cura delle Creature Magiche sempre in giro per conferenze sui draghi, dubito che qualcuno abbia voglia di occuparsene.
«Comunque, riprendendo il discorso sulle regole, sappiate che per entrare e uscire da Durmstrang dovrete essere sottoposti a un incantesimo.»
«Un incantesimo?» ripeté Stuart, stupito. «E perchè?»
«Un Incantesimo di Linguaggio» chiarì McKinnon, «che vi consenta di capirvi con gli altri studenti. È una pratica di routine a Durmstrang, a causa delle diverse origini degli studenti della scuola. Vi permetterà di farvi acquisire per un certo tempo un'ottima padronanza di una lingua comune a tutte le persone che vi troverete.»
«Quindi parleremo russo?» chiese Leo Macnair interessato.
«No, Macnair. La lingua ufficiale di Durmstrang è il latino. Non chiedetemene il motivo, non ho tempo per spiegarvi la lunga storia di Durmstrang ma per chi di voi è interessato c'è una vasta biblioteca nella scuola che contiene numerosi volumi a riguardo. Confido che ne usufruirete spesso, ma non ci scommetterei la bacchetta» aggiunse ironico. «Dicevo, sarete sottoposti a un incantesimo all'entrata ma anche all'uscita della scuola: prima del ritorno a casa dovrete sottostare a un Incantesimo di Memoria.»
Al annuì tra sé: avendo sentito zia Herm parlare tanto spesso di quanto Durmstrang teneva alla sua segretezza non ne era affatto stupito.
«Oggi stesso ci fermeremo nella città di Samara, dove un incaricato del Ministero ci attende per le pratiche di accesso. Domani arriveremo a Durmstrang.»
Fece una pausa, poi guardò uno per uno i ragazzi e si soffermò in particolare su Al. «Ho un'ultima cosa da dirvi; o, per meglio dire, consegnarvi: un messaggio dell'ultimo campione di Hogwarts ancora in vita, Harry Potter.»
Al sussultò. Suo padre aveva mandato un messaggio?
McKinnon prese una busta dalla tasca della sua lunga tunica blu e nera e la aprì di fronte a loro.
Ne uscì una voce molto familiare, che fece stringere il cuore ad Al.
«Buongiorno a tutti ragazzi.» esordì in tono pacato la voce di Harry. «Sono Harry Potter e vi parlo in qualità di campione di Hogwarts dell'ultima edizione del Torneo.
«Nel momento in cui redigo questo messaggio voi state partendo da Hogwarts con l'Espresso per uno dei più grandi avvenimenti della vostra vita. So che, a differenza di quanto accadde per me, voi siete in viaggio per vostra libera scelta, una scelta che può essere condivisa o no dalle altre persone, ma che comunque avete compiuto personalmente e ben consapevoli.»
Al deglutì, sentendo una morsa attanagliargli la gola. Sapeva che suo padre, con quelle parole, si stava rivolgendo a lui.
«Voglio che sappiate che il futuro che vi state costruendo con questa avventura è nelle vostre mani e che qualsiasi prova dovrete superare, sarà grazie a voi stessi: non sottovalutatevi. Questo Torneo è una delle occasioni più grandi che avete per conoscere voi stessi. Date modo alle vostre doti di emergere: intelletto, coraggio, impegno, astuzia... avrete bisogno di tutte la qualità delle Case di Hogwarts per superare questo Torneo.
«Chiunque di voi diventerà Campione, ricordi che rappresenta un'intera scuola, oltre che se stesso, e così gli altri siano consapevoli che è l'onore proprio e di Hogwarts a essere nelle mani del loro compagno o della loro compagna.
«Non lasciatevi soli. Ognuno di voi avrà bisogno degli altri perché, da soli, non è possibile arrivare né alla fine del Torneo né al futuro che vi attende dopo. Se io, da campione, non avessi avuto i miei compagnia ad aiutarmi e sostenermi, forse non sarei nemmeno sopravvissuto.
«Ricordatevi: non lasciatevi soli.»

La busta si accartocciò su se stessa e planò leggermente a terra.
Non lasciatevi soli.
Al e gli altri ancora non sapevano quanto sarebbe stato vitale quel suggerimento. E con che sacrificio avrebbero imparato a seguirlo.
 
 
 
 
Note:
Sleipnir: leggendario cavallo di Odino a otto zampe.
Samara: città russa realmente esistente.
Ed ecco il secondo capitolo, "di passaggio" più che pieno di avvenimenti. Ho cercato di presentarvi velocemente tutti gli studenti di Hogwarts che sono coinvolti nel torneo, anche se è presto per conoscerli -alcuni sono proprio solo menzionati- e ho anche tentato di approfondire un po' le ragioni di Al per partecipare al torneo. Pensate che siano abbastanza chiare? Non sembra ma lui è per ora il personaggio che ho più difficoltà a gestire e spero di riuscire ad acquisire la naturalezza che ho quando scrivo di Scorpius e Stuart.
Per ora cosa ne pensate? Chi pensate che diventerà campione? Per chi tifate? E cosa ne pensate degli altri studenti (anche se è presto), qualcuno di loro vi ispira? Anche loro saranno importanti nella storia, quindi teneteli d'occhio ;)
Aspetto le vostre opinioni e suggerimenti, anche perché la storia è tutta da scrivere. A presto!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Mue