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Autore: NeroNoctis    12/05/2016    2 recensioni
All'apparenza Daniel è un normale ragazzo di 20 anni, amante delle più svariate cose e con uno spiccato sarcasmo. Ma nasconde semplicemente la sua vera identità, quella di un soldato dell'organizzazione Sephiroth.
Organizzazione che caccia "Loro", creature assetate di sangue che vagano per il mondo, che a prima vista non sembrano avere un obbiettivo, ma che tramano qualcosa da dietro le quinte, perseguendo un oscuro obbiettivo. E proprio "Loro" hanno sterminato la famiglia di Dan anni prima.
In un mondo dove "Loro" si nutrono di umani, Dan dovrà viaggiare per trovare la sua sorellina scomparsa e vendicarsi delle creature che han cambiato per sempre la sua vita.
Sullo sfondo paranormale popolato dai Wendigo, prenderanno vita numerosi personaggi il cui destino di andrà ad incrociarsi con quello di Daniel e della sua partner Lexi, per svelare un segreto rimasto sepolto per anni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sephiroth'
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Daniel era immobile di fronte Jake, che giaceva sul manto erboso con un foro sul cranio. Sangue caldo e denso sgorgava copioso, tingendo di rosso il tappeto verde. Era incredibie come potesse essere così umano, anche da semi trasformato. In effetti tutti i Wendigo avevano il sangue rosso come da umani, forse era l'unica cosa che restava loro, un lascito della loro precedente vita. Dan non si sentiva in colpa per aver ucciso Jake, non si sentiva più in colpa per nessuna vittima... in verità non sentiva più nulla. Era tutto ovattato, così come le sue emozioni. Si sentiva svuotato, come se qualcuno avesse asportato via violentemente ogni suo organo interno, lasciando solo una gelida sensazione. Era un Wendigo, lui era come gli altri... si sarebbe trasformato? Avrebbe fatto del male alle persone che amava? Non poteva neanche immaginarlo, ma quella consapevolezza stava divorando tutto ciò in cui il ragazzo credeva, quel Wendigo latente stava già divorando le sensazioni, le emozioni di Daniel. L'immagine di lui da piccolo sdraiato mentre degli sconosciuti armeggiavano dentro di lui lo torturava, chiedendosi perché, perché proprio lui... perché ricreare un Wendigo? Troppi perché, nessuna risposta.
Continuo ad armeggiare col cellulare di Jake, cercando di tornare in sé, aggrappandosi alla sua umanità, uccidendo quel Wendigo che era assopito dentro di lui. Trovò vari messaggi, in cui i Flamboyant lo cercavano, con Jake che rispondeva che l'avrebbe trovato per salvare Lexi. I messaggi avevano tutti tono minaccioso, tranne l'ultimo, inviato in data odierna. Nel messaggio inviato Jake implorava aiuto, specificando che la trasformazione era già iniziata, quindi la morte di Daniel sarebbe stata vana, mentre i Flamboyant risposero che Dan non andava ucciso, ma serviva per creare una cura essendo lui un Wendigo di Rango S.
Rango S... i Wendigo delle leggende. I Sephiroth ne parlavano spesso, descrivevano il Wendigo perfetto dal cuore di ghiaccio, il Wendigo senziente in grado di cambiare forma, il Wendigo capace di cacciare come nessun abominio avrebbe mai fatto. Era lo stesso essere di cui parlavano i Nativi Americani nelle loro leggende, quelle creature nate dalla fame, dal cannibalismo e dagli incubi, creature nate dalla magia nera. Forse un tempo era possibile far nascere qualcuno dalla magia, ma adesso Daniel lo sapeva bene, quegli esseri che aveva sempre cacciato, quegli esseri che i Nativi Americani temevano, così come altri popoli conoscevano, erano frutto di sperimentazioni nel nuovo millennio.
Cercando nel cellulare trovò anche un filmato, girato quello stesso giorno. Non sapeva cosa contenesse, ma dall'anteprima si vedeva Jake. Lo aprì.
Jake era visibilmente affaticato, si guardava intorno, quasi impaurito. Iniziò a parlare:
«Lexi, se guardi questo filmato probabilmente sarò morto, o peggio... Sai, è strano filmare qualcosa sapendo che verrà guardata solo quando non ci sarai più, ammetto di aver rubato l'idea alla tv, con tutti quei programmi idioti che amo guardare. Ricordi quando da piccoli passavamo ore e ore a guardare i Simpson? Tanto che tu mi chiamavi Bart e io ti facevo i dispetti come lui li faceva a Lisa. Era tutto più semplice allora... adesso è tutto una merda. Siamo cacciatori di mostri, ci pensi? Forse non gli stessi mostri che ad otto anni combattevano insieme, aprendo gli armadi armati con ombrelli... ma è stato comunque un inizio. Pensare che i mostri in verità siamo proprio noi. Io sono il vero mostro, così anche Daniel. Probabilmente questa sarà una punizione maggiore per te, so quanto lui significhi per te, ne sono felice. No, non sono felice che anche lui sia come me, sono felice che provi questo per lui. Almeno ora, prima l'avrei fatto fuori. Ricordi vero? Sei stata la mia prima cotta, ma adesso so che tu per me sei più che una cotta, sei la persona a cui voglio più bene in assoluto. Sei una sorella, un'amica, sei quella che mi capisce. Probabilmente quando ascolterai questo in te ci sarà solo odio, sai, sicuramente ti dirò delle brutte cose, ma devo proteggerti da me. Tu sei forte abbastanza per proteggerti dagli altri. Il punto è che... non sono pronto per andarmene, non sono pronto per essere ciò che sono. Vorrei avere più tempo, vorrei andare a mangiare thailandese e vorrei percorrere la Route 66 in moto. Vorrei avere una vita normale da condividere con la ragazza che amo, che si, non ti ho mai detto nulla perchè sapevo che probabilmente non l'avrei mai avuta. Vorrei vedere te e Daniel coltivare il vostro amore, anche se quello lì è un po' stupido a non accorgersi di te. Ma lo farà, fidati, lo farà. Vorrei, vorrei, vorrei... non importa più ormai. Promettimi solo di esser forte Lexi, fallo per me, ma soprattutto, per te stessa. So che lo sei, ma adesso ne hai davvero bisogno.» Il ragazzo si passò una mano in viso, la stessa mano che era ormai trasformata. Subito dopo abbassò lo sguardo, sussurrò un "ti voglio bene" e il video si interruppe. Dan rimase impietrito da quelle immagini, ma non sapeva davvero come poterle consegnare alla ragazza. Non voleva tornare indietro, non voleva incrociare nessuno, per il loro bene. Capì che le parole di Jake ormai erano anche le sue parole, sapeva che era l'unico che poteva capirlo. E adesso si che si sentì in colpa per la sua morte, ma capì che era anche l'unico modo. Il cellulare squillò, facendolo sussultare. Numero Sconosciuto, rispose.
«Jake.»
«Sono Daniel.» rispose, cercando di decifrare quella voce metallica, anche se sapeva benissimo a chi potesse appartenere, ovvero quell'organizzazione che aveva conosciuto in modi non troppo rosei. Ripensò a Bran, John e Vincent, rendendosi conto di non averli più richiamati... probabilmente non avevano scoperto nulla e forse era meglio lasciarli fuori da quella storia. Ma se i Sephiroth creavano davvero Wendigo doveva avvertirli, no? Ci avrebbe pensato dopo, per adesso doveva andare fino in fondo a quella faccenda.
«Signor Walker. Deduco che Jake ormai sia passato a miglior vita. Spero che le abbia spiegato un paio di cose. Ci dispiace aver mandato gente che le puntava armi contro, ma vede, doveva essere nostro. E no, non ci serve una cura. Lei ci serve solo per mettere fine a tutto questo. Vorremmo analizzarla, sapere come muoverci. E usarla contro la sua Organizzazione. Lei è un prezzo troppo elevato per loro. Comunque una cura sperimentale è già in corso, potremmo trovare qualcosa nel suo DNA da usare, ma adesso, non è la priorità. Noi i Wendigo li vogliamo morti, non curare. Una volta divenuti mostri non si torna indietro, ma dopotutto questo vale solo per i non Originali.»
«Quindi mi userete e poi mi farete fuori?»
«Solo se si trasforma. Ma lei è speciale, signor Walker. Venga al luogo di incontro, le invieremo presto le coordinate. Li la attenderà un elicottero. Venga da noi se vuoi proteggere coloro che ami.»
La conversazione si interruppe, con Daniel che non aveva ben capito se sarebbe stato ucciso o meno, ma ormai il gioco era fatto, e allontanarsi dalle persone che amava era la miglior cosa. Non poteva fidarsi dei Flamboyant, ma se sapevano come curarlo o per lo meno fermare la trasformazione erano utili. Ripensò a Victor, Tessa, Simon, Lexi... ripensò che non li avrebbe più rivisti, pensare che aveva ritrovato sua sorella dopo dieci anni. Ma era in gamba, se la sarebbe cavata, sia lui, sia Simon che Lexi. Il cellulare vibrò e Dan lesse il messaggio, fortunatamente conosceva quel luogo, poco distante da lui. Posizionò il telefono sul corpo senza vita di Jake e proseguì per la sua strada.


Simon e Tessa stavano passeggiando in quella tenuta. Avevano passato le stalle, dove Tessa aveva ammirato Cream, la puledra di Lexi. Simon osservava la sua fidanzata con un sorriso stampato in volto, successivamente le scompigliò i capelli e i due continuarono la loro passeggiata. Si inoltrarono tra gli alberi, ritagliandosi un posticino solo per loro due, sedendosi di fronte in mezzo al verde. Simon respirò a pieni polmoni, gustandosi quell'aria così fresca e pulita. Si sentiva finalmente libero, anche se il ricordo dei suoi genitori lo pungeva ad intervalli regolari. 
«Credo di amare questo posto.» disse Tessa, strappando un ciuffo d'erba ed annusandolo. Poi provò ad assaggiarlo, cosa che fece ridere Simon. Tessa era così, a volte faceva cosa talmente senza senso che la rendevano unica, soprattutto perché l'espressione con cui lo faceva era la cosa più buffa che il ragazzo avesse mai visto. Era semplicemente stupida. E lui la amava anche nella sua stupidità.
«So che stai pensando che io sia stupida.» disse lei, guardandolo negli occhi, quel verde che tanto amava e la faceva sentire protetta. 
«Io non penso che tu sia stupida.» iniziò lui «tu sei stupida. Ma ti amo anche per questo.»
«Nah, tu non mi ami. Stai con me solo perchè sono bella e ricca.»
Simon rise «Quale ragazza ricca ha un'intera collezione di calzini bucati?»
Tessa si imbronciò, mentre una ciocca biondo cenere le ricadeva sul viso. «Sono calzini artistici.»
La ragazza scattò in piedi, buttandosi su Simon che la afferrò al volo. Lei si sistemò in braccio a lui, con le gambe che avvolgevano il ragazzo. Le venne spontaneo pensare alla prima volta che si posizionò in quel modo su di lui, che divenne rosso come un peperone... era proprio un cucciolo impacciato.
Il suo cucciolo impacciato.
Adesso erano talmente una cosa sola che sapevano bene tutto l'un dell'altra anche solo scambiandosi uno sguardo o un gesto. Lei lo baciò dolcemente, lui ricambiò. Il volto di Tessa si illuminò, come se avesse scoperto qualcosa di sensazionale.
«Ma ci pensi!?»
«Dipende. Se ti riferisci all'usanza di lanciare le noccioline sul pavimento dell'Old Wild West, ci penso ogni notte prima di dormire. Già, il mio ultimo pensiero sono le noccioline, non la mia sexy fidanzata.»
«Scemo! Mi riferisco a mio fratello e Lexi! Quei due han fatto le cosacce!»
Simon alzò un sopracciglio, mentre un sorriso sghembo gli si disegnava in viso. «Non credo che al mondo esista una sola persona che dica "cosacce". E se esistesse, non sta bene quasi quanto te.»
«Si ma pensaci! Quei due sono così carini insieme.»
«Carini quasi quanto noi.»
«Quasi.» Tessa sorrise e baciò nuovamente Simon, restando in quella posizione per una buona manciata di minuti, fino a quando non furono attirati da dei rumori provenienti da casa. Allarmati, corsero a vedere cosa fosse successo. 

Una volta arrivati, trovarono le finestre dell'abitazione completamente distrutte, così rallentarono il passo e si avvicinarono furtivamente, era meglio essere cauti, soprattutto dopo quello che i due avevano saputo e passato. Simon andò per primo, avvicinandosi di soppiato alla finestra e sbirciando dentro. Sembrava non esserci nessuno, anche se il caos regnava sovrano: il tavolo era rovesciato, alcuni piatti rotti giacevano sul pavimento e un paio di fori di proiettile si intravedevano sul muro. Il ragazzo cercò tracce di Lexi, o almeno i suoi genitori e Victor, ma di loro nessuna traccia. In quel momento maledisse di aver lasciato la pistola in camera, dopotutto quel luogo era sicuro. Era, appunto.
«Cosa facciamo?» chiese Simon, indeciso. Entrare era pericoloso, ma fuori erano troppo scoperti. Non sapevano cosa fosse successo, se dentro ci fosse qualcuno? Dovevano entrare, dovevano avvertire qualcuno. Mentre lottava con quei pensieri, Tessa lo tirò per mano, entrando di fatto nell'abitazione. Era tutto troppo calmo, fin quando non arrivarono in cucina, dove trovarono i genitori di Lexi dietro al tavolo: entrambi erano feriti, lei immobile con gli occhi chiusi, probabilmente svenuta, mentre il padre era ancora cosciente, con due fori di proiettile sulla schiena. «EHY!» urlò Simon, avvicinandosi ai due. Il ragazzo si accertò che la donna respirasse, tirando un sospiro di sollievo quando vide che era viva, successivamente si dedicò all'uomo, che farfugliò qualcosa di incomprensibile e cadde sul terreno.
«Daniel dove sei?» sussurrò Tessa, portandosi la mano all'altezza del collo. Era preoccupata, non spaventata, la paura l'aveva ormai abbandonata. Avrebbe voluto chiamare il fratello, ma si accorse di non avere il numero di cellulare, stessa cosa Lexi, o Victor, entrambi scomparsi. Ne era certa, se fossero stati presenti sarebbero stati per forza in quella stanza, ma di loro non c'era traccia. Fu destata dai suoi pensieri da Simon, che compose il 911 chiedendo un'ambulanza.


Passarono diverse ore, Daniel era su un elicottero pilotato da un ragazzo con una tuta quasi militare. Quasi, era semplicemente un uniforme tattica a basso prezzo. Il pilota non era molto di compagnia, dato che non rispose a nessuna domanda che il ragazzo gli fece, così rinunciò e si adagiò sugli scomodi sedili. Osservò il panorama, dimenticandosi per un attimo cosa stava succedendo. Erano in volo ormai da un bel po', e lui iniziò a vagare con la mente: cercò di non pensare alla faccenda Wendigo, concentrandosi invece sulle cose a lui care. 
Lexi. Tessa. Simon. Victor. Brandon. John. Vincent. Ormai li pensava praticamente sempre, anche quando non se ne rendeva conto. Ripensò anche ai suoi genitori, alla notte in cui morirono, all'amore che gli diedero per dieci anni. Ripensò all'addestramento Sephiroth, gli anni a diventare Nezakh. Tutto, ripensò a tutto.
Finalmente l'elicottero scese di quota, atterrando in un complesso che sembrava abbandonato. Il pilota tentò di contattare la postazione di controllo ma il silenzio radio regnava. Provò diverse volte, fin quando non si decise ad atterrare comunque. Daniel scese per primo, seguito dal pilota che fece strada. La struttura somigliava ad un palazzo industriale ormai dismesso, uno di quelli abbastanza larghi da ospitare una decina di camion, con parcheggio sotterraneo incluso. Non si sbagliava, in effetti un parcheggio sotterraneo c'era ed il pilota si diresse proprio là. Digitò un codice su un tastierino numerico ed entrò, facendo cenno a Dan di seguirlo. Il parcheggio non era spazioso come se l'aspettava, dato che era diviso in macro corridoi e stanze, proababilmente avevano costruito quella struttura solo dopo che il luogo fu abbandonato. Un silenzio inquietante regnava in quel posto, già abbastanza inquietante di suo: pareti bianchissime, luci al neon e pavimenti interamente grigi. Nessun mobile o altro arredamento, solo corridoi, porte e stanze monocromatiche. Il pilota arrivò ad una porta più grande, situata alla fine del corridoio, Dan notò due telecamere che controllavano la zona... probabilmente quella era la sala principale. Il pilota bussò diverse volte, ma nessuna risposta. Digitò nuovamente qualcosa nel tastierino e la porta si aprì con uno scatto metallico.
Il pilota entrò ed uno sparo riecheggiò in tutto l'edificio. Dan si precipitò dentro, notando diversi soldati in uniforme nera e un mucchio di cadaveri ammassati in un angolo. La stanza era piena di computer, mentre sul muro campeggiava fiero un albero in fiamme. 
«Daniel.» il ragazzo si voltò, osservando colui che aveva pronunciato il suo nome. Lo riconobbe dalla voce, ma una volta incrociato il suo sguardo non c'erano dubbi, era proprio lui.
«Vincent?» rispose il ragazzo, ma prima che il suo migliore amico potesse rispondere, successe l'impensabile. Vincent afferrò la pistola e sparò a Daniel, che cadde sul pavimento.


Intubare, ora. Pressione sanguigna? E' ancora vivo? Tutto secondo la missione. No, nessun Flamboyant sopravvissuto. Soggetto non ancora cosciente. Negativo, non ha avuto il tempo di reagire. Le voci su di te erano vere, sei davvero il migliore. Vi conoscevate? Addestramento insieme. Nezakh comune. In Keter Daat risiede. In Keter Daat risiede. 
Ah, incredibile. Rango S. Il creatore. Operazione Waterfall compiuta. Di ritorno. Somministrare... quanto sangue ha perso? 
D-A-N-I-E-L.


Daniel aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre lentamente. Sentiva un dolore lancinante sul petto, ricordandosi di aver preso un proiettile. Aveva la bocca secca, voleva chiedere dell'acqua, chissà se Lexi... no, Lexi non c'era. Chi gli aveva sparato? Vincent, adesso ricordava... ma perchè? Cosa ci faceva alla base Flamboyant? I Flamboyant... tutti morti. Mise a fuoco la stanza, osservando il soffitto. Bianco, luce artificiale che gli faceva malissimo agli occhi, quasi come se avesse due spilli piantati dietro le pupille. Tentò di alzarsi, ma notò di avere le mani legate, così come si rese conti di avere una cintura sul collo. Era completamente immobilizzato. Sentiva delle voci distanti, ovattate, non riusciva a distinguere le parole. Pian piano si rese conto di avere i polsi che dolevano, probabilmente un sedativo stava cessando il suo effetto. La gola gli bruciava, la ferita pulsava... Vincent gli aveva sparato.
«E' sveglio.» disse una voce sconosciuta poco distante di lui. 
«Ottimo.» rispose un ragazzo, che Dan riconobbe essere Vincent, il suo amico, il suo aggressore. «Lo riferisco al capo.» disse infine, abbandonando la stanza. Daniel tentò di divincolarsi da quelle cinte, ma fu tutto inutile. 
«Signor Walker, stia calmo.» disse il tizio misterioso con voce divertita.
«Se mi libero ti stacco la testa a morsi.»
«Non ne dubito.» rispose quest'ultimo, avvicinandosi ad un piano da lavoro e recuperando una siringa con un liquido azzurro. Si avvicinò a Daniel, che non indossava nulla eccetto le mutande. L'uomo, che aveva addosso un camice bianco, studiò il ragazzo per un paio di secondi, successivamente avvicinò la siringa a lui e iniettò il liquido nella ferita a forma di morso, ferita che era il lascito dell'esperimento.
«Cosa mi hai...»
«Oh, lo saprai presto.» detto questo, l'uomo abbandonò la stanza, lasciando Dan da solo. Il ragazzo iniziò ad agitarsi, ma non riusciva davvero a liberarsi. Sentì il respiro divenire via via più corto, iniziò a sentir freddo, tremava. Sudore ghiacciato imperlava il suo posto che diveniva via via più bollente. La sua mente iniziò a vagare, vide cose senza senso, pensò cose che non sapeva. Restò in quello stato circa quindici minuti, poi perse conoscenza.


Vincent osservava quello che succedeva nella stanza tramite un monitor, accanto ad un uomo vestito elegantemente. «Cosa gli avete fatto?» chiese il ragazzo, serio.
«Oh, stiamo risvegliando il Wendigo. E finalmente ricorderà tutto. E grazie alla nostra tecnologia riusciremo a vedere i suoi ricordi sopiti.»
«Non sapevo fossero questi i piani.» ribattè Vincent, scocciato.
«Sei sempre stato uno dei migliori Nezakh. Quando ho scoperto che sapevi di Daat è stata una rivelazione. Non ti lascerai intimidire da un povero esperimento?»
«Affatto.» rispose Vincent, osservando l'amico sullo schermo.


Daniel rivide casa sua, era ancora un bambino, si osservava quella cicatrice che tanto gli faceva male. Aveva dieci anni, lui lo sapeva bene. Era davanti lo specchio, il taglio iniziò a sanguinare. Gridò mamma, papà, ma nessuno parve sentirlo. SI accasciò a terra, in preda a diversi spasmi. Una volta che il dolore finì, lo specchio riflesse l'immagine di un mostro: un Wendigo. Il piccolo Daniel aveva il viso completamente rinsecchito, le piccole manine avevano lasciato spazio a lunghi artigli. Il pigiamino azzurro era completamente distrutto, mostrando costole in evidenza e fisico scarno. Sentì dei rumori al piano di sotto, con una voce che si chiudeva violentemente. Daniel si precipitò al piano di sotto, fino ad imbattersi di fronte ai suoi genitori. Li fissò con sguardo vuoto, il classico sguardo dei Wendigo, eccetto per un occhio che era azzurro. Rantolò qualcosa, mentre sua madre iniziò a piangere. Nella stanza iniziò a fare molto freddo, e Daniel si scagliò prima sul padre, recitendogli di netto le vene del collo. Si nutrì di quella carne, successivamente balzò sulla madre, dilaniando il suo corpo con i suoi lunghi artigli. Annusò qualcosa, dirigendosi verso la stanza accanto alla sua. La scritta Karen decorava quella stanza. Il bambino Wendigo sfondò la porta, ma il lettino della sorella era vuoto.
Tutto tornò a qualche settimana prima, Daniel era disteso su un lettino metallico e degli uomini in camice armeggiavano dentro di lui. Gli avevano tagliato il fianco, mentre un uomo proseguì iniettandogli una strana sostanza cellulare proprio in quel punto. Quell'uomo era Victor.
   

Vincent trasalì, voltandosi verso l'uomo accanto a lui che sorrideva compiaciuto. 
«Sei stato tu, tu l'hai trasformato.»
Victor continuò a sorridere, carezzandosi il mento. «E' il mio migliore esperimento. Chi l'avrebbe detto che sarebbe diventato un Nezakh e Wendigo di Rango S?»
«Lui si fidava di te...»
«Lo so, ma è il frutto di qualcosa di errato.» ci fu una pausa. «Adesso va, assicurati che si riprenda, io vado nel mio ufficio. Voglio un rapporto completo fra un'ora.»
Vincent deglutì, uscendo dalla stanza e dirigendosi nella sala dell'esperimento.


Daniel riprese conoscenza, ma la sua pelle era cambiata. La metà inferiore del corpo era di un colore simile al blu, mentre la parte superiore era la classica corporatura emaciata dei Wendigo. Le mani erano artigli, i denti più lunghi e un occhio era azzurro, caratteristica solo di Daniel quella. Vincent irruppe nella stanza seguito da due Daat, i soldati scelti del Re. Daniel si dimenava, così i Daat sigillarono la stanza. Passarono diversi minuti e il Wendigo riuscì finalmente a liberarsi. Balzò sul primo Daat, decapitandolo, mentre il secondo fu morso in pieno volto. Successivamente si voltò verso Vincent, avvicinandosi a lui con sguardo vuoto.
«Daniel...»
Vincent chiuse gli occhi, sentendo su di se il respiro di quello che un tempo era Dan. Restò così per diversi secondi, fino a quando non riaprì gli occhi. Daniel era davanti a lui, lo fissava e lo annusava. Apriva la bocca, ma uscivano solo suoni gutturali, come unghie su lavagna. Quei suoni divennero via via più definiti, fino a che non formarono la parola Vincent. Dan cadde, e la trasformazione lentamente svanì, lasciando spazio al suo corpo nudo e freddo.
«Sono stato io...» singhiozzò, ricordando tutto. «Io ho ucciso i miei genitori.»
«No, non sei stato tu. E' stato quel Wendigo.»
Daniel scattò in piedi, con movenze quasi assenti, meccaniche. Fissò Vincent, che ricambiò il suo sguardo con qualcosa di complice. Si avvicinò a lui, sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
«Sono riuscito ad infiltrarmi qui grazie a John. Ti ho dovuto sparare per far si che entrassi grazie a me, ti serviva una mano dall'interno. Ricordi il nostro vecchio segreto? Nessuno deve sapere della nostra amicizia, così possiamo agire nell'ombra. Spero di non aver preso organi vitali. Ti ho sistemato una tenuta da combattimento e diverse armi sotto il materasso. Non sospettano nulla. Posso portarti da Victor tramite un sacco per morti, dirò che l'esperimento è fallito.»
«Victor... è stato lui a trasformarmi... mi fidavo di lui, era mio amico... quasi un padre.»
«Cosa farai, adesso?»
Dan fissò il suo amico negli occhi. «Ucciderò l'uomo che ha venduto il mio mondo.»   
Vincent annuì, mentre Daniel si dirigeva al materasso e recuperava le cose preparate dall'amico, ma quando finì di indossare armi e tenuta, le luci si spensero, mentre sul monitor apparve il logo dei Sephiroth. La voce di Victor riecheggiò in tutta la stanza tramite altoparlanti.
«Daniel! Mi ritieni davvero l'uomo che ha venduto il tuo mondo?»
A quelle parole nella stanza partì una traccia audio: The Man Who Sold The World di David Bowie. Una beffa di Victor, che si stava prendendo gioco del ragazzo.
«TI DIVERTI, VICTOR?» urlò Daniel, osservando il volto di Victor apparire sullo schermo, mentre la canzone suonava la strofa: you're face to face with the man who sold the world.  
«Non ho ancora finito di prenderti in giro. La canzone è solo la colonna sonora del mio capolavoro.»
Victor sorrise e il filmato si allargò, mostrando Victor nel suo ufficio accanto al corpo martoriato e sanguinante di Lexi.

   
 
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