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Autore: LadyStark    16/05/2016    1 recensioni
"Bhe, ci sei andato vicino, ma hai commesso un errore, hai finto di avere qualcosa che lui non ha"
"Cosa?"
"Sentimenti umani"
Se un caro amico del Dottore, fosse al centro di una distorsione temporale nella Londra odierna?
Se Il Dottore venisse distolto dai suoi piani da una massa di capelli rossi? E se si rendesse conto che, per sconfiggere il suo nemico avesse bisogno di un umano da una mente brillante e umana?
[Sherlock Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angeli Piangenti, Companion - Altro, Doctor - 12, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 
- Sei sicuro  abbiamo viaggiato correttamente? – domandò Linda mentre si avviava verso la porta della Tardis. Sentiva la stanchezza delle ultime ore - o giorni? Non se lo ricordava più ma non le importava – aumentare mentre l’adrenalina a poco a poco scendeva.
- Ti ho mai messa in qualche guaio? – domandò il Dottore mentre la superava uscendo dalla cabina blu e respirando l’aria londinese.

*

No. Puoi ordinare la cena anche senza il mio aiuto
Aveva premuto invio senza pensarci troppo, stanca e ancora troppo confusa per poter rinunciare all’idea di una doccia calda e un buon libro a casa. Prima che riuscisse a riporre il suo telefono in tasca questo vibrò nuovamente

Per me le patatine fritte. Non farle freddare.”
Molly sbuffò irritata, ignorando il messaggio. Se Sherlock Holmes aveva fame poteva ordinare la cena da solo o chiedere a qualcun altro di fare il suo cameriere personale.  Un nuovo messaggio sul suo telefono la fece sbuffare, prima ancora di leggerlo

Non dimenticare il dolce”
Alzando gli occhi al cielo, Molly si fermò a rispondere
Il taxi per riportarmi a casa lo paghi tu”

E poi, arresasi, fece dietrofront in direzione Baker Street

*

Linda guardò fugacemente il giornale di un uomo seduto su una panchina: la data era quella dell’incontro con il Dottore. Pensò per un attimo che nel giro di poco più di ventiquattrore aveva vissuto più di quanto non si sarebbe immaginata di fare in un’intera vita e si chiese cosa sarebbe successo quando avrebbe messo fine a questa storia. Sarebbe tornata a casa? Avrebbe raccontato a qualcuno quello che le era capitato? Le avrebbero creduto?
- Linda, è tutto a posto? – chiese Artù,avvicinandosi alla giovane. Lei si riscosse dai suoi pensieri, perdendosi però negli occhi del re. Fu il Dottore a riportarla alla realtà, intromettendosi mentre gesticolava, borbottando frasi sul fatto che ogni secondo era prezioso e che avrebbe avuto tempo per fare quella cosa con la faccia quando tutto sarebbe stato sistemato. Linda si portò una mano al volto e si accorse di stare sorridendo.
 

*
 
Molly  salutò cordialmente la signora Hudson, che le aveva aperto la porta con un sorriso smagliante, in preda all’eccitazione. – Oh sei arrivata finalmente! Saranno qui tra poco, che meraviglia una nuova vita! Spero solo che Sherlock non faccia vedere alla piccola qualche foto dei suoi casi, oh inizia a salire pure tu cara, io vi raggiungo – disse lasciando Molly  da sola ai piedi delle scale.  “John! Mary! La bambina!” pensò. In effetti John si era allontanato dal Bart’s dopo aver ricevuto un sms che lo avvisava dell’inizio del travaglio della moglie. Si era completamente dimenticata di scrivergli per avere informazioni, ma a sua difesa chiunque avesse affrontato alieni che volevano distruggere il pianeta e paradossi temporali avrebbe avuto qualche difficoltà nel tenere a mente gli appuntamenti, si disse. Salì le scale e si sorprese un poco nel trovare la porta aperta e Sherlock seduto sul divano, intento a leggere un libro.
 
*

- Signor Holmes – disse a mezza voce Linda, appoggiata a un muro lungo la strada, quando il consulente investigativo passò. Aveva avuto cura nello scegliere, all’interno dell’immenso guardaroba della Tardis, vestiti che non permettessero il suo riconoscimento: una felpa sformata, con un cappuccio, una lunga sciarpa colorata* e dei pantaloni strappati sulle ginocchia. Aveva accettato di buongrado di essere lei a fermare Sherlock, perché chi meglio di lei poteva fornire all’uomo delle indicazioni accurate su se stessa? Aveva letto che Sherlock Holmes si affidava a una specie di rete di senzatetto per avere le informazioni che voleva. Doveva quindi avvicinarlo come se fosse una di loro se voleva risultare credibile e far funzionare il piano.
Lui la guardò per un secondo, continuando a camminare – Sei nuova e vuoi qualcosa da me – disse. Non era una domanda, lo sapeva e Linda per un attimo pensò che tutto il piano sarebbe saltato. Il Dottore la guardava dall’altro lato della strada, controllando la situazione e Artù, che spaesato non  comprendeva appieno lo spirito d’iniziativa della ragazza, né l’assenso che le aveva dato il Dottore.

- Moriarty – sussurrò in fretta la rossa. Dalle informazioni che aveva letto su di lui aveva intuito che tale Moriarty era una delle poche persone che potevano distogliere Sherlock Holmes dalle sue attività. La reazione dell’uomo le diede conferma della sua teoria.
Sherlock si voltò, le mani nelle tasche del suo cappotto scuro, cercando di scrutarla figura che aveva davanti. – Cosa sai? – disse con impazienza nella voce?
 

*
 
- Lo sai che una neonata non può mangiare le patatine fritte, vero? – domandò Molly cercando di risultare spontanea e attirare l’attenzione su di sé. Sherlock, al contrario delle aspettative della donna, posò il libro sul tavolino, alzandosi  e accogliendola
- Puoi toglierti la giacca, lascia pure qui il sacchetto con la cena. E ovvio che lo so, le patatine fritte sono per me e per te se sei stata abbastanza previdente da prendere una porzione per te – disse l’uomo con una nota di evidente disagio nella voce.
Molly la notò e non poté trattenersi dal sorridere. Si sedette sul divano mentre tirava fuori dal sacchetto la cena, porgendola a Sherlock, aspettando che lui iniziasse a mangiare.

- Sei in debito con me -  disse con noncuranza, ottenendo però come risposta l’immobilità dell’uomo, che fissò il vuoto, con la mano a mezz’aria nell’atto di afferrare una patatina fritta.
 

*

Linda chiuse gli occhi, nascondendo il viso nel cappuccio e nella sciarpa, cercando di non farsi riconoscere.
- Attraversa la strada. Nel centro commerciale. Ragazza coi capelli rossi, riccia. Giacca verde e borsa nera, grande. Nella sua borsa c’è qualcosa che può tornarti utile -  disse in tono meccanico, cercando di non far trasparire la tensione
- Cosa? –
- Tu prendile la borsa e scoprilo. Ti conviene correre quando lo hai fatto – ribatté Linda per poi incamminarsi nella direzione opposta a quella dell’uomo. Sospirò quando sul suo telefono vide comparire la notifica della ricezione di una foto del Dottore che cercava di sorridere, rassicurandola di aver avuto successo.
 

*
 
- Sherlock? -  chiamò Molly, rinunciando all’idea di consumare un pasto completo in Baker Street. L’uomo sembrò riscuotersi dai pensieri, alzandosi, posizionandosi davanti alla finestra.

- Domanda -

- Prego? – i comportamenti di Sherlock erano strani, di questo Molly era ormai consapevole e aveva imparato a riconoscerli e reagire di conseguenza, ma questo comportamento esulava da tutti quelli che aveva imparato a riconoscere.

- Hai detto che sono in debito con te, cosa che corrisponde a verità quindi puoi chiedermi quello che vuoi chiedermi, in modo tale da avere una risposta ed essere soddisfatta o chiedere delucidazioni se non sarò esauriente – replicò Sherlock in un sussurro, continuando a dare le spalle alla donna. 
Molly si alzò, rinunciando all’idea di mangiare, avvicinandosi al consulente investigativo, ma fermandosi a pochi passi da lui. Chiuse gli occhi e cercò di richiamare a sé le idee: era stanca, ma sentiva il nervosismo e la tensione salire. Cercò le parole più adatte a quella situazione ma quando riuscì a trovare il coraggio per parlare, l’unica parola che uscì dalle sue labbra fu: - Perché? –

Sherlock si voltò bruscamente, lo sguardo severo e la bocca leggermente aperta. – Perché, cosa? - . Aveva immaginato dodici possibili domande che Molly avrebbe potuto porgli. Nessuna di queste rispondeva alla domanda che gli era stata fatta.
 

*
 
La Tardis atterrò in un vicolo, facendo uscire un Dottore soddisfatto,  un Artù spaesato ma impaziente di scoprire come funzionava il mondo che per lui era il futuro e una Linda dallo sguardo basso.
- Ecco fatto Linda, nella Londra del presente – disse il Dottore, guardandola e accorgendosi della reazione della ragazza. Registrò la sua espressione e si accorse di come questa non corrispondesse ai canoni delle espressioni che le persone hanno dopo aver salvato miliardi di vite. – Dove volevi tornare, no? – aggiunse.

Linda ricacciò in gola nodo che sentiva e guardò il cielo uggioso, nella speranza di non far vedere la sua espressione. Chiunque, persino il Dottore avrebbe letto la tristezza sul suo volto. – Già, bhe, grazie di tutto Dottore, quando racconterò questa avventura a casa nessuno ci crederà, forse solo la vecchia zia Susan – disse facendo per allontanarsi ma il Signore del Tempo la fermò prontamente. La sua espressione era nuovamente seria, ma non c’era rabbia o severità nel suo sguardo, solo una profonda curiosità.

- Susan..?  hai detto Susan? – le chiese  con una nota di impazienza.

 
*

- Perché tutto, Sherlock. -  soffiò Molly visibilmente tesa – credo sia giunto il momento perché tu mi dia tutti i perché. Non dopo quello che è successo, non con quello che può ancora succedere –
Sherlock fece un passo verso di lei, ma si ritrovò nuovamente bloccato. Non sapeva cosa doveva fare: quello che stava succedendo usciva dai suoi schemi e lui, di questo erano tutti consapevoli, non era proprio il classico esempio di duttilità sociale.
Sospirò – Immagino tu voglia sapere il perché ho cercato di tenerti fuori riservandoti un comportamento discutibile secondo le normali regole dei rapporti interpersonali delle persone – iniziò.
Stava facendo il giro lungo, ne era consapevole. Ma era l’unico giro che la sua mente gli consentiva di fare senza cadere in uno stato di panico sociale.
Molly annuì, i muscoli del collo tesi.

- Sai che odio ripetermi, Molly. Inoltre pensavo lo avessi imparato: mi sono sempre fidato di te e sei sempre stata importante. – disse in fretta e a bassa voce il consulente investigativo.  Molly sentì gli occhi pizzicarle e si maledisse mentalmente. Li richiuse: ormai stava giocando, doveva continuare e arrivare fino in fondo. Se doveva piangere, che fosse per qualcosa di detto, non per l’ennesima frase lasciata a metà.

- Come? – domandò riaprendo gli occhi, determinata a resistere alla sua indole che la voleva far correre a casa.
 

*
 
- Zia Susan…. – balbettò Linda – non è propriamente mia zia, è la moglie di un mio prozio, lo ha conosciuto quando era giovane, in viaggio. È sempre stata cara con me quando ero piccola. Mi portava sempre a vedere gli spettacoli di un mago che faceva spettacoli per bambini nei cortili: Paul il mago, quello vestito come te, lei ogni tanto mi portava fuori a… -
- Susan!!!! – esclamò il Dottore stringendo le spalle della rossa, destando la sorpresa nella ragazza e in Artù. Nessuno dei due capiva cosa stava succedendo, ma il Dottore iniziò a ridere e per un attimo a Linda parve di vederlo alleggerito da un grosso fardello.

- Dottore, Dottore!  - disse cercando di calmarlo – io devo andare –

Calò il silenzio. Tutti e tre fissarono il terreno, fermi, in attesa di qualcosa.  Il Dottore annuì – Certo, bhe, si, giusto devi andare… oppure…. –
- Oppure? – chiesero in coro Linda e Artù, la speranza nella loro voce.

Il Dottore aprì la porta della Tardis – Bhè, Artù non conosce nulla di quello che è accaduto tra la caduta di Camelot e oggi, forse, per aiutarlo ad ambientarsi, potrei… sfruttare la tua compagnia per aiutarlo a capire la storia umana. Io fatico sempre a relazionarmi con Napoleone, un tale permaloso… -
Linda sentì il volto illuminarsi di gioia: si voltò verso Artù che le sorrise annuendo e tendendole la mano. Lei l’afferrò e corse insieme a lui nella cabina blu, raggiungendo il Dottore.
 

*

 
- Non è una domanda posta bene –
- Non è vero Sherlock e lo sai bene. Ti sei sempre fidato di me e io conto per te. Bene: come, in che modo? Perché, perdonami ma il tuo comportamento è stato alquanto scostante negli ultimi tempi. Non sappiamo se Moriarty sia vivo o se qualcuno agisca per lui, ma… -
- Non è la domanda corretta –

- Sherlock, smettila! – sbottò Molly – la domanda è corretta: è esattamente quella che volevo porti e tu mi hai promesso avresti risposto. Ora sii coerente e rispondimi. –
Sherlock la osservò per secondi interminabili, poi si avvicinò a lei, incatenando il suo sguardo al proprio. Molly deglutì: Sherlock era vicino, troppo vicino. Sentiva il suo profumo, riusciva a specchiarsi negli occhi di lui, avvertiva il suo respiro sul suo volto.
Sherlock chiuse gli occhi, per poi voltarsi trattenendo a stento un urlo – Non è come immagini, dannazione! Non può essere come immagini, Molly.  – poi sussurrò - Io non sono come immagini, Molly Hooper –

Molly avvertì le lacrime velarle gli occhi e offuscarle la vista. – E allora dimmi come è – ribatté con voce ferma, ma leggermente più acuta del solito – perché al momento quello che vedo è un uomo che si diverte a giocare a essere un dio e disporre della vita delle persone che lo amano, senza curarsi di ringraziarli o di far sapere che il loro affetto è ricambiato o meno! – aveva finito con l’urlare, ma non appena ebbe finito la frase si portò le mani alla bocca, sentendo le guance avvampare. Ebbe la conferma di essere stata ingannata quando vide uno Sherlock sorridente e vittorioso  voltarsi verso di lei, avvicinandosi fino a sfiorarle al fronte con i suoi riccioli.

- Non sono un dio, ma sono un umano incredibilmente intelligente – mormorò Sherlock.  Molly trattenne il fiato, incapace di muovere un singolo muscolo, in attesa di una qualsiasi azione dell’uomo. Avvertì il suo profumo circondarla, il suono della stoffa della sua camicia che sfregava sulla pelle, la pressione della sua mano destra sulla sua schiena e le labbra di lui contro le proprie.
Il cuore le batteva all’impazzata, quasi da sovrastare tutti gli altri suoni nella casa. Tutti tranne un vagito di una bambina. Non era Sherlock Holmes, ma dedurre che la famiglia Watson era sulla soglia dell’appartamento da qualche minuto non era difficile.
 


Due mesi dopo                                  
- Voi umani – rise il Dottore – riconoscervi dal profumo che avete. Ecco come hai fatto a individuare la Molly Zygon. Furbo, brillante! –
- Scarlioni era tornato per cercare di creare un paradosso temporale, per questo aveva bisogno della tua cabina blu. Artù era probabilmente un incidente di percorso, per questo lo ha imprigionato -  disse Sherlock
- Ma non aveva fatto i conti con i sentimenti di Karl – intervenne Artù – mi ha aiutato a sfuggire, sabotando una sbarra della gabbia in cui stavo –
- E la mia borsa l’hai rubata su mia richiesta, per chiudere il cerchio temporale – concluse Linda.
- La Tardis non partiva perché aveva avvertito la presenza dell’anomalia, di un’altra se stessa, di un altro me – continuò il Dottore.
- Dottore quell’alieno – chiese timidamente Molly – quello di cui nessuno si ricordava, mi hai guardato in maniera sorpresa –
- Gli umani si dimenticano di lui. A meno che non ci sia un avvenimento indimenticabile che lo riporti alla memoria. Evidentemente vedere qualcuno di caro rischiare la vita lo era per te – rispose il Dottore.

Lo strano gruppo che si era ritrovato accanto a una panchina di un parco anonimo  si stava scambiando gli ultimi convenevoli davanti alla Tardis.
- Dove andate ora? – domandò Molly sorridendo
- Bè, Linda continua a parlarmi di questo tale, Freddie.. pare sia un sovrano anche lui – rispose Artù. Il dottore e Linda risero, prima di salutare ed entrare nella Tardis. Linda, ultima della fila si voltò verso Sherlock e Molly rivolgendo alla donna un caldo sorriso.
- Alla fine l’umanità non è così male vero? – domandò poi rivolta a Sherlock.
- Saltuariamente – ribatté l’uomo.  Linda rise ed entrò nella Tardis, che scomparve poco dopo, lasciando il consulente investigativo e Molly soli.

Lui riprese a camminare, le mani in tasca e il colletto del cappotto alzato. Non si curò di avvisare Molly, ma si lasciò sfuggire un breve e impercettibile sorriso, poco più di una smorfia quando lei gli si fece accanto.

- Saltuariamente umano – disse lei.

- Non dirlo a Mycroft – fu la risposta. Molly sorrise e sentì le guance scaldarsi nell’avvertire la mano di lui spostarle una ciocca di capelli dal viso, poco prima di attraversare la strada.
 
 
Fine.
 
 
Oh mamma, eccoci dunque! Sono riuscita a finire questa storia che continuava a girarmi in testa.  Ho voluto inserire una piccola citazione del personagigo di Susan, la nipote del Dottore (per chi non se ne ricordasse, serie classica, prima stagione ;))
Che dire, ringrazio davvero di cuore tutti voi che vi siete fermati a leggerla, non sembra, ma è stato un bello stimolo sapere di avere qualcuno che aspettava il seguito della storia mano a mano che questa andava avanti. Spero di non aver deluso (troppo) le aspettative ed essere riuscita a trasmettere qualcosa, anche solo una minima parte, di quello che volevo fare.
Vi ringrazio davvero per avermi seguito con pazienza fino a qui e non posso che augurarmi e augurarvi di risentirvi alla prossima storia.
LD ;)
  
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