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Autore: Celtica    16/05/2016    10 recensioni
E se fossero davvero fuggiti insieme?
Oscar ha disonorato la sua famiglia, suo padre la vuole morta, ma André vuole scappare con lei.
Dal primo capitolo:
Parigi era lì, davanti a loro, e nonostante lui avesse appena chinato il capo per dirle di sì, per risponderle che l’aveva vista, continuava a guardare la donna, ignorando la città.
Aveva le due cose più belle del mondo davanti, e occhi solo per lei.
Non riusciva a smettere di pensare che presto l’avrebbe vista morta.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 5

Mi dispiace.
Mi dispiace di aver dato l’idea di aver abbandonato la storia. Non è così.
Avevo bisogno di uno stacco, non chiedetemi perché.
So solo che cercherò di essere più puntuale, di impegnarmi di più,
perché non voglio abbandonarla.
E non voglio nemmeno che sembri che l’abbia fatto.

 

Dove eravamo rimasti?
Oscar e André sono fuggiti, lontano da Parigi.
Il Generale si è accorto della loro scomparsa e ha informato la Regina.
Maria Antonietta si sente tradita, ma nonostante tutto decide di dare una seconda occasione a Oscar, riportandola a casa.

n


PRIMA PARTE

 

C

 

apitolo V

 

Cavalli al galoppo.
Finalmente Oscar riusciva a sentire il suo sotto di sé, ora che André l’aveva lasciata andare. Correva al suo fianco, sul baio che li aveva uniti nel corpo e divisi nell’anima.
Perché lei aveva sentito il bisogno di essere libera, aveva percepito quelle catene a cui André sembrava averla legata, e aveva capito di sbagliare.
Lui non aveva mai voluto imprigionarla.
Ma solo liberarla, spezzare le catene che la tenevano legata a Maria Antonietta e a Parigi, al mondo scintillante di Versailles, alla miseria che si annidava nel petto dei nobili mostrando il suo volto tra i vicoli della città.

Oscar godette del vento sul viso, del cavallo che rispondeva a ogni suo movimento. Le bastava spostarsi appena sulla sella perché lui capisse dove voleva andare…
Erano cresciuti insieme, proprio come lei e André.

«Oscar!»

Lei tirò le redini per fermarsi e si voltò a guardarlo.
Dopo quella notte insonne, passata a osservare le stelle, le cose sembravano tornate come prima di partire. Quando i sensi di colpa le attanagliavano lo stomaco e il desiderio di essere di qualcuno, come di lui, sembravano i timori di un bambino.

«Dimmi, André.»

Quando avevano deciso di rimettersi in marcia Oscar era rimasta a guardarlo, chiedendosi perché facesse di tutto per salvarle la vita. Erano partiti senza mangiare, con i brontolii della pancia di André come sottofondo.
Ma lei sentiva qualcosa.
E sapeva, sapeva che nonostante quei pensieri, nonostante quelle paure, il momento di spezzare la catena era giunto.
Solo che non si sentiva pronta…

Udì il nitrito del baio mentre André lo spingeva al passo verso di lei, per raggiungerla.
Stavano affiancando il bosco, si rese conto Oscar, ma sulla collina che avevano di fronte c’era un villaggio. Quale, non avrebbe saputo dirlo. Immaginò si trattasse di Vincennes.
«Dobbiamo entrare nel paese.»
Lei sapeva bene perché.
Non avevano cibo, non avevano soldi e armi. Non potevano cacciare, non potevano nutrirsi. Erano stati fortunati a trovare un ruscello quella mattina, ma Oscar si accorse di non conoscere le zone intorno a Parigi. Non così a sud-est.
Ebbe conferma che si trattava di Vincennes quando riconobbe il castello.

«Direi di lasciare i cavalli nel bosco quando saremo vicini. E forse…» André si sporse sulla sella, quasi come se qualcun altro avesse potuto sentire quanto stava per dire. «Forse dovremo “prendere” alcune cose…»
Oscar si agitò sul cavallo, spingendolo a voltarsi indietro.
«Che cosa dici, Andrè? Vorresti rubare?»

Lui si avvicinò abbastanza da prendere le briglie. Le fece cenno di scendere e Oscar capì che temeva una sua possibile fuga. Lo ascoltò, volteggiando giù dalla sella, ma tenne il pugno chiuso intorno alle redini, pronta a saltare in groppa e ad abbandonarlo.
«No, Oscar» disse André, imitandola e scendendo da cavallo. «Non sono un ladro. Ma non possiamo entrare in paese vestiti in questo modo.»
«Perché, Andrè? Perché mi stai dicendo questo?»
Oscar ebbe l’orribile visione di lei vestita da donna.
Solo una volta era successo, e si era ripromessa che non si sarebbe più ripetuto.

«Perché ho fame, Oscar» insisté, falciando l’erba con le gambe per raggiungerla. Se lo ritrovò vicino, troppo vicino, ed ebbe paura. «E anche tu devi mangiare.»
Si ritrovò a osservare le pagliuzze dorate nei suoi occhi verdi, sentì il respiro accorciarsi quando scese a studiare le labbra, e un fremito, quando André la inchiodò tra sé e il cavallo.

 

Gabriel era stato definito da Sua Grazia, ostinato.
C’erano voluti impegno e insistenza affinché accettasse di apportare modifiche alla Camera della Regina.
Maria Antonietta poteva ora ammirare i broccati in fiore, i ritratti di sua madre e di suo fratello, il caminetto in marmo screziato, il busto che la ritraeva con addosso il mantello reale e un medaglione con il profilo di Luigi XVI.
Sedette sullo sgabello, gli occhi fissi sullo stipo dei gioielli di origine tedesca, e si concentrò su ciò che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte.
Chi scegliere?
Doveva mandare qualcuno a cercare Oscar, a dirle di tornare a casa. Qualcuno che le dicesse del mancato pericolo, del suo intervento e salvataggio.
Qualcuno di cui Oscar potesse fidarsi.
La Regina tirò la testa indietro, al soffitto a cupola, e prese la sua decisione.
Due nomi per vederne partire uno solo.
Ma quale?

 

Avrebbe voluto baciarla per mettere fine a quell’agonia.
Oscar era bloccata, occhi negli occhi con lui. Sarebbe bastato allungarsi, prenderla tra le braccia e rubarle un bacio. Ultimamente si ritrovava spesso a stretto contatto con lei e, ogni volta, la vedeva in modo diverso.
Un po’ più arrendevole…
Un po’ più disponibile.
Meno furiosa, meno spaventata, meno confusa.

«André» soffiò Oscar, poggiando una mano sul suo petto. «Fermati.»

Nonostante la camicia, lui sentì la pelle scottare sotto il suo tocco. Si ritrovò a chiedersi cosa avrebbe provato senza la stoffa a dividerli, cosa avrebbe sentito.
Provò un brivido solo a immaginarlo.

«Perdonami, Oscar.»
André fece un passo indietro, abbassò lo sguardo sulle bisacce del cavallo, poi, di nuovo, sulla divisa di lei…
Doveva essere così bella.

«Oscar.»
Il tono di André si fece duro e, per un istante, riconobbe la paura negli occhi di lei. Forse temeva di ripetere quella notte? Quell’incubo vissuto?
No, non le avrebbe fatto del male, lo aveva giurato a lei e a se stesso.

«Dovrai toglierti quella divisa. E anch’io.»
«Come?»

André si voltò, per guidare le redini del baio perché facesse qualche passo avanti e lo seguisse. Indicò il bosco.
«Ci staranno cercando, non possiamo permettere che ci trovino.»
«Questo lo so» mormorò Oscar con disappunto, stringendo la mano a pugno.
«Vestiti così ci prenderanno subito, Oscar» disse, squadrandola da capo a piedi. «Cercano due soldati. Noi non possiamo più esserlo.»
La vide scuotere la testa, passarsi una mano sulla fronte.
«No, no, André… Ho capito cosa vuoi dire, ma io… io non posso. Non posso vestire da donna. No, André!»

Quando la vide mettere un piede nella staffa e rimontare in sella, si sentì morire.

«Aspetta, Oscar!» gridò André, sollevando il braccio. «Scendi da cavallo, Oscar, scendi e ti spiegherò.»
Lei fece cenno di no con la testa, e il cavallo seguì i suoi movimenti, girando in tondo.
«Non c’è più niente da dire» mormorò Oscar, ergendosi dritta. E bastò vederla per capire cosa avrebbe fatto… «Io torno indietro.»
Fu come uno specchio che andava in pezzi, come lo stridio di una catena che si trascina, come vederla morire.

«Addio, André.»

La sentì incitare il cavallo, balzò in sella mentre lei partiva al galoppo, affondò i talloni nei fianchi del baio come aveva già fatto.
Ma era tardi…
Non era riuscito a spezzare le catene che la tenevano legata a Parigi, non era riuscito a farle capire di essere libera. E stavolta, stavolta forse non sarebbe riuscito a fermarla.

«Conte di Fersen.»
Lo disse con la solita, reverente, dolcezza. E si lasciò baciare la mano, lasciò che lui si inchinasse davanti a lei, chiamandola Maestà, giurandole devozione imperitura.
E lo fece accomodare, prima di svelargli il motivo di quella visita.
«Vi ho fatto chiamare» cominciò la Regina, sedendogli di fronte. «Perché ho fiducia in voi e in nessun altro, Fersen.»
«Maestà, ditemi come posso servirvi.»

Maria Antonietta si era preparata tutto un discorso fatto di ricordi, di amicizia e di vite salvate, ma ritrovarsi con lui era bastato a farglielo dimenticare.
Era incredibile sapere di essere stata tra le sue braccia, di averlo amato, e di doverlo nascondere… Anche a lui. Soprattutto a lui.
Perché, se anche Fersen si era messo al servizio della Corona, lei era certa che dentro di sé provasse ancora qualcosa.
Era facile fingere, fuori, dove tutti potevano vedere, aiutandosi con profumi e belletti, falsi sorrisi e frasi fatte. Era facile dire, dirsi, di aver spinto quei sentimenti in fondo al cuore.
Ma non era così.
Non poteva esserlo.

«Si tratta di madamigella Oscar.»
Lo vide impallidire.
«Madamigella Oscar avete detto, Maestà?»
Aveva deciso di cominciare con lui, di riceverli prima uno e poi l’altro, per decidere chi dei due era il più adatto a riportarla a casa. Non avrebbe potuto privarsi di entrambi, e dentro di sé sperava con tutta l’anima di non dover mandare proprio Fersen.

Però… C’era un però, che quasi non riusciva a spiegarsi.
Tutti gli avvenimenti che avevano legato loro tre, lei, Oscar e Fersen, a partire dal loro incontro al ballo in maschera, a quando Oscar aveva danzato con lei per evitare che l’intera Corte continuasse a mormorare su di loro, a quando una carrozza era stata attaccata a Parigi, vicino all’Operà… E Fersen si era offerto di andare.
«Sì. Non so come dirvelo… Oscar si è macchiata di tradimento.»

 

Spingere il cavallo a tutta velocità era qualcosa che la faceva sentire viva.
Oscar si chiese come avrebbe fatto a cavalcare vestita come una donna… Come avrebbe potuto impugnare una spada, prendere a pugni un uomo, inseguire un criminale.
No, André non poteva averle chiesto davvero quello.

Sì, invece, si disse. André vuole solo proteggermi. Ma io non posso… Ho giurato a me stessa di vivere come un uomo, di cavarmela da sola. Di non aver più bisogno di lui.

Sentì il suo purosangue fremere sotto di lei, mentre lo spronava a continuare la sua corsa.
Il vento nei capelli, quello stesso vento che le sferzava il viso, era lo stesso che avrebbe attraversato Parigi e raggiunto Versailles.
Magari sarebbe stato lui a sussurrare del suo ritorno, magari avrebbe avvertito suo padre di affilare la spada…
Smise di incitare il cavallo quando vide un carro sulla strada.
Sembravano contadini, un uomo e una donna, intenti a spingere il mezzo. Ma non avevano animali a tirare, e Oscar vide una ruota affogata nel fango.
Trottò fino a loro, poi tirò le redini e si fermò.

Come aveva fatto a essere così stupido?
Era logico che Oscar fuggisse, al solo sentir parlare di abiti da donna. Erano nella stalla quando lei gli aveva detto di voler vivere come un uomo, di voler affrontare i campi di battaglia, imbracciare un fucile, allontanarsi dalla Regina…

Se fuggire fosse la soluzione, io sarei fuggito da te tanto tempo fa, Oscar.

Pregò il cielo di raggiungerla in tempo, prima che incontrasse i soldati, prima che capisse che il modo più sicuro per raggiungere Parigi senza di lui era entrare nel bosco.
Non avrebbe potuto raggiungerla lì.

Sei fuggita da Fersen, sei fuggita dalla Regina, e ora sei fuggita anche da me. Come ho fatto, Oscar? Come ho fatto a essere così stupido?

Nella penombra della sua camera da letto, Oscar gli aveva detto di non aver più bisogno di lui.
Ora, ora che cominciava a capire cosa doveva aver provato, André la rivide voltata di spalle, mentre appoggiava la tazza sul tavolino. Mentre entrava nel buio.
André pianse, ripensando a quando l’aveva presa con la forza.
In qualunque momento, in qualunque momento avrebbe potuto farla sua. In qualunque momento avrebbe potuto bloccarle i polsi, proprio come quella sera…
Ma non voleva più farlo.
I suoi pensieri, ora, dovevano essere rivolti a lei e solo a lei.
Al modo in cui i suoi capelli risplendevano nel sole, al…
Lo capì solo allora: anche vestita da donna, Oscar restava facilmente riconoscibile.
C’era una sola cosa da fare, e ciò che gli serviva era della pece.

 

«Sedete, Capitano.»
La Regina lasciò che Girodel sedesse dove, fino a poco prima, si era sistemato Fersen.
«Vostra Maestà.»
Girodel fece un inchino, e i bei capelli ondulati gli finirono tutti in volto.
«Ho risposto al vostro richiamo, Maestà.»
Maria Antonietta giunse le mani e fece cenno di sì con la testa. Girodel era la sua seconda scelta, la dimostrazione che la nobiltà francese sapeva essere galante e raffinata, il prezzo che era disposta a pagare pur di riavere Oscar con sé.
Forse stava commettendo un errore, forse non era davvero da lei fare ogni cosa in suo potere pur di salvare la sua amica.
Ma da quando aveva perso Louis Joseph si sentiva sola, tremendamente sola.
E se c’era qualcosa che poteva fare per Oscar, decise, l’avrebbe fatta.

 

«Avrei dovuto ucciderli» disse il Generale ad alta voce.
La vergogna di cui l’aveva macchiato Oscar era qualcosa che lo feriva davvero.
«Avrei dovuto ucciderli entrambi. E poi seguirli…»
Prendere a pugni l’aria non era più qualcosa che serviva a farlo sentire meglio. Rendeva reale la loro mancanza, le parole che avevano detto, il suo cuore spezzato.
Decise di mettere fine a quelle domande quando il Colonnello D’Arcois entrò nella stanza.
Il Generale raddrizzò la schiena, sistemò meglio la casacca, e lo affrontò con uno sguardo austero.
D’Arcois lo salutò, rimettendosi ai suoi ordini.
Era giovane e, forse, se Oscar non fosse fuggita, il Generale gli avrebbe proposto di sposarla. Era un nobile, aveva due lunghi baffi neri che seguivano la linea delle labbra, e doveva essere alto quanto suo figlio.
«Mi avete fatto chiamare, Generale?»
«Colonnello, ho bisogno di un favore.»
«Ditemi, Generale.»
«Si tratta di mio figlio Oscar.»

 

La trovò ferma a parlare con due contadini e rallentò il passo, dando modo al baio di riprendere fiato.
«Posso fare qualcosa per voi?» chiese André, smontando da cavallo.
Si sentì pronto a rimontare in sella se Oscar avesse dato segno di voler scappare. Non poteva permettere che tornasse da suo padre. Proprio non poteva.
«André» Oscar si voltò a guardarlo con il sorriso sul viso. Qualcosa che lo scaldò dentro. «Vieni, aiutami. Dobbiamo tirar fuori la ruota da lì.»

Oscar gliela indicò: un cumulo di mota che raggiungeva il corpo del carro. André vide le mani dei contadini sporche di terra e fece un cenno con la testa.
Capì che non sarebbe fuggita, capì che non aveva davvero intenzione di tornare indietro.
Altrimenti a cosa sarebbe servito quel grazie? Quello che Oscar gli aveva sussurrato piano, schiena contro petto, in groppa al suo baio?
Forse voleva finalmente essere salvata. Forse poteva fare qualcosa per lei.
Ridarle una parvenza di vita.
Anche senza vestire da donna…

«Arrivo, Oscar. Eccomi.»
Piantò gli stivali in quel pantano, facendo forza sulle gambe per sollevare la ruota. Oscar e l’uomo fecero lo stesso.
«Grazie, grazie!» gridò la donna, appoggiandosi al carro. «Ci avete salvato.»
André notò i suoi occhi azzurri e pensò a quelli di Oscar.
Solo allora si diede pena di guardare cosa stavano trasportando: grano, grano battuto.
«Dove lo portate?» chiese Oscar, accarezzandolo con la mano. Era chiaro come i suoi capelli…
«A Vincennes. Dicono che ci sono mercanti pronti a pagare bene.»

André pensò al castello e ai pericoli che avrebbero corso seguendo quei due.
Però era anche vero che se era stato dato l’allarme, cosa ancora improbabile, le guardie avrebbero controllato tutti. E quale sospetto ci sarebbe stato in un gruppo di contadini?

Gli occhi di Oscar si posarono sull’uomo che aveva accanto.
«Vi ringrazio, signore» disse il contadino, rivolto a lei. «Dobbiamo riprendere la strada ora…»
André la vide scostarsi per lasciargli riprendere posto accanto alla moglie, alla testa del carro.
«Ma certo» mormorò Oscar, fissando il grano, e lui non poté fare a meno di chiedersi a cosa stesse pensando. «Aspettate. Possiamo aiutarvi a entrare a Vincennes.»
Fu la moglie del contadino a fare una smorfia.
«Con quei cavalli? Devono valere una fortuna» mormorò, scambiando un’occhiata con il marito. «Ma non sono animali da tiro quelli.»
André approfittò di quell’occasione per farsi avanti. Allargò le braccia e sorrise con fare innocente.
«Lasciate che vi aiutiamo. Se potete tirarlo voi, possono farlo anche loro.»
«Li rovinerete» disse l’uomo, studiando i cavalli. «Non abbiamo soldi per pagare…»

Oscar si avvicinò dal lato opposto, costringendo i due a voltare le spalle a André per poterla guardare. Sembravano a disagio.
«Non dovrete pagarci» aggiunse André. «Vi aiutiamo volentieri.»
Ma riconobbe la paura sui loro volti e li osservò scambiarsi l’ennesima occhiata.
«Siete molto gentile, signore…» sussurrò la donna, stringendosi nelle spalle. «Ma non abbiamo bisogno, davvero.»
André la vide sorridere in modo innaturale mentre chinava la schiena per tirare il carro.
«Speriamo di rivedervi in città. E ricambiare la cortesia.»

 

Oscar li guardò andare via sentendosi in errore.
Forse, se avessero giocato meglio le loro carte, si sarebbero trovati insieme ai contadini in quel momento, e André avrebbe abbandonato quell’assurda idea di farla vestire da donna.
«Oscar…» la chiamò, mentre il sole si alzava alto nel cielo. «Non fuggire più, Oscar.»

Era vero…
Aveva preso il suo cavallo e si era spinta al galoppo, convinta di voler tornare a casa. Ma non aveva più una casa, ora. Non aveva più nulla.
Le rimaneva solo André.
Non rispose e raggiunse l’animale, che pascolava lì vicino. La strada era ricoperta di fanghiglia, e lei si riempì gli stivali per avvicinarlo.
«Non ti farò vestire da donna» continuò, spingendola a voltarsi. «Non ancora.»

Passò la mano sul manto candido del cavallo, ne aspirò il profumo, quello che a Versailles era considerato puzzo di cavallo. Ma a lei piaceva, le era sempre piaciuto.
Le ricordava le cavalcate, il suo ruolo a Corte, la libertà. Le ricordava i pomeriggi passati ad allenarsi alla scherma, i tiri al bersaglio che miglioravano la sua mira giorno dopo giorno. Le ricordava il sapore del vino e il tepore del fuoco, al rientro da un giro a cavallo…
Le ricordava la sua camicia bianca, quella che restava semiaperta quando si addormentava davanti al camino, quando aspettava il rientro di André.
E le ricordava anche Arrais, la sua costa dorata, le onde del mare che la portavano via. E gli zoccoli che affondavano nella sabbia, il sapore del sale sulle labbra…
E, più di tutto, le ricordava André.

«E cosa vorresti fare?» chiese, intrecciando le dita nei crini. «Abbiamo le divise da soldati, lo hai detto tu. Non possiamo entrare in città.»
«Ma non possiamo nemmeno morire di fame.»

Oscar fece cenno di sì con la testa, ma non si voltò a guardarlo.
Tutto sembrava andare in pezzi. La sera prima le cose le erano apparse diverse, per qualche ora si era illusa che tutto sarebbe andato bene, che André l’avrebbe portata in salvo.
Ma ora, ora si rendeva conto…
Se voleva vivere come un uomo non poteva, proprio non poteva aspettarsi che fosse André a risolvere ogni problema. Non poteva restare ferma, zitta, ad attendere le sue idee.
Doveva fare qualcosa. Doveva aiutarlo.
Eppure… Il sogno di quel bacio, quello che André stava per darle mentre attendevano la liberazione dei soldati di Parigi, la torturava ancora, confondendola.
Ma se non poteva essere uomo, se non voleva essere una donna, cos’era Oscar?

«Prenderò dei vestiti, Oscar. Prima della città ci sono le case dei contadini. Non ci sono guardie a proteggerli, li prenderò io.»
«Avevo ragione, André! Tu vuoi rubare!» lo gridò andandogli incontro e fermandosi a due passi da lui. «No, Andrè. Non te lo permetterò!»
Sollevò una mano per colpirlo, ma André la intercettò, bloccandole il polso.
E, ancora, il ricordo di quella sera tornò prepotente a farle visita.
«Che cosa fai, André?»
Si specchiò nei suoi occhi, osservò la sua mano, la mano della spada, ricoperta di calli, stringere la sua pelle, il braccio ancora sollevato. E sperò, sperò che stavolta nessun grido arrivasse, sperò di non farsi prendere dal panico.

Sperò in quel bacio.

«Niente. Non faccio niente, Oscar» disse André, lasciandola libera. «Volevo solo impedirti di colpirmi.»
Lei si massaggiò il polso, sentendolo rovente.
Sentì le guance arrossarsi mentre si rendeva conto di quanto aveva desiderato.

«Ti prego di ascoltarmi, Oscar» riprese, deglutendo. «Lascerò qualcosa se vuoi, nelle bisacce ho delle monete. Poche cose… Ma ti prego, ascoltami. Dobbiamo cambiarci. E dobbiamo fare qualcosa anche per i tuoi capelli.»

Oscar strinse le palpebre, confusa.
«I miei capelli?»
«Sì, Oscar» André annuì, sollevando poi una mano a indicare il suo cavallo bianco. «E anche per lui. Siete troppo riconoscibili.»
Scosse la testa e fece alcuni passi indietro, come se l’idea di André fosse assurda.
«Useremo la pece, per te e per lui.»
Nonostante l’estate, Oscar sentì un brivido a pensare di tingersi i capelli con la pece.
«E dove pensi di trovarla, André? No, no, io…»

Si guardò attorno: l’aria sferzava gli alberi, trasportando gli odori del sottobosco. E l’umido, l’umido della terra, dell’erba, del fango, le arrivò dritto alle narici.
Sapeva cosa fare.

«André» disse, voltando il capo dietro di sé. «Non useremo la pece.»
«Come, Oscar? Ascolta…»
Sollevò una mano per interromperlo, e lo guardò severa, come faceva quando era ancora il suo attendente. Per un momento, un breve momento, si sentì di nuovo sicura.
«Useremo il fango.»

 

Note dell’autrice:
Arrivo in ritardo, anche peggio del ritardo, ma come vi ho detto prima ho avuto dei motivi. Io spero, anzi prego, come André, di non far passare più tanto tempo per un aggiornamento. Perché prima di prendere in mano questa storia mi sento quasi spaventata, temo di rovinarla, di non essere all’altezza, ma quando comincio a scrivere tutto passa e vorrei solo continuare e continuare, facendola durare all’infinito.
Spero che mi perdonerete e che mi farete sapere cosa pensate del capitolo.
Tengo a questa storia, ma forse dirlo è scontato: se non ci tenessi non la scriverei.
Come sempre, potete trovarmi nel link che lascio nella firma, come ha fatto Katia, sempre pronta e disponibile per invogliarmi a continuare quest’avventura. Insieme!

Celtica

 

 

   
 
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