Mi dispiace.
Mi dispiace di
aver dato l’idea di aver abbandonato la storia. Non è così.
Avevo bisogno
di uno stacco, non chiedetemi perché.
So solo che
cercherò di essere più puntuale, di impegnarmi di più,
perché non
voglio abbandonarla.
E non voglio nemmeno
che sembri che l’abbia fatto.
Dove
eravamo rimasti?
Oscar e André sono fuggiti,
lontano da Parigi.
Il Generale si è accorto della
loro scomparsa e ha informato la Regina.
Maria Antonietta si sente
tradita, ma nonostante tutto decide di dare una seconda occasione a Oscar,
riportandola a casa.
PRIMA PARTE
C |
apitolo V
Cavalli
al galoppo.
Finalmente
Oscar riusciva a sentire il suo sotto di sé, ora che André l’aveva lasciata
andare. Correva al suo fianco, sul baio che li aveva uniti nel corpo e divisi nell’anima.
Perché
lei aveva sentito il bisogno di essere libera, aveva percepito quelle catene a
cui André sembrava averla legata, e aveva capito di sbagliare.
Lui
non aveva mai voluto imprigionarla.
Ma
solo liberarla, spezzare le catene che la tenevano legata a Maria Antonietta e
a Parigi, al mondo scintillante di Versailles, alla miseria che si annidava nel
petto dei nobili mostrando il suo volto tra i vicoli della città.
Oscar
godette del vento sul viso, del cavallo che rispondeva a ogni suo movimento. Le
bastava spostarsi appena sulla sella perché lui capisse dove voleva andare…
Erano
cresciuti insieme, proprio come lei e André.
«Oscar!»
Lei
tirò le redini per fermarsi e si voltò a guardarlo.
Dopo
quella notte insonne, passata a osservare le stelle, le cose sembravano tornate
come prima di partire. Quando i sensi di colpa le attanagliavano lo stomaco e
il desiderio di essere di qualcuno, come di lui,
sembravano i timori di un bambino.
«Dimmi,
André.»
Quando
avevano deciso di rimettersi in marcia Oscar era rimasta a guardarlo,
chiedendosi perché facesse di tutto per salvarle la vita. Erano partiti senza
mangiare, con i brontolii della pancia di André come sottofondo.
Ma
lei sentiva qualcosa.
E
sapeva, sapeva che nonostante quei pensieri, nonostante quelle paure, il
momento di spezzare la catena era giunto.
Solo
che non si sentiva pronta…
Udì
il nitrito del baio mentre André lo spingeva al passo verso di lei, per
raggiungerla.
Stavano
affiancando il bosco, si rese conto Oscar, ma sulla collina che avevano di
fronte c’era un villaggio. Quale, non avrebbe saputo dirlo. Immaginò si
trattasse di Vincennes.
«Dobbiamo
entrare nel paese.»
Lei
sapeva bene perché.
Non
avevano cibo, non avevano soldi e armi. Non potevano cacciare, non potevano
nutrirsi. Erano stati fortunati a trovare un ruscello quella mattina, ma Oscar
si accorse di non conoscere le zone intorno a Parigi. Non così a sud-est.
Ebbe
conferma che si trattava di Vincennes quando riconobbe il castello.
«Direi
di lasciare i cavalli nel bosco quando saremo vicini. E forse…» André si sporse
sulla sella, quasi come se qualcun altro avesse potuto sentire quanto stava per
dire. «Forse dovremo “prendere” alcune cose…»
Oscar
si agitò sul cavallo, spingendolo a voltarsi indietro.
«Che
cosa dici, Andrè? Vorresti rubare?»
Lui
si avvicinò abbastanza da prendere le briglie. Le fece cenno di scendere e
Oscar capì che temeva una sua possibile fuga. Lo ascoltò, volteggiando giù dalla
sella, ma tenne il pugno chiuso intorno alle redini, pronta a saltare in groppa
e ad abbandonarlo.
«No,
Oscar» disse André, imitandola e scendendo da cavallo. «Non sono un ladro. Ma
non possiamo entrare in paese vestiti in questo modo.»
«Perché,
Andrè? Perché mi stai dicendo questo?»
Oscar
ebbe l’orribile visione di lei vestita da donna.
Solo
una volta era successo, e si era ripromessa che non si sarebbe più ripetuto.
«Perché
ho fame, Oscar» insisté, falciando l’erba con le gambe per raggiungerla. Se lo
ritrovò vicino, troppo vicino, ed ebbe paura. «E anche tu devi mangiare.»
Si
ritrovò a osservare le pagliuzze dorate nei suoi occhi verdi, sentì il respiro
accorciarsi quando scese a studiare le labbra, e un fremito, quando André la
inchiodò tra sé e il cavallo.
Gabriel
era stato definito da Sua Grazia, ostinato.
C’erano
voluti impegno e insistenza affinché accettasse di apportare modifiche alla
Camera della Regina.
Maria
Antonietta poteva ora ammirare i broccati in fiore, i ritratti di sua madre e
di suo fratello, il caminetto in marmo screziato, il busto che la ritraeva con
addosso il mantello reale e un medaglione con il profilo di Luigi XVI.
Sedette
sullo sgabello, gli occhi fissi sullo stipo dei gioielli di origine tedesca, e
si concentrò su ciò che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte.
Chi
scegliere?
Doveva
mandare qualcuno a cercare Oscar, a dirle di tornare a casa. Qualcuno che le
dicesse del mancato pericolo, del suo intervento e salvataggio.
Qualcuno
di cui Oscar potesse fidarsi.
La
Regina tirò la testa indietro, al soffitto a cupola, e prese la sua decisione.
Due
nomi per vederne partire uno solo.
Ma
quale?
Avrebbe
voluto baciarla per mettere fine a quell’agonia.
Oscar
era bloccata, occhi negli occhi con lui. Sarebbe bastato allungarsi, prenderla
tra le braccia e rubarle un bacio. Ultimamente si ritrovava spesso a stretto
contatto con lei e, ogni volta, la vedeva in modo diverso.
Un
po’ più arrendevole…
Un
po’ più disponibile.
Meno
furiosa, meno spaventata, meno confusa.
«André»
soffiò Oscar, poggiando una mano sul suo petto. «Fermati.»
Nonostante
la camicia, lui sentì la pelle scottare sotto il suo tocco. Si ritrovò a
chiedersi cosa avrebbe provato senza la stoffa a dividerli, cosa avrebbe
sentito.
Provò
un brivido solo a immaginarlo.
«Perdonami,
Oscar.»
André
fece un passo indietro, abbassò lo sguardo sulle bisacce del cavallo, poi, di
nuovo, sulla divisa di lei…
Doveva
essere così bella.
«Oscar.»
Il
tono di André si fece duro e, per un istante, riconobbe la paura negli occhi di
lei. Forse temeva di ripetere quella notte? Quell’incubo vissuto?
No,
non le avrebbe fatto del male, lo aveva giurato a lei e a se stesso.
«Dovrai
toglierti quella divisa. E anch’io.»
«Come?»
André
si voltò, per guidare le redini del baio perché facesse qualche passo avanti e
lo seguisse. Indicò il bosco.
«Ci
staranno cercando, non possiamo permettere che ci trovino.»
«Questo
lo so» mormorò Oscar con disappunto, stringendo la mano a pugno.
«Vestiti
così ci prenderanno subito, Oscar» disse, squadrandola da capo a piedi.
«Cercano due soldati. Noi non possiamo più esserlo.»
La
vide scuotere la testa, passarsi una mano sulla fronte.
«No,
no, André… Ho capito cosa vuoi dire, ma io… io non posso. Non posso vestire da
donna. No, André!»
Quando
la vide mettere un piede nella staffa e rimontare in sella, si sentì morire.
«Aspetta,
Oscar!» gridò André, sollevando il braccio. «Scendi da cavallo, Oscar, scendi e
ti spiegherò.»
Lei
fece cenno di no con la testa, e il cavallo seguì i suoi movimenti, girando in
tondo.
«Non
c’è più niente da dire» mormorò Oscar, ergendosi dritta. E bastò vederla per
capire cosa avrebbe fatto… «Io torno indietro.»
Fu
come uno specchio che andava in pezzi, come lo stridio di una catena che si
trascina, come vederla morire.
«Addio,
André.»
La
sentì incitare il cavallo, balzò in sella mentre lei partiva al galoppo,
affondò i talloni nei fianchi del baio come aveva già fatto.
Ma
era tardi…
Non
era riuscito a spezzare le catene che la tenevano legata a Parigi, non era
riuscito a farle capire di essere libera. E stavolta, stavolta forse non
sarebbe riuscito a fermarla.
«Conte
di Fersen.»
Lo
disse con la solita, reverente, dolcezza. E si lasciò baciare la mano, lasciò
che lui si inchinasse davanti a lei, chiamandola Maestà, giurandole devozione
imperitura.
E
lo fece accomodare, prima di svelargli il motivo di quella visita.
«Vi
ho fatto chiamare» cominciò la Regina, sedendogli di fronte. «Perché ho fiducia
in voi e in nessun altro, Fersen.»
«Maestà,
ditemi come posso servirvi.»
Maria
Antonietta si era preparata tutto un discorso fatto di ricordi, di amicizia e
di vite salvate, ma ritrovarsi con lui era bastato a farglielo dimenticare.
Era
incredibile sapere di essere stata tra le sue braccia, di averlo amato, e di
doverlo nascondere… Anche a lui. Soprattutto a lui.
Perché,
se anche Fersen si era messo al servizio della Corona, lei era certa che dentro
di sé provasse ancora qualcosa.
Era
facile fingere, fuori, dove tutti potevano vedere, aiutandosi con profumi e
belletti, falsi sorrisi e frasi fatte. Era facile dire, dirsi, di aver spinto quei sentimenti in fondo al cuore.
Ma
non era così.
Non
poteva esserlo.
«Si
tratta di madamigella Oscar.»
Lo
vide impallidire.
«Madamigella
Oscar avete detto, Maestà?»
Aveva
deciso di cominciare con lui, di riceverli prima uno e poi l’altro, per
decidere chi dei due era il più adatto a riportarla a casa. Non avrebbe potuto
privarsi di entrambi, e dentro di sé sperava con tutta l’anima di non dover mandare
proprio Fersen.
Però…
C’era un però, che quasi non riusciva a spiegarsi.
Tutti
gli avvenimenti che avevano legato loro tre, lei, Oscar e Fersen, a partire dal
loro incontro al ballo in maschera, a quando Oscar aveva danzato con lei per
evitare che l’intera Corte continuasse a mormorare su di loro, a quando una
carrozza era stata attaccata a Parigi, vicino all’Operà… E Fersen si era
offerto di andare.
«Sì.
Non so come dirvelo… Oscar si è macchiata di tradimento.»
Spingere
il cavallo a tutta velocità era qualcosa che la faceva sentire viva.
Oscar
si chiese come avrebbe fatto a cavalcare vestita come una donna… Come avrebbe
potuto impugnare una spada, prendere a pugni un uomo, inseguire un criminale.
No,
André non poteva averle chiesto davvero quello.
Sì, invece, si disse. André vuole solo proteggermi. Ma io non posso… Ho giurato a me stessa
di vivere come un uomo, di cavarmela da sola. Di non aver più bisogno di lui.
Sentì
il suo purosangue fremere sotto di lei, mentre lo spronava a continuare la sua
corsa.
Il
vento nei capelli, quello stesso vento che le sferzava il viso, era lo stesso
che avrebbe attraversato Parigi e raggiunto Versailles.
Magari
sarebbe stato lui a sussurrare del suo ritorno, magari avrebbe avvertito suo
padre di affilare la spada…
Smise
di incitare il cavallo quando vide un carro sulla strada.
Sembravano
contadini, un uomo e una donna, intenti a spingere il mezzo. Ma non avevano
animali a tirare, e Oscar vide una ruota affogata nel fango.
Trottò
fino a loro, poi tirò le redini e si fermò.
Come
aveva fatto a essere così stupido?
Era
logico che Oscar fuggisse, al solo sentir parlare di abiti da donna. Erano
nella stalla quando lei gli aveva detto di voler vivere come un uomo, di voler
affrontare i campi di battaglia, imbracciare un fucile, allontanarsi dalla
Regina…
Se fuggire fosse la soluzione,
io sarei fuggito da te tanto tempo fa, Oscar.
Pregò
il cielo di raggiungerla in tempo, prima che incontrasse i soldati, prima che
capisse che il modo più sicuro per raggiungere Parigi senza di lui era entrare
nel bosco.
Non
avrebbe potuto raggiungerla lì.
Sei fuggita da Fersen, sei
fuggita dalla Regina, e ora sei fuggita anche da me. Come ho fatto, Oscar? Come
ho fatto a essere così stupido?
Nella
penombra della sua camera da letto, Oscar gli aveva detto di non aver più
bisogno di lui.
Ora,
ora che cominciava a capire cosa doveva aver provato, André la rivide voltata
di spalle, mentre appoggiava la tazza sul tavolino. Mentre entrava nel buio.
André
pianse, ripensando a quando l’aveva presa con la forza.
In
qualunque momento, in qualunque momento avrebbe potuto farla sua. In qualunque
momento avrebbe potuto bloccarle i polsi, proprio come quella sera…
Ma
non voleva più farlo.
I
suoi pensieri, ora, dovevano essere rivolti a lei e solo a lei.
Al
modo in cui i suoi capelli risplendevano nel sole, al…
Lo
capì solo allora: anche vestita da donna, Oscar restava facilmente
riconoscibile.
C’era
una sola cosa da fare, e ciò che gli serviva era della pece.
«Sedete,
Capitano.»
La
Regina lasciò che Girodel sedesse dove, fino a poco prima, si era sistemato
Fersen.
«Vostra
Maestà.»
Girodel
fece un inchino, e i bei capelli ondulati gli finirono tutti in volto.
«Ho
risposto al vostro richiamo, Maestà.»
Maria
Antonietta giunse le mani e fece cenno di sì con la testa. Girodel era la sua
seconda scelta, la dimostrazione che la nobiltà francese sapeva essere galante
e raffinata, il prezzo che era disposta a pagare pur di riavere Oscar con sé.
Forse
stava commettendo un errore, forse non era davvero da lei fare ogni cosa in suo
potere pur di salvare la sua amica.
Ma
da quando aveva perso Louis Joseph si sentiva sola, tremendamente sola.
E
se c’era qualcosa che poteva fare per Oscar, decise, l’avrebbe fatta.
«Avrei
dovuto ucciderli» disse il Generale ad alta voce.
La
vergogna di cui l’aveva macchiato Oscar era qualcosa che lo feriva davvero.
«Avrei
dovuto ucciderli entrambi. E poi seguirli…»
Prendere
a pugni l’aria non era più qualcosa che serviva a farlo sentire meglio. Rendeva
reale la loro mancanza, le parole che avevano detto, il suo cuore spezzato.
Decise
di mettere fine a quelle domande quando il Colonnello D’Arcois entrò nella
stanza.
Il
Generale raddrizzò la schiena, sistemò meglio la casacca, e lo affrontò con uno
sguardo austero.
D’Arcois
lo salutò, rimettendosi ai suoi ordini.
Era
giovane e, forse, se Oscar non fosse fuggita, il Generale gli avrebbe proposto
di sposarla. Era un nobile, aveva due lunghi baffi neri che seguivano la linea
delle labbra, e doveva essere alto quanto suo figlio.
«Mi
avete fatto chiamare, Generale?»
«Colonnello,
ho bisogno di un favore.»
«Ditemi,
Generale.»
«Si
tratta di mio figlio Oscar.»
La
trovò ferma a parlare con due contadini e rallentò il passo, dando modo al baio
di riprendere fiato.
«Posso
fare qualcosa per voi?» chiese André, smontando da cavallo.
Si
sentì pronto a rimontare in sella se Oscar avesse dato segno di voler scappare.
Non poteva permettere che tornasse da suo padre. Proprio non poteva.
«André»
Oscar si voltò a guardarlo con il sorriso sul viso. Qualcosa che lo scaldò
dentro. «Vieni, aiutami. Dobbiamo tirar fuori la ruota da lì.»
Oscar
gliela indicò: un cumulo di mota che raggiungeva il corpo del carro. André vide
le mani dei contadini sporche di terra e fece un cenno con la testa.
Capì
che non sarebbe fuggita, capì che non aveva davvero intenzione di tornare
indietro.
Altrimenti
a cosa sarebbe servito quel grazie?
Quello che Oscar gli aveva sussurrato piano, schiena contro petto, in groppa al
suo baio?
Forse
voleva finalmente essere salvata. Forse poteva fare qualcosa per lei.
Ridarle
una parvenza di vita.
Anche
senza vestire da donna…
«Arrivo,
Oscar. Eccomi.»
Piantò
gli stivali in quel pantano, facendo forza sulle gambe per sollevare la ruota.
Oscar e l’uomo fecero lo stesso.
«Grazie,
grazie!» gridò la donna, appoggiandosi al carro. «Ci avete salvato.»
André
notò i suoi occhi azzurri e pensò a quelli di Oscar.
Solo
allora si diede pena di guardare cosa stavano trasportando: grano, grano
battuto.
«Dove
lo portate?» chiese Oscar, accarezzandolo con la mano. Era chiaro come i suoi
capelli…
«A
Vincennes. Dicono che ci sono mercanti pronti a pagare bene.»
André
pensò al castello e ai pericoli che avrebbero corso seguendo quei due.
Però
era anche vero che se era stato dato l’allarme, cosa ancora improbabile, le
guardie avrebbero controllato tutti. E quale sospetto ci sarebbe stato in un
gruppo di contadini?
Gli
occhi di Oscar si posarono sull’uomo che aveva accanto.
«Vi
ringrazio, signore» disse il contadino, rivolto a lei. «Dobbiamo riprendere la
strada ora…»
André
la vide scostarsi per lasciargli riprendere posto accanto alla moglie, alla
testa del carro.
«Ma
certo» mormorò Oscar, fissando il grano, e lui non poté fare a meno di
chiedersi a cosa stesse pensando. «Aspettate. Possiamo aiutarvi a entrare a
Vincennes.»
Fu
la moglie del contadino a fare una smorfia.
«Con
quei cavalli? Devono valere una fortuna» mormorò, scambiando un’occhiata con il
marito. «Ma non sono animali da tiro quelli.»
André
approfittò di quell’occasione per farsi avanti. Allargò le braccia e sorrise
con fare innocente.
«Lasciate
che vi aiutiamo. Se potete tirarlo voi, possono farlo anche loro.»
«Li
rovinerete» disse l’uomo, studiando i cavalli. «Non abbiamo soldi per pagare…»
Oscar
si avvicinò dal lato opposto, costringendo i due a voltare le spalle a André
per poterla guardare. Sembravano a disagio.
«Non
dovrete pagarci» aggiunse André. «Vi aiutiamo volentieri.»
Ma
riconobbe la paura sui loro volti e li osservò scambiarsi l’ennesima occhiata.
«Siete
molto gentile, signore…» sussurrò la donna, stringendosi nelle spalle. «Ma non
abbiamo bisogno, davvero.»
André
la vide sorridere in modo innaturale mentre chinava la schiena per tirare il
carro.
«Speriamo
di rivedervi in città. E ricambiare la cortesia.»
Oscar
li guardò andare via sentendosi in errore.
Forse,
se avessero giocato meglio le loro carte, si sarebbero trovati insieme ai
contadini in quel momento, e André avrebbe abbandonato quell’assurda idea di
farla vestire da donna.
«Oscar…»
la chiamò, mentre il sole si alzava alto nel cielo. «Non fuggire più, Oscar.»
Era
vero…
Aveva
preso il suo cavallo e si era spinta al galoppo, convinta di voler tornare a
casa. Ma non aveva più una casa, ora. Non aveva più nulla.
Le
rimaneva solo André.
Non
rispose e raggiunse l’animale, che pascolava lì vicino. La strada era ricoperta
di fanghiglia, e lei si riempì gli stivali per avvicinarlo.
«Non
ti farò vestire da donna» continuò, spingendola a voltarsi. «Non ancora.»
Passò
la mano sul manto candido del cavallo, ne aspirò il profumo, quello che a
Versailles era considerato puzzo di
cavallo. Ma a lei piaceva, le era sempre piaciuto.
Le
ricordava le cavalcate, il suo ruolo a Corte, la libertà. Le ricordava i
pomeriggi passati ad allenarsi alla scherma, i tiri al bersaglio che
miglioravano la sua mira giorno dopo giorno. Le ricordava il sapore del vino e
il tepore del fuoco, al rientro da un giro a cavallo…
Le
ricordava la sua camicia bianca, quella che restava semiaperta quando si
addormentava davanti al camino, quando aspettava il rientro di André.
E
le ricordava anche Arrais, la sua costa dorata, le onde del mare che la
portavano via. E gli zoccoli che affondavano nella sabbia, il sapore del sale
sulle labbra…
E,
più di tutto, le ricordava André.
«E
cosa vorresti fare?» chiese, intrecciando le dita nei crini. «Abbiamo le divise
da soldati, lo hai detto tu. Non possiamo entrare in città.»
«Ma
non possiamo nemmeno morire di fame.»
Oscar
fece cenno di sì con la testa, ma non si voltò a guardarlo.
Tutto
sembrava andare in pezzi. La sera prima le cose le erano apparse diverse, per
qualche ora si era illusa che tutto sarebbe andato bene, che André l’avrebbe
portata in salvo.
Ma
ora, ora si rendeva conto…
Se
voleva vivere come un uomo non poteva, proprio non poteva aspettarsi che fosse
André a risolvere ogni problema. Non poteva restare ferma, zitta, ad attendere
le sue idee.
Doveva
fare qualcosa. Doveva aiutarlo.
Eppure…
Il sogno di quel bacio, quello che André stava per darle mentre attendevano la
liberazione dei soldati di Parigi, la torturava ancora, confondendola.
Ma
se non poteva essere uomo, se non voleva essere una donna, cos’era Oscar?
«Prenderò
dei vestiti, Oscar. Prima della città ci sono le case dei contadini. Non ci
sono guardie a proteggerli, li prenderò io.»
«Avevo
ragione, André! Tu vuoi rubare!» lo gridò andandogli incontro e fermandosi a
due passi da lui. «No, Andrè. Non te lo permetterò!»
Sollevò
una mano per colpirlo, ma André la intercettò, bloccandole il polso.
E,
ancora, il ricordo di quella sera tornò prepotente a farle visita.
«Che
cosa fai, André?»
Si
specchiò nei suoi occhi, osservò la sua mano, la mano della spada, ricoperta di
calli, stringere la sua pelle, il braccio ancora sollevato. E sperò, sperò che
stavolta nessun grido arrivasse, sperò di non farsi prendere dal panico.
Sperò
in quel bacio.
«Niente.
Non faccio niente, Oscar» disse André, lasciandola libera. «Volevo solo
impedirti di colpirmi.»
Lei
si massaggiò il polso, sentendolo rovente.
Sentì
le guance arrossarsi mentre si rendeva conto di quanto aveva desiderato.
«Ti
prego di ascoltarmi, Oscar» riprese, deglutendo. «Lascerò qualcosa se vuoi,
nelle bisacce ho delle monete. Poche cose… Ma ti prego, ascoltami. Dobbiamo
cambiarci. E dobbiamo fare qualcosa anche per i tuoi capelli.»
Oscar
strinse le palpebre, confusa.
«I
miei capelli?»
«Sì,
Oscar» André annuì, sollevando poi una mano a indicare il suo cavallo bianco.
«E anche per lui. Siete troppo riconoscibili.»
Scosse
la testa e fece alcuni passi indietro, come se l’idea di André fosse assurda.
«Useremo
la pece, per te e per lui.»
Nonostante
l’estate, Oscar sentì un brivido a pensare di tingersi i capelli con la pece.
«E
dove pensi di trovarla, André? No, no, io…»
Si
guardò attorno: l’aria sferzava gli alberi, trasportando gli odori del
sottobosco. E l’umido, l’umido della terra, dell’erba, del fango, le arrivò
dritto alle narici.
Sapeva
cosa fare.
«André»
disse, voltando il capo dietro di sé. «Non useremo la pece.»
«Come,
Oscar? Ascolta…»
Sollevò
una mano per interromperlo, e lo guardò severa, come faceva quando era ancora
il suo attendente. Per un momento, un breve momento, si sentì di nuovo sicura.
«Useremo
il fango.»
Note dell’autrice:
Arrivo
in ritardo, anche peggio del ritardo, ma come vi ho detto prima ho avuto dei
motivi. Io spero, anzi prego, come
André, di non far passare più tanto tempo per un aggiornamento. Perché prima di
prendere in mano questa storia mi sento quasi spaventata, temo di rovinarla, di
non essere all’altezza, ma quando comincio a scrivere tutto passa e vorrei solo
continuare e continuare, facendola durare all’infinito.
Spero
che mi perdonerete e che mi farete sapere cosa pensate del capitolo.
Tengo
a questa storia, ma forse dirlo è scontato: se non ci tenessi non la scriverei.
Come
sempre, potete trovarmi nel link che lascio nella firma, come ha fatto
Katia, sempre pronta e disponibile per invogliarmi a continuare
quest’avventura. Insieme!