Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    20/05/2016    2 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie.
(Michel De Montaigne)


Una ne pensa... (William, Hati di Bradford) Giugno 2011
 
 

 
Due cose aveva sempre saputo, fin da quando aveva scoperto di essere l’Hati del branco di Bradford.

Primo, il suo scopo ultimo sarebbe sempre stato quello di proteggere Alec da qualsiasi nemico.

Secondo, niente e nessuno si sarebbe mai più permesso di fare del male al suo migliore amico.

Ricordava ancora molto bene quando, all’età di sedici anni, il suo mentore e maestro, il precedente Hati del branco, gli aveva posto le mani sulle spalle, mormorando: “Ora tocca a te. Fai meglio di quanto non abbia potuto – e saputo – fare io.”

Aveva capito subito - e benissimo - a cosa si fosse riferito.

In quanto terzo in comando, Oliver Fitzhugh non aveva mai potuto mettere in discussione le decisioni di Roland Dawson, suo Fenrir.

Né sulla direzione violenta e spietata del branco, né tanto meno sul comportamento tenuto negli anni nei confronti di Irina e dei figli. Legittimi o meno che fossero.

Era stato un inferno in terra, per i due sottoposti, esattamente come lo era stato per la maggioranza dei lupi di quel branco.

Alcuni, se n’erano andati per non subire ulteriormente le follie di Roland ma lui, in spregio alla vita stessa, li aveva fatti braccare da Freki, utilizzando la Voce del Comando.

Nessuno aveva più osato sfuggire al suo giogo e, quando finalmente Alec gli aveva dato il ben servito, ad alcuno era venuto in mente di piangere Roland e i suoi metodi.

Solo quattordicenne, Alec aveva giurato fedeltà al branco all’ombra della loro quercia, nel Vigrond e, pur con la sua giovane età, aveva chiarito a tutti la sua forza.

Nessuno avrebbe fatto del male a un membro più debole del branco, a meno di non voler subire punizioni severissime.

La legge sarebbe stata seguita alla lettera, e nessuno avrebbe dovuto infrangerla.

Con il senno di poi, forse, quelle decisioni così ferree e oltranziste erano state eccessive e, in più di un’occasione, avevano causato più danno che utile.

Ma come dar torto a un ragazzo vissuto per anni negli abusi?

Come pretendere che non cercasse la giustizia a tutti i costi, quando aveva visto la sua sorellastra morire per mano del padre?

Come accettare che qualcun altro, sotto il suo dominio, soffrisse per dei soprusi come aveva sofferto lui?

No, William aveva capito perfettamente le motivazioni che avevano spinto Alec a comportarsi a quel modo.

Ovviamente, nulla è esente da difetti e, con il passare del tempo, quello stato di polizia continuato e intransigente, aveva portato altri problemi.

Sia Alec, che lui stesso, o Spike, avevano finito con il godere in larga parte di una buona dose di reverenziale timore, da parte dei membri del branco.

E, fosse o meno piacevole da accettare, ci avevano anche fatto dentro, a un certo punto.

Era stato difficile essere adolescenti e avere il potere nelle proprie mani; avevano finito, almeno in parte, per farsi corrompere da esso.

Non si erano mai comportati da bulli, ma mettere giù musi duri e sguardi gelidi, era diventato uno sport, per loro.
Nel branco, si era passati dalla paura nei confronti di Roland, al timore reverenziale nei confronti di Alec.

Quello che era partito con tutte le migliori intenzioni del mondo, era diventato un programma fin troppo duro e rigido da seguire.

Anche per Alec stesso che, nel tentativo strenuo di difendere la sorella, aveva finito con l’allontanarla da sé.

Pretendere di darla in moglie a Duncan McKalister, così da diventare la compagna di un lupo forte e di potere, era stata un’idiozia con cui Alec aveva dovuto fare i conti per anni.

E quello, purtroppo, non era stato l’unico difetto sorto nel personale piano di Alec di rendere più pulito il suo clan.
Aveva espulso dei lupi per motivi, a volte, fin troppo assurdi, e solo perché, a detta sua, non rientravano nel suo personale concetto di ‘giustizia’.

Ma lui e Spike l’avevano lasciato fare, spalleggiandolo e, spesse volte, mostrando i denti per sottolineare le parole del loro Fenrir.

Anche quando aveva sbagliato.

Perché, per un amico, fai questo e altro.

Sospirando, William si passò una mano sporca di grasso sulla fronte, lasciando una distinta riga nera sopra le sopracciglia chiarissime.

Di discendenza norvegese – sua madre proveniva da Tromsø – William era il tipico scandinavo; alto, capelli chiarissimi e occhi glaciali.

Il taglio corto e militare dei capelli ne accentuava la serietà, così come la sua quasi totale mancanza di sorrisi a ingentilire un viso, di per sé, molto attraente.

“Ciao! Che fai?”

Quella voce trillante e curiosa lo sorprese, portando William a volgere lo sguardo dietro di sé.

Si era così perso nei propri pensieri da non avvertire l’arrivo di Penny. Davvero notevole, e manchevole, per un lupo come lui.

Storcendo la bella bocca, William borbottò: “Tuo padre mi scartavetrerà la schiena, ragazzina, se ti becca a gironzolarmi intorno mentre ho le mani ficcate dentro un motore. Potresti farti male, oltre a sporcarti di grasso e olio.”

Del tutto indifferente alle sue parole crude, così come al suo tono burrascoso, Penny aprì la portiera della jeep su cui stava lavorando William e replicò: “Papà è uscito con mamma, e saranno di ritorno solo questa sera, mentre la nonna è fuori con le sue amiche. Così, ho chiesto che mi portassero qui.”

Accigliandosi leggermente, William borbottò: “E Alec te l’ha permesso? Di solito, non vuole neanche che tu cammini da sola sul marciapiede.”

Penny rise di quel commento, sapendo bene quanto il patrigno fosse iperprotettivo, con lei.

Naturalmente, non arrivava a tanto, ma William si divertiva a prenderlo candidamente in giro per quel cambiamento di rotta in stile ‘mamma chioccia’.

Neppure Erin arrivava agli estremismi di Alec, quanto a difesa della sua pargoletta.

Come era ovvio immaginarsi, Alec rispondeva sempre con un grugnito o, alla peggio, con un pugno, ma a William non dava fastidio.

Gli piaceva vedere il suo Fenrir felice, e sapeva bene che era tutto merito delle due donne giunte dall’Irlanda.

“Quindi, Alec ed Erin sono fuori per un’uscita romantica, e Irina ti ha bellamente abbandonata per stare con le amiche…” mormorò William, ghignando. “… e a chi vorresti darla a bere, ranocchietta?”

Penny lo fissò con i suoi angelici occhi azzurri, ma Will non si fece fregare neppure per un istante.

Si passò le mani sullo straccio che teneva nella tasca posteriore dei jeans e, dopo aver chiuso il cofano della jeep, le si piantò innanzi e borbottò: “Cos’hai in mente, piccolo demonio? Non mi fido affatto di quello sguardo.”

“Perché dovrei tramare qualcosa?” replicò la bimba, facendo dondolare le gambe fuori dalla portiera aperta.

“Perché Alec non ti avrebbe mai lasciato qui, e così pure Irina, se tu non lo avessi espressamente chiesto. Perciò, voglio sapere cosa ti sta ribollendo in quella bella testolina. Vuoi fare un giro in moto, forse?”

Pur apprezzando la possibilità di bissare l’esperienza, Penny lasciò perdere per restare fedele al suo piano e, con tono causale, disse: “Per la verità, volevo fare una sorpresa a papà Aleksej e regalargli qualcosa, ma non so bene dove andare.”

“E così, hai pensato di rivolgerti a me? Perché non a Spike?” le domandò per contro William, non ancora del tutto convinto del suo dire.

Penny si limitò a sorridere speranzosa, prima di ammettere: “Spike è più scontroso di te e papà messi assieme,… quando avete la luna storta. So che mi proteggerebbe come lui, o te, ma mi fa un po’ paura, … scusa.”

Scoppiando a ridere, William ammise che la faccia arcigna di Spike non dava l’idea di un lupo propenso al riso, e anche il suo carattere non era migliore della sua espressione.

Se Alec era cresciuto con un carattere spigoloso per necessità, Spike ci era nato, con quel modo di fare da ‘schiaffi in faccia’.

Era uno Sköll ligio ai propri doveri, e aveva ‘spaccato culi’ non meno di lui o Alec, quando la necessità lo aveva imposto, ma Spike raramente sorrideva.

Non era quello che si soleva dire ‘un animale da festa’.

“D’accordo, ranocchietta. A cosa avevi pensato?” si lasciò convincere William, rinunciando del tutto all’idea di finire i lavori sulla jeep.

Dopotutto, era sabato pomeriggio, e l’officina era chiusa.

Alec non si sarebbe di certo incavolato, se avesse lasciato per lunedì mattina quel lavoro di pulitura del carburatore.

Non era un affare urgente, e qui si parlava di Penny, dopotutto.

Quando era giunta nel branco, e Alec aveva presentato al Vigrond sia lei che la notizia che, ben presto, sarebbe giunta una nuova lupa nel clan, tutti erano rimasti sorpresi.

Alcuni anziani alfa si erano addirittura arrischiati a fare gli scongiuri, e Alec non aveva potuto far altro che borbottare delle stentate scuse, prima di incavolarsi come suo solito.

A quel punto, Penny si era fatta portavoce del futuro papà e aveva ringraziato tutti per il loro bel benvenuto, conquistando il branco con il suo solo sorriso.

L’arrivo di Erin non era stato differente. Nessuna lupa aveva preteso l’Ordalia e, anzi, alcune l’avevano abbracciata, ringraziandola per il ‘miracolo avvenuto’.

Erin, a quel punto, aveva fissato con palese ironia il compagno, dichiarandosi soddisfatta di essere riuscita a domare una simile belva.

Da quel momento, Alec aveva guidato con pugno un po’ meno duro, e c’era chi giurava di averlo visto ridere per ben due volte in uno stesso giorno.

Un’autentica novità per tutti.

Naturalmente, vigeva ancora la regola ferrea che le leggi andavano rispettate con esemplare attenzione, ma ora si poteva respirare più agevolmente.

Anche lui, come Hati, poteva dirsi soddisfatto all’idea di non dover sempre e solo apparire come un burbero mannaro dall’arrabbiatura facile.

Non che non gli venisse bene, perché doveva ammettere che la mosca al naso gli veniva con poco, ma era bello poter essere anche qualcos’altro.

Tirandosi perciò dietro Penny, William chiuse il portone dell’officina di proprietà di Alec e si diresse verso il suo pick-up nero a cerchioni cromati.

Il suo GMC Sierra brillava come uno specchio e, quando sbloccò le portiere, Penny vi salì sopra con un sospiro estasiato.

Ghignando a quella vista, William si disse che, entro qualche anno, Erin avrebbe avuto i suoi seri problemi a tenerla fuori dai guai.

O dalle auto grosse e veloci.

Allacciatasi che ebbe la cintura, Penny mormorò eccitata: “Dopo mi porti in giro per i campi?”

Scoppiando a ridere, William assentì e le disse: “Ti farò fare una scampagnata con i controfiocchi, ranocchietta.”

Al suo ‘e vai!’ eccitato, Will mise in moto e si diresse verso il centro di Bradford, ben deciso a condurla nel negozio preferito di Alec.

Se c’era una cosa che entusiasmava quel mannaro dal carattere burbero e irascibile, e che nessuno si aspettava da lui, erano i dischi di Johnny Cash.

Era un estimatore sopraffino di quel cantautore americano, ed esistevano ben poche cose che lui non conoscesse riguardo all’artista.

William era quasi sicuro che, frugando nel magazzino del negozio di dischi dove si riforniva Alec, qualcosa avrebbero trovato.

E se la paghetta di Penny non fosse bastata, avrebbe aggiunto lui il resto.
 
***

Lo Stereophonic era affollato come al solito.

In sottofondo, le evoluzioni sonore dei Pink Floyd nel brano ‘Is there anyboby outhere?’ si confondevano con il cicaleggio sommesso della gente.

Persone di tutti i generi e tutte le età si affollavano attorno agli scaffali pieni di vinili, cd e oggettistica di pregio.

Nell’angolo dedicato agli strumenti, alcuni ragazzi dall’aspetto sdrucito stavano testando delle Fender con tocco da veri esperti.

E là, al bancone, impegnata nel registrare una vendita in cassa, William vide Lorainne.

Era una lupa da almeno sei anni – mutata in licantropo per amore, e poi tradita da colui per cui si era sacrificata – e gestiva quel negozio da quattro.

Alec aveva pensato personalmente a punire il lupo fedifrago, reo non solo di aver tradito la sua donna, ma di averla spinta alla mutazione per poi ingannarla.

Aveva inviato in caccia il loro vecchio Freki – ucciso poi da Brianna Smithson durante un contenzioso interno – finché non lo aveva scovato dopo la sua fuga precipitosa.

Lorainne aveva lasciato che, a decidere della sua sorte, pensasse Alec, e lui si era premurato di lasciare un segno indelebile sul corpo del traditore.

Per quanto ne sapeva William, a quest’ora Paul si trovava nel Galles come lupo errante, claudicante a vita a causa del tendine d’Achille reciso da Alec con le zanne.

Per un lupo, equivaleva a una condanna a vita a non correre più per i boschi.

Avrebbe potuto essere preda di un licantropo più forte, se questo avesse deciso di abbatterlo.

Alec aveva ritenuto sufficiente questo tipo di punizione, e a Lorainne era andata bene così.

E ora lavorava lì, nel negozio che un tempo era stato dei genitori, e che ora lei aveva riconvertito.

Da semplice rivendita di strumenti, ora quel luogo toccava ogni corda legata al mondo della musica.

Ed era davvero un bel locale, non ci si poteva sbagliare su questo.

William la salutò con un cenno del capo, nell’entrare, ma Penny fu di tutt’altro avviso, e corse verso il bancone tutta sorridente.

Non potendo fare altro – quando Penny era senza i genitori, chi la accompagnava doveva starle incollato come un francobollo – Will la seguì.

Quel giorno, Lorainne profumava di rosa.

William sapeva per certo non trattarsi di un profumo industriale – diversamente, avrebbe avvertito anche i sottoprodotti chimici di cui era composto.

Molte lupe, a causa dei sensi sopraffini, erano solite acquistare prodotti naturali con cui creare essenze prive di misture chimiche, che davano noia all’apparato olfattivo.

Questo, era particolarmente buono all’olfatto.

“Ciao, Lory! Siamo passati per prendere un regalo a papà!” esclamò Penny, poggiando le mani sul bancone di marmo verde.

“Ciao, Penny… oh, per Alec? Non devo neanche chiedertelo, vero?” esordì la donna, dandole un buffetto sul naso.
Penny scosse il capo e Lorainne, sorridendo timida a William, mormorò: “Oggi tocca a te farle da scorta?”

“Mi ha incastrato” scosse le spalle l’uomo, ghignando all’indirizzo della bambina, che sorrise angelica.

“Il reparto di Johnny Cash è da quella parte” indicò loro Lorainne, guardandosi intorno per sincerarsi che nessuno avesse bisogno di lei. “Se avete bisogno di me, sono qui.”

“Non puoi venire con noi ora?” si lagnò Penny, afferrandole una mano con aria affranta.

“Ranocchietta, Lorainne sta lavorando. Lasciala in pace” brontolò William, tirandole scherzoso un ciuffo di capelli.

Penny lo fissò arcigna, replicando: “Sei un guastafeste, zio Will.”

Il licantropo rise sommessamente, a quell’affermazione. Penny era solita chiamare ‘zio’ sia lui che Spike, anche se quest’ultimo storceva il naso tutte le volte.

Spike non sarebbe mai stato capace di rilassarsi, specialmente in compagnia di una bambina, ma nessuno – forse neppure Alec – avrebbe potuto difenderla meglio.

Se Spike ti prendeva sotto la sua ala, non c’erano santi o demoni che reggessero il confronto con lui.

“Un paio di minuti, poi torno al bancone, okay?” propose Lorainne, avvolgendo le spalle di Penny con un braccio.

“Non occorre, Lorainne. E’ già abbastanza viziata così… figurarsi se poi la accontentiamo su tutto” sospirò William, scuotendo il capo.

“Lo dirò a papà, che mi hai dato della bambina viziata” motteggiò Penny, sorridendo sarcastica.

William storse la bocca, e borbottò: “Traditrice. Non si fa la spia.”

Lorainne rise di quello scambio di battute e, quando infine raggiunsero il reparto, disse: “Bene, Penny, curiosa fin che vuoi e poi dimmi se qualche titolo è rimasto fuori dalla collezione di Alec.”

“Agli ordini!” esclamò la bimba, cominciando la sua ricerca dall’angolo più lontano del reparto.

Sollevando un sopracciglio con evidente ironia, William lanciò un’occhiata di straforo a Lorainne e pensò: “Che piccola streghetta!”

A che gioco stava giocando, Penny?

Lorainne rimase al fianco di William per un paio di minuti senza parlare, lo sguardo fisso su Penny e le braccia strette sotto i seni.

Se Will non fosse stato un licantropo, non si sarebbe accorto del nervosismo della donna, ma l’aura di un lupo era una gran brutta bestia…

“Cosa succede, Lorainne?” mormorò a un certo punto William, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.

Intorno a loro, le tonalità calde e profonde di Adele incendiavano l’aria.

Non era particolarmente amante del genere, ma sapeva riconoscere una bella voce, quando la sentiva.

E Will non faticava ad ammettere che Adele era una brava cantante, anche se gli faceva venire il latte alle ginocchia, con quelle canzoni sdolcinate e lacrimevoli.

Lorainne all’improvviso sorrise e, lanciando un’occhiata al color del fumo di Londra a William, mormorò: “Forse dovrei cambiare brano…ma nella trucklist c’è anche qualcosa per le tue corde, non temere.”

“Pensavo così forte?” esalò lui, ghignando.

Lei scosse il capo, e si massaggiò con casualità il braccio.

“Oh” mormorò allora William, comprendendo. Anche la sua, di aura, era una bestia che, spesso e volentieri, faceva quello che voleva.

“Credo lo faccia per me” asserì di punto in bianco Lorainne, sorprendendo William.

“Cosa intendi dire?” volle sapere l’uomo.

Indicando Penny con il capo, Lorainne mormorò: “Quella pettegola di Anne le ha raccontato la mia storia, così Penelope si è messa in testa che deve assolutamente trovarmi un lupo in grado di farmi felice, oltre che di proteggermi dai cattivi.”

“Cosa?” gracchiò William, accigliandosi.

Lorainne sorrise divertita, e fece spallucce.

William rimase perplesso per un minuto buono prima di collegare tutti i punti, metterli assieme alla dichiarazione di Lorainne e… arrossire.

Il sorriso della donna aumentò e l’Hati, borbottando un’imprecazione, esalò: “Mi ha portato qui per… per…”

“Penny lo sta facendo da mesi. Porta qui con l’inganno un sacco di lupi, nella speranza che scatti la scintilla. E’ adorabile, se vogliamo, ma può anche essere imbarazzante” gli spiegò Lorainne, tornando a guardare la bambina.

Era così meticolosa nello studiare i vinili, che ci si dimenticava alla svelta del suo scopo secondario.

Sarebbe diventata una manipolatrice di prim’ordine, da adulta, a tutto vantaggio del branco.

Forse, se il Fato lo avesse concesso, persino una Fenrir. Chi poteva saperlo?

Tossicchiando nel massaggiarsi nervoso la nuca, William borbottò: “E io cosa dovrei fare, a questo punto?”

“Nulla, direi. A meno che tu non voglia uscire con me, sabato sera” replicò Lorainne, trovando dannatamente divertente – e molto dolce – il fatto che William fosse tanto impacciato e imbarazzato da quella situazione.

Era grande e grosso, avrebbe potuto sfondare a pugni le pareti, aveva protetto Alec e il branco con ferocia e giustizia… eppure si imbarazzava a causa dei giochi di una bimba.

Sì, era adorabile.

William si irrigidì ancora di più, a quella proposta e, fissando arcigno Penny, ringhiò: “Ora la strangolo, quella ranocchietta perfida e manipolatrice. E al diavolo se poi Alec mi ammazza…”

Lorainne rise per diretta conseguenza e Penny, nell’udire quel suono, si volse con un disco in mano, sorrise elettrizzata e tornò di corsa, esclamando: “Eccolo! E’ questo!”
 
***

Fermo innanzi al cancello del cottage di Alec, dove si trovava già Irina – di ritorno dal suo incontro con le amiche – William fissò burbero Penny e mormorò: “Non devi impicciarti degli affari di cuore di Lorainne, anche se so che lo fai per il suo bene.”

“Oh… te l’ha detto, eh?” mugugnò lei, mettendo il broncio.

Ecco un’altra cosa che non sapeva come affrontare.

I bronci.

Lo mettevano a disagio, non sapeva cosa dire per farli svanire e, più ancora, gli mettevano addosso una gran voglia di correre via a gambe levate.

“Capisco che tu sia in ansia per lei, ma è una donna grande e vaccinata. Non ha bisogno di aiuto, se vuole trovarsi un uomo. O magari, ha cambiato idea e preferisce stare con un’altra donna. Ci hai mai pensato?” le spiegò William con tutta la gentilezza che gli riuscì di trovare.

Alec gliel’avrebbe pagata cara. Ma perché doveva essere lui a spiegare a Penny certe cose?!

“Oh… dici che, dopo quello che le ha fatto Paul, ora odia i maschi?” gli domandò con ingenuità Penny, fissandolo con gli enormi e candidi occhi azzurri.

Alec, preparati a fare a botte… non meriti altro, dopo questo, pensò tra sé William, imponendosi di stare calmo.

“Non posso saperlo, Penny, ma sono decisioni che Lorainne, o chiunque al suo posto, deve prendere in piena libertà. Imporle la compagnia altrui non è salutare, né molto carino.”

Penny si fece ancora più triste, a quelle parole e William, non avendo altri metodi per risolvere la cosa, aprì le braccia e disse: “Su, vieni qui, ranocchietta.”

Lei lo accontentò immediatamente e si rannicchiò contro di lui, sospirando affranta.

“Non volevo fare male a nessuno” mormorò dispiaciuta la bambina, mentre la mano grande e forte di William le carezzava i capelli.

“E nessuno lo pensa, credimi. Ma sono cose private. Lascia che sia Lorainne, eventualmente, a chiederti aiuto.”

“Pensi lo farebbe?”

“E’ una donna intelligente, come lo sei tu. Non ho alcun dubbio che, se avesse bisogno di te, te lo farebbe sapere.”

“Anche se sono una bambina?”

“Una bambina con molta iniziativa personale e grande inventiva, a quanto pare” sottolineò lui, facendola ridere.

“Ma a te piace Lorainne?”

William scoppiò a ridere e, nello scostarla da sé, l’uomo la fissò serioso, replicando: “Penny… ora basta.”

“Scusa” mormorò lei, facendo una pernacchia prima di scendere dal pick-up e correre verso casa con il regalo per il suo papà stretto tra le braccia.

William attese di vederla entrare nella casa illuminata prima di afferrare il cellulare, digitare un messaggino e infine ripartire.

 
Ok x sabato sera. Ci vediamo al Sir Titus Salt alle 7
 

Probabilmente, Penny lo avrebbe preso in giro a vita, dopo la reprimenda di prima, ma non poteva certo rifiutare l’invito di una bella donna, no?

Sarebbe stato da maleducati.

E da idioti, soprattutto.








Note: Un altro sguardo al clan di Alec ed Erin, e alla loro figlioletta Penny che, a quanto pare, è davvero l'idolo di tutti... e ne combina di tutti i colori!
Visto che in molte mi avevate chiesto di esplorare maggiormente i personaggi nuovi inseriti con queste OS, ho pensato di dare spazio a William, stavolta. 
Se qualcuna di voi ha da offrirmi suggerimenti o idee, sono tutta orecchie!
A presto, e grazie!

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark