Versailles 1774
Ora sono regina essendo le Roi morto a maggio scorso, la moglie del re di nome ma non ancora di fatto.
Sorrido e lascio andare i pensieri, mentre poso per il quadro di Monsiuer Dagoty, nella mia stanza da letto a Versailles.
Sono seduta vicino all’arpa, le mani in mostra, sotto la vestaglia da camera indosso un vestito trasparente nei toni del grigio chiaro, con un nastro rosa pesca sotto il seno.
Un lettore tiene in mano un libro, una cantante regge uno spartito, una demoiselle mi porge un cesto di piume da infilare tra i miei biondi capelli, in un angolo il pittore.
Una posa nella posa.
Svuoto la testa, penso ai paragoni, a fate, ninfe e dee, le lodi sulla mia avvenenza, che hanno messo la mia immagine incisa su una tabacchiera con la scritta “Consolazione nel dolore”.
Balli, teatri, divertimento, cavalli, il mio diletto Petit Trianon, tanto somigliante alla mia diletta Schönbrunn dalle belle fontane, ove ho passato le estati della mia infanzia.
Penso ai giardini, agli abiti, alle stanze che rimetterò a nuovo secondo il mio gusto.
Ai fiori che compaiono in ogni dove, le mie adorate roses-models, che a volte dipingo, i fragranti giacinti e le violette, gli iris dalla dolce struttura, i tulipani, che riempiono i vasi, enormi vasi cinesi o piccoli vasi di cristallo, di Sevres o Murano. E le pastiglie alla tuberosa che amo far bruciare nei bracieri .. le tappezzerie vaghe e perfette, negli squisiti esemplari di mobilio che amo ordinare..
Accanto l’inesausta etichetta che mi perseguita da quando apro gli occhi fino al momento di richiuderli..
I miei gusti non combaciano in nessun modo con quelli del Re, che si interessa solo alla caccia e al lavoro di fabbro, un Vulcano ante litteram, mentre se impersonassi Venere, dea dell’amore, ancora più gli spiacerei.
Vestiti a iosa comprati da Rose Bertin, appellata la ministra della moda, le acconciature rutilanti di Leonard il parrucchiere, che sono effimere opere d’arte..
Tutto per non pensare al mio letto freddo, sono una regina, una moglie di nome ma non di fatto, sarò mai una madre anche se mi attribuiscono ogni dissolutezza e ribalderia?
Taccio ..penso alla luna, che nella sua Ifigenia in Aulide del mio vecchio, caro maestro di musica Gluck, composizione che mi ha dedicato,viene definita Luminosa autrice di luce e agli astri ..
Le stelle sono meno distanti da me di mio marito Luigi.
Poi mi impongo di non pensarci oltre, sono in posa e una regina non deve mai mostrare i suoi sentimenti, la gioia o la collera non devono mai mostrarsi sul suo volto, deve essere imperturbabile e sertena, remota appunto, come la luna, una divinità.
Così sia, ora e sempre.
Mi sono sentita come una fanciullina al primo amore quando il conte di Fersen parlava con me, ma è andato via dopo poche settimane, una conoscenza occasionale, il cui ricordo torna spesso..
Mi impongo di non pensarci, sulle labbra un radioso sorriso, ecco la mia maschera.