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Autore: NeroNoctis    27/05/2016    2 recensioni
All'apparenza Daniel è un normale ragazzo di 20 anni, amante delle più svariate cose e con uno spiccato sarcasmo. Ma nasconde semplicemente la sua vera identità, quella di un soldato dell'organizzazione Sephiroth.
Organizzazione che caccia "Loro", creature assetate di sangue che vagano per il mondo, che a prima vista non sembrano avere un obbiettivo, ma che tramano qualcosa da dietro le quinte, perseguendo un oscuro obbiettivo. E proprio "Loro" hanno sterminato la famiglia di Dan anni prima.
In un mondo dove "Loro" si nutrono di umani, Dan dovrà viaggiare per trovare la sua sorellina scomparsa e vendicarsi delle creature che han cambiato per sempre la sua vita.
Sullo sfondo paranormale popolato dai Wendigo, prenderanno vita numerosi personaggi il cui destino di andrà ad incrociarsi con quello di Daniel e della sua partner Lexi, per svelare un segreto rimasto sepolto per anni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sephiroth'
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Chicago, qualche giorno dopo la morte di Victor.


«Io ho fame!» esclamò un bambino che si aggirava compulsivamente a casa di Simon, sistemata dopo l'incidente con i suoi genitori. Dopo che la tenuta della famiglia di Lexi fu attaccata, Simon e Tessa rimasero lì ad aspettare i soccorsi, successivamente aspettarono il ritorno di Daniel, Lexi o chiunque altro. Quando videro Dan portare con sè una Lexi ferita, scattò il panico, placato tuttavia poco dopo. Vincent suggerì di spostarsi da quel luogo, già vittima di un attacco, così Simon propose di usare casa sua, tanto non ci viveva più nessuno. Il gruppo accettò e si diressero a Chicago, con varie vicende che si susseguirono in quei giorni. 
Steve, il ragazzo che aveva venduto la pistola a Simon, aveva visto il ragazzo in compagnia degli altri, chiedendogli di potersi accampare a casa sua con il fratellino. Spiegò che erano successi casini col padre e Simon provò un impeto di affetto verso quel ragazzo che gli ricordava tanto lui.
«Ehy Simon.» chiamò Steve, mentre si medicava le ferite che aveva sul viso, dovute ad una collutazione col genitore pochi giorni prima. Simon, che stava osservando fuori dalla finestra, rispose in modo distratto. 
«Preparo delle uova, tu e la tua ragazza ne volete?» chiese, allontanandosi dallo specchio e rivolgendo ancora lo sguardo a quello che era la cosa più vicina ad un amico.
«Tessa è andata dai suoi, siamo solo io, te, il tuo fratellino e i due dentro la camera da letto.» rispose, riferendosi a Daniel e Lexi. La ragazza non aveva ancora preso conoscenza, così Daniel si rintanò in camera con lei, uscendo solo per andare in bagno, fare una doccia e mangiare svogliatamente un boccone. Da quando era tornano qualcosa era cambiato in lui, ma Simon non seppe decifrare bene cosa... ma il suo sguardo era come spezzato, come se la sua anima si fosse improvvisamente divisa in più parti.
«Non hai comunque risposto alla mia domanda.»
«Mh?» si voltò, quasi confuso. 
«Insomma, hai fame o no?» chiese ormai stufo Steve. Simon fece cenno di no e tornò a guardare fuori dalla finestra. La temperatura era scesa di colpo, e le vie di Chicago erano fredde e grigie. Stare a casa sua senza il classico rumore dei passi di sua madre era una sensazione fin troppo strana, ma doveva abituarcisi. Doveva abituarsi ad un mondo senza genitori e popolato da mostri mangia persone. Simon si voltò di scattò quando sentì Steve imprecare.
«Devi proprio lasciare i libri sul pavimento!? Ho quasi rischiato di cadere, dannazione.» esclamò il ragazzo, tenendo un libro in mano. «Era meglio se andavo a cercare cibo in quel posto nuovo, ne hai sentito parlare?»
Simon fece cenno di no con la testa.
«Ha aperto un nuovo locale di recente, credo si chiami Red Hot Paradise.»
Steve scrollò le spalle. «Vieni Josh, andiamo a cucinare.» disse infine, rivolgendosi al fratellino che corse verso la cucina. Simon scosse la testa, sistemando il libro su una scaffale e lanciandosi sul divano. Lanciò un'occhiata all'albero di Natale non ancora completo, successivamente osservò la porta della camera da letto, dove Lexi riposava.
Chiuse gli occhi, aspettando il ritorno di Tessa e il risveglio di Lexi. Fu destato da Steve, tornato dalla cucina. L'atmosfera era calma, lui sembrava nervoso.
«Va tutto bene?» chiese Simon, strofinandosi gli occhi.
«Sono gay.» rispose l'altro, con gli occhi lucidi. Lo teneva dentro da troppo tempo, doveva dirlo a qualcuno. Simon l'aveva ospitato senza troppi problemi, sia a lui che Josh. Sentiva di potersi fidare di lui, sentiva che avrebbe capito... se non l'avesse fatto, beh, sarebbe andato via.
«Okay, quindi?» disse Simon, che non riusciva a capire il punto della situazione. Per lui l'orientamento sessuale di una persona non era rilevante, ognuno era libero di amare chiunque lo facesse star bene, uomo o donna che sia.
«Non è un problema per te? Sai, mio padre...»
«Ehy» lo interruppe «non devi spiegarmi un bel niente. Lui ti fa stare bene? Sei felice? Il resto non conta. Tuo padre non capisce? Ti picchia per questo? Mandalo a quel paese e fatti una tua vita. Ne so troppo di padri non presenti e deviati, non farti influenzare da questo. Occupati di tuo fratello, lui stravede per te, che tu sia gay o non. Riparti da lui, da te, e affronta tutto a testa alta, chi non ti merita semplicemente non farà parte della tua vita.»
Steve abbassò lo sguardo, limitandosi a dire un "grazie" a bassa voce.      


Daniel era seduto su una sedia vicino al letto dove giaceva Lexi, ricoperta di bende. Lui aveva la fronte poggiata al materasso, occhi chiusi. Stringeva la mano di lei, carezzandola quel tanto che bastava. Sentiva il respiro regolare di lei, cosa che lo tranquillizzava non poco. Quandò recuperò il suo corpo, per un attimo pensò al peggio, ma subito dopo si fece forza, doveva essere forte per lei e salvarla. Si riunì con Vincent e insieme costrinsero i medici della struttura ad aiutarla, portandola fuori pericolo. Dissero che avrebbe riportato diverse cicatrici sul corpo, ma a Dan non importava, a lui importava che Lexi vivesse. Apprese anche delle condizioni dei genitori di lei, ormai stabili in ospedale. Un offensiva contro una famiglia, famiglia forte che non si arrendeva comunque.
«Svegliati, ti prego...» sussurrò, così piano che fu quasi convinto di averlo pensato. Non aveva mai pensato di poter perdere Lexi, rendendosi conto che quando stava per succedere aveva avuto una paura tremenda. La paura aveva lasciato spazio alla speranza ormai, speranza di un suo sorriso, un suo bacio, una sua frase stupida.
«Svegliati...»
Si ripoggiò sul letto, ripensando al momento in cui confessò a Tessa di essere lui l'assassino della loro famiglia. In un primo momento Tessa fu attraversato da un impeto di rabbia, si scagliò contro il fratello e... lo strinse a sè. Lo sentiva fragile sotto il suo tocco, come se si potesse rompere da un momento all'altro. Sapeva che non era colpa sua, sapeva che la trasformazione controllava lui e non viceversa. Rimasero in silenzio fin quando la ragazza non gli disse «ti perdono.»
Passarono altre interminabili ore, la porta della stanza si aprì mostrando Vincent.
«L'abbiamo trovato.» disse con tono serio. «Possiamo andare da soli, se vuoi restare qua capisco.»
«Riguarda me. Devo proteggerla. Se aspetto che si sveglia la coinvolgo. La situazione Sephiroth?»
Vincent si poggiò al muro, incrociando le braccia. «Ho mostrato file, video e altro a tutti i Sephiroth all'oscuro della verità. Hanno rovesciato l'organizzazione. I mentori, i Daat e gli affiliati al Re sono morti. Rimane solo lui. Il nostro ultimo incarico, dopodiché l'organizzazione Sephiroth svanirà dal mondo senza lasciare traccia.»
Daniel si alzò, baciò Lexi sulla fronte e si diresse verso l'amico.
«Andiamo.»


L'alba era ormai visibile dall'elicottero che procedeva a bassa quota verso la base Keter, situata in mezzo ai boschi. L'ubicazione di Igor Djatlov, il Re Sephiroth. Ucciso lui, la guerra sarebbe finita per sempre. Daniel indossava per un'ultima volta la tenuta da combattimento, così come Vincent e i Sephiroth che avevano accettato il loro ultimo incarico. L'organizzazione era ormai distrutta, gli affiliati al Re morti.
L'elicottero perse quota, facendo scendere Daniel, Vincent e un altro paio di Nezakh, mentre dietro di loro altri elicotteri facevano lo stesso, formando un gruppo di venti persone, mentre una task force supportava il team via radio dalla base Hokmah, anch'essa conquistata dai Sephiroth che decisero di opporsi al Re.
Il team procedette ad armi spianate, arrivando ad una paratia metallica immersa nella neve.
«Qui team Alpha, apri la porta.» disse Vincent alla radio.
Passarono pochi secondi e l'enorme porta metallica si aprì, mostrando un tunnel illuminato che scendeva sotto la superficie terrestre. Dan fissò Vincent, dopodiché proseguirono. 
«Immaginavo la Keter molto diversa.» disse un Nezakh dietro di loro, aprendo un dibattito sull'aspetto di quella base che altro non era un tunnel sotterraneo che portava ad una stanza circolare.
Il gruppo si fermò di fronte ad un'altra porta metallica, con un tastierino alfanumerico sul lato. Vincent lo fissò un attimo, subito dopo digitò il nome del Re, con relativa apertura della porta. «Andiamo io e Daniel, voi controllate il perimetro.»
Il gruppo ubbidì e loro entrarono.
La stanza era un agglomerato di schermi che mostrava ogni parte del mondo, con focus sulle basi Sephiroth, ormai conquistate. Daniel si avvicinò a quello che sembrava un trono, notando successivamente che si trattava di una sedia a rotelle. Su di essa un uomo dalla lunga barba bianca e lo sguardo stanco stava fissando i monitor davanti a sé. Dan si sentì stranamente deluso, immaginava il Re come qualcuno di autoritario, mentre davanti avanti un vecchio stanco e puzzolente.
«Daniel Walker, l'Originale.» disse il vecchio con voce strozzata.
«Re Djatlov.» rispose Dan, serio.
«Conosci il mio nome... la leggenda è stata tramandata.»
«Si diceva che fossi morto.» fece Dan, incrociando le braccia e fissando il Re, notando che era collegato a dei tubi. Non era messo molto bene evidentemente. Che cosa ridicola, una delle organizzazioni più potenti al mondo governate da un vecchio malato.
«Dovevo morire, si. Ma incontrai lui, l'Uomo di Ghiaccio. Sterminò i miei compagni, risparmiando me. Mi ordinò di creare un esercito... di far rinascere la sua razza ormai estinta. In cambio avrei avuto un posto d'onore al suo fianco, regnando il nuovo mondo e sopravvivendo per sempre. Creai i Sephiroth... creai i Wendigo sfruttando le sue cellule... e quelli che cacciavate voi, beh, li riutilizzavamo. Vi siete mai chiesti il perchè del recuperare i loro cuori? Per ucciderli? No, affatto. Da quei cuori noi li ricreavamo più forti, cercando di ricreare gli Originali. Ma evidentemente abbiamo fallito.»
«Puoi ben dirlo.» esclamò Vincent, osservando incuriosito l'ambiente intorno a sè, soffermandosi sull'immagine di un uomo di ghiaccio tenuto in ibernazione da un macchinario ad alta tecnologia. «Questo è l'Originale?» chiese. Dan lo riconobbe subito, ma non rispose, mentre il Re sorrise.
«Proprio così. Il Wendigo Originale tenuto in uno stato di sonno eterno nella base dimenticata, il cimitero Sephiroth. Il complesso Shekinah è dove lui riposa, fornendo il suo corpo come fonte inesauribile di cellule Wendigo.»
«Shekinah?» fece Daniel. «Bene, lo uccideremo.»
Il Re scoppiò in una risata, sputando poi del sangue. «Stolto Wendigo. Se uccidi l'Originale, con lui moriranno tutti i Wendigo creati, compreso te.»
Dan fu assalitò da un brivido, afferrando poi la pistola e puntandola alla testa del Re. Se l'Uomo di Ghiaccio moriva, lui sarebbe morto. Il mondo avrebbe avuto sempre qualche Wendigo in giro... la minaccia non poteva essere eliminata. O forse si, bastava uccidere l'Originale. Cosa doveva scegliere? La ragione o la vita? Il mondo o se stesso? Aveva ormai deciso, accettando tutte le conseguenze del caso.
«Le tue ultime parole?»
«Io sono diventato un Dio, non puoi distruggere la mia opera.»
«Sai, Nietzsche affermava una cosa. Adesso te la ripeto mio caro Dio...» 
Ci fu un attimo di silenzio, Dan poggiò la pistola alla testa del vecchio. «Dio è morto.»
Sparò.


Daniel e Vincent tornarono ai velivoli, scambiandosi un ultimo sguardo prima di salire in mezzi diversi. «La guerra è finita. Il Wendigo Originale è al sicuro a Shekinah e i Sephiroth non esistono più, cosa faremo adesso?»
Daniel sorrise, poggiando la mano sulla spalla dell'amico. «Andiamo a casa.»
I due si salutarono, promettendosi di rincontrarsi a casa di Simon. Il mezzo di Vincent partì, seguito dal resto degli ormai ex Nezakh. Lo stesso si apprestò a fare il pilota con il quale viaggiava Dan, ma invece di andare a casa, ricevette un preciso ordine. 
«Ho un ultimo incarico» esclamò Daniel con voce atona. «Portami alla base Shekinah.»       
Così, mentre Daniel si dirigeva a distruggere l'Originale ponendo fine ai Wendigo, a casa di Simon, Lexi apriva gli occhi.              

   
 
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